PERRICCI, Ignazio
– Nacque a Monopoli (Bari) il 18 gennaio 1834 da Angelo e Rosa Alba, contadini (Monopoli, Comune, Archivio storico, vol. 1834, n. 34). Fu un grande decoratore pittorico e arredatore dell’Italia postunitaria, il cui pieno riconoscimento sta emergendo solo attraverso studi recenti (Pastore, 2007; Di Benedetto, 2013, p. 602).
Nel 1837 subì la perdita del padre e nel 1840 la madre si risposò con Paolo Antonio Sardella, sacrestano della cattedrale di Monopoli. Il patrigno lo affidò come apprendista sarto presso la bottega di Gregorio Munno, dove rimase fino al 1848, quando divenne allievo di Antonio Conti, decoratore impegnato nei restauri della cattedrale (Pastore, 2007, pp. 21, 51).
Nei primi anni Cinquanta si trasferì a Napoli (p. 51) e alla metà del decennio partecipò alle decorazioni della Real Villa della Favorita a Ercolano, sotto la direzione di Errico Alvino (Di Benedetto, 2006, p. 65). Nel 1856, insieme con Biagio Molinaro, vinse il concorso per affrescare il soffitto della sala della Gran Corte civile, detta poi anche sala dei Busti, presso castel Capuano a Napoli.
Perricci aveva l’incarico di eseguire le decorazioni e Molinaro il compito di effettuare la parte figurativa (portata a termine nel 1858, firmata e datata da entrambi). L’opera, restaurata pochi anni fa dalla soprintendenza locale (Franco, 2011, p. 393), ha come tema il regno della Giustizia, nella volta suddivisa in tre riquadri. Nella stessa sede Perricci, insieme con il collega Molinaro, eseguì anche vari restauri d’affreschi (Petroni, 1861 pp. 34 s., tav. XI; Di Benedetto, 2006, pp. 65, 88 nn. 9 e 10).
Nel 1862 partecipò alla I Esposizione della Società promotrice di belle arti di Napoli. Nello stesso anno sposò Angela Fornario e nel 1868 nacque la sua unica figlia, Rosa (Pastore, 2007, p. 53).
Nel 1869 Perricci firmò, insieme a Domenico Morelli, la culla per il principe di Napoli (Caserta, reggia, attualmente presso la cappellina di Pio IX), futuro re Vittorio Emanuele III. Per quest’opera, ideata e realizzata da vari architetti, scultori ed ebanisti, ottenne la nomina di cavaliere della Corona d’Italia (Di Benedetto, 2006, pp. 65, 88 s. nn. 11-14).
A partire dal 1869 insegnò ornato dipinto presso l’Accademia di belle arti di Napoli, grazie anche al sostegno di Morelli (Lorenzetti, 1953, p. 129; Di Benedetto, 2006, pp. 51, 62 nn. 152-154). Nel 1870 Perricci, insieme a Morelli, portò a termine il sipario per il teatro di Salerno (teatro Comunale Giuseppe Verdi).
Si occupò in particolare della decorazione ad arabeschi della cornice di questa grande opera, restaurata nel 1996, di cui esiste anche un bozzetto (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea - GNAM; Hartman, 1996; Di Benedetto, 2006, pp. 66, 89 nn. 19-23).
A partire dal 1872 iniziò a sovraintendere alla decorazione e all’arredamento di alcune sale del castello ducale di Corigliano Calabro, nel Cosentino. Nella sala degli Specchi, dove ancora è conservato l’arredamento originario, terminò nel 1874 Il palcoscenico della vita, una delle opere più suggestive dell’artista (Salerno, 1998, pp. 72 s.).
È una tela applicata al soffitto, dipinta a trompe l’œil, dove alcuni personaggi in costumi locali, affacciati a una balaustra, salutano gli osservatori sullo sfondo di un cielo blu notte tempestato di stelle brillanti, realizzate con frammenti di cristallo incastonati. Su un lato della scena un servitore è impegnato a coprire la sala con un drappo giallo, simile alle tappezzerie realmente presenti nella camera, per proteggere i frequentatori del castello, contemporaneamente osservatori del soffitto dipinto, dalle intemperie della notte appena calata (pp. 72-76).
Alla seconda metà degli anni Settanta è databile l’intervento decorativo nelle sale del palazzo Guevara di Bovino a Napoli, oggi compromesso dal tempo e da un restauro compiuto fra il 1986 e il 1990. Nell’ambito di questo complesso decorativo, la prova che maggiormente evidenzia l’abilità ormai raggiunta dall’artista è La danza delle ore, un affresco realizzato in stile neorococò sul soffitto del gran salone da ballo, decorato a stucco dorato (Di Benedetto, 2006, pp. 123, 134, 137, 214 n. 88).
Nel 1876 curò l’intero allestimento della sala degli Specchi nel palazzo del Quirinale a Roma, in stile Luigi XV (Di Benedetto, 2013, p. 603). Nel 1877, come risulta dal relativo catalogo, presentò alla XIV Esposizione della Società promotrice di belle arti di Napoli l’acquerello Progetto di decorazione della sala d’Ercole, nella reggia di Napoli, secondo i tipi e motivi degli arazzi ivi esistenti (datato 1869, ma con scrittura probabilmente non autografa; Monopoli, palazzo comunale, scalone).
Nel 1878 divenne titolare della cattedra di pittura ornamentale presso l’Accademia di belle arti di Napoli (Lorenzetti, 1953, p. 156). Nel 1880, come risulta dal relativo catalogo, presentò alla XXXIX Esposizione della Società promotrice di belle arti di Torino l’olio su tela La primavera (Monopoli, palazzo comunale, ufficio del sindaco).
A partire dal 1882 (e fino al 1891) per interessamento di Filippo Palizzi insegnò pittura decorativa presso il Museo artistico industriale di Napoli (Pastore, 2007, pp. 32, 57). Nel 1884, al centro della volta della sala della Lupa, nel palazzo di Montecitorio a Roma, firmò l’Allegoria dell’Unità d’Italia, scena realizzata a tempera (Di Benedetto, 2013, p. 601) e recentemente consolidata a causa di un crollo parziale avvenuto nel 2012.
Nel 1886 divenne titolare della cattedra di pittura decorativa presso l’Accademia di belle arti di Napoli (Lorenzetti, 1953, p. 156). Dal 1886 e fino al 1891, nell’ambito della ristrutturazione di villa Giulia a Barra (Napoli), curata da Nicola Breglia, ebbe il ruolo di decoratore e di arredatore d’interni.
Firmò molte opere e arredi della dimora, da lui ideati o direttamente eseguiti, fra i quali emerge la qualità pittorica e decorativa del gran salone rococò, decorato con stucchi dorati, un Trionfo con un angelo musicante e putti reggi-insegne sul soffitto, oltre a scene di genere nei riquadri intorno. Nella stessa sede portò a termine una sala giapponese, attraverso una finta tappezzeria realizzata con la tecnica della carta dipinta a tempera con l’intenzione di riprodurre la brillantezza delle sete orientali, secondo il japonisme di moda all’epoca (Di Benedetto, 2006, pp. 158-189, 217 n. 130).
Fra il 1887 e il 1888 eseguì vari interventi decorativi e ristrutturazioni in alcuni ambienti degli appartamenti della Manica lunga nel palazzo del Quirinale, fra i quali si segnala il salottino giapponese (Di Benedetto, 2013, p. 603).
Nel 1892 firmò e datò un Cristo risorto fra angeli festanti (Speranza, 1996) ed eseguì anche L’Immacolata, un’altra tela della medesima dimensione (cm 70x120) (Catello, 1996; tele conservate a Napoli, nei depositi del Museo nazionale di Capodimonte).
Nel 1895 divenne titolare della cattedra di ornato presso l’Accademia di belle arti di Napoli, materia già insegnata nella stessa sede a partire dal 1869 (Lorenzetti, 1953, p. 156).
Morì a Napoli il 1° maggio 1907 (Napoli, Comune, Stato civile, Registro atti di morte, 1907, sez. Chiaia).
Fonti e Bibl.: G. Petroni, Del gran palazzo di giustizia a Castel Capuano in Napoli, Napoli 1861, pp. 4, 34-36, 38, tav. XI; P. Piccirilli, A proposito di due pergamene dipinte dai Professori Cav. I. P. e O. Recchione pel Municipio di Sulmona, Napoli 1882; C. Lorenzetti, L’Accademia di Belle Arti di Napoli, Firenze 1953, pp. 129, 156 e ad ind.; M. Picone, P. I., in La pittura in Italia. L’Ottocento, a cura di E. Castelnuovo, II, Milano 1990, p. 959 (con bibliografia); R. Catello, Scheda OA, P. I., 1996, numero catalogo generale (NCTN) 00332191; V. Hartman, Il restauro del sipario del teatro Verdi di Salerno dipinto da Domenico Morelli, in I Beni Culturali, IV (1996), 4-5 (luglio-ottobre), pp. 17-21; F. Speranza, Scheda OA, P. I., 1996, numero catalogo generale (NCTN) 00333658; E. Salerno, La pittura decorativa nella seconda metà dell’Ottocento in Calabria..., in Calabria Letteraria, XLVI (1998), 7-9 (luglio-settembre), pp. 72-76; M. Mansueto, I. P. pittore, in Nomi nel marmo. Persone e personaggi nella toponomastica monopolitana, Monopoli 2002, pp. 114 s.; A. Di Benedetto, Artisti della decorazione. Pittura e scultura dell’eclettismo nei palazzi napoletani fin de siècle, Napoli 2006; L.R. Pastore, Trani celebra I. P. nel centenario della morte, Bari 2007 (con bibliografia e documenti); Il sipario di Biagio Molinaro raffigurante La promulgazione degli Statuti marittimi di Trani per il teatro comunale..., a cura di L.R. Pastore, Bari 2008 (con bibliografia e documenti); R. Borrelli, La Lucchesi Palli. Storia di una biblioteca napoletana, Napoli 2010, pp. 30 s., appendice II pp. 125-127; F. Franco, Molinaro, Biagio, in Dizionario biografico degli Italiani, LXXV, Roma 2011, pp. 393 s. (con bibliografia); A. Di Benedetto, «A Roma ci siamo e vi resteremo». Memoria storica e identità patria nella decorazione sabauda in Montecitorio (1884), in Annali di critica d’arte, IX (2013), 2, pp. 601-609, 622; I. Di Liddo, Lo studio del Sei-Settecento napoletano nella pittura di I. P. «il solo in Napoli che attende a quest’arte», in Cinquantacinque racconti per i dieci anni. Scritti di storia dell’arte, a cura del Centro studi sulla civiltà artistica dell’Italia meridionale Giovanni Previtali, Soveria Mannelli (Catanzaro) 2013, pp. 589-602.