Il ‘contratto-base’ in materia di assicurazione r.c.a.
L’art. 22, co. 4, d.l. 18.10.2012, n. 179 (convertito dalla l. 17.12.2012, n. 221) ha introdotto ‒ tra le altre ‒ una ulteriore novità in tema di condizioni generali di contratto di assicurazione della r.c.a.: il cd. “contratto base”.
Il “contratto base” è uno schema contrattuale, che dovrà essere approvato con decreto ministeriale, il quale contiene “le clausole minime necessarie ai fini dell'adempimento dell'obbligo di legge”, le classi di merito e tipologie di assicurati, le condizioni di riduzione del premio e di ampliamento della copertura. Lo scopo di tale previsione è espressamente dichiarato dal comma primo dell’art. 22 d.l. cit.: favorire scelte più consapevoli da parte dell’assicurando e, di conseguenza, favorire la concorrenza tra imprese.
Il contratto base, nelle intenzioni del legislatore, dovrebbe costituire una specie di benchmark, come quelli usati nei mercati finanziari per saggiare la convenienza di una forma di investimento. Ogni società assicuratrice, infatti, avrà l’obbligo di inserire tra i contratti offerti alla clientela anche un tipo di contratto corrispondente al contratto base, con l’unica facoltà di determinarne autonomamente il premio. L’assicurando, di conseguenza, potrà confrontare i singoli contratti base offerti da ciascuna compagnia sulla base unicamente del premio da ciascuna preteso, trattandosi di prodotti per il resto omogenei.
Ove, poi, la società assicuratrice intendesse offrire contratti che prevedano clausole migliorative o peggiorative rispetto a quelle previste nel contratto base, queste e il loro costo dovranno essere separatamente indicati, in modo che anche in questo caso l’assicurando possa verificare quale sia l’offerta più conveniente, a parità di condizioni.
L’art. 22 d.l. n. 179/2012 prevedeva che il decreto appena indicato fosse emanato entro il 20.12.2012: nondimeno alla data di ultimazione del presente testo (settembre 2013) il decreto ministeriale di approvazione del contratto-base non è stato ancora emanato. Esso, in verità, venne predisposto dal Ministero per lo sviluppo economico nel febbraio del 2013 ed inviato al Consiglio di Stato per il prescritto parere. Il massimo organo consultivo tuttavia ha sospeso il procedimento e rinviato gli atti al Ministero, rilevando vari profili di illegittimità della bozza di provvedimento.
In particolare, secondo il Consiglio di Stato (sez. cons., parere 29.3.2013 n. 1590/13), la bozza di decreto presenterebbe i seguenti profili di illegittimità:
a) avrebbe inammissibilmente ristretto il campo di applicazione della normativa sul contratto base, escludendone l’assicurazione dei natanti e quella conclusa da soggetti diversi dai consumatori;
b) avrebbe inammissibilmente previsto la facoltà, e non l’obbligatorietà, per l’impresa assicuratrice, di installare sul veicolo indicato nel contratto la cd. “scatola nera”, ovvero il dispositivo elettronico previsto dall’art. 32 d.l. 24.1.2012, n. 1, (convertito dalla l. 24.3.2012, n. 27);
c) avrebbe omesso di indicare le “classi di merito” e le “tipologie di assicurati” contemplate dal contratto base, in contrasto con quanto stabilito dalla legge delega;
d) avrebbe omesso di prevedere la confrontabilità di eventuali clausole di aumento del massimale minimo di legge.
Quale che sia la correttezza delle osservazioni formulate dal Consiglio di Stato, sulle quali non è possibile intrattenersi in questa sede1, deve comunque rilevarsi come il concetto stesso di “contratto base”, prima ancora che la sua disciplina, suscitano seri dubbi sulla effettiva utilità concreta di questo strumento.
Il contratto di assicurazione della r.c.a. è già di per sé un contratto “conformato”: un contratto, cioè, i cui contenuti minimi inderogabili non sono lasciati alla libera contrattazione delle parti, ma sono stabiliti direttamente dalla legge. È questa che delimita il rischio assicurato (artt. 122, 129 e 142 ter c. assicurazioni) la misura del massimale (art. 128 c. assicurazioni); la rivalsa dell’assicuratore (art. 144 c. assicurazioni); l’estensione territoriale della copertura (art. 122, co. 4, c. assicurazioni). Riesce pertanto assai difficile intuire perché mai ci sia bisogno di un decreto ministeriale (preceduto da una macchinosa consultazione delle “parti sociali”) per stabilire quali debbano essere le «clausole minime necessarie ai fini dell'adempimento dell'obbligo di legge» (così si esprime l’art. 22, co. 4, d.l. n. 179/2012). Tali clausole sono già tutte indicate dal codice delle assicurazioni (d.lgs. 7.9.2005, n . 209), sicché non v’era bisogno alcuno di una norma la quale ne sancisse la cogenza e l’inderogabilità. Credo dunque che non si erri dal vero nel ravvisare nell’art. 22 d.l. n. 179/2012 una nuova categoria di norma: la norma-memento, e cioè una norma che delega un regolamento amministrativo a ribadire il contenuto della legge.
Che il contratto base sia in larga parte, se non del tutto, inutile sul piano pratico è conclusione corroborata dall’analisi dei contenuti della bozza di decreto predisposta dagli uffici ministeriali, e concordata con le organizzazioni di categoria degli assicuratori e dei consumatori. I tredici articoli che lo compongono infatti sono o assolutamente superflui, perché inutilmente duplicativi di norme di legge, ovvero seriamente sospettabili di nullità, in quanto in contrasto con previsioni di legge.
Si prendano ad esempio i primi due commi dell’art. 1 dello schema di contratto base, i quali stabiliscono: «l'impresa assicura i rischi della responsabilità civile per i danni causati dalla circolazione del veicolo indicato in polizza ... La sosta, la fermata, la marcia del veicolo e tutte le operazioni preliminari e successive sono espressamente equiparate alla circolazione». La prima previsione è del tutto inutile ai sensi dell’art. 122 c. assicurazioni, che sancisce l’obbligo di assicurazione; la seconda è del tutto inutile ai sensi dell’art. 3, co. 1, n. 9, c.d.s. (d.lgs. 30.4.1992, n. 285), a mente del quale per “circolazione” deve intendersi «il movimento, la fermata e la sosta dei ... veicoli ... sulla strada».
Tra le clausole contrattuali del “contratto base” inutilmente duplicative di norme di legge spicca anche l’art. 3, rubricato «Dichiarazioni inesatte e reticenze», il quale duplica il disposto degli artt. 1892 e 1893 c.c., nonché l’art. 13, secondo cui «per quanto non espressamente regolato dal presente contratto valgono le norme legislative e regolamentari vigenti»: e chi potrebbe dubitarne? Lo stabilisce già l’art. 1374 c.c.!
Altre clausole inserite nello schema di contratto base appaiono invece fortemente sospettabili di nullità, come l’art. 16, il quale parrebbe consentire all’assicuratore di prevedere la cd. “clausola di guida esclusiva”, in virtù della quale la responsabilità del proprietario è coperta unicamente nel caso in cui alla guida del mezzo, al momento del sinistro, vi fosse la persona indicata nel contratto. La clausola di guida esclusiva, come si è cercato di dimostrare altrove2, è una clausola nulla perché esclude dalla copertura assicurativa la responsabilità del conducente volente domino, che invece ai sensi dell’art. 122 c. assicurazioni vi deve necessariamente rientrare: il codice delle assicurazioni, infatti, impone l’obbligo di assicurare “la responsabilità di cui all’art. 2054 c.c.”, e tale ultima norma non fa alcuna distinzione tra conducente e proprietario, stabilendo la presunzione di responsabilità di ambedue per i danni derivanti dalla circolazione del veicolo.
Di tutto lo schema di contratto-base proposto per l’approvazione ministeriale mi pare che l’unica clausola che non costituisca mera reiterazione di norme di legge sia quella contenuta nell’ult. co. dell’art. 2, il quale limita il diritto di rivalsa dell’assicuratore nei confronti del proprietario del veicolo, quando questi, avendo affidato il veicolo a terzi, non fosse stato a conoscenza dell’esistenza di circostanze che escludevano la copertura assicurativa (ad es., guida in stato di ebbrezza o senza patente).
1 Non giova alla stima che il giurista dovrebbe nutrire nei confronti dell’alto consesso amministrativo la circostanza che, nel corpo del parere, per ben tre volte il codice del consumo sia chiamato «codice di commercio», che come noto è stato abrogato nel nostro ordinamento ormai da quasi 80 anni!
2 Sia consentito il rinvio a Rossetti, M., Il diritto delle assicurazioni, III, Padova 2013, 275.