IGLESIENTE (A. T., 27-28-29)
La regione sud-occidentale della Sardegna, al cui centro è la città di Iglesias (v.). Geografi e geologi usano oggi il nome a designare tutta la zona montuosa ch'è delimitata dal mare e dalla pianura del Campidano, e si estende dal Capo della Frasca nel Golfo di Oristano al Capo Spartivento. Essa è divisa in due tronchi da un solco segnato dalla valle larga circa 10 km. del Rio Cixerri, che volge a E., e da quella del Rio Flumentepido, diretto a O.; il tronco più meridionale ha il nome di Sulcis, dall'antica Sulcis (oggi S. Antioco), di cui costituiva in parte il territorio; il tronco più settentrionale, che ha forma triangolare con base nella valle del Cixerri e vertice nel Capo della Frasca, è dai geologi indicato come Iglesiente in senso ristretto, in quanto in epoche geologiche remote costituiva un'isola; questa e l'altra, costituita dall'attuale regione del Sulcis, rappresentauo i nuclei più antichi della Sardegna e dell'Italia. In questo senso ristretto l'Iglesiente comprende il Fluminese (da Fluminimaggiore) e l'Arborese (da Arbus), territorî eminentemente minerarî. Ma nell'uso comune per Iglesiente s'intende il territorio intorno a Iglesias, costituito in parte dalle due curatorie medievali del Sulcis e del Sigerro. Le divisioni amministrative hanno assai variato col tempo, tuttavia la zona costiera che guarda il Golfo di Cagliari (tua, Assemini, Capoterra, Sarroch, Pula, Domus de Maria) non è considerata nell'uso comune come parte dell'Iglesiente né del Sulcis, così come i paesi posti sul margine del Campidano (Guspini, Gonnosfanadiga, Villacidro, Vallermosa, Siliqua) sono spesso attribuiti a questo, e han fatto parte di altri aggruppamenti amministrativi.
L'Iglesiente, considerato nei suoi più ampî confini, è un complesso montuoso che volge le sue groppe più alte verso il Golfo di Cagliari e le valli del Campidano e del Cixerri, anch'esse un tempo occupate dal mare, mentre va abbassandosi con minori vette, colline e brevi pianori verso O. La porzione più settentrionale ha le sue cime maggiori e più caratteristiche nella cupola vulcanica di M. Arcuentu (m. 785) e nel gruppo del M. Linas (Perda de sa Mesa, m. 1236); la porzione meridionale in una dorsale che si aggira sui 1000 m.: M. is Caravius, m. 1116; M. sa Mirra, m. 1087; P. Sebera, m. 979.
Il nucleo più antico dei terreni risale all'era paleozoica ed è formato di scisti, di calcari associati a dolomie e di arenarie del Cambrico medio. Intorno a questo nucleo primitivo, emerso in seguito al corrugamento caledonico, si deposero strati silurici, rappresentati da conglomerati, scisti e calcari ricchi di trilobiti, cefalopodi, brachiopodi, corallari e graptoliti. Il corrugamento ercinico sollevò e sconvolse questi terreni, mentre s' iniziava e si continuava sino al Permico un'attività endogena, a cui sono dovute potenti espansioni di granito, che s'incontrano tanto a S., nel Sulcis, quanto a N., nei monti di Villacidro e di Guspini e a Capo Pecora. Arenarie variegate, calcari conchigliferi e marne iridate collegherebbero il Triassico che appare in ristrette zone dell'Iglesiente con quello analogo della Germania, e starebbero a dimostrare che il massiccio sardo-corso faceva confine fra il mare triassico germanico e quello alpino (J. G. Bornemann, A. Tornquist). L'Eocene compare sopra una larga estensione con strati sovrapposti di diversa altezza in una specie di bacino di sprofondamento, come deposito litoraneo d'acqua salmastra, con banchi di lignite a Gonnesa, Serbariu, Narcao e nei dintorni d'Iglesias. L'attività vulcanica, risvegliatasi dopo l'Eocene, ha dato origine a trachiti e a tufi, che costituiscono la zona collinosa intorno a Portoscuso, nelle isole di S. Antioco e di S. Pietro e in altre località del Sulcis. Finalmente formazioni quaternarie si hanno nella pianura del Cixerri, che s'innesta al Campidano, in quella del Rio di Palmas e in altri punti della costa.
Interessante per la sua composizione geologica, l'Iglesiente lo è anche più per le sue ricchezze minerarie, che lo mettono al primo posto fra i distretti minerarî italiani. Sono principalmente il piombo e lo zinco, che, nei dintorni di Iglesias e di Fluminimaggiore, si trovano in un complesso di calcari del Silurico e di dolomie del Cambrico - noti usualmente con il nome di calcare metallifero - (miniere di Monteponi, di S. Giovanni, di M. Agrusciau, di Nebida, di Masua, Malacalzetta, Buggerru), sotto forma di galena argentifera e di calamina. Altri giacimenti di carattere filoniano con matrice di quarzo solcano gli scisti paleozoici e i graniti (miniere di Montevecchio, Gennamari, Ingurtosu) e dànno galena e blenda. Un terzo gruppo di giacimenti si trova al contatto fra scisti e calcari paleozoici (miniere di su Zurfuru presso Fluminimaggiore, Rosas nel Sulcis) e dànno masse di solfuri misti di piombo, zinco, rame, ferro e lenti di calamina. I terreni eocenici contengono ligniti picee (miniere di Bacu Abis, Cortoghiana, ecc.) di notevole potere calorifico. A S. Leone nel territorio di Uta è una miniera di ferro.
Già i Cartaginesi e prima di essi i Sardi dell'età nuragica iniziarono lo sfruttamento dei minerali; esso ebbe incremento nell'età romana, quando nell'Iglesiente si trovava anche un centro con il nome di Metalla; decadde di poi, ma rifiorì durante la dominazione pisana. Languì sotto le dominazioni successive, sinché ebbe un grande impulso dalla legge mineraria del 1859, che dichiarava res nullius il sottosuolo e facilitava così le ricerche e le concessioni da parte dello stato. I minerali di zinco, quasi trascurati sino al 1867, furono da quell'anno coltivati intensamente. ll territorio dell'Iglesiente fu diviso in un gran numero di concessioni e di miniere, molte delle quali passarono e sono tuttora proprietà di potenti società straniere. L'estrazione e la cernita del minerale vengono fatte secondo i sistemi più moderni e più progrediti, ma la massima parte di esso va all'estero, o nel continente, per essere trattata negli alti fornì. Sono però sorti recentemente anche impianti sul posto per opera di società italiane, come a Monteponi ove, oltre al piombo, si ottiene lo zinco elettrolitico; un nuovo grande stabilimento è sorto a san Gavino.
Le vicende geologiche e gli agenti atmosferici hanno profondamente inciso il complesso montuoso dell'Iglesiente, che presenta spesso valli profonde nelle quali scorrono i corsi d'acqua: queste, insieme con le zone collinose e le pianure verso il mare e nella valle del Cixerri, offrono i terreni migliori per l'agricoltura, mentre le alture, per la loro forma e la natura del suolo, non si prestano che a colture arboree e al bosco, di cui alcune belle zone sussistono ancora. La quercia, il sughero, il leccio, l'olivastro, il lentischio, il cisto, il mirto e in genere le piante della macchia mediterranea predominano là dove le rocce non si presentano nude e desolate.
L'Iglesiente è la regione della Sardegna che riceve maggior quantità di pioggia; però molte delle acque penetrano nel sottosuolo e vi formano dei corsi sotterranei. Le messi vi maturano in anticipo rispetto alle altre regioni, ma le pianure assolate, specialmente del Sulcis, sono infestate dalla malaria. L'ulivo, il mandorlo, la vite, gli agrumi, gli alberi fruttiferi d'ogni specie vi prosperano e dànno frutti copiosi; la popolazione è dedita però, specie nei periodi d'intensa produzione, ai lavori minerarî.
In particolare il Sulcis, ma anche tutta la regione dell'Iglesiente, ha nell'uso dei Sardi il nome caratteristico di Maureddia (Maurellia, paese dei Maurelli) e Maureddus son detti gli abitanti. Su un fondo misto di Sardi indigeni e di Libico-punici che costituiva la popolazione dell'antica città di Sulci e del suo territorio, vennero a sovrapporsi nel sec. V d. C. alcune migliaia di Maurusi, che secondo il racconto di Procopio (Bell. Vand., II, 13) furono dai Vandali tolti all'Africa e maudati in Sardegna, dove occuparono una zona montuosa presso Cagliari, abbandonandosi a latrocinî. Nei secoli del Medioevo i Maurusi si fusero con la massa della popolazione sarda e ne presero la lingua: invano si sono cercate tracce della loro origine esaminando il dialetto; ma conservarono sino a tempi recenti gli antichi costumi. Del resto gli abitanti erano ancora nel sec. XVIII poco numerosi. Gli assalti dei Barbareschi, che avevano fatto dell'isola di S. Pietro una delle loro stazioni preferite nel Mediterraneo, li avevano allontanati dalle coste. Pochi centri oltre a quello d'Iglesias avevano resistito, situati verso il margine interno della regione.
Nei censimenti anteriori al 1821 non compaiono Carloforte, Calasetta, S. Antioco, Gonnesa, Narcao, Palmas Suergiu, Portoscuso, Santadi, Serbariu, Tratalias, Villarios Masainas. Sotto il dominio di Casa Savoia piccoli centri, boddeus, vennero costituendosi dalla riunione di parecchi furriadroscius, o ricoveri dei pastori che con le loro gregge vagavano nella regione. I boddeus sono poi divenuti villaggi per l'incremento e la riunione di parecchi di essi, e la popolazione è rifluita verso la costa ridivenuta più sicura, mentre le isole si colonizzavano con elementi liguri provenienti dall'isola di Tabarca (Carloforte, Calasetta). Lo sviluppo dell'industria mineraria ha fatto affluire nella regione altra popolazione, e intormo alle varie miniere sono sorti centri operai e case per i direttori; e per quanto l'alternarsi di periodi di attività e di crisi nell'industria mineraria metta in pericolo l'esistenza di alcuni di questi centri, tuttavia la regione in generale se n'è avvantaggiata, sicché l'Iglesiente è la regione della Sardegna che nell'ultimo secolo ha avuto maggior incremento demografico. L'ex-circondario di Iglesias è passato da 23.524 ab. nel 1751 a 100.002 nel 1901, a 103.179 nel 1921.
Bibl.: A. Lamarmora, Voyage en Sardaigne, Torino 1839-57; id., Itinéraire de l'île de Sardaigne, Torino 1860; V. Angius, art. Iglesias provincia, in G. Casalis, Dizionario storico-statistico-geografico degli stati del re di Sardegna, Torino 1839; G. Meneghini, Paleontologia dell'Iglesiente in Sardegna, in Memorie per servire alla descrizione della carta geologica dell'Italia, Firenze 1888; V. Zocchi, Descrizione geologica e mineraria dell'Iglesiente, ibidem, Firenze 1888; P. Cugia, Nuovo Itinerario dell'Isola di Sardegna, Ravenna 1892. V. anche D. Cartisano, E. Palumbo e I. Sotgia, Bibliografia geologica e mineraria di Sardegna (1896-1921), Iglesias 1922.