TARCHETTI, Igino
(Pietro Teodoro). – Quinto di otto figli, Igino (non «Iginio», com’ebbe spesso modo di firmarsi) nacque a San Salvatore Monferrato il 29 giugno 1839, da Ferdinando e da Giuseppina Monti, benestanti.
Fra il 1850 e il 1858 compì studi classici a Valenza e poi nel collegio convitto municipale Trevisio di Casale Monferrato.
Nel 1861 entrò nel commissariato dell’esercito sabaudo, ma mostrò insofferenza per la vita militare. Venne comunque impiegato nella campagna contro il brigantaggio a Foggia, Lecce, Taranto e Salerno. Trasferito a Varese due anni dopo, vi conobbe la ventitreenne Carlotta Ponti, con cui ebbe una relazione. Il legame fu interrotto dopo circa un anno per l’opposizione del padre della ragazza. Si ammalò di tisi e, confidando in un alleviamento del male, compì viaggi a Como, Milano, Alessandria, San Salvatore, Torino.
Pubblicò il racconto-saggio Un personaggio nel secolo XIX nel quotidiano Il Lombardo, diretto dall’avvocato Antonio Billia, il 9 e 10 ottobre 1863: nella parabola, ivi descritta, della vita umana come progressiva perdita delle illusioni si riconosceva, oltre a un’eco leopardiana, uno dei temi della coeva Scapigliatura, il contrasto fra ideale e reale.
Nel 1864, ospite a Milano del poeta Federico Aime presso la caserma di Sant’Apollinare, strinse amicizia con Salvatore Farina. Ottenuta un’aspettativa per motivi di salute, decise di fermarsi nel capoluogo lombardo dove, assieme ad altri sodali, fra cui Aime, Farina e il musicista Albino Ronco, fondò un cenacolo artistico-letterario che si riuniva al n. 8 di via dei Fiori Chiari. Durante un incontro, obbedendo al vezzo di aggiungere un altro nome a quello di battesimo, gli fu attribuito quello di Ugo, che accolse di buon grado data l’ammirazione per Foscolo (con questo nome, infatti, aveva già firmato molte lettere a Carlotta). Un giorno in via dei Fiori Chiari, sbagliando porta d’ingresso, conobbe una donna di nome Clara, poi rievocata dall’omonimo personaggio nel romanzo Fosca.
Nel Giornale per tutti del 4 maggio 1865 pubblicò La fortuna del capitano Gubart, apologo umoristico sull’incostanza della fortuna, implicita nella vicenda del violinista mediocre che si ritrova per un errore ad arricchire facendo carriera nell’esercito. Altri scritti ospitò la Rivista minima di Antonio Ghislanzoni: Un suicidio all’inglese (15 maggio 1865), in cui una passeggiata del narratore sul Vesuvio introduce la vicenda epistolare di un inglese che si getta nel vulcano per amore; le prose liriche di Canti del cuore (31 luglio), composte a vent’anni e presentate come genere intentato in Italia; le Idee minime sul romanzo (31 ottobre), in cui definiva quest’ultimo la forma letteraria perfetta per la capacità di istruire allettando. Vi apparve anche Paolina. Mistero del Coperto Figini (30 novembre 1865-31 gennaio 1866), romanzo sociale, condotto secondo moduli da feuilleton.
Prendendo spunto da una delle demolizioni urbane postunitarie, calava il nucleo manzoniano nel ventre di Milano, narrando di una sartina dal cuore semplice, il cui amore per un giovane operaio è impedito da un marchese, che si libera del rivale e con l’inganno seduce la fanciulla (di cui si scoprirà padre).
Il 9 novembre 1865 Tarchetti era stato richiamato come sottocommissario a Parma. Qui intessé una relazione con una giovane affetta da disturbi nervosi (Carolina o Angiolina), parente del superiore presso cui si trovava a servizio, che ispirò la figura di Fosca. Per sfuggire allo scandalo della liaison, si dimise dall’esercito e rientrò a Milano.
Gravato da problemi economici, collaborò con alcuni periodici, fra cui Il Pungolo, la Gazzetta musicale e Il Sole.
Quest’ultimo, il 12 novembre 1866, iniziò a pubblicare Vincenzo D*** (Una nobile follia), un romanzo antimilitarista.
Il protagonista partecipa alla campagna di Crimea con intenti pacifisti, ma colpisce a morte per legittima difesa un soldato russo. Assunta l’identità di un milite di cui trova il cadavere e disertato l’esercito, torna in patria come Vincenzo D., maturando una concezione hobbesiana dell’uomo e stringendo amicizia con un omonimo, cui affida il racconto dei propri casi, per poi togliersi la vita per il disinganno e il senso di colpa.
Il romanzo si svolse in 27 puntate fino al 27 marzo 1867: doveva essere il primo di una serie di Drammi della vita militare, che tuttavia Tarchetti non proseguì per i problemi economici del giornale.
A Milano frequentò il salotto di Clara Maffei, ove conobbe letterati vicini all’ambiente della Scapigliatura.
Il 1867 lo vide impegnato in lavori narrativi, poetici e in attività editoriali. Dall’inizio dell’anno sino alla metà di aprile diresse il periodico Palestra musicale, pubblicandovi, fra le altre cose, il racconto Amore nell’arte. Lorenzo Alviati (edito parzialmente nei numeri 1, 2, 3, 4, 8, 9, 16). Quest’ultimo si ricollegava nei temi ai racconti Bouvard e Riccardo Waitzen (usciti nella Strenna italiana pel 1867), in cui si proponeva la tesi che l’arte rifugga dalla materia per volgersi alla spiritualizzazione della realtà e all’ideale, con il rischio di favorire l’infermità psichica.
Dopo gli sfortunati tentativi di due periodici in proprio, la Petite Revue, che morì sul nascere, e il Piccolo giornale, che durò dal 14 al 17 luglio 1867, pubblicò un racconto fantastico, Le leggende del castello nero, in appendice a Il Pungolo (n. 19-20 del mese di settembre). Il 13 novembre il Gazzettino accolse il dittico di sonetti Retrospettive, testimone di un gusto (ancora riconducibile a un milieu scapigliato) per l’orrido, il bizzarro e l’ironico, espresso attraverso riprese, ripetizioni e ribaltamenti (il poeta che nel primo sonetto crede di vedere la sua fanciulla in una vecchia, nel secondo vede una vecchia nella sua fanciulla). Lo stesso quotidiano il 30 novembre stampò la lirica Memento!, che adattava il binomio amore-morte attraverso l’immagine della fanciulla oggetto di desiderio, sotto cui il poeta intuisce le ossa di un cadavere.
Ricca fu anche la produzione letteraria nel 1868. Il 12 gennaio L’illustrazione universale presentò la poesia M’avea dato convegno al cimitero, che rinnovellava il topos – anch’esso scapigliato – dell’amore postumo. Per tutto il primo semestre curò poi a firma T. la rubrica Conversazioni sull’Emporio pittoresco, in cui (nei numeri del 5-11 aprile e del 26 aprile-2 maggio) pubblicò alcuni Pensieri. In agosto, a Torino, lesse Alphonse Karr. Nel racconto Storia di un ideale, riprodotto nella Strenna italiana pel 1868, tornò a celebrare la superiorità dell’illusione sulla realtà, anche se, come mostrava il racconto, tale scelta può portare all’isolamento o alla misantropia.
Calunnie e beffe dei colleghi del Gazzettino e del Gazzettino rosa (su tutti Achille Bizzoni) resero difficili i suoi rapporti lavorativi. Come se non bastasse, la tisi lo obbligava ancora a spostamenti frequenti.
Grazie al denaro inviatogli da Farina rientrò a Milano il 1° novembre 1868, alloggiando in casa dell’amico a Porta Venezia.
Nel 1869, oltre alla seconda edizione riveduta di Una nobile follia (Drammi della vita militare) in due volumi presso Treves, nella cui prefazione polemizzava con La vita militare di Edmondo De Amicis, seguì la stampa dei racconti Storia di una gamba e L’innamorato della montagna. Impressioni di viaggio, rispettivamente presso Sonzogno e nella Settimana illustrata.
Il primo postulava un legame fra materia e spirito nella figura del mutilato di guerra, il cui io dimidiato è riflesso della menomazione fisica; il secondo inscenava un viaggio sentimentale al Sud, fatto di citazioni e divagazioni (come la storia del personaggio del titolo).
Il 21 febbraio Il Pungolo aveva principiato la pubblicazione di Fosca a puntate, che Tarchetti, per bisogno di denaro, si affrettò a consegnare al direttore Leone de Fortis, sopprimendo però il capitolo XLVIII del romanzo.
Storia di un amore malato, Fosca introduceva una delle prime donne ‘nevrosiche’ (per dirla con l’antropologo Paolo Mantegazza) della letteratura italiana, assortimento di tutti i mali ed enigma per la scienza medica, avente nell’iperbolica bruttezza il sintomo più evidente della malattia nervosa. Nella sua figura si rinvenivano gli stereotipi sessisti del tempo (significativa la sua passione per la lettura), ma dietro il fascino che era in grado di ispirare, a onta del ribrezzo suscitato, si vedeva già la donna pallida e in consunzione, perversa e vampiresca del decadentismo.
Trasferitosi in via Broletto, ideò il racconto La fava bianca e la fava nera, rimasto incompiuto, dopo una cena con Farina a base di torta di fave.
Già minato dalla tisi, fu colto da febbre tifoidea e morì a Milano, assistito dalla madre e da Farina nella nuova casa di questo in via della Chiusa, il 25 marzo 1869.
Il 6 aprile Il Pungolo ultimò la pubblicazione di Fosca (che includeva anche il capitolo XLVIII, scritto da Farina, che adombrava un amplesso fra il protagonista Giorgio e Fosca). Nello stesso anno il romanzo fu edito in due volumi da Treves.
Postumi uscirono, sempre nel 1869 presso Treves, Amore nell’arte (Lorenzo Alviati, Bouvard, Riccardo Waitzen), i Racconti fantastici (I fatali, Leggende del castello nero, La lettera U, Un osso di morto, Lo spirito in un lampone), che guardavano all’esempio di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, Edgar Allan Poe e Théophile Gautier, e i Racconti umoristici (In cerca di morte, Re per ventiquattrore), presentati come tentativo di far ridere di un autore che in vita ebbe lagrime e dolori. Nello stesso anno presso Sonzogno videro la luce le traduzioni di Charles Dickens, Our mutual friend (L’amico comune) e J.F. Smith, Phases of life; or, a peep behind the scenes (Fasi della vita o Uno sguardo dietro le scene). La prima edizione delle liriche, a cura del poeta Domenico Milelli (conosciuto ai tempi di Milano), fu stampata dieci anni più tardi con il titolo Disjecta (Versi) da Zanichelli (Bologna 1879).
Fonti e Bibl.: P. Nardi, I.U. T. Profilo, Vicenza 1921; G. Degiovanni, Una ricorrenza centenaria..., in Alexandria, 1939, giugno, pp. 187-196; E. Ghidetti, Introduzione a I.U. Tarchetti, Tutte le opere, I, Rocca San Casciano 1967, pp. 5-72; I.U. T. e la Scapigliatura, Atti del Convegno..., San Salvatore Monferrato 1976; R. Ceserani, Un episodio dell’attività giornalistica..., in Critica letteraria, II (1979), pp. 309-343; E. Paccagnini, Contributo alla bibliografia..., in Otto/novecento, 1994, n. 2, pp. 103-132; F. Ruchin, I.U. T.: anatomia di un’anima, Prato 2011; R. Mosena, Introduzione a I.U. Tarchetti, Disjecta, Lanciano 2017, pp. 7-46.