MANARDI, Ignazio
Nacque a Ferrara il 23 ag. 1495 dal noto medico e filosofo Giovanni, docente all'università di Ferrara, e da Samaritana da Monte; fu battezzato con il nome di Timoteo.
Le notizie sulla sua formazione sono scarse, ma è certo che giovanissimo, al seguito del padre, frequentò con una certa continuità il castello della Mirandola, dove Giovanni fu medico e precettore prima del 1502 e poi dal 1509 al 1512. È di questo secondo periodo il rapporto del M. con il conte Giovanni Francesco (II) Pico, che gli trasmise le sue simpatie savonaroliane, da Pico mantenute anche dopo la morte di G. Savonarola.
Il 31 genn. 1514 il M. si addottorò in arti e medicina presso lo Studio di Ferrara, e forse negli anni successivi si recò alla corte di Ladislao II re di Boemia e di Ungheria, dove Giovanni era archiatra.
Nel 1519 il M. abbandonò la prospettiva di seguire le orme paterne e divenne frate domenicano nel convento di S. Marco di Firenze. Il 2 febbr. 1519 ricevette l'abito dal vicario generale dell'Ordine Matteo di Marco, assunse il nome di Ignazio ed esattamente un anno più tardi emise la professione nelle mani di fra Iacopo di Sicilia. Tuttavia non si trattenne molto nel convento fiorentino, lasciato nel 1520 alla volta di S. Domenico a Fiesole e poi di S. Spirito a Siena. Nel 1525 si trasferì nel convento che più di tutti caratterizzò la sua militanza domenicana: quello di S. Romano a Lucca, dove in quell'anno iniziò a scrivere la cronaca conventuale.
In quel periodo diede inizio alla predicazione e all'attività di confessore di monache, che svolse sempre con grande cura, anche componendo operette spirituali e devozionali indirizzate alle sue assistite. Il soggiorno lucchese fu interrotto nel 1531 da un priorato semestrale a Bibbiena, nel convento di S. Maria del Sasso, dove il M. scrisse il trattato della preparazione alla comunione, due esposizioni sui Salmi 48 e 87, e il dialogo tra il confessore e una monaca. L'attività lucchese non fu meno feconda: soltanto nel 1532 il M. compose almeno tre opere: Medicina dell'accidia, De patientia e De custodia cordis. L'anno successivo vide la luce il trattato Del libro de la prudentia, mentre egli continuava a comporre e a recitare sermoni, alcuni dei quali sono stati accuratamente trascritti e raccolti in codici insieme con le sue operette spirituali (Firenze, Biblioteca nazionale, Magl., XXXV.243; Palat., 14; Ibid., Biblioteca Riccardiana, Mss., 1483; Parma, Biblioteca Palatina, Palat., 259). Il più importante ciclo noto è quello delle 31 Prediche dell'amore di Dio (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Redi, 78), recitate dal M. per la prima volta tra il settembre 1532 e il maggio 1534 davanti alle monache del monastero di S. Domenico a Lucca e in seguito replicate all'eremo di Monte Corona e a Prato.
Nel 1536 il M. si trasferì a Pisa come sottopriore del convento di S. Caterina e come confessore delle monache di S. Domenico.
L'affezione savonaroliana del M. maturò verosimilmente proprio in quegli anni e produsse risultati tangibili. Nel tentativo di favorire la conoscenza delle opere e della vita di Savonarola, il M. volgarizzò prediche e lettere del confratello defunto e trascrisse una delle sue biografie più note. Inoltre rimaneggiò il testo di un'altra biografia, la Vita Hieronymi Savonarolae di Giovanni Francesco Pico, in vista della sua diffusione manoscritta, e vi aggiunse un breve testo (la Coronide) nel quale racconta episodi miracolistici relativi a personaggi collegati a fra Girolamo (la versione più attendibile dello scritto si trova a Firenze, Biblioteca nazionale, Conv. soppr., J.VII.31). L'ideale savonaroliano permea anche le opere del M. che non riguardano espressamente fra Girolamo, soprattutto per ciò che concerne la tensione per una riforma di conventi e monasteri ispirata a un profondo rinnovamento spirituale e morale.
Alla fine degli anni Trenta si colloca il passaggio del M. alla Congregazione degli eremiti camaldolesi di Monte Corona, che resta in buona parte avvolto nel mistero. Sembra che egli sia approdato al nuovo Ordine nel 1538 e che ne sia uscito poco più tardi per farvi ritorno nel 1543; si tratta di informazioni lacunose e che non hanno trovato conferma in recenti ricerche d'archivio. Inoltre, non si hanno molti elementi per comprendere le ragioni che indussero il M. a oscillare tra i due Ordini se non il profondo travaglio interiore che lo consumò in quel periodo, a cui egli stesso fa riferimento nei suoi scritti.
L'esperienza camaldolese nell'eremo di Monte Corona va ricordata non tanto per l'attività predicatoria - il M. ripeté una parte del ciclo di sermoni sull'amore di Dio già dispensati ai domenicani - quanto per la redazione dell'Apologeticus pro f. Hieronymo Savonarola. Nell'eremo il M. si imbatté nei manoscritti del camaldolese Paolo Giustiniani, contenenti accuse feroci rivolte a Savonarola poco più di vent'anni prima; con l'Apologeticus (datato 7 maggio 1539) il M. replicò ribadendo l'assoluta ortodossia della dottrina savonaroliana (l'autografo è a Frascati, Archivio dell'Eremo Tuscolano, Tuscolano, F.II, cc. 177-191, edito in Taurisano, 1953, pp. 35-47).
Non più tardi del 1544 il M. tornò definitivamente nelle file domenicane: dal settembre al novembre di quell'anno fu certamente a Prato, dove fu confessore delle monache nel monastero di S. Vincenzo e dove continuò lo stesso ciclo di prediche già recitato agli eremiti di Monte Corona. Tra il 1545 e il 1546 fu di stanza a Pistoia: risiedeva nel convento di S. Domenico, ma era confessore a S. Caterina. In quella città, in piena età controriformistica, il M. collaborò con il vescovo, Pier Francesco da Gagliano, contribuendo attivamente per circa un decennio alla sua battaglia antiluterana. Nel 1551 lo ritroviamo a Viterbo, nel convento di S. Maria in Gradi e confessore delle monache a S. Caterina; l'anno successivo fu nominato visitatore nel convento di Nepi.
Il M. morì il 7 sett. 1557 nel convento viterbese; la cronaca di S. Marco lo ricorda come un uomo probo, dalla vita e dai costumi esemplari.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, San Marco, 370: Annalia conventus S. Marci de Florentia, cc. 103v, 179v; G. Pico della Mirandola, Vita Hieronymi Savonarolae, a cura di E. Schisto, Firenze 1999, pp. 27-29; I. Taurisano, I domenicani in Lucca, Lucca 1914, pp. 90-93; G. Schnitzer, Savonarola, Milano 1931, II, p. 545; I. Taurisano, Fra Girolamo Savonarola (da Alessandro VI a Paolo IV), in La Bibliofilia, LV (1953), pp. 21 n., 35-47; M. Berengo, Nobili e mercanti nella Lucca del Cinquecento, Torino 1965, pp. 372-375; M. Trigari, Momenti e aspetti del savonarolismo a Lucca, in Critica storica, VI (1967), pp. 591-593, 602-604; La "cronaca" del convento domenicano di S. Romano di Lucca, a cura di A.F. Verde - D. Corsi, in Memorie domenicane, n.s., XXI (1990), pp. XXXII s., 551-561; A.F. Verde, Il movimento spirituale savonaroliano fra Lucca-Bologna-Ferrara-Pistoia-Perugia-Prato-Firenze, in Memorie domenicane, n.s., XXV (1994), pp. 10-15, 22-28, 38-47, 110-149, 156-160, 164-206; L. Polizzotto, The elect nation. The Savonarolan movement in Florence 1494-1545, Oxford 1994, pp. 299 n., 324 n., 327, 402 n., 410 n.; A.F. Verde, Note sul movimento savonaroliano, in Memorie domenicane, n.s., XXVI (1995), p. 451; E. Panella, Cronica di S. Caterina in Pisa. Copisti autori modelli, ibid., XXVII (1996), pp. 215-217; A.F. Verde, Il movimento savonaroliano della Congregazione di S. Marco nella prima metà del Cinquecento attraverso alcuni suoi rappresentanti, in Studi savonaroliani. Verso il V centenario, a cura di G.C. Garfagnini, Firenze 1996, pp. 251-256; J.A. Benavent, El Tratado de milagros de fra Girolamo Savonarola. El códice de Valencia y la tradición manuscrita, in Memorie domenicane, n.s., XXVIII (1997), pp. 26-31; S. Dall'Aglio, Savonarola e il savonarolismo, Bari 2005, pp. 156-158, 181 s.; Id., L'eremita e il sinodo. Paolo Giustiniani e l'offensiva medicea contro Girolamo Savonarola (1516-1517), Firenze 2006, pp. 129-134.