Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Lo spettacolo di intrattenimento novecentesco si è sviluppato in diverse forme, dal café chantant al variété, dalla rivista all’avanspettacolo, dal cabaret al music-hall. Molte di esse hanno avuto origine in Francia, dove per la prima volta sono state usate come ambiti di sperimentazione dalle avanguardie. Anche in Germania, a parte la rivista sfarzosa e di evasione, lo spettacolo di intrattenimento è legato indissolubilmente alla sperimentazione, alla ricerca delle avanguardie artistiche e alla politica, esperienza che il nazismo recide implacabilmente.
Lo spettacolo di intrattenimento
Cabaret e café chantant fanno parte, insieme a rivista, varietà, music-hall e avanspettacolo, di quei generi “minori” del teatro, a metà strada fra la prosa, il circo, il balletto e il teatro musicale, di cui sovente sono la parodia. Costruiti come una sequenza di numeri vari, da brani recitati a giochi di prestigio, da sketches a numeri acrobatici, sono stati luogo di sperimentazione per le avanguardie del Novecento, pulpito per un’affilata critica sociale e politica, ma insieme teatro dell’evasione luccicante, fuga dalla vita quotidiana, luogo del sogno e del desiderio più sfrenato.
Si è soliti rintracciare le prime forme di quello che sarà poi lo spettacolo di intrattenimento nelle esibizioni dei menestrelli e dei giullari del Medioevo, nelle forme tipiche di spettacolo delle fiere e del circo, nella commedia dell’arte, fino ai vaudeville del Settecento. Lo spettacolo di intrattenimento si afferma nell’Ottocento arrivando al suo apogeo nel periodo a cavallo del Novecento, quando curiosamente si pone in modo trasversale all’interno della società civile: legato alla piccola borghesia e al sottoproletariato, è frequentato assiduamente anche dalla borghesia e dall’aristocrazia. Raramente entra in contatto con il teatro colto e quando questo accade, come nel caso del cabaret tedesco, quasi acuisce la sua capacità polemica e la sua carica eversiva.
In Francia
In Francia all’inizio del Novecento il café chantant perde importanza a favore del variété e della rivista, che presentano sempre più nomi internazionali. Reale diversità fra i due generi di spettacolo non c’è; tuttavia il susseguirsi di numeri di danza, canto e prosa appunto in rassegna (cioè in rivista) è giustificato in quest’ultima da un filo conduttore che, a differenza del variété, da unità allo spettacolo. I temi sono spesso di attualità e il ritmo dello spettacolo assai rapido e brillante con una sempre maggior importanza del balletto. I nomi delle vedettes che si esibiscono sui palcoscenici all’inizio del secolo sono Mata Hari, la Bella Othero e poi, fra gli anni Venti e Quaranta, Maurice Chevalier, Josephine Baker o ancora Mistinguett. I luoghi, le Folies-Bergère, Moulin Rouge o il Casino de Paris.
Il cabaret in Francia ha un atto di nascita preciso, quando un gruppo di intellettuali parigini, gli Hydropathes, comincia a riunirsi settimanalmente per discutere, presentare le proprie opere d’arte e confrontarsi: così nasce lo Chat Noir a Montmartre. Claude Debussy, Camille Pissarro, Édouard Manet, Paul Cézanne, Edgar Degas, Caran d’Ache, Erik Satie animano le serate di musica, di poesia, di Teatro d’Ombre. Per quasi vent’anni lo Chat Noir è il ritrovo più vivace della Parigi notturna e delle avanguardie. Sulla scia dello Chat Noir nascono altri locali, come la Lune Rousse o Les Patins, ma il più importante fu Le Mirliton che deve la sua fama al suo animatore Aristide Bruant, cantore e poeta dei bassifondi parigini, immortalato da Henri de Toulouse-Lautrec.
All’inizio del Novecento lo spirito del cabaret muta e diventa appannaggio quasi esclusivo delle avanguardie, che lo trasformano in luogo di sperimentazione, incarnando alla perfezione la necessità di teatro dei diversi movimenti. Vita e arte si identificano al punto che gli atteggiamenti del cabaret diventano quelli della vita di tutti i giorni. Il locale più famoso e importante a Parigi nei primi anni del Novecento è Le Lapin Agile. Per dieci anni è il luogo di ritrovo di artisti come Guillaume Apollinaire, Picasso, Maurice Utrillo, Max Jacob. Laboratorio immaginifico del modernismo, in cui si discute di cubismo, orfismo, arte negra, poesia pura, contro gli “ismi”. Con la prima guerra mondiale Le Lapin Agile finisce la sua stagione.
Nell’immediato dopoguerra, con André Breton, Francis Picabia e soprattutto con l’arrivo di Tristan Tzara, iniziano a Parigi le serate dada, su modello di quelle tedesche e svizzere: provocatorie e dissacranti, scatenano le reazioni più violente del pubblico. Ma le serate dada non sono solo provocazione, sono l’occasione per le mostre di Max Ernst, la presentazione dei film di Man Ray e soprattutto segnano un importante momento musicale. Il cabaret degli anni Venti infatti è dominato dall’esperienza musicale del Gruppo dei Sei (Poulenc, Milhaud, Honegger, Tailleferre, Auric, Durey), l’interesse delle avanguardie dalle arti plastiche e visive si è spostato alla musica. Portavoce del Gruppo è Jean Cocteau che in Erik Satie vede il caposcuola della nuova corrente musicale francese. Massima audacia e massima semplicità: jazz, musica da circo o da music-hall giustapposta agli strumenti più inaspettati, come macchine da scrivere o rivoltelle, e poi forme musicali come tango, samba o fado. I locali più noti sono Le Boef sur le Toit e il Gaya frequentati da Maurice Ravel, Francis Poulenc, Picasso, Georges Braque, Darius Milhaud, Mistinguett e ovviamente Cocteau. Si suona di tutto: da George Gershwin e Cole Porter, alle musiche tradizionali. Vi passano tutti, da Arthur Rubinstein ai jazzisti neri più famosi.
Con gli anni Trenta inizia una progressiva perdita di interesse per il cabaret come luogo delle avanguardie, a differenza della Germania. È la rivista a essere lo spettacolo di evasione per eccellenza, sontuosa e luccicante, anche se, con la metà degli anni Trenta e poi con la guerra, lo spettacolo fastoso conosce grandi difficoltà riportando in auge, ma brevemente, il café chantant con chansonniers come Fernandel, Jean Gabin e poi soprattutto Charles Trenet, a cui seguono Edith Piaf, Yves Montand, Charles Aznavour e Gilbert Bécaud. Il cabaret rinasce nell’immediato secondo dopoguerra nelle caves di Saint-Germain-des-Prés nell’ambiente dell’esistenzialismo. Parodia, improvvisazione e poi letture di poesie, filosofia, musica jazz e soprattutto la chanson, che ritrova il suo splendore grazie a figure come Juliette Gréco, Boris Vian, Jacques Brel, Léo Ferré e Jeanne Moreau. Anche se qui si entra nel mondo della canzone e si lascia quello dello spettacolo di intrattenimento, si deve ricordare almeno la collaborazione fra Jacques Prévert, Raymond Queneau e Joseph Kosma a cui sono legate canzoni storiche come Les feuilles mortes o Si tu t’imagines.
In Germania
In Germania all’inizio del Novecento si afferma il variété su modello francese. Si costruiscono appositamente teatri sfarzosi e di grandi dimensioni. La borghesia tedesca in continua ascesa e in un momento di estremo benessere economico cerca sempre più il divertimento. Due tipologie di varietà o rivista (praticamente sinonimi in Germania) si diffondono ai primi del Novecento: quella su modello francese, sfarzosa à grande spectacle con innumerevoli cambi di scena e ricchissima di costumi, e quella chiamata Kabarett Revue, cioè la rivista satirica, ma sostanzialmente qualunquista, con riferimenti alla politica e all’attualità, pur con grande risalto all’aspetto coreografico e visuale. I teatri di varietà sono il Wintergarten di Berlino, dove si esibiscono divi e vedettes francesi, il Palast-Theater am Zoo e soprattutto lo Scala, forse il teatro di varietà più noto non solo in Germania ma al mondo, che anche alla fine degli anni Venti in piena crisi economica riesce a rimanere indenne. Con il nazismo e poi la guerra, il varietà perde progressivamente il suo aspetto internazionale per uno più autarchico, fino a spegnersi definitivamente. Nel dopoguerra il circo riconquista la sua gloriosa tradizione riassorbendo al proprio interno la tradizione del varietà.
Ma è il cabaret in Germania a costruire l’esperienza sicuramente più interessante e vivace, sia pur per pochi anni. L’influenza francese anche qui è determinante. Intellettuali come Albert Langeen o Frank Wedekind tornano a Monaco dopo i soggiorni parigini imbevuti dello spirito dello Chat noir e così nasce il “Semplicissimus”, giornale satirico che ispira il futuro cabaret tedesco. I primi cabaret perdono ben presto l’aspetto coquette parigino e per la situazione culturale e politica tedesca prendono a modello il Tingeltangel, cioè il varietà tedesco di infimo ordine, che è nobilitato quale veicolo per nuovi temi politici e culturali. Il primo è l’Überbrettl del 1901 con chiaro riferimento all’Übermensch (“Superuomo”) di Nietzsche, segue a Berlino lo Schall und Rauch e a Monaco Die Elf Scharfrichter.
I promotori e i frequentatori di questi primi cabaret tedeschi sono Thomas Mann, Max Reinhardt, Lenin, e ancora Wedekind e i giovani pittori della Secessione. I cabaret diventano luogo di sperimentazione in campo teatrale e musicale, di discussione culturale e di dibattito politico. La parodia dei testi di Maeterlinck come la satira contro le pretese imperialiste della Germania sono temi ricorrenti. In questi cabaret compare forse la prima vamp del secolo, Marya Delvard. Alta, pallida, sempre vestita di nero e con i capelli rossi, canta di ragazze innocenti e perdute che arriveranno fino a Surabaja Johnny e alla Ballata di Polly di Bertolt Brecht e Kurt Weill. Al Die Elf Scharfrichter la figura centrale è Wedekind con le sue provocazioni graffianti contro l’ipocrisia borghese, ma anche con le sue pièces di avanguardia fra le quali Lo spirito della terra (Erdgeist). A Vienna nasce all’inizio del secolo, grazie a Marya Delvard, il Nachtlicht decorato da Klimt, Kokoshka e Orlik. Durante la prima guerra mondiale è aperto a Monaco il Semplicissimus, frequentato da Isadora Duncan, ancora Wedekind, Mann e poi il poeta Ringelnatz che dà vita al suo personaggio Kuttel-daddeldu. A Berlino cabaret come Der Sturm o Die Aktion divengono i luoghi di ritrovo degli intellettuali vicini al movimento espressionista, dove si suona la musica di Schönberg e Debussy e si fanno spettacoli di ombre cinesi.
Anche la Svizzera, grazie al clima pacifista dovuto alla neutralità, diviene un centro internazionale per gli emigranti; a Zurigo nasce nel 1916 il Cabaret Voltaire, grazie a un gruppo di giovani artisti e letterati, con l’intenzione di promuovere un centro di intrattenimento artistico. Qui si esegue musica, si leggono poesie e gli artisti sono Hans Arp, Marcel Janco, Tristan Tzara. Al Cabaret Voltaire nasce il movimento dada: è un momento fondamentale per la cultura del tempo, crocevia di intellettuali e artisti russi, tedeschi, svizzeri, francesi, è una sorta di circo dell’immaginario. Il Voltaire è chiuso alla fine del 1916 per le proteste della Zurigo benpensante, ciò nonostante l’attività continua fino al 1919 e da lì si sposta a Berlino e a Parigi. Le serate dada combattono e denunciano con l’arma dell’ironia e del nonsense le tensioni politiche e sociali del momento, gli scontri nella Berlino del 1919, l’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht. Le rappresentazioni in Germania, Svizzera e Francia fra il 1918 e il 1920 influenzano il teatro anti-illusionista degli anni Venti, il teatro epico di Erwin Piscator, le riviste “Agitprop” del partito comunista e la sperimentazione teatrale del Bauhaus.
Nel periodo fra le due guerre Berlino diviene un centro culturale cosmopolita di primaria importanza. Lo spirito democratico che vi domina fa accogliere tutti gli emigrati possibili, dai russi che fuggono la rivoluzione agli ebrei scampati ai pogrom ucraini, dai rivoluzionari balcani a quelli ungheresi, viennesi e polacchi. Vi sperimentano tutte le tendenze artistiche, dall’erotismo alla ricerca più provocatoria alla satira politica. Nasce in questo periodo l’Amüsiertkabarett, profondamente diverso dal cabaret presentato precedentemente: è il cabaret del divertimento sfrenato, estremo, del successo della musica americana, del jazz e del foxtrot. Sensualità e promiscuità sono i coefficienti maggiori di questo cabaret, come nel film del 1929 di Sternberg L’angelo azzurro con Marlene Dietrich. Ma negli stessi anni il cabaret nelle mani degli intellettuali berlinesi diviene l’avamposto della sperimentazione, dell’avanguardia, della satira e dell’erotismo. Qui si formano in certo senso Bertolt Brecht e Kurt Weill, Ringelnatz e Tucholskij. Qui si sviluppa il movimento Die Neue Sachlichkeit, qui espone George Grosz e recita il grande comico Karl Valentin.
Con l’avvento del nazismo i cabaret sono chiusi anche se non immediatamente e, sia pur in mezzo a infinite difficoltà, alcuni rimangono aperti fino al 1935. Il conferencier del cabaret tedesco di questi anni diventa la voce del dissenso politico e l’essenza stessa del cabaret. Molti di loro muoiono perseguitati nei campi di concentramento o suicidi. Nel 1935 il cabaret tedesco è morto. Solo a Vienna fino al 1938 rimane viva la voce del dissenso grazie ad alcuni locali famosi, poi dopo l’Anschluss (l’annessione dell’Austria alla “Grande Germania” nel 1938), anche lì il cabaret tace per sempre. A Zurigo Erika Mann con il fratello Klaus fonda nel 1933 un cabaret antinazista, il Pfeffermühle, dove legge testi, canzoni e monologhi antinazisti. Il cabaret viene chiuso quando è proibito agli stranieri di comparire sui palcoscenici svizzeri, eppure, nel frattempo Erika e Klaus portano la loro voce in Olanda, Belgio, Cecoslovacchia e Lussemburgo. Il cabaret tedesco del dopoguerra nasce sulle rovine delle città distrutte, sulla necessità di ricostruzione, del fare i conti con un passato terribile. I temi sono quelli delle responsabilità collettive, della colpa, delle debolezze. Negli anni Sessanta, con una critica più acida e un umorismo più sinistro, il cabaret si lega al movimento studentesco e alla protesta, privilegiando però l’aspetto documentaristico e ideologico rispetto a quello teatrale. Il cabaret tedesco ha continuato negli anni e continua, sia pure con fasi alterne, la sua funzione di critica e denuncia.