Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La crescita economica che interessa il Paese all’inizio del secolo favorisce nel contempo il processo di democratizzazione; questo però non risolve l’instabilità politica e sociale, dovuta sia al problema coloniale, sia soprattutto ai contrasti tra i principali gruppi etnico-linguistici. La tensione prodotta da queste contrapposizioni si placa solo durante le due guerre mondiali. Se la disputa linguistica sembra risolta con la riforma federale del 1995, alcuni scandali, anche di rilievo internazionale, travolgono la classe politica negli anni Novanta. Una grande coalizione, in carica dal 1999, cerca di riconquistare la fiducia dell’opinione pubblica.
L’eredità coloniale ottocentesca e il primo conflitto mondiale
All’inizio del XX secolo, il Belgio è uno Stato in piena espansione economica; un’efficace politica di modernizzazione e il dominio coloniale in Africa centrale consentono una notevole crescita, superiore a quella degli altri Paesi europei. Contemporaneamente avanza, pur con contraddizioni, il processo di democratizzazione: nel 1899 viene approvata la legge che introduce il suffragio universale maschile. Per impedire la possibilità che vi sia un’eccessiva rappresentanza delle forze più radicali, la legge introduce però il “voto plurimo”, ovvero la possibilità di votare più volte da parte dei cittadini con maggiore reddito. Nel 1898 viene stabilita l’eguaglianza linguistica tra il francese e il fiammingo per evitare contrapposizioni fra le componenti nazionali vallone e fiamminga che costituiscono, insieme a una minoranza di lingua tedesca, la popolazione del Paese.
Monarchia costituzionale dalla sua fondazione, il suo re è Leopoldo II (1835-1909), salito al trono nel 1865. Il territorio del Congo è ancora possesso personale del sovrano che, grazie a esso, accumula un enorme patrimonio, dovuto anche a una politica di sfruttamento intenso delle risorse a spese della popolazione indigena, vittima del lavoro forzato. A seguito di una campagna umanitaria promossa anche strumentalmente dall’Inghilterra e a una commissione internazionale d’inchiesta inviata nel Paese africano nel 1904-1905, il parlamento chiede alcune riforme da attuarsi nella colonia e la sua cessione alla nazione. Un atto del 5 marzo 1908 ratifica la donazione del Congo, da parte del re, al Belgio.
L’anno dopo ha inizio il regno del nuovo sovrano Alberto I (1875-1934). È un periodo in cui si intensificano i contrasti tra l’organizzazione politica cattolica, da sempre ai vertici del Paese, e le forze socialiste, la cui principale richiesta è l’abolizione del voto plurimo. Le polemiche interne vengono totalmente superate allo scoppio della prima guerra mondiale, che vede il Belgio occupato dalle truppe tedesche; la scelta per la neutralità risaliva all’indipendenza del Paese e la sua violazione provoca l’entrata in guerra dell’Inghilterra contro la Germania e una diffusa solidarietà verso il Belgio nell’opinione pubblica britannica e statunitense. L’occupazione tedesca è agevole in quanto, proprio per affrontare le crescenti tensioni in Europa, il governo belga sta riformando il proprio esercito, sostituendo al reclutamento volontario e al sorteggio la leva militare obbligatoria. In questa fase di riassetto, dunque, poco possono le truppe nazionali contro le forze armate tedesche. La popolazione non collabora mai attivamente con gli occupanti e non cede ai tentativi tedeschi di strumentalizzare i conflitti etnici interni. Alla fine della guerra, con il trattato di Versailles, il Belgio rinuncia alla neutralità e ottiene l’ex colonia tedesca del Ruanda.
Nel 1919 viene finalmente approvata la legge che introduce il suffragio universale perfetto. La vita politica del Belgio prosegue, per i successivi dodici anni, senza particolari sussulti. le due forze maggioritarie, i cattolici e i socialisti, non sono in grado di raggiungere la maggioranza assoluta dei consensi. Risulta allora determinante l’appoggio dei liberali ai cattolici, che rende possibile governi di coalizione.
Verso la seconda guerra mondiale
A partire dagli anni Trenta, il Belgio viene investito dalle tensioni politiche che, in quel periodo, si stanno diffondendo in Europa. Le posizioni nazionaliste, in particolare quella fiamminga, assumono toni più radicali, prendendo come riferimento l’azione politica dei fascismi europei; le rivendicazioni più moderate reclamano una struttura federale dello Stato, quelle più radicali la cessione delle Fiandre all’Olanda. Nel 1936 si diffonde il rexismo, il movimento fascista belga che, durante gli anni della seconda guerra mondiale, collaborerà con i nazisti tedeschi. Nel 1934 Alberto I muore in un tragico incidente; gli succede Leopoldo III (1901-1983). Egli, nel tentativo di evitare il coinvolgimento bellico, impone nuovamente al Paese una posizione di neutralità che non impedisce alle truppe tedesche, il 10 maggio 1940, di invadere nuovamente il Belgio, insieme al resto dei Paesi Bassi. Durante l’occupazione il re mantiene un comportamento ambiguo, accettando la capitolazione senza condizioni, nonostante l’eroica resistenza dell’esercito; decide inoltre di non lasciare il Paese (come aveva invece fatto Alberto I durante la prima guerra mondiale), sebbene si sia costituito un governo in esilio. Il parlamento belga, riunitosi a Parigi, denuncia l’incapacità del sovrano di regnare. Leopoldo III si dichiara in un primo momento prigioniero di Hitler, richiudendosi nel castello di Laeken; successivamente, accetta un incontro con il capo del nazismo per discutere sul futuro politico del Paese. Viene in seguito deportato dai Tedeschi in Germania; liberato nel maggio 1945, è costretto a risiedere in Svizzera per l’opposizione del nuovo governo al suo ritorno.
La seconda metà del secolo: tra riforme politiche, tensioni sociali e accordi internazionali
All’inizio del secondo dopoguerra il Belgio vive una situazione economica favorevole; non ha subito danni materiali rilevanti, il piano Marshall ha messo a disposizione numerose risorse, l’utilizzo del porto di Anversa da parte degli Americani ha fatto aumentare le riserve di dollari. Il Belgio, in quegli anni, è l’unico Paese europeo creditore degli Stati Uniti. Due riforme radicali proposte dal nuovo governo, il cambio della moneta e il blocco dei conti bancari – che costringono a fare emergere tutti i profitti di guerra – favoriscono la ripresa. Negli anni successivi alla guerra, il Belgio entra a far parte di tutte le organizzazioni di cooperazione internazionale: nel 1945 aderisce all’ONU, nel 1947 all’Unione economica del Benelux (Belgio, Olanda, Lussemburgo), nel 1948 all’accordo di Bruxelles, che prevede un’alleanza difensiva di cinquant’anni tra la Francia, la Gran Bretagna e il Benelux, e l’anno dopo alla NATO (Trattato dell’Organizzazione Nord Atlantica), nel 1952 alla CECA. Artefice di queste importanti decisioni è il socialista Paul-Henri Spaak (1899-1972), ministro del governo in esilio durante la guerra e primo ministro e ministro degli Esteri fra il 1946 e il 1949. Personalità di grande statura internazionale – è lui il presidente della prima sessione dell’ONU – è uno dei massimi esponenti del movimento europeista e presiede diversi organismi europei, tra cui la CECA.
Alla fine degli anni Quaranta, il dibattito politico viene investito dalla questione monarchica, risolta solo nel 1950; nel marzo di quell’anno un referendum, con il 57 percento dei voti favorevoli, accetta il rientro del re nel Paese. Al suo rimpatrio, tuttavia, la nazione rischia la guerra civile con la popolazione vallona e i partiti della sinistra ostili alle presenza del sovrano. Questi allora nomina il proprio figlio, Baldovino (1930-1993), in un primo momento principe reale, quindi abdica a suo favore il 6 luglio 1951.
Nel corso degli anni Cinquanta si riaprono alcune importanti questioni nazionali: in primo luogo quella scolastica che mette di fronte i laici, i cattolici e i diversi gruppi etnici sul tema della scuola pubblica. Nel 1958 viene firmato un “patto scolastico” che prevede rigidi controlli per le scuole che vogliono assicurarsi una sovvenzione pubblica e distribuisce le competenze tra le scuole statali, provinciali e comunali. Nel 1960 il Belgio, in seguito a un movimento nazionalista diffusosi in Congo, riconosce l’indipendenza della colonia, pur mantenendo un ruolo negli intrighi politici che, negli anni successivi, destabilizzano lo Stato africano (in particolare la secessione del Katanga).
La questione politica che maggiormente coinvolge l’opinione pubblica rimane comunque quella della coesistenza tra i gruppi linguistici; il contrasto tra le comunità vallone e fiamminga si acuisce a partire dagli anni Settanta e produce una continua instabilità politica. Il 10 dicembre 1970 viene sottoscritto un importante accordo, che stabilisce l’esistenza di quattro regioni linguistiche (francese, fiamminga, tedesca e quella bilingue di Bruxelles, città nella zona fiamminga ma a maggioranza francofona) e di tre regioni autonome (Fiandra, Vallonia e Bruxelles). I contrasti sul problema linguistico però non cessano e, già nelle elezioni del 1971, i partiti che hanno una posizione estremista sulla lingua guadagnano voti, a scapito di quelli istituzionali. Per più di venti anni l’incapacità di trovare un accordo stabile in merito all’organizzazione dello Stato e alle concessioni da riconoscere alle comunità linguistiche interne conduce alla formazione di varie coalizioni, che danno origine a governi di breve durata. Un parziale rientro di questa tendenza si verifica nel 1974, con l’affermazione decisa dei cristiano-sociali a danno dei socialisti e delle formazioni linguistiche; emerge sulla scena politica la personalità del cristiano-sociale Leo Tindemans (1922-), che forma dapprima un governo di centrodestra e poi, a partire dal 1977, stringe un’alleanza con il Partito Socialista, in nome di una politica finalizzata alla regionalizzazione. La decisione di intervenire nello Zaire (l’ex Congo belga) conduce a una crisi di governo e, nel 1978, alle dimissioni di Tindemans.
Un nuovo governo di centrosinistra, guidato dal cristiano-sociale Paul Vanden Boeynants (1919-2001), organizza le elezioni del 1978: i cristiano-sociali e i liberali prevalgono su socialisti e fiamminghi, ma la situazione politica resta bloccata. Sono anni in cui si rafforzano le tensioni sociali e fanno la loro comparsa anche formazioni terrroristiche. Il governo successivo, guidato da Gaston Eyskens (1905-1988), per opporsi a questa deriva, riesce a imporre una “tregua sociale”, con la collaborazione di imprenditori e sindacati; tregua che si rompe nel 1983 quando, per protestare contro le rigide misure di politica economica prese dal governo di coalizione tra cristiani, liberali e socialisti, si verifica una serie di scioperi che paralizzano il Paese. Nel 1985 il Belgio è sconvolto a causa degli incidenti verificatisi allo stadio Heysel di Bruxelles, durante la finale di Coppa dei campioni, che causano 39 morti. L’inefficienza dimostrata dalle forze dell’ordine e le critiche internazionali provocano le dimissioni del primo ministro Wilfried Martens; ma la coalizione di centrodestra risulta ancora vincente nelle successive elezioni anticipate. A partire dal 1987 si costituisce un nuovo governo di centrosinistra, anche grazie al successo elettorale dei socialisti, che diventano il primo partito del Paese. Nel 1990 si verifica una crisi istituzionale ai più alti livelli, che coinvolge il re Baldovino; il sovrano non intende infatti apporre la propria firma alla legge, approvata dal parlamento, che depenalizza l’interruzione volontaria di gravidanza. Re Baldovino decide allora di sospendersi dalle sue funzioni per 36 ore, dando luogo a un’anomalia istituzionale che evita la contestazione alle prerogative sovrane del parlamento. Nel 1995 trova finalmente piena attuazione la riforma federale, approvata già nel 1992: lo Stato è ora composto da tre regioni che godono di piena autonomia (le Fiandre, la Vallonia e Bruxelles); piena autonomia è anche concessa alle tre comunità dei Valloni, dei Fiamminghi e dei germanofoni. Baldovino muore nel 1993 e gli succede il fratello Alberto di Liegi, che assume il nome di Alberto II (1934-). La nazione conosce una drammatica notorietà internazionale con la scoperta, dal 1996, di una organizzazione di pedofilia, che faceva capo ad alcuni criminali comuni, autori di atroci delitti; si parla anche di una rete di protezione politica, in realtà non provata nel processo conclusosi nel 2004. Un’altra crisi nelle relazioni internazionali si verifica nel 1999, quando alcuni fondamentali prodotti alimentari (uova, carne, latte) sono tolti dal mercato europeo dopo la scoperta di diossina nel mangime utilizzato dagli allevamenti.
Negli ultimi anni del secolo, il Belgio è investito dalle trasformazioni economiche e sociali imposte dalla concorrenza internazionale, con la crisi di diversi settori tipici e la diffusione di una vasta inquietudine sociale. I partiti tradizionali perdono i consensi, a favore di nuove formazioni, come i Verdi, ma anche dell’estrema destra xenofoba. Nel 1999 il Belgio aderisce all’Unione Monetaria Europea. Nello stesso anno, in seguito ad alcuni scandali, si forma una grande coalizione (governo arcobaleno) comprendente liberali, socialisti, verdi (sia francofoni sia fiamminghi). Questo governo, guidato dal liberale Guy Verhofstadt (1953-), mostra l’intenzione di chiudere con uno dei momenti peggiori della storia nazionale e acquistare nuovamente la fiducia dell’opinione pubblica. Intraprende coraggiose iniziative in politica estera, come quando si mostra tra i più attivi in Europa nel chiedere sanzioni nei confronti dell’Austria per la partecipazione del partito xenofobo di Jörg Haider (1950-2008) al governo; oppure quando il ministero degli Esteri appoggia la denuncia di alcuni cittadini belgi contro il generale cileno Augusto Pinochet (1915-2006), per crimini contro l’umanità.