IGNAZIO da Bergamo (al secolo Sante Imberti)
Nacque a Casnigo, in Val Seriana nel Bergamasco, il 1° nov. 1571 da Giovanni Battista Imberti e da Caterina Castelli. Fu battezzato con il nome di Sante, ma quando entrò nell'Ordine dei cappuccini, nella provincia bresciana, assunse il nome di Ignazio.
Dopo l'ordinazione sacerdotale e la nomina a predicatore, tra il 1600 e il 1620 fu superiore in vari conventi della zona. Nel 1611 cominciò a tenere prediche quaresimali e a introdurre la riforma tridentina nella Valtellina, territorio cattolico allora governato dai protestanti Grigioni. Quando, nel 1612, il vescovo Johan Flügi venne espulso da Coira, I. lo incontrò in Val Venosta, nel castello di Fürstenberg, e fu da lui invitato, insieme con il confratello Aurelio da Verona, a predicare nella vicina Val Monastero (Münsterthal). Nel 1618, a seguito della persecuzione anticattolica provocata dal sinodo protestante di Bergun, il Flügi inviò I. a Roma e al nunzio in Lucerna per chiedere aiuti in favore dei cattolici. Entrato poi in contatto con l'agente milanese in Valtellina Giacomo Robustelli, nel 1620 I. accompagnò a Milano, dal cardinale Federico Borromeo e dal governatore spagnolo Gómez Suárez de Figueroa y Cordova duca di Feria, una delegazione valtellinese che, secondo le fonti cattoliche, aveva il compito di cercare soccorsi, mentre per quelle protestanti doveva preparare la sanguinosa rivolta del 19-23 luglio. In effetti, quando ebbe inizio il "sacro macello" dei protestanti svizzeri e valtellinesi, I. si trovava proprio a Tirano e, stando allo storico protestante contemporaneo Fortunato Sprecher, avrebbe partecipato ai massacri.
È invece certo che nell'agosto 1620 I. tornò a Lucerna e a Roma, da Paolo V, per perorare la causa dei rivoltosi in nome del principio di legittima difesa. Paolo V, consapevole delle ripercussioni europee della rivolta, non gli offrì né denaro né garanzie. Grazie agli aiuti spagnoli, però, i Valtellinesi difesero la Valle dalle truppe dei Grigioni, permettendo a I. di fondare, dalla Val Monastero, una missione cappuccina nella Rezia. L'elezione di Gregorio XV, nel 1621, e l'intervento militare dell'arciduca Leopoldo d'Austria (che I. visitò più volte a Innsbruck) in appoggio ai cattolici facilitarono la sua opera. Tornato a Roma, nonostante una lunga malattia, in accordo con il generale dell'Ordine Clemente da Noto, espose le condizioni dei cattolici della Svizzera orientale al predicatore del palazzo apostolico, il cappuccino Girolamo da Narni, che era favorevole alla creazione di una congregazione per diffondere la fede nei territori di missione. Sicché, quando il 6 genn. 1622 Gregorio XV eresse tale congregazione di Propaganda Fide, I. ottenne che la missione retica fosse ampliata e affidata alle tre province cappuccine confinanti di Brescia (del cui territorio venne nominato prefetto con ampi poteri), Milano ed Elvezia.
I. andò nell'Engadina inferiore, dandosi a un'intensa attività apostolica. Le reazioni all'espulsione forzata dei predicatori calvinisti e zwingliani provocarono una nuova rivolta, stavolta protestante, nei Grigioni e l'uccisione del prefetto della missione cappuccina elvetica nella Rezia, Fedele da Sigmaringen. I. ne recuperò il corpo alla fine di agosto 1622, dopo che le forze cattoliche austrospagnole ebbero represso la sollevazione. Fondata una nuova stazione missionaria a Zernez, ricevette numerose conversioni, mentre la Valtellina veniva provvisoriamente affidata al papa, soluzione che egli aveva sempre caldeggiato.
L'intervento militare francese in appoggio dei Grigioni nel 1624 reintrodusse però la libertà di coscienza, compromettendo le sorti della missione. Nonostante i colloqui con l'ambasciatore francese nei Grigioni e, nel 1625, una missione a Parigi - dove ebbe incontri con Richelieu, il cappuccino Joseph Le Clerc de Tremblay e lo stesso Luigi XIII - per conto dell'arciduca Leopoldo d'Asburgo e insieme con il legato a latere di Urbano VIII Francesco Barberini, I. ricevette solo vaghe promesse di appoggio alla causa cattolica. Comunque, il trattato di Monzón (1626), pur restituendo la Valtellina ai Grigioni, ne garantì l'autonomia e permise ai cappuccini di continuare a predicare anche in Engadina (sebbene in condizioni assai difficili: I. fu minacciato di morte e alcuni fanatici protestanti posero una taglia su di lui) e di erigere due seminari, a Tirano e a Coira. L'aprirsi della questione della successione di Mantova, riportando un esercito imperiale in Rezia e in Valtellina, parve nuovamente rovesciare le sorti dei Grigioni in favore dei cattolici. Ma sia per la peste portata dalle truppe (le cui vittime furono assistite dai missionari), sia per i trattati di Ratisbona (1630) e Cherasco (1631), che riportarono i Francesi nella Rezia, la missione cappuccina fallì lo scopo di espellere la Riforma e reintrodurre il cattolicesimo in quelle valli.
Poté però portarvi la riforma tridentina, cui I. si dedicò fino alla morte, avvenuta nel convento cappuccino di Tirano il 6 marzo 1632, al ritorno da un ennesimo viaggio missionario a Coira.
Fonti e Bibl.: Biblioteca apost. Vaticana, Barb. lat., 7130, cc. 1-52; I frati cappuccini. Documenti e testimonianze del primo secolo, a cura di C. Cargnoni, III, Perugia-Roma 1991, ad ind.; I cappuccini e la congregazione romana dei Vescovi e regolari, V-VIII, a cura di V. Criscuolo, in Monumenta historica Ordinis minorum capuccinorum, XXIII-XXVI, Roma 1993-99, ad indices; F.S. Quadrio, Dissertazioni critico-storiche intorno alla Rezia di qua delle Alpi, oggi detta Valtellina, II, Milano 1755, ad ind.; Valdemiro da Bergamo, I conventi ed i cappuccini bergamaschi, Milano 1883, pp. 87-93; B. Belotti, Storia di Bergamo e dei Bergamaschi, IV, Bergamo 1959, pp. 21, 27; M. Bertolini, I. Imberti da Casnigo O.f.m. cap. (1571-1632), studio e documenti inediti, Bergamo 1961; Metodio [Carobbio] da Nembro, L'opera apostolica di p. I. primo prefetto delle missioni retiche (1571-1632), in Euntes docete, XV (1962), pp. 455-465; Dict. d'histoire et de géogr. ecclésiastiques, XXV, coll. 701 s.