Il consumo turistico nell'area versiliese nel dopoguerra
La Versilia, regione turistica situata nella provincia di Lucca, rappresenta una delle destinazioni più note a livello internazionale. In seguito al processo di sviluppo dell’industria del viaggio avviatosi nella prima metà del 19° sec., la Versilia, prima con l’implementazione di strutture e servizi per i villeggianti estivi e invernali, e poi nel secondo Novecento, adattando l’offerta alle nuove tendenze imposte dal turismo di massa, riesce a entrare in sincronia e in competizione con molte delle stazioni marittime europee (Fornaciari 1982).
Alla vigilia del secondo conflitto mondiale, l’area versiliese aveva già raggiunto un livello di sviluppo turistico avanzato, divenendo una delle mete balneari europee di maggior successo nel panorama del turismo internazionale, praticato prevalentemente da membri delle classi più agiate, senza sottovalutare forme di turismo sociale come quello dopolavoristico o come il soggiorno a scopo di cura e rigenerazione nei sanatori e nelle colonie estive.
Dopo la pausa bellica, sullo scorcio degli anni Quaranta, l’Azienda autonoma della Riviera della Versilia e l’Ente provinciale per il turismo (EPT) lucchese, stretti entrambi da difficoltà finanziarie e organizzative, rinsaldarono i propri rapporti di collaborazione, rincorrendo l’obiettivo del ripristino delle ordinarie attività di promozione e coordinamento delle risorse turistiche locali.
Gli anni immediatamente successivi vennero infatti definiti «operosi» nella documentazione prodotta dall’EPT lucchese: in questo periodo le manifestazioni più importanti del cartellone versiliese, alle spese delle quali partecipava anche l’ente, erano rappresentate da due eventi ospitati entrambi dalla città di Viareggio, il Carnevale e il Premio letterario Viareggio (Ente provinciale per il turismo di Lucca 1949, p. 3).
Negli anni Cinquanta, accanto al permanere di elementi di continuità con il passato, il sistema turistico della Versilia fu preso d’assalto dalla diffusione del moderno turismo di massa, modificando la propria offerta di servizi e i contenuti del proprio brand in modo da adeguarsi alle esigenze di un’utenza ampliata alle famiglie dei ceti medi e al cosiddetto turismo sociale. A metà di quel decennio, lo sviluppo turistico della Riviera sembrava aver recuperato i livelli prebellici: «Per quanto riguarda il successo dell’intera Riviera della Versilia, non occorre spendere molte parole; tutti ben sappiamo, infatti, che oggi Viareggio, Lido di Camaiore, Marina di Pietrasanta, Forte dei Marmi, Fiumetto, Tonfano, Le Focette e Torre del Lago Puccini sono nomi familiari più a una affezionata e costante clientela straniera che alle stesse correnti turistiche italiane; per convincerci della fama internazionale di queste nostre località basta osservare la folla cosmopolita che nelle calde serate estive passeggia sul lungomare o danza nei famosi ritrovi sparsi un po’ qua e là lungo l’intera Riviera» (Ente provinciale per il turismo di Lucca 1956, p. 1).
Negli anni del boom economico la Riviera versiliese occupò saldamente un posto di rilievo fra le destinazioni balneari più ambite, grazie soprattutto all’impegno pluridecennale profuso da enti territoriali e turistici, il quale, è bene sottolineare, sarebbe stato tuttavia vano se non avesse potuto giovarsi dello spirito di iniziativa espresso dagli operatori economici privati e dalla comunità nel suo insieme.
Il primo decennio del dopoguerra fu dunque il periodo nel quale si consolidò il mito della Versilia balneare, immortalato da libri, film, giornali, animato dalla presenza di membri del jet-set internazionale, di artisti riuniti nei ritrovi dalla lunga tradizione o nei nuovi locali in ascesa, come la Capannina di Forte dei Marmi o la Bussola a Pietrasanta, sul palco dei quali si esibivano i più noti artisti del panorama musicale italiano.
La tradizionale immagine della Versilia come meta di vacanza del ‘bel mondo’ si consolidò, modernizzandosi in sintonia con i nuovi modelli sociali e di consumo diffusi dal cinema e dalla televisione: si trattava di un universo in apparenza brillante e inarrivabile, ma che pure poteva essere facilmente avvicinato grazie al proliferare di un’offerta ricettiva di livello medio-basso che diversificò i caratteri del sistema dell’accoglienza. Infatti, se prima della guerra il circuito del turismo era dominato da modelli elitari, si avviò poi un processo di trasformazione sia fisico sia immateriale del territorio che, prescindendo dalla valutazione dei suoi esiti, avrebbe mutato irreversibilmente il carattere dei luoghi.
All’alba degli anni Sessanta sarebbe stato forse difficile prevedere gli sviluppi successivi: erano gli anni nei quali la Versilia sembrava vivere una giovinezza infinita, gli anni di un turismo sognato, ma che nello stesso tempo cominciava a diventare accessibile, gli anni nei quali la vacanza regalava la sensazione, o forse l’illusione, di essere parte integrante del miracolo economico e della rinascita dell’Italia.
Le maggiori attrattive turistiche nel secondo dopoguerra continuarono a essere legate all’elemento mare, inteso come fonte di rigenerazione fisica e di divertimento, venendo meno l’interesse per i soggiorni climatici invernali: come nel periodo prebellico, lo stabilimento balneare rimase il centro di riferimento dei vacanzieri nelle ore più calde, trasformato tuttavia dall’invasione di bagnanti che portavano con sé una maggiore libertà di costumi, una crescente confusione e ritmi di vacanza più rapidi, mentre balere e discoteche presero il posto del Kursaal, dei caffè e delle piste da ballo ricavate con pochi mezzi nelle pinete ombrose.
Parallelamente, la Versilia mantenne il prestigio culturale che le derivava dall’ospitare importanti esponenti dell’intellettualità italiana ed europea, tra i quali Mario Tobino (1910-1991), Eugenio Montale (1896-1981) e Alberto Moravia (1907-1990), offrendo la sede per appuntamenti culturali quali il già citato Premio letterario Viareggio, conferito ad alcuni dei maggiori narratori del Novecento.
Nello stesso periodo anche il turismo nautico ricevette nuovo impulso, beneficiando dei servizi offerti dal porto di Viareggio, dove, tra il 1961 e il 1967, gli arrivi di «navigli da diporto» crebbero da 506 (257 dei quali battenti bandiera straniera) fino a 882, dei quali 431 internazionali (Arata 1970, p. 37).
Nel primo ventennio del dopoguerra, grazie alle risorse pubbliche messe a disposizione a livello internazionale e nazionale per la ricostruzione e a investimenti privati, l’aspetto delle località versiliesi assunse la forma oggi familiare al frequentatore di questi luoghi, attraverso interventi urbanistici di forte impatto con i quali vennero creati e rifatti gli ampi viali a mare che collegano senza soluzione di continuità l’area litoranea, occupandoli con esercizi commerciali, ristorativo-ricettivi e stabilimenti balneari.
L’offerta nel suo complesso si modificò, stimolata dall’allargamento della base sociale dei vacanzieri, a sua volta dipendente da fenomeni di scala europea quali l’aumento della mobilità privata, la crescita della quota di reddito destinata allo svago, l’estensione delle ferie lavorative e la diffusione di stili di vita nei quali il tempo libero acquisiva maggiori attenzioni e spazi, stimolando i consumi turistici (Battilani 2001).
Nel caso specifico della Versilia, agli elementi citati si aggiunsero fattori culturali legati al cambiamento nelle abitudini di consumo dell’utenza: rinunciando ai servizi di qualità, sostanzialmente omogenei e standardizzati, offerti dai grandi alberghi, una quota crescente di ospiti manifestò il desiderio di immergersi nell’atmosfera tipica locale, prediligendo le piccole pensioni e gli affittacamere (Gay 1965, p. 20).
Il turismo interno, prima limitato per le particolari condizioni socioeconomiche che caratterizzavano la penisola, acquisì un’importanza chiave anche in Versilia, dove, tuttavia, furono i flussi provenienti dall’estero a registrare la crescita più significativa: accanto alla tradizionale clientela internazionale degli alberghi di categoria superiore, crebbe esponenzialmente il numero degli ospiti stranieri presso esercizi ricettivi di qualità medio-bassa e campeggi, mentre il numero degli affittacamere nella sola città di Viareggio raggiunse già nel 1969 la cifra di 1500 esercizi (Viareggio 1970, 1970).
Il turismo vicinale fu stimolato dal miglioramento dell’accessibilità dell’area in seguito alla costruzione o all’ampliamento degli assi viari lungo la direttrice tirrenica, in direzione della Toscana interna (autostrada Firenze-Mare) e verso la Pianura Padana, attraverso il Passo della Cisa.
Gli operatori turistici versiliesi si adeguarono rapidamente a queste nuove tendenze, poiché, anche grazie a facilitazioni nel credito alberghiero e alla felice congiuntura dei primi anni del boom, fu possibile aprire con relativa facilità nuovi esercizi a carattere familiare – spesso riconvertendo a uso alberghiero abitazioni private – nei quali ex lavoratori dipendenti ora divenuti piccoli imprenditori offrivano quel sapore di autenticità a basso costo agognato specialmente dalla domanda estera (Gay 1965, p. 34 e segg).
Per quanto riguarda la scelta dei diversi spazi che l’area offriva, coerentemente con le tendenze delineate, gli italiani e gli esigui gruppi internazionali del comparto lusso si concentravano prevalentemente nella zona di Viareggio, mentre gli stranieri si distribuivano in maniera piuttosto omogenea su tutto l’arco costiero.
In seguito a queste dinamiche socioeconomiche, il comparto turistico assunse alla fine degli anni Sessanta un’importanza chiave per l’economia locale: nel 1967 le presenze nella Riviera della Versilia raggiunsero quota 3.900.000, oltre l’80% del totale provinciale, generando entrate per circa 40 miliardi di lire (Arata 1970, p. 33).
Il numero degli esercizi alberghieri, 202 nel 1949 per un totale di 7798 posti letto, crebbe nel corso degli anni Cinquanta registrando un incremento del 50% già a metà decennio (314 esercizi per un totale di 10.783 posti letto); nel 1961 l’offerta ricettiva della Versilia si componeva di 506 esercizi e 16.856 posti letto.
L’analisi dell’andamento della domanda nel primo ventennio del dopoguerra evidenzia come il turismo versiliese fosse caratterizzato da due fenomeni comuni nella maggior parte dei centri balneari europei: la crescente concentrazione degli arrivi nella stagione estiva, con la parziale eccezione del Comune di Viareggio, interessato da consistenti arrivi in occasione del Carnevale, e la progressiva riduzione della permanenza media. In quegli anni era specialmente l’utenza italiana a concentrarsi nei periodi di luglio e agosto, raggiungendo nel corso di quest’ultimo mese tassi di occupazione alberghiera superiori al 90%, mentre i visitatori internazionali, presentando una capacità di spesa minore, mostravano una preferenza per i mesi di maggio-giugno e settembre-ottobre, caratterizzati da tariffe inferiori.
La contrazione della permanenza fu parzialmente compensata dal proliferare delle seconde case, destinate a periodi di soggiorno prolungati, il cui impatto sul sistema turistico locale tuttavia risulta difficile da stimare, non essendo tali flussi soggetti alle registrazioni formali applicate negli esercizi alberghieri e complementari.
L’affermazione del turismo di massa, che pure alimentò lo sviluppo delle località costiere della Versilia, costituì il presupposto di quei fenomeni che avrebbero minacciato la stessa tenuta del sistema turistico locale: il consumo delle risorse del territorio, la già citata accentuazione della stagionalità dei flussi e l’incremento di un’offerta di livello medio-basso a discapito della qualità complessiva.
Il degrado ambientale, con l’occupazione di territorio, l’inquinamento derivante dal traffico veicolare e dagli scarichi fognari e la proliferazione di architettura di bassa qualità, estranea ai modelli stilistici locali, erano dipendenti in larga misura dai fattori di debolezza del turismo versiliese, a partire dalla marcata concentrazione degli arrivi nazionali nei mesi centrali dell’estate e dal prevalere di flussi quantitativamente significativi, ma interessati a un’offerta qualitativamente modesta.
Inoltre, la diffusione dei modelli standardizzati di gestione delle risorse turistiche contribuì alla razionalizzazione degli investimenti e alla massimizzazione delle loro ricadute, ma in molti casi impresse alle forme spaziali versiliesi un andamento «monotono» e «artificiale», con il rischio di annullare le specificità proprie dei diversi centri, mortificando nel contempo la varietà dell’ambiente naturale (Claval 1969).
La contrazione dei flussi alberghieri fornì il pretesto per avviare tentativi, in parte riusciti, di riconversione delle strutture ricettive a uso residenziale e di costruzione di nuovi complessi edilizi (talvolta nella forma di residence, case albergo ecc.), alimentando quell’incremento delle seconde case che, garantendo un utile immediato a un numero ristretto di soggetti a discapito di una più ampia e prolungata disseminazione delle entrate turistiche, avrebbe sottratto alla collettività spazi e risorse (Gay 1965, pp. 18-19).
Il peggioramento della qualità dei servizi al turista, dipendente dall’obsolescenza di strutture e dalla carenza di investimenti privati, si univa paradossalmente a un aumento dei prezzi che, al di là del dato reale, divenne un leit motiv della polemica sulla crisi del turismo versiliese alimentata dai media.
A partire dall’inizio degli anni Settanta il numero totale delle presenze complessive in Versilia, pari a circa 3,5 milioni di notti all’inizio del decennio, si ridusse progressivamente, scendendo al di sotto dei 3 milioni nei primi anni Ottanta, principalmente a causa del trend negativo del comparto extra-alberghiero per quanto riguardava la domanda nazionale, non compensato dal modesto aumento delle presenze alberghiere ed extra-alberghiere di nazionalità straniera (Regione Toscana 1982).
Negli anni Settanta il fenomeno della villeggiatura estiva, così come si era affermato nell’Italia del boom, si andò definitivamente esaurendo anche nell’area versiliese, per la mancanza dei profondi e necessari interventi di riconversione delle strutture e dei servizi che l’avrebbero resa competitiva rispetto alle nuove tendenze del mercato. Ciò è confermato dal dato relativo alla permanenza media che si ridusse significativamente, soprattutto nel settore alberghiero, passando da 11 a 7 giorni.
L’ascesa di nuovi competitors, tanto a livello regionale (si pensi alla rapida affermazione dell’area dell’Arcipelago toscano) che nazionale e internazionale, imponeva un ripensamento dell’offerta tale da garantire un rapporto qualità-prezzo che permettesse di vincere la concorrenza, mentre il sistema turistico locale risultava irrigidito in schemi di sviluppo definiti ormai molti decenni prima.
Nel corso degli anni Ottanta, in seguito all’aggravarsi dei segnali negativi nei trend turistici (calo delle presenze, aumento dei prezzi, peggioramento qualitativo dell’offerta soprattutto alberghiera), tra gli stakeholders versiliesi si diffuse l’interesse per il concetto di offerta integrata, che veniva riferito in primo luogo ai possibili benefici derivanti dal collegamento tra le stazioni balneari e le destinazioni situate nell’entroterra, identificabili principalmente nella destagionalizzazione dei flussi (Una nuova offerta turistica per gli anni ’80, 1985).
Nello stesso periodo si prese coscienza della necessità di un rilancio della destinazione versiliese basato sul miglioramento della qualità in termini di risorse territoriali e servizi e su una pianificazione degli interventi aggiornata rispetto ai mutamenti del sistema turistico nazionale e internazionale.
Nell’ultimo trentennio del Novecento, nonostante la concorde volontà di rilanciare la destinazione da parte degli operatori locali, il movimento turistico in Versilia si presentava caratterizzato da una sostanziale stagnazione: nel corso degli anni Ottanta le presenze annuali diminuirono ulteriormente, raggiungendo picchi negativi nei primi anni Novanta, segnati da una congiuntura sfavorevole a livello internazionale, mentre nel nuovo secolo il loro numero, dopo una prima fase di crescita, ha oscillato attorno al valore di 2,5 milioni (tab. 1).
Dall’inizio degli anni Duemila, nonostante gli sforzi, anche economici, profusi per il recupero delle strutture turistiche e la ridefinizione dei contenuti dell’offerta, la percezione della destinazione versiliese descrive un quadro fatto di luci e ombre.
Le indagini in materia di customer satisfaction effettuate più di recente nell’area versiliese offrono ulteriori elementi di riflessione per i pianificatori dello sviluppo turistico locale, mostrando che la maggior parte dei visitatori esprime insoddisfazione per quanto riguarda viabilità e parcheggi, questioni critiche sin dai primi decenni del dopoguerra, lamentando inoltre la carenza di servizi a favore delle utenze ‘deboli’ (disabili, anziani, bambini), mentre l’offerta di stabilimenti balneari e piste ciclabili, unitamente alla professionalità delle strutture di informazione e degli operatori privati (guide e accompagnatori), riscuote il maggior gradimento (Provincia di Lucca 2009).
L’insieme di questi elementi giustifica in gran parte l’andamento della performance turistica dell’ultimo ventennio, dominata da una iniziale (se pure contenuta) crescita seguita da un decennio di stagnazione, come si approfondirà più oltre.
L’unitarietà della Versilia come meta di vacanza è frutto di percorsi di sviluppo turistico che nelle singole località che la compongono sono stati condotti con ritmi e modalità differenti.
L’ambito territoriale di riferimento della regione turistica versiliese è mutato nel tempo, a causa del mancato riconoscimento dell’unitarietà dell’area dal punto di vista amministrativo e della conseguente difficoltà nel tracciare i confini geografici di quella che Mario Lopes Pegna ha efficacemente definito Versilia ignota (1958).
Mentre la località di Viareggio ottenne già nella prima parte del 19° sec. risultati di alto livello nei mercati di lusso internazionali, gli altri centri della costa lucchese svilupparono le proprie dotazioni ricettive in periodi successivi, prediligendo i mercati nazionali e le forme di turismo sociale, con la parziale eccezione di Lido di Camaiore, del resto confinante con l’abitato viareggino.
Nel fascicolo nr. 41 della serie Le cento città d’Italia illustrate, pubblicazione di larga diffusione edita da Sonzogno negli anni Venti, in un periodo nel quale dunque il settore turistico nel litorale lucchese poteva dirsi ben avviato, il toponimo Versilia venne riferito a un’estesa fascia costiera compresa tra le foci della Magra e del Serchio (E. Lazzareschi,Viareggio la perla del Tirreno, 1924).
Ancora nel 1964 il Piano regolatore generale (PRG) intercomunale Viareggio-Vecchiano auspicava la creazione di un comprensorio turistico versiliese riferibile all’area costiera che dal confine con la Liguria giungeva sino a Livorno.
In realtà, già nel 1936 nacque l’Azienda autonoma di soggiorno Riviera della Versilia, tra i rari esempi di cooperazione intercomunale in ambito turistico realizzati in epoca fascista, competente sulle località litoranee di Viareggio, Forte dei Marmi, Pietrasanta e Camaiore.
In seguito a un periodo di commissariamento, nel 1960 l’Azienda riprese la gestione ordinaria, potendo beneficiare, sin dal termine del conflitto, del sostegno logistico e finanziario dell’Ente provinciale del turismo lucchese, e dopo aver superato una fase di tensione interna in cui gli altri comuni avevano contestato la posizione preponderante acquisita da Viareggio.
L’Azienda autonoma, divenuta Azienda di promozione turistica (l. reg. 23 marzo 2000 nr. 42), ha continuato a rappresentare la principale realtà istituzionale competente sul sistema turistico, allargato ai comuni di Massarosa, Seravezza e Stazzema, sino all’abrogazione di tali enti (l. reg. 29 dic. 2011 nr. 65), in seguito alla quale le funzioni decentrate in materia turistica sono state devolute ai competenti enti provinciali, mentre le attività di marketing territoriale di livello regionale sono state affidate a un organismo tecnico ad hoc, Toscana promozione (precedentemente denominata Agenzia di promozione economica della Toscana), istituita nel 2001.
La Versilia fornisce inoltre il proprio contributo al progetto NECSTour della Commissione europea, lanciato nel 2006 con l’obiettivo di creare un network tra regioni europee impegnate nella promozione del turismo sostenibile, all’interno del quale la Regione Toscana svolge un ruolo di primo piano: in questo quadro, i comuni di Forte dei Marmi, Pietrasanta e Viareggio sono sede di altrettanti Osservatori turistici di destinazione, strutture di monitoraggio e valutazione dei fenomeni turistici a livello locale.
Nel 2002, inoltre, nell’ambito del Piano regionale dello sviluppo economico 2001-05 la Regione Toscana ha approvato un Progetto speciale di interesse regionale nel settore turismo, che ha definito un modello operativo per il rilancio del turismo in Versilia, nel quale sono indicati come obiettivi primari l’affermazione di percorsi di sviluppo partecipati, il miglioramento della qualità dei servizi e della qualificazione professionale, la diversificazione dell’offerta.
Per quanto riguarda i contenuti dell’attività di promozione della Riviera versiliese, occorre rimarcare che l’attuale identità di quest’area risulta plasmata in larga parte dalle vicende attraversate dal settore turistico nel corso dei decenni, conservando, accanto a elementi peculiari legati alla storia locale, i segni del respiro internazionale che ne ha caratterizzato la crescita, tanto da poter essere definita una regione turistica europea, condividendo solo parzialmente i tratti riferibili al brand Toscana.
La componente balneare dell’offerta mantiene l’importanza originaria, al punto che a livello regionale le destinazioni ‘Viareggio’ e ‘Versilia’ risultano essere le più vendute dai tour operator internazionali nell’anno 2011 per quanto riguarda la risorsa ‘mare’ (Osservatorio turistico Regione Toscana 2011).
L’utenza turistica in Versilia, tuttavia, manifesta interesse per un vasto paniere di beni e servizi, considerando che la spesa media giornaliera, significativamente più elevata rispetto alle altre aree turistiche della provincia (106 euro nel 2009 contro i 102 spesi nell’area lucchese e i 72 relativi alla Valle del Serchio) è destinata solamente per il 31% all’alloggio (IRPET 2009).
Secondo un’indagine sulle motivazioni turistiche degli ospiti nel territorio della Provincia di Lucca effettuata nel 2008, oltre il 44% del campione sceglie il litorale versiliese con l’obiettivo di trascorrere un periodo di riposo e relax, mentre il 24% è attratto principalmente dai servizi per il divertimento e lo svago e solamente il 10% è richiamato dal patrimonio artistico e culturale locale; colpisce inoltre il fatto che l’11% degli intervistati dichiari una motivazione legata alle tradizioni familiari, mostrando come anche in Versilia le nuove forme di soggiorno turistico risentano dei fenomeni di fidelizzazione alimentati dal precedente modello della villeggiatura estiva (Provincia di Lucca 2009).
Non solo a causa della necessità di riavviare il ciclo di sviluppo del turismo versiliese, dunque, ma anche in considerazione delle potenzialità offerte dall’elevata propensione dell’utenza alla spesa e dalla varietà delle sue motivazioni, negli ultimi anni si assiste al tentativo di rinnovare il destination brand ‘Versilia’ arricchendone la tradizionale vocazione balneare con diversi altri temi di vacanza che, a loro volta, si rifanno alle varie sfaccettature dell’identità versiliese. Si impone pertanto l’aspetto del soggiorno culturale, i cui poli di attrazione si collocano prevalentemente a Pietrasanta, centro di riferimento internazionale per la scultura e l’artigianato in marmo, a Torre del Lago, patria del compositore Giacomo Puccini (1858-1924), e a Viareggio, che periodicamente ospita mostre ed eventi culturali spesso dedicati agli intellettuali che qui soggiornarono e dove si conserva buona parte del patrimonio architettonico risalente alla belle époque, senza trascurare l’importanza dei contenitori museali (tra i quali il Museo del lavoro e delle tradizioni popolari della Versilia storica di Seravezza; i Civici musei di Villa Paolina, il Museo del Carnevale e la Galleria d’arte moderna e contemporanea-GaMC a Viareggio; il Museo archeologico versiliese Bruno Antonucci e il Museo dei bozzetti Pierluigi Gherardi a Pietrasanta; il Civico museo archeologico di Camaiore) e dei monumenti artistici disseminati nei comuni dell’area.
Tra gli altri filoni dell’offerta di recente sviluppo, si può citare il turismo verde, che beneficia della conservazione di ampi tratti delle originarie pinete costiere e della realizzazione di piste ciclabili, attrezzature complementari (maneggi, parchi ecc.) e strutture ricettive specializzate, pure se presenti in numero limitato (nel 2011 secondo le rilevazioni ISTAT il numero totale degli agriturismi e alloggi del turismo rurale nei comuni versiliesi ammontava a 25 unità).
Si registrano inoltre tentativi di valorizzazione del patrimonio folclorico, attraverso il sostegno a manifestazioni come il Carnevale di Viareggio, anche tramite la ricerca di nuove partnership pubblico-private, ed enogastronomiche, grazie all’istituzione della Strada del vino e dell’olio di Lucca, Montecarlo e Versilia, recuperando manifestazioni tradizionali e ideandone di nuove prevalentemente destinate alla domanda interna e all’utenza escursionistica. A partire dalla fine degli anni Novanta, l’offerta si è arricchita di servizi legati al termalismo e al benessere (wellness), sfruttando le potenzialità curative dell’acqua salmastra e del clima costiero (Turismo termale e del benessere in Toscana, 2007). Tra i restanti comparti che presentano le maggiori possibilità di crescita per il futuro, si possono citare il settore convegnistico, basato sulla ricca dotazione ricettiva e la presenza di strutture adatte a ospitare meeting e altre manifestazioni simili, e quello nautico, il cui sviluppo dipende largamente dalle politiche pianificatrici che saranno adottate nell’area del porticciolo di Viareggio.
L’analisi della performance turistica dell’area versiliese nell’ultimo decennio conferma il prolungamento della fase di stagnazione avviatasi negli anni Novanta; nel contempo la positività di alcuni indicatori differenzia parzialmente la Versilia dal contesto delle destinazioni balneari toscane, interessate da criticità strutturali di lungo periodo, avvicinandola piuttosto ai migliori risultati conseguiti dal turismo regionale nel suo complesso.
Secondo i dati rilevati dall’Osservatorio turistico della Provincia di Lucca, sul versante dell’offerta, nel primo decennio del Duemila la dotazione ricettiva della Versilia ha subito una contrazione per quanto riguarda il numero di esercizi (489 nel 2001, scesi a 461 del 2005, aumentati di sole 6 unità nel 2011), mentre il totale dei posti letto rimane attestato attorno al valore di 35.000; la rappresentatività del numero di esercizi siti nell’area versiliese sul totale provinciale e regionale è andata riducendosi, passando, rispettivamente, dal 53% registrato nel 2005 al 43% nel 2011, e dal 4,6% al 3,8%.
Le tradizionali abitudini di consumo dell’ospite di quest’area forniscono la chiave di lettura principale per l’interpretazione degli indicatori statistici riguardanti la domanda: «Il turista versiliese presenta così i caratteri tipici del cliente di realtà turistiche mature: attratto dall’atmosfera mondana e dall’insieme dei servizi di svago e di intrattenimento, punta ad una vacanza con una permanenza mediamente lunga, con una elevata intensità di spesa (la spesa per alloggio rappresenta solo una parte della spesa complessiva), non rinuncia alle comodità della ricettività alberghiera, ma allo stesso tempo, relativamente alla scelta della struttura ricettiva, mostra una capacità di spesa più contenuta rispetto alla media della clientela alberghiera» (IRPET 2002, p. 26).
Tra gli anni Novanta e l’inizio del Duemila, dunque, il profilo dell’utenza della Versilia ha continuato a rispecchiare alcune caratteristiche tipiche del turismo balneare italiano, tra le quali: la fidelizzazione nei confronti di località dal brand consolidato, la preferenza per strutture ricettive di qualità medio-bassa, la ricerca di servizi di svago diversificati e l’oscillazione dei flussi nazionali dalle variazioni nella capacità di spesa delle famiglie del ceto medio e, nel caso degli arrivi internazionali, dal cambio variabile tra la lira e le valute dei bacini turistici principali.
Per quanto riguarda gli aspetti quantitativi della domanda, si nota che al termine del decennio successivo che, come è stato anticipato, si presenta come unperiodo di stagnazione, nell’ultimo biennio di rilevazione i flussi turistici totali hanno subito un seppur lieve decremento, con un calo delle presenze complessive pari allo 0,9% nel confronto tra 2009 e 2010 e dello 0,8% tra 2010 e 2011 (IRPET 2011; IRPET 2012).
A partire dalla seconda metà degli anni Novanta fino al primo decennio del nuovo secolo nelle località versiliesi il minore incremento del turismo internazionale rispetto al dato registrato su scala regionale è stato compensato da una maggiore crescita del numero delle presenze italiane (Dodero, Scaffai 2008); negli anni più recenti, tuttavia, l’abbattersi della crisi globale sull’economia nazionale ha causato un’inversione di tendenza, con un calo del turismo interno (−3,8% nel 2010 rispetto all’anno precedente, −3,5% nel 2011) compensato dall’incremento dei flussi stranieri, pari a +4,5% nel 2010, ridotto a +1% nel 2011 (IRPET, Regione Toscana 2011; IRPET, Regione Toscana 2012).
Nel confronto con il dato raccolto a livello regionale, la Versilia resta caratterizzata dall’originaria prevalenza del comparto alberghiero (pur con una marcata contrazione dell’offerta di categoria più bassa), sebbene l’extra-alberghiero abbia guadagnato diversi punti percentuali sia nella composizione degli arrivi totali (nel 1991 gli arrivi negli esercizi alberghieri erano oltre il 90% del totale, ridotti all’88% nel 2001 e all’85% nel 2011), sia in quella delle presenze (le presenze alberghiere sono scese dal 78% registrato nel 1991 sino a quota 76% nel 2001 e 75% nel 2011); coerentemente con la tendenza manifestata dall’insieme delle destinazioni balneari toscane, è andato incrementandosi il peso percentuale di alcune tipologie di ricettività extra-alberghiera, tra le quali i campeggi che rimangono la categoria più rilevante (Dodero, Scaffai 2008, pp. 6-7).
Sempre secondo i dati forniti dalla Provincia di Lucca, il numero degli arrivi italiani negli esercizi alberghieri, a partire dal calo del 1993 dovuto a più ampi processi di crisi economica, è risalito costantemente sino alla fine del secolo, per poi mantenersi in un range compreso tra 250.000 e 300.000, mentre le presenze hanno manifestato un andamento oscillante nel periodo 1992-2005, con un minimo di 885.198 nel 1995 e un massimo di 1.169.210 nel 1992, rimanendo stabili nell’ultimo quinquennio su valori di poco superiori a 1.111.000; l’extra-alberghiero presenta un trend analogo, avendo attraversato una fase di alti e bassi tra 1992 e 2005, sino a stabilizzarsi su valori compresi tra 28.000 e 29.000.
Il dato sulla domanda straniera differisce in parte da quello nazionale (tab. 1), poiché gli arrivi nel settore alberghiero, dopo la fase di crescita nel corso degli anni Novanta, toccando nel 2000 quota 227.851, prima di raggiungere una fase di stabilità hanno patito un deciso calo, non riuscendo a superare la cifra di 200.000; analogamente le presenze, scese sotto le 700.000 notti nel 2005, nell’ultimo quinquennio hanno raggiunto valori compresi circa tra 740.000 e 850.000.
Per quanto concerne gli esercizi extra-alberghieri, si nota che gli arrivi nazionali, pari a 23.078 nel 1991, sono aumentati sino a superare le 54.000 unità nel 2009, andando successivamente incontro a un discreto calo, mentre le presenze (390.093 nel 1991) si sono mantenute sostanzialmente stabili fino al 2004 per poi subire un netto incremento (771.856 nel 2006) e tornare a scendere progressivamente a partire dal 2007.
Sul versante della domanda internazionale, tanto dal punto di vista degli arrivi che delle presenze, l’extra-alberghiero è stato interessato da una forte crescita tra il 1991 e i primi anni Duemila (arrivi e presenze nel 1991 ammontavano rispettivamente a 13.897 e 57.857; gli arrivi hanno toccato un massimo di 24.268 unità nel 2000, mentre le presenze sono arrivate a 162.657 nel 2002), seguita da un calo non trascurabile e da una ripresa nell’ultimo triennio (Provincia di Lucca-Servizio turismo 2011).
Scendendo nel dettaglio delle singole nazionalità dei visitatori stranieri, nell’esame dei dati relativi all’ultimo quinquennio emergono ulteriori discrepanze rispetto ai trend regionali: il calo della componente tedesca, storicamente di importanza centrale nel comparto balneare toscano, è stato più contenuto in Versilia rispetto al dato riferito all’intera Toscana, mentre le presenze austriache, diminuite nell’intera regione, sono invece significativamente aumentate; acquisiscono inoltre una rilevanza ben maggiore rispetto al dato globale della Toscana le presenze statunitensi, in ripresa dopo alcuni anni di contrazione legata alla congiuntura negativa dell’economia americana, e soprattutto quelle russe, più che raddoppiate tra il 2009 e il 2010 (Dodero, Scaffai 2008; IRPET 2011; IRPET 2012).
Anche per quanto riguarda durata e distribuzione delle presenze, i dati relativi all’ultimo anno di rilevazione disponibile non sembrano annunciare significativi cambiamenti rispetto alle linee di tendenza ricostruite per il periodo precedente: la permanenza media, pari a oltre 5 giornate, si mantiene superiore alle 3 giornate di media calcolate a livello provinciale, mentre si conferma una marcata concentrazione degli arrivi nei mesi centrali dell’estate (Provincia di Lucca 2009).
La spesa turistica nell’area versiliese, comprendente sia i turisti ufficiali sia gli ospiti di seconde case, è stata stimata nel 2008 superiore a 1,17 miliardi di euro, pari all’89% della spesa turistica dell’intera Provincia di Lucca (IRPET 2009, p. 25).
L’importanza della componente alberghiera dell’offerta, costituita in maggior parte da esercizi di qualità media, giustifica i valori dei consumi turistici mediamente più elevati rispetto al comparto balneare toscano (IRPET 2002, p. 51). Non va sottovalutato, inoltre, che il fenomeno delle seconde case e dell’affitto di alloggi privati non registrati alimenta ancora oggi flussi nient’affatto trascurabili, sia per numero di presenze sia per spesa.
L’analisi degli indicatori presentata nei paragrafi precedenti conferma dunque che il settore turistico costituisce ancora la principale risorsa per il tessuto socioeconomico versiliese, con una spesa turistica che, superando annualmente la cifra di 1,2 miliardi di euro, genera oltre il 20% del valore aggiunto prodotto nel sistema economico locale, pari, nel 2007, al 7,5% del valore aggiunto dell’economia provinciale (IRPET 2009), in un quadro nel quale i punti di forza consolidati nel corso dei decenni e le potenzialità dell’offerta ancora inespresse rappresentano un patrimonio di elevato valore a disposizione delle politiche pubbliche e delle iniziative private.
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