CARAGLIO, Ignazio Giovanni Battista Isnardi De Castello marchese di
Primogenito di Angelo Carlo Maurizio e di Cristina Carlotta Havart di Senantes, nacque a Torino tra il 1670 e il 1675. Tipico rappresentante di quella nobiltà piemontese che nel Settecento affluì numerosa nell'esercito, portatrice di un tradizionale spirito di fierezza, caratterizzata dall'assoluta lealtà e dalla totale dedizione al sovrano, intraprese assai giovane la carriera militare. In assenza di notizie (ma dei suoi meriti giovanili sui campi di battaglia non si può dubitare, dal momento che vi si fa esplicito riferimento nelle patenti ducali posteriori), è lecito presumere che prendesse parte attiva alle guerre che impegnarono duramente il duca sabaudo sullo scorcio del sec. XVII e nei primi anni del successivo, Ma solo dal 1712, con il conseguimento del primo alto grado nella gerarchia militare, è possibile seguire puntualmente lo svolgersi della sua carriera. Il 16 maggio di tale anno egli assunse il comando del reggimento di fanteria "La Trinità" che da lui, allora marchese di Senantes, prese nome di reggimento "Senantes"; ma l'anno dopo, in seguito al licenziamento di questo corpo, il C. come colonnello fu trasferito al battaglione nazionale della provincia di Torino. Il 29 apr. 1725 fu infeudato di Caraglio con il titolo di marchese; il 15 agosto dello stesso anno fu promosso generale di battaglia, titolo che si accompagnava al grado immutato di colonnello. Oltre al diretto comando di un reggimento (che nel 1730-1731 fu quello dei fucilieri) gli fu conferito, almeno dal 1725 l'ufficio di ispettore generale, che comportava un ampio potere di controllo su tutti i reggimenti "nazionali" che, per la sola fanteria, erano in media diciassette. Un ulteriore progresso nella sua carriera si ebbe solo in coincidenza con l'avvento al trono del nuovo sovrano Carlo Emanuele III (1730), presso il quale il C. dovette godere di una maggiore considerazione personale. Con patenti del 24 ott. 1731 Carlo Emanuele III lo destinò "al carico" di governatore di Casale e del ducato dell'Alto e Basso Monferrato, promuovendolo contemporaneamente luogotenente di maresciallo.
Lo scoppio del conflitto franco-austriaco nel 1733, che segnò la ripresa delle competizioni militari del Piemonte, rimasto dal secondo decennio del Settecento quasi al di fuori dell'attività diplomatica e bellica europea, ricondusse il C. sui campi di battaglia. Impegnato "con il principal comando" nel blocco di Novara (novembre 1733), uno degli obbiettivi primari della campagna sabauda di espansione verso la Lombardia, il C. ne venne a capo dopo un breve assedio (5 genn. 1734). Con patente di poco successiva (24 febbraio) facente esplicito riferimento alla sua "abilità, zelo, valore", alla "somma vigilanza e al coraggio", "alla condotta sua singolare", alla sua qualità di "uffiziale sì pien d'onore", il re gli affidò il governo della piazza che aveva conquistato e lo promosse nuovamente, da maresciallo di campo (grado conseguito tra l'ottobre 1731 e il febbraio 1734) a luogotenente generale di fanteria. Nel corso della stessa campagna il C. si distinse ancora per la sua valida azione nelle battaglie di Parma e Guastalla (29 giugno e 19 sett. 1734). La necessità di dare un nuovo governatore ad Alessandria. che ne era priva dal febbraio 1736 in seguito alla morte del conte Lucerna di Campilione e al tempo stesso l'importanza di questa città considerata per la sua posizione un punto chiave nella difesa del ducato indussero il sovrano a spostare il C. da Novara e a designarlo al nuovo ufficio che egli assunse facendo ingresso in città nell'ottobre del 1736. Nei primi anni del governatorato i suoi compiti furono quelli normalmente legati a una carica di natura militare, che tuttavia comportava non poche intromissioni nell'amministrazione civile. I dati biografici più salienti sono, per questo periodo, la nomina a cavaliere della SS. Annunziata (19 marzo 1737) e la promozione a generale di fanteria (25 genn. 1744). In seguito, il dilagare della guerra in Piemonte, conseguente allo scoppio delle ostilità tra Luigi XV e il re di Sardegna (1743), coinvolse Alessandria, che fu attaccata dall'esercito francese del Maillebois il 6 ott. 1745, costringendo il C. a organizzarne la difesa. La resistenza durò pochi giorni; tra il 10 e l'11 ottobre, vedendo l'impossibilità di sostenere più a lungo l'impeto francese, soprattutto per la sproporzione tra l'estensione della cerchia cittadina e la scarsezza delle relative fortificazioni, il C. stabilì di ritirarsi assieme all'intera guarnigione, costituita da sei o sette battaglioni, nella cittadella.
La decisione generò non pochi risentimenti nella cittadinanza che si giudicò abbandonata al nemico e vi fu chi attaccò il C. accusandolo di "doppiezza e di poca sincerità" per il modo in cui egli, desideroso di salvare l'onore militare e adempiere al tempo stesso alle precise direttive del re, aveva cercato di ottenere, attraverso la mediazione del vescovo mons. Alfonso Miroglio, che fossero gli stessi deputati cittadini a fare la proposta di resa. Il blocco della roccaforte durò alcuni mesi; la resistenza, resa ardua dalla stretta sorveglianza nemica, fu guidata con fermezza dal C. che non esitò a dividere con i soldati ogni genere di privazioni. Fra i suoi provvedimenti di quel periodo va ricordato l'ordine di coniare moneta ossidionale su cui fu apposta la scritta: "Bloc. Arcis Alex. Gub. Marchio de Caraglio 1746".
Agli inizi di marzo informò il re che sarebbe stato costretto a capitolare per mancanza di viveri. Ma il desiderio di giungere alla pace, che si profilava imminente, con il possesso di questa importante fortezza, persuase il Bogino e, per lui, il sovrano a tentarne il salvataggio mediante un'ardimentosa operazione di guerra che, affidata al barone di Leutrum, si concludeva felicemente il 10 marzo con la liberazione degli assediati. Il C. rimase ad Alessandria fino al 10 apr. 1747, quando ne partì chiamato a più alto incarico, come governatore di Torino; ma poco più di un anno dopo, il 24 ott. 1748, morì nel feudo avito di Sanfré, dove il 10 agosto precedente aveva dettato le sue ultime volontà.
Dal suo matrimonio celebrato il 24 genn. 1712 nel duomo torinese di S. Giovanni con Giovanna Amabilia di Simiana, figlia del marchese Carlo di Pianezza, nacquero cinque figli; da Carlo, suo primogenito, nacque Angelo con il quale si estinse la famiglia (1770).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sezione Camerale, art. 601, Archivio Isnardi di Caraglio dal 1259 al 1863; Insinuazione di Torino, 1748, libro 9, f. 305; Controllo finanze, reg. 4, f. 171; 5, f. 53; 7, f. 170; 9, ff. 74, 75; 11, f. 37; 12, f. 179; 18, f. 113; 20, f. 24; Ibid., Sezione I,Lettere particolari, mazzo I, n. 7, 1731-1734; mazzo Z, n. 5, 25 luglio e 4 ag. 1737; mazzo I, n. 8, 1740-1748; Torino, Biblioteca reale, Miscell. Patria Varia 295/9,11 (versi anonimi in onore del C.); V. A. Cigna-Santi, Serie cronol. de' cavalieri... della Santissima Nunziata, Torino 1786, p. 229; G. Casalis, Diz. geogr., stor., statistico,commerciale degli Stati di S. M. il re di Sardegna..., I, Torino 1833, p. 194; C. Botta, Storia d'Italia..., VII, Milano 1844, pp. 256, 273; D. Carutti, Storia del regno di Carlo Emanuele III, I, Torino 1859, pp. 294, 326 s.; A. Valori, Condottieri e generali del Seicento, Roma 1943 p. 192; T. Santagostino, Settecento in Alessandria..., Alessandria 1947, pp. 26, 411 F. Cognasso, Novara nella sua storia, in Novara e il suo territ., Novara 1952, pp. 437 s.; Id., I Savoia, Milano 1971, p. 475; Enc. militare, IV, p. 385 (s. v. Isnardi).