MARINI, Ignazio
– Nato a Tagliuno, presso Bergamo, il 28 nov. 1811 da Prospero e da Catterina Zerlini, scelse la carriera musicale contro la volontà del padre, che intendeva avviarlo alla vita ecclesiastica.
Dotato di una splendida voce di basso, debuttò nel 1832 a Brescia, e dopo appena un anno già calcava il palcoscenico del teatro alla Scala di Milano, dove sarebbe stato impegnato con continuità fino al 1847. Il debutto scaligero (29 giugno 1833) fu con un’opera comica, Il carrozzino da vendere di Angelo Frondoni, autore oggi del tutto dimenticato. Ben presto il M. affrontò le pagine dei maggiori compositori dell’epoca, e al fianco delle più osannate primedonne dell’Ottocento: con Giuditta Pasta cantò Norma (1835), con Maria Malibran Otello e Il barbiere di Siviglia di G. Rossini, Maria Stuarda di G. Donizetti, Norma, La sonnambula, I Capuleti e i Montecchi di V. Bellini (1834-36), quest’ultima opera nelle famose recite in cui la Malibran impose la sostituzione del terzo atto di Bellini con quello di Giulietta e Romeo di Nicola Vaccai. Il 17 marzo 1837 il M. partecipò alla cantata In morte di Maria Malibran, con musiche di autori diversi, che la Scala dedicò alla sfortunata diva morta giovanissima.
Le grandi doti del M. si manifestarono sia nell’opera comica sia nella seria. Quanto alla prima, fu uno dei più grandi interpreti rossiniani del suo tempo, impareggiabile come Mustafà nell’Italiana in Algeri; non meno considerate furono le sue interpretazioni mozartiane, dal protagonista nelle Nozze di Figaro a Leporello nel Don Giovanni. «Tutta Italia apprezzò in lui una stupenda voce da vero basso-cantante dei tempi di Rossini» (Regli).
Se gli anni Trenta furono nel segno di Rossini, Bellini e Donizetti, gli anni Quaranta furono nel segno di Verdi (né va dimenticato che, come tutti i cantanti dell’epoca, il M. cantò opere anche di molti altri autori oggi caduti in oblio). Interpretò in prima assoluta i seguenti ruoli in opere di Donizetti: Guido in Gemma di Vergy (Scala, 26 dic. 1834), Talbot in Maria Stuarda (ibid., 30 dic. 1835), Gran Siniscalco in Gianni di Parigi (ibid., 10 sett. 1839), Alfonso in Lucrezia Borgia (seconda versione con il finale rinnovato: ibid., 11 genn. 1840), Arnoldo in Adelia (Roma, Apollo, 11 febbr. 1841).
Su quest’ultima così si espresse la stampa locale: «Il primo atto apresi con un’imponente introduzione nella quale la tonante voce di Marini, identificandosi al concepimento musicale, lasciò vivissima impressione negli animi degli uditori, che si versarono poi negli applausi più fervidi e tre volte ridomandarono e rividero Donizetti e Marini» (La Fama, 25 febbr. 1841); «non possiamo passare in silenzio che avremmo amato che tanto il poeta che il maestro avessero fatto più conto del basso Marini» (Il Tiberino, 15 febbr. 1841). E in effetti Donizetti pochi giorni dopo ne tenne conto, dato che scrisse una variante nel finale I «acciò il basso abbia più modo a brillare» (cfr. lettera all’editore Lucca del 7 marzo, cit. in Zavadini).
Che le parti scritte per il M. non rendano giustizia all’importanza della sua voce è osservazione ricorrente e indicativa d’un dato storico: in quegli anni la voce del basso veniva impiegata il più delle volte per ruoli non di primissimo piano, e quasi mai come protagonista assoluto ed eponimo (lo sono piuttosto il soprano, il tenore o il baritono), specie nell’opera seria, in quanto nella comica il basso, cioè il «buffo», ha molto più spesso una parte primaria. Tale considerazione mostra l’importanza che ebbe per il M. l’incontro con G. Verdi: due delle tre opere verdiane interpretate dal M. in prima assoluta contemplano il basso eponimo, Oberto, conte di San Bonifacio (Scala, 17 nov. 1839) e Attila (Venezia, La Fenice, 17 marzo 1846). Tuttavia non si deve tacere che tale scelta anomala avvenne anche per ragioni contingenti, e comunque Verdi riscrisse successivamente la parte di Oberto per baritono. Sul finire della carriera il M. cantò in prima assoluta anche la parte secondaria dell’Alcade ne La forza del destino (San Pietroburgo, teatro Imperiale, 10 nov. 1862). Essendo Oberto la prima opera in assoluto di Verdi, il M. deve essere considerato il primo protagonista verdiano.
Budden sostiene che «la stella di prima grandezza [nella produzione dell’Oberto del 1839] era Ignazio Marini. Basso profondo di grande potenza ed autorità doveva rivelarsi un amico fedele del giovane compositore. Sette anni più tardi diede vita al personaggio di Attila e lo portò in trionfo su e giù per la penisola» (p. 52). Il M. riscosse grandi successi anche con parti verdiane non scritte espressamente per lui. È significativa la lettera di Verdi a lui indirizzata l’11 giugno 1843: «Sento con piacere estremo che tu ritorni fra noi, ed i Milanesi accoglieranno con trasporto il loro basso prediletto. Io ho scritto due opere ultimamente: il Nabucco ed i Lombardi, in cui tu hai una parte nella quale forse primeggerai. Nel Nabucco la parte del Profeta e nei Lombardi la parte di Pagano, le quali sembrano scritte per te; ed anzi ti dirò che avrei grandissimo desiderio di sentirle da te […]. Noi c’incontreremo altra volta e sarò ben fortunato di poter scrivere un’opera per un artista come tu sei, e sta certo che io ti darò una parte degna di te» (I copialettere…).
Una parte verdiana particolarmente congeniale al M. fu quella di Silva nell’Ernani, tanto che divenne quasi il Silva per eccellenza: cantata per la prima volta a Vienna nell’aprile del 1844, l’opera fu poi replicata alla Scala nel settembre successivo. Nelle rappresentazioni milanesi il M. inserì una cabaletta, «Infin che un brando vindice», dopo il cantabile dell’aria «Infelice, e tuo credevi». Il brano aggiunto è quasi sicuramente di Verdi (manca l’autografo), forse con qualche intervento del M. stesso; tuttavia non fu concepito per l’Ernani, ma per le rappresentazioni di Oberto a Barcellona, dove il M. si esibì nel carnevale 1842.
La Gazzetta privilegiata di Milano così scrisse il 19 febbr. 1842: «Per la beneficiata d’Ignazio Marini diedesi l’opera del maestro Verdi, intitolata Il conte di San Bonifacio. L’esito fu medio […]. Alcuni pezzi però furono applauditi, massime la cavatina del basso Marini, espressamente scritta dallo stesso maestro Verdi. Il suddetto Marini ebbe in questa circostanza onori d’ogni sorta, regali, corone di fiori ec. ec.». Pare certo il consenso, almeno tacito, di Verdi per il trasferimento da Oberto a Ernani: tale cabaletta pugnace «di baule», proprio in quanto raffigurante un generico affetto vendicativo, poté passare da un’opera all’altra, a dimostrazione che nel melodramma italiano certe inveterate prassi performative non erano ancora del tutto superate; né l’epoca del belcanto, che proprio Verdi, invero, di lì a poco contribuirà a superare. Nessun dubbio che essa fosse una cabaletta cucita addosso al M.: «Per tutti gli anni Quaranta il testo di questa cabaletta compare solo nei libretti approntati per quelle rappresentazioni in cui Marini interpretava il ruolo di Silva» (Budden, p. 181).
Il M. fu considerato il successore del mitico basso Luigi Lablache. Dalle partiture scritte per lui si evince che la sua voce era più da basso cantante che da basso profondo: in Attila si spinge fino al la bemolle3 senza il sostegno degli strumenti. La carriera del M. ebbe sul finire degli anni Quaranta una definitiva consacrazione internazionale; si esibì nei più importanti teatri d’Europa, tra cui il Covent Garden di Londra (1847-49), indi a New York e all’Avana (1850-52) e a San Pietroburgo (1856-57 e 1862-63). Altre opere interpretate dal M. con grande successo furono Mosè di Rossini, Beatrice di Tenda e I puritani di Bellini, Anna Bolena, Belisario, Roberto Devereux e Les martyrs di Donizetti, Gli ugonotti e Roberto il diavolo di G. Meyerbeer. Nel 1870 fu direttore di scena al teatro del Kedivè del Cairo, ma tornò dopo breve tempo in Italia a causa d’una malattia cardiaca.
Il M. morì a Milano il 29 apr. 1873.
Era sposato con Antonietta Rainieri, soprano che lo affiancò spesso in scena, per esempio nelle prime di Gianni di Parigi e di Oberto.
Fonti e Bibl.: F. Regli, Diz. biografico dei più celebri poeti ed artisti melodrammatici…, Torino 1860, pp. 308 s.; I copialettere di G. Verdi, a cura di G. Cesari - A. Luzio, Milano 1913, p. 423; G. Zavadini, Donizetti: vita, musiche, epistolario, Bergamo 1948, p. 533; R. Parker, «Infin che un brando vindice»: from «Ernani» to «Oberto», in Verdi Newsletter, XII (1984), pp. 5-7; J. Budden, Le opere di Verdi. Da «Oberto» a «Rigoletto», I, Torino 1985, pp. 46-52, 181; G. Verdi, Ernani, a cura di C. Gallico, Chicago-Milano 1985, pp. XLV s. (Introduzione); Le prime rappresentazioni delle opere di Donizetti nella stampa coeva, a cura di A. Bini - J. Commons, Milano-Ginevra 1997, pp. 1004-1007; C. Schmidl, Diz. univ. dei musicisti, p. 41; Diz. encicl. univ. della musica e dei musicisti, Le biografie, IV, p. 666; K.J. Kutsch - L. Riemens, Grosses Sängerlexikon, II, coll. 1853 s.; The New Grove Dict. of opera, III, p. 217; E. Rescigno, Diz. verdiano, pp. 341 s.