COZIO, Ignazio Alessandro conte di Salabue
Ultimo figlio del conte Carlo Alessandro e della marchesa Taddea Balbiani, nacque a Casale Monferrato (Alessandria) il 14 marzo 1755, discendente di un'antica famiglia che, annoverando esponenti nel clero, nel foro e nelle armi, era stata ascritta alla nobiltà comitale nel 1665 dal duca Carlo II Gonzaga, quando la città monferrina era feudo mantovano.
In quell'anno, il primo conte Carlo Francesco era stato eletto presidente del Senato di Casale (come riferisce il Sacchi sulla scorta del De Conti), ottenendo poi altre importanti cariche anche a Mantova, prima di morire verso il 1685. Il suo pronipote Carlo Alessandro, padre di Ignazio, viene ricordato come autore di un trattato in due volumi su Il giuoco degli scacchi (edito a Torino nel 1766), ed era inoltre un amatore musicale, se risulta che aveva acquistato a Bologna nel 1720 un violino firmato Nicola Amati e datato 1668 (cfr. Iviglia, p. XIV): fu quindi questa accertata passione ad essere ereditata dal figlio che divenne infatti uno dei maggiori collezionisti di strumenti ad arco nonché studioso di liuteria e "tutt'altro che sprovvisto di senso commerciale" (Disertori, p. 317).
Allievo, secondo i costumi del tempo, dell'Accademia militare di Torino (ove ebbe a condiscepolo Vittorio Alfieri, nota lo Schmidl), il C. divenne cadetto del reggimento di cavalleria Saluzzo; alla morte del padre abbandonò la carriera militare per ritornare a Casale, onde amministrare i beni di famiglia, insediandosi nel suo palazzo e nel castello di Salabue, piccolo paese vicino alla città natale. Seppure non risulta che si sia dedicato a regolari studi musicali (come riferisce genericamente lo Schmidl), quasi certamente doveva suonare come dilettante qualche strumento ad arco, analogamente ad altri membri di famiglie aristocratiche locali (quali i Sacchi ed i Sannazzaro) che organizzavano periodiche "accademie" (ovvero concerti) musicali, come si desume da carte d'archivio: nel 1776 venne infatti registrato un pagamento da parte del conte Federico Sannazzaro "per accademie di musica date in casa del conte Cozio" (cfr. S. Martinotti, Alcune notizie..., p. 184); questi già nel 1773 era diventato l'assiduo committente (se non proprio "protettore", come scrive il Sacchi, p. 10) del liutaio Gian Battista Guadagnini che, trasferitosi a quel tempo a Torino dopo una vita movimentata e travagliata, versava in precarie condizioni economiche. Per qualche anno (certamente dal 1773 al 1776), come lo stesso C. narra in un suo Progetto di rettifica ed aggiunta alla biografia cremonese riguardo alli suoi celebri fabbricatori d'istrumenti a corda ed arco, scritto a Milano nel 1823 (ed associato alle sue Memorie del 1816, ove raggruppava molte notizie via via raccolte sull'argomento e che intendeva servissero a correggere ed ampliare la Biografia cremonese del Lancetti), il C. commissionò al Guadagnini parecchi strumenti lavorati con "bellissimi e scelti legni forastieri" sia per sé sia per amici casalesi: ed infatti risulta dai registri delle spese che il conte Federico Sannazzaro acquistò il 21 ag. 1773 un violino "di Guadagnino", certo per suo tramite.
I frequenti contatti col Guadagnini e le varie conversazioni che il C. ebbe con lui sull'arte liutaria cremonese, lo indussero ad occuparsi seriamente di studi di liuteria ed a raccogliere il maggior numero di strumenti costruiti dagli Amati, dai Guarneri e dagli Stradivari, secondo le loro varie caratteristiche di costruzione, onde potessero servire da modelli (come ribadisce nei suoi scritti) a coloro che volessero continuare una tradizione illustre seppure ormai in declino. Animato da tale intento non solo di collezionista ma anche di autentico liutologo, il C., col tramite del drappiere casalese Giovanni Michele Anselmi di Briata, entrava in trattative nel 1775 con gli eredi di Antonio Stradivari, acquistando a Cremona alcuni strumenti (dieci esemplari ed altri non finiti) nonché forme, stampi, ferri, utensili vari e disegni che l'ultimo figlio superstite del grande artefice, Paolo (anch'egli drappiere), forse amareggiato dall'indifferenza dei concittadini verso l'opera e la memoria del padre, dichiarò di voler vendere volentieri ed a prezzo modesto "acciocché non resti a Cremona niuna cosa di mio padre". Questa raccolta (ove figurava anche il celebre esemplare detto "Il Messia" ovvero "violino di Salabue") venne a formare il primo nucleo di un vero "emporio di strumenti" (Sacchi, p. 12) che doveva diventare nel tempo, dopo anni di incetta strenua ed oculata presso privati (anche dopo la morte dell'"abile consigliero" Guadagnini, avvenuta a Torino il 18 sett. 1786), una delle più preziose collezioni mai esistite. Tra gli oltre cento strumenti registrati e descritti in vari inventari ora pubblicati nel Carteggio (pp.169-335) erano compresi violini di Antonio Stradivari e dei suoi figli Francesco ed Omobono; di Gioachino e Giovanni Cappa, allievi ed imitatori dei famosi Amati; dei fratelli Antonio e Girolamo Amati nonché di Nicola e del suo figlio Girolamo; di Andrea, Giuseppe, Pietro Guarneri e di Giuseppe nipote di Andrea; di Francesco e Giovanni Battista Ruggieri; di Carlo Bergonzi ed ancora di altri liutai famosi quali J. Steiner e Giovan Battista Guadagnini.
Mutati i tempi, con l'avvento della Rivoluzione francese e delle conseguenti guerre in Piemonte, il C. affidò una buona parte di questa sua pregevole collezione alla custodia del banchiere Carlo Carli di Milano, un dilettante di violino ed amico di Paganini e di Alessandro Rolla, presso il quale conobbe i fratelli liutai Pietro e Giovanni Mantegazza, coi quali si accordò per restauri di alcuni violini: e fu il Carli a vendere uno Stradivari ("il più forte", nota il C. nel suo Carteggio, p. 200) al "celebre suonatore genovese Paganini per Luigi 100" nel luglio 1817 (Carteggio, p. 206). Nel frattempo il C., senza trascurare la sua passione liutaria e tanto meno la sua collezione, sempre depositata a Milano presso il Carli (che aveva l'autorizzazione di vendere qualche suo strumento a privati), si dedicava sia all'attività pubblica (fu due volte sindaco di Casale nonché amministratore di vari enti civici) sia alla raccolta sistematica di documenti sulla storia locale, dispersi nell'epoca della dominazione francese, e puntigliosamente recuperati presso vari archivi comunali del Monferrato (e poi donati alla Biblioteca reale di Torino). Divenuto membro della R. Deputazione di storia patria (22 ott. 1833), fu incaricato di preparare, per i Monumenta Historiae Patriae, un volume sugli antichi statuti della città di Casale che venne pubblicato, "per reale comando", a Torino nel 1838. Tutti i suoi documenti storici vennero poi donati all'Archivio reale di Torino, ove figurano come Collezione Cozio: e il re Carlo Alberto ringraziò con una medaglia la figlia di lui.
La sua vecchia, mai trascurata, passione di collezionista e di liutologo aveva avuto, frattanto, un risveglio nel 1820, allorché era apparso il primo volume della Biografia cremonese di Vincenzo Lancetti, direttore dell'Archivio di Genova, col quale entrò in contatto non solo epistolare, fornendogli notizie preziose sui liutai: risalgono infatti al 1822-23 le sue Rettifiche ed aggiunte, citate, nonché delle annotazioni sul libro Elementi di musica di Francesco Galeazzi e varie lettere (tutte pubblicate nel Carteggio). Ma la raccolta di strumenti, già progressivamente depauperata dalle vendite concesse al Carli, venne infine dispersa con la comparsa del noto e "famigerato" (Disertori, p. 322) incettatore novarese Luigi Tarisio che, dopo la morte del C., sottrasse per una cifra irrisoria gli strumenti sia al figlio del banchiere Carli sia all'inesperta figlia del conte (Matilde, avuta dalle prime nozze con la marchesa Antonia Dalla Valle), che custodiva i pochi rimasti alla famiglia, vendendoli poi a Parigi e soprattutto a Londra a prezzi inauditi e mettendo altresì in circolazione (come pare) etichette spurie su strumenti falsi, che hanno generato la necessità di un "Registro del Violino" progettato da Luigi Iviglia ed istituito a Cremona nel 1949 in occasione del III centenario della nascita di Antonio Stradivari.
Per quanto riguarda la raccolta dei cimeli stradivariani (attrezzi, forme e disegni) in possesso del C., essa passò, con tutto il Carteggio, al marchese Rolando Dalla Valle e venne esposta nella sezione musicale della Esposizione nazionale italiana organizzata a Milano, nella sede del conservatorio, nel 1881. In tale occasione la vide il liutaio bolognese Giuseppe Fiorini, che poi acquistò l'intera collezione (comprendente anche sette strumenti) donandola nel 1930, dopo vane trattative di vendita, al Museo civico di Cremona.
Il Carteggio di J. A. Cozio, trascritto da R. Bacchetta ed ordinato in quattro sezioni (storiografia con le Memorie;liutologia, con l'accurata descrizione delle parti che compongono gli strumenti ad arco; catalogo degli strumenti posseduti o esaminati dal C.; ed epistolario dal 1775 al 1845) da G. Iviglia, pubblicato a Milano nel 1950, chiarisce l'attenzione rivolta dal C. a tutte le pubblicazioni del tempo riguardo la costruzione degli strumenti, secondo una tendenza (come ha notato il Disertori, p. 321) tipica dell'enciclopedismo francese, e mostra, inoltre, una sollecitudine instancabile, quasi professionale, nell'inventariare ed osservare strumenti posseduti anche da altri collezionisti, nell'intento di riscattare la grande tradizione della liuteria di cui il C. auspicava, idealisticamente quanto vanamente, la rinascita.
Il C. morì il 15 dic. 1840 a Salabue (ora comune di Ponzano Monferrato, Alessandria) e fu sepolto nella tomba di famiglia nella chiesa parrocchiale di S. Antonio.
Fonti e Bibl.: V. De Conti, Notizie stor. della città di Casale…, VIII, Casale 1841, pp. 301, 525; G. Hart, The violin: its famous makers.... London 1875, pp. 155-58; L'opera cinquantenaria della R. Dep. di st. patria di Torino. Notizie di fatto.... a cura di A. Manno, Torino 1884, p. 263;F. Sacchi, Il conte C . .... Londra 1898, pp. 10, 12;B. Rossi, Diz. dei musicisti casalesi, Casale 1942, pp. 14 s.; B. Disertori, Collezionismo settecentescoe il carteggio del conte di s., in Riv. musicale ital., LIII(1951), 4, pp. 315-322; S. Martinotti, Alcune notizie sulla vita e sulle opere di Giuseppe Demachi, in Mem. e contributi alla musica offerti a Federico Ghisi, Bologna 1971 [ma 1973], II, pp. 183 s.; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, I, pp. 385 s.; La Musica, Enc. storica, I, p. 456; The New Grove Dict. of Music and Musicians, V, p. 16.