MALLERE, Ignazio Donaudi conte delle
Primogenito di Giovanni Pietro Donaudi e Serafina Moccafi, nacque a Torino il 15 genn. 1744. La famiglia, originaria di Barcelonnette nell'alta Provenza, si era trasferita a Torino nel 1670, presumibilmente per esercitarvi la produzione e il commercio di tessuti di seta. Verso il 1745 un'oculata politica di investimenti (nel 1731 Giovanni Pietro e un fratello, Michelangelo, acquistarono un filatoio a Racconigi), una presenza significativa nel mercato immobiliare della capitale e un'ingente partecipazione al Monte di S. Giovanni Battista di Torino, che garantiva con l'emissione di "luoghi di Monte" un tasso d'interesse del 3% annuo, portarono la famiglia all'apice della sua fortuna.
I documenti qualificano Giovanni Pietro e Michelangelo come "banchieri", a prova che la loro reputazione si fondava anche su attività in grado di offrire garanzie solide come terra, case e industrie. Il padre del M. sancì questo nuovo status acquistando nel 1744 uno spazio funebre "sibi nepotibus atque haeredibus" in uno dei più importanti luoghi di Torino, la chiesa di S. Lorenzo, adiacente a palazzo Chiablese e al palazzo Reale, dove riposavano gli antenati delle più importanti famiglie della nobiltà di corte. La sua strategia per inserire il figlio nella burocrazia sabauda si concretizzò nel 1772, quando il M. sposò Rosa Felicita Avogadro di Valdengo e Collabiano, appartenente a una delle più prestigiose famiglie nobili piemontesi; dal matrimonio il 24 marzo 1773 nacque Teresa Felicita, che nel 1792 avrebbe sposato L.P. Piossasco di Feys. Nello stesso 1773 il M., comprato il feudo delle Mallere (oggi Mallare), nel dipartimento di Acqui, per 80.000 lire, ricevette la signoria comitale con tutti i diritti giurisdizionali (Arch. di Stato di Torino, Patenti, Controllo, Finanze, 1772-73, vol. 46, cc. 91-93).
Dopo una prima formazione privata, il M. si iscrisse all'ateneo torinese nei primi anni Sessanta. Studiò con G.F. Arcasio, docente di diritto civile, e conseguì la licenza il 5 giugno 1764. L'anno seguente ottenne la laurea in giurisprudenza, discutendo una tesi di diritto ecclesiastico sul diritto di scomunica, e una di ius civile sul diritto dotale (Torino, Arch. dell'Università, Registro degli esami e dottorati di giurisprudenza dal 1763 al 1767, c. 87). A differenza di uomini di lettere della sua generazione, come G.B. Vasco e G.F. Galeani Napione, o più giovani come P. Balbo, il M. concentrò i propri studi sulla scienza economica, cui poi affiancò interessi crescenti per l'aritmetica politica e l'agronomia.
L'assenza di documenti privati consente solo in parte di esplorare il suo retroterra culturale. Senza dubbio fu importante la lettura delle Lezioni di commercio( (Napoli 1765-67) di A. Genovesi, che ponevano in evidenza la sotto-utilizzazione dei fattori produttivi in un sistema economico arretrato come quello napoletano, e degli Éléments du commerce et des finances dans celle de la politique e delle Recherches et considérations sur les finances de France (1758) di F. Véron Duverger de Forbonnais; ma più in generale fu decisiva l'adesione al gruppo di autori legati a Vincent de Gournay (Plumard de Dangeul [J. Nickolls], C.J. Herbert e l'abate Coyer) nei quali il M. poté trovare i principî di una corretta politica fiscale capace di incentivare il lavoro nella nazione. Invece l'attrazione del movimento fisiocratico, di cui pur non ignorava l'Ami des hommes di V. de Riqueti, marchese di Mirabeau e probabilmente gli articoli di Fr. Quesnay per l'Encyclopédie, fu su di lui molto ridotta. Egli ne contestò il nucleo teorico - la centralità della terra, cioè, come unica fonte di valore - e la sterilità delle manifatture. Tutti i suoi scritti, infatti, criticarono l'adozione di un'imposta unica sui beni fondiari e indicarono nel lavoro, in qualunque forma, l'elemento primario nella produzione della ricchezza.
Fin dal 1773 il M. tentò di entrare nel Consiglio di commercio, organo consultivo istituito da Vittorio Amedeo II nel 1729, ma solo nel 1785 venne nominato consigliere sovranumerario del Consiglio di commercio di Torino, con l'incarico di occuparsi dei mezzi per sollevare l'economia in Sardegna. L'ostilità di P.G. Graneri di Mercenasco, dal 1789 alla guida della segreteria di Stato agli Affari interni, gli impedì qualsiasi promozione entro il Consiglio. Nel 1791 la nomina del conte G.I. Ghiliossi a procuratore generale del commercio, carica promessa al M. dal 1782, lo spinse a dare le dimissioni, che non furono tuttavia mai accettate.
La sua produzione testuale si scandì nel tempo in rapporto alle possibilità di inserimento in uno dei gangli dell'amministrazione sabauda, e sostanzialmente si articolò in due momenti. Il primo, di maggiore creatività, corre tra la fine degli anni Sessanta e la fine degli anni Settanta, e vide, oltre alla pubblicazione di numerose memorie su temi specifici, la stesura di tre ampi lavori: il Saggio di economia politica e pratica sovra lo stato presente delle finanze e commercio del re di Sardegna (databile al 1775), il Saggio di economia civile( (Torino s.d. [ma 1776]), e le Riflessioni sopra i vari rapporti delle finanze col commercio negli Stati di S. M., consegnate al sovrano nel 1779.
Nel secondo periodo, gli anni Ottanta, il M. s'impegnò in altri due lavori di vasto respiro: l'Abbozzo ragionato di un cadastro politico, di cui scrisse solo una parte delle tre previste, terminata nel 1782 e consegnata alle autorità nel 1784, e l'Abbozzo d'un piano in cui si disaminano alcuni mezzi per istabilire un fisso e regolare commercio tra la Sardegna e gli altri Stati di terraferma di Sua Maestà, ultimato tra il 1788 e il 1789.
I trattati degli anni Settanta, rimasti manoscritti, più che il Saggio di economia civile, unica opera pubblicata, delineavano un modello di riforma della società e delle sue strutture economiche. Nel Saggio di economia politica, sottoposto a I. Corte conte di Bonvicino, segretario di Stato agli Affari interni, e nelle Riflessioni il M. diagnosticò una crisi latente dell'economia nazionale, proponendo come soluzione un deciso intervento dello Stato nel settore agricolo, trascurato da una politica economica volta esclusivamente all'industria tessile. Un'ampia liberalizzazione del mercato dei grani e cospicui investimenti in canali e strade, finanziati da un aumento proporzionale del carico fiscale, costituivano le basi della sua proposta di riforma. In una cornice teorica popolazionista, individuava nella mezzadria, non nella grande affittanza, la via per aumentare la produttività dei campi. Nel primo tipo di conduzione - argomentava - l'agricoltore, "avendo per le pene e le fatiche [(] una porzione dei frutti, siccome quanto la terra maggiormente si lavora, tanto più rende, ha una più forte spinta a raddoppiare le fatiche e procurare di far crescere la quantità delle produzioni naturali" (Saggio di economia politica, pp. 117 s.), mentre in quello "a schiavenza" il salariato, non avendo stimoli e interessi, non sfrutta al meglio le risorse. Tali idee suggerirono una censura da parte del revisore dei libri dell'Università di Torino, D.A. Morelli, che si disse sfavorevole alla pubblicazione del Saggio di economia civile perché i temi trattati, che "interessa[va]no i diritti dei sovrani, come sono le gabelle, le finanze, le monetazioni", potevano "opporsi alle massime del governo ed alle leggi che attualmente esistono" (Arch. di Stato di Torino, Corte, Istruzione pubblica, Revisione di libri e stampe [1730-1787], Parere sul manoscritto: Saggio di economica [sic] civile del conte Donaudi delle Mallere, m. 2). Il M. rinunciò allora a presentare pubblicamente il suo pensiero.
Il 23 giugno 1780, in considerazione dei suoi studi, ottenne il titolo d'intendente, che garantiva una pensione di 1500 lire mensili, ma senza alcun incarico effettivo, segno questo che le sue ipotesi di riforma non avevano molto convinto (Ibid., Controllo, Patenti, Finanze, 1780, vol. 58, c. 153). Il M. fu incoraggiato, comunque, a offrire ancora pareri e suggerimenti: maturarono, così, i già rammentati Abbozzo ragionato di un cadastro politico e Abbozzo d'un piano in cui si disaminano alcuni mezzi( terraferma di Sua Maestà.
I due testi appartenevano a un'opera pensata in tre volumi (di cui soltanto il primo pervenuto), intesa come avvio di un censimento delle risorse naturali ed economiche del Paese, nell'assunto che senza un quadro statistico certo e "un'esatta conoscenza e del totale Paese, e delle parti che lo compongono nessuno sarà in caso di giudicare con fondamento e degli stabilimenti da formarsi, e de' soccorsi a darsi, e dei bisogni a provvedersi, e de' miglioramenti da ordinarsi", nessuna politica di riforme era attuabile (Abbozzo ragionato di un cadastro politico, p. 3).
Lettere patenti datate 23 dic. 1785 inserirono il M. nel Consiglio di commercio, ma in posizione defilata. Le tracce dell'attività che vi svolse sono poche, ma significative. Il 26 luglio 1787, su richiesta del conte G.M. Adami, controllore generale delle Finanze, esaminò balle di seta grezza giunte dalla Sardegna per dare un parere sulla possibilità di una simile produzione sull'isola (Arch. di Stato di Torino, Corte, Sardegna, Politico, cat. VI, Commercio, industria, agricoltura).
La crisi serica del 1787 condusse il M. a riflettere sui propri orientamenti passati e a stendere una relazione al conte Corte sul commercio tra Piemonte e Sardegna. Esprimendo posizioni molto distanti da chi (G.F. Galeani Napione e G.B. Vasco soprattutto) vedeva l'unica alternativa alla politica protezionistica del governo nella completa liberalizzazione della seta grezza. Egli riteneva che le manifatture sarebbero potute prosperare a patto di un deciso mutamento nell'indirizzo generale di politica economica. Il Piemonte, infatti, non poteva competere con Francia, Inghilterra e Germania nella produzione di prodotti di lusso; doveva perciò riconvertire le manifatture verso produzioni di largo consumo a basso prezzo e qualità medio-bassa, scommettendo sia sulle esportazioni sia sull'allargamento della fascia interna di consumatori. In questo senso la Sardegna giocava un ruolo decisivo in quanto mercato "naturale" dei prodotti piemontesi.
In spazi di intervento che si assottigliavano progressivamente, il M. stese le Osservazioni sulla moresca, critica degli interventi del governo nel settore serico, e soprattutto compose due memorie sul negoziante di stoffe G. Cantù, che nel 1791 provocarono uno strappo definitivo tra lui e i colleghi. Cantù, fabbricante torinese di stoffe in misto seta, si era rivolto al Consiglio e al consolato di Commercio chiedendo che le stesse norme sulla larghezza delle stoffe venissero applicate ai produttori piemontesi e a quelli stranieri che vendevano al mercato torinese. Invece nelle due memorie, indirizzate a Graneri e lette il 10 gennaio e il 31 maggio, il M. chiese apertamente di rompere con la tradizionale legislazione vincolistica e di liberalizzare completamente la produzione dei tessuti, affinché si creassero le condizioni per un'industria nazionale concorrenziale sul mercato dei tessili di largo consumo. La sua analisi, sebbene accettata in parte, lo isolò entro il Consiglio di commercio, e dall'isolamento il M. non ebbe più la possibilità di uscire.
Il 24 genn. 1794 il M. morì a Torino, a soli 50 anni e senza aver ottenuto quel ruolo di prestigio nella magistrature economiche che aveva ostinatamente ricercato.
Fonti e Bibl.: La documentazione dell'attività del M. presso il Consiglio di commercio è in Arch. di Stato di Torino, Corte, Materie economiche, cat. IV, m. 11 (Parere e relazione del conte Donaudi delle Mallere sulla supplica del fabbricatore Cantù; Seconda relazione e sentimento( e parere del procuratore generale del commercio da leggersi in seguito nella sessione del 31 maggio 1791); m. 13 (Memoria del conte Donaudi delle Mallere circa la convenienza di servirsi per le tinture della garanza fresca invece della disseccata, 21 apr. 1773); Istruzione pubblica, Revisione di libri e stampe [1730-1787], m. 2 (Parere sul manoscritto(, cit.); sul rapporto tra il M. e la Sardegna: Corte, Sardegna, Politico, Particolari, Relazioni dal 1782 al 1790; Corte, Sardegna, Politico, cat. VI (Commercio, industria, agricoltura, stamperia), Copia di lettera scritta dal signor controllore generale conte Adami di Cavagliano al signor conte delle M., consigliere di commercio, in data: Torino 26 luglio 1787 e risposta di questi sull'introduzione dei vermi da seta in quel luogo. Cfr. anche il fondo Controllo, Patenti, Finanze, 1772-1773, vol. 46; 1780, vol. 58; 1785, vol. 68. La documentazione sull'acquisto del feudo delle Mallere Ibid., Uffici di insinuazione, Torino, 1773, ll. 1, 2, 8; Investiture, reg. 1773-74.
Le opere inedite del M. sono conservate in: Torino, Biblioteca nazionale, Mss., N.VI.5: Saggio di economia politica sovra lo stato presente delle finanze e commercio del re di Sardegna del conte Donaudi delle M. [1775]; N.VI.6: Saggio di economia politica pratica delle arti fondamentali (embrione del lungo capitolo sull'agricoltura del Saggio di economia politica del 1775); Ibid., Biblioteca civica, Mss., 135: Riflessioni( sovra vari rapporti delle finanze col commercio con alcune osservazioni riguardanti le finanze, ed il commercio negli Stati di S. M. [gennaio 1779]; 103: Abbozzo d'un piano in cui si disaminano alcuni mezzi per istabilire un fisso e regolato commercio tra la Sardegna e gli altri Stati di terra ferma di S. M.; Ibid., Biblioteca reale, Storia patria, 900.Y: Abbozzo ragionato di un cadastro politico( al Real Consiglio di commercio, 1784, parte prima; 848: Osservazioni sopra l'editto della nuova monetazione delli 15 febbr. 1755; 38: Abbozzo d'un piano in cui si disaminano alcuni mezzi per istabilire un fisso e regolato commercio tra la Sardegna e gli altri Stati di terra ferma di S. M. (1788-89: altra copia con piccole varianti rispetto a quella sopra citata). Le opere inedite del M. sono state per la prima volta poste all'attenzione degli studiosi da P. Jannaccone, Di un economista piemontese del secolo XVIII (D. delle M.), in Atti della R. Acc. delle scienze di Torino, XXXVIII (1903), pp. 352-377; A. Di Giulio, Un economista e riformatore del '700: I. D. conte delle M., tesi di laurea, Univ. degli studi di Torino, facoltà di lettere, a.a. 1965-66; L. Neppi Modona, D. delle M.: abbozzo di un piano per il commercio tra Piemonte e Sardegna, in Studi sardi, XXI (1971-72), pp. 431-519; G. Ricuperati, Il Settecento, in Il Piemonte sabaudo. Stato e territori in Età moderna, a cura di P. Merlin et al., Torino 1994, pp. 641-645, 811; A. Merlotti, L'enigma delle nobiltà. Stato e ceti dirigenti nel Piemonte del Settecento, Firenze 2000, pp. 237-239; G. Monestarolo, "Più mezzadri, meno fittavoli". La fisiocrazia in Piemonte negli scritti di I. D. delle M., in Studi settecenteschi, XXIV (2005), pp. 253-289; Id., Negozianti e imprenditori nel Piemonte d'Antico Regime: la cultura economica di I. D. delle M. (1744-95), Firenze 2006.