Il danno biologico
Il d.l. n. 1/2012 ha dettato nuove norme in tema di danno biologico con esiti micropermanenti derivanti da sinistri stradali. Il fine del legislatore è stato quello di scoraggiare le numerose truffe che tuttora si registrano in questo settore, rendendo più rigoroso l’accertamento del danno. Tuttavia, per l’infelice tecnica normativa adottata, non è affatto certo che questo fine possa dirsi pienamente conseguito.
Il d.l. 24.1.2012, n. 1 (convertito, con modificazioni, dalla l. 24.3.2012, n. 27, e recante Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività) contempla due previsioni che incidono direttamente sui criteri di accertamento del danno alla salute. Tali previsioni sono contenute nell’art. 32, co. 3-ter e quater, d.l. n. 1/2012. Ambedue le previsioni sono state inserite dalla legge di conversione. Il comma 3-ter dell’art. 32 del d.l. n. 1/2012 ha modificato il co. 2 dell’art. 139 c. assicurazioni (d.lgs. 7.9.2005, n. 209), aggiungendovi il seguente periodo: «In ogni caso le lesioni di lieve entità che non siano suscettibili di accertamento clinico strumentale obiettivo, non possono dar luogo a risarcimento per danno biologico permanente». Il co. 3-quater stabilisce invece (senza modificare testualmente il c. assicurazioni): «Il danno alla persona per lesioni di lieve entità di cui all’articolo 139 del decreto legislativo 7 settembre 2006 n. 209 è risarcito solo a seguito di riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione».
I co. 3-ter e 3-quater del d.l. n. 1/2012 sono due norme sul danno biologico. Come si è visto, entrambe le norme ne disciplinano l’accertamento con limitato riferimento all’ipotesi in cui abbia causato postumi di lieve entità ed entrambe esigono nella sostanza un (più) rigoroso accertamento dell’obiettività clinica su cui poggia l’accertamento del danno.
Appare dunque spontaneo chiedersi: perché due distinte previsioni? Qual è l’ambito applicativo dell’una e dell’altra? Vi è una effettiva differenza tra il precetto del co. 3-ter e quello del co. 3-quater?
Di nessun aiuto appaiono, per risolvere il problema, i lavori preparatori della legge. Né in commissione, infatti, né in aula, il dibattito tra i parlamentari ha affrontato gli aspetti tecnici di tale previsione.
Nondimeno, facendo ricorso alle regole consuete di ermeneutica, a me parrebbe che tra le due norme non esista alcuna significativa distinzione, e che le pur esistenti differenze lessicali tra esse non sono tali da giustificare la scelta di scrivere due norme per dettare regole analoghe, duplicando le fonti di produzione, posto che al medesimo risultato si sarebbe potuti tranquillamente arrivare in via interpretativa.
Dal punto di vista dogmatico, infatti, i due commi sopra trascritti presentano una struttura analoga: tutti e due fissano le condizioni che debbono necessariamente sussistere per potere chiedere ed ottenere il risarcimento del danno alla persona di lieve entità. Proviamo, infatti, a volgere in forma negativa la sintassi del co. 3-quater, per renderlo omogeneo alla sintassi adottata nel co. 3-ter, e vediamo cosa affermano le due previsioni.
Ci troviamo dunque al cospetto di due previsioni sorprendentemente analoghe, le cui uniche differenze sono soltanto formali. In particolare: a) nel co. 3-ter si parla di «lesioni di lieve entità», nel co. 3-quater di «danno alla persona per lesioni di lieve entità»; b) nel co. 3-ter si fa riferimento al solo «danno biologico permanente», nel comma 3-quater si parla più genericamente di «danno alla persona»; c) nel co. 3-ter si subordina la risarcibilità ad un «accertamento clinico strumentale obiettivo», mentre nel co. 3-quater la risarcibilità è subordinata ad un «riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione».
La conclusione è che l’unica vera ed apprezzabile distinzione tra le due previsioni è che l’una (il co. 3-ter) fa riferimento ai soli postumi permanenti; l’altra (il co. 3-quater) fa riferimento sia ai postumi permanenti, sia a quelli temporanei. Il combinato disposto delle due previsioni porta dunque a concludere che il legislatore abbia voluto ancorare la liquidazione del danno biologico sia temporaneo, sia permanente, in presenza di postumi micropermanenti o senza postumi, ad un rigoroso riscontro obiettivo.
Non mi sembra, invece, che possano trarsi conseguenze giuridicamente rilevanti dalla diversa espressione adottata nelle due norme per indicare l’obiettività del riscontro medico legale. L’«accertamento clinico strumentale obiettivo» di cui al co. 3-ter, infatti, non può essere nulla di diverso dal «riscontro medico legale da cui risulti visivamente o strumentalmente accertata l’esistenza della lesione», per due ragioni. La prima ragione è di ordine testuale, ed è rappresentata dal fatto che nelle due norme il legislatore ha usato dei sinonimi o delle perifrasi per indicare il medesimo concetto. In particolare: «accertare obiettivamente» (co. 3-ter) è sinonimo di «riscontrare» (co. 3-quater); l’accertamento «clinico strumentale» (co. 3-ter) è sinonimo di «accertamento visivo o strumentale» (co. 3-quater).
La seconda ragione è di ordine sistematico. Il d.l. n. 1/2012 è stato adottato al dichiarato di scopo di rilanciare l’economia, favorire la concorrenza, incentivare sia i consumi che il risparmio. In quest’ottica, il contenimento delle truffe assicurative, e massimamente di quelle legate alla sinistrosità stradale, è visto dal legislatore come un mezzo per ridurre i costi degli indennizzi e, di conseguenza, favorire l’abbassamento dei premi (un chiaro indice di questo intento è dato proprio dal successivo art. 33 d.l. n. 1/2012, che ha inasprito le sanzioni per le false attestazioni di invalidità derivanti dai sinistri stradali).
Or bene, se il legislatore vede come un male l’erogazione di indennizzi non dovuti per lesioni inesistenti, la finalità delle nuove norme va conseguentemente ravvisata nell’intento di contrastare non solo il fenomeno delle truffe assicurative, ma anche la semplice negligenza colposa nell’accertamento dei microdanni: anche il contrasto a quest’ultima, infatti, è necessario per contenere i costi dei risarcimenti per lesioni minime e consentire risparmi di gestione che dovrebbero tradursi in una riduzione dei premi assicurativi, o comunque in altri benefici per gli assicurati.
Deve, quindi, concludersi che secondo l’interpretazione preferibile il co. 3-ter disciplina il danno che abbia prodotto postumi permanenti, mentre il co. 3-quater è applicabile a qualsiasi pregiudizio alla persona, anche temporaneo; l’uno e l’altro, tuttavia, subordinano la risarcibilità del danno a presupposti identici.
Nemmeno riterrei che si possano trarre conseguenze giuridicamente rilevanti dalla circostanza che nel co. 3-ter si esige per la liquidazione del danno un «accertamento clinico», e nel co. 3-quater un «riscontro medico legale».
Infatti l’art. 139 c. assicurazioni già nel testo previgente stabiliva che il danno biologico è solo quello «suscettibile di accertamento medico legale». Pertanto l’introduzione della nuova norma che esige il «riscontro clinico» non avrebbe potuto privare di senso e valore il testo precedente, e non avrebbe potuto trasformare il danno biologico in un pregiudizio accertabile senza l’ausilio dei dettami della medicina legale. Né, per altro verso, basterà il nuovo co. 3-quater e rendere obbligatoria, nei giudizi di risarcimento del danno alla persona, la nomina di uno specialista in medicina legale per la stima del danno (per quanto sommamente auspicabile). La scelta del consulente di parte o d’ufficio era e resta libera, e si rammenti che la Corte di cassazione ha ripetutamente affermato che la nomina di un consulente d’ufficio non specialista in medicina legale, sinanche nelle controversie previdenziali (dove la specializzazione è imposta dall’art. 445 c.p.c.) non è causa di nullità1.
Sebbene le nuove norme disciplinino soltanto il danno biologico, l’applicazione di esse riverbererà effetti anche sulla liquidazione dei danni patrimoniali connessi, primo fra tutti quello per spese mediche o riduzione della capacità di guadagno.
Infatti, là dove debba escludersi l’esistenza di un danno biologico per l’impossibilità di un accertamento medico legale obiettivo, ne discenderà necessariamente l’irrisarcibilità dei danni consequenziali, per difetto di nesso causale tra illecito ed evento di danno. Se infatti il danno biologico non può essere accertato in corpore in modo obiettivo ed incontrovertibile, giuridicamente non se ne può affermare l’esistenza, e se di un evento di danno non è provata l’esistenza, non si potrà conseguentemente ritenere risarcibili le spese sostenute per eliminarne o ridurne le conseguenze.
Tre sono i principali problemi posti dalla nuove norme: e cioè, la loro portata precettiva, l’incidenza sull’accertamento del danno e l’applicabilità delle disposizioni.
3.1 Il contenuto delle nuove disposizioni
Si è visto sinora che: a) i co. 3-ter e 3-quater dell’art. 32 del d.l. n. 1/2012 hanno un contenuto precettivo sostanzialmente identico; b) costituiscono norme di natura sostanziale e non processuale; c) hanno lo scopo diretto di prevenire le frodi, e quello indiretto di contenere i premi assicurativi.
È giunto ora il momento di occuparci dell’ubi consistam delle nuove norme, e cioè analizzarne il contenuto precettivo. Detto altrimenti: cosa hanno introdotto di nuovo rispetto al passato le previsioni qui in commento?
La risposta è agevole: nulla. Per convincersene basta riflettere che la legge previgente definiva (e continua a definire) «danno biologico» soltanto quello «suscettibile di accertamento medico legale»2.
“Accertare” deriva etimologicamente dal latino medioevale accertare, deverbativo di certus: esso esprime il concetto di certificare, cioè rendere sicuro, riconoscere per vero, verificare3. In tal senso l’usarono, tra gli altri, Dante («Però ti priego, e tu padre m’accerta/ s’io posso prender tanta grazia»: Paradiso, XXII, 58) o Galileo («Marte, Giove e Saturno colli loro appressamenti e discostamenti mi accertano di quelli»: Delle macchie solari, in Opere, Firenze 1718, vol. II, 99).
«Suscettibile di accertamento medico legale», pertanto, vuol dire né più, né meno, che il danno biologico per potere essere risarcito deve essere obiettivamente sussistente in corpore, e la sua assistenza deve potersi predicare non sulla base di intuizioni o suggestioni, ma sulla base di una corretta criteriologia medico legale. Dunque anche prima del d.l. n. 1/2012 il danno biologico era risarcibile solo a condizione che fosse riscontrabile una obiettività medico legale, posto che per la medicina legale non è certo concepibile l’esistenza di danni presunti, figurativi od ipotetici. Ma se così è, deve concludersi che da un punto di vista teorico e dogmatico le nuove norme contenute nell’art. 32 d.l. n. 1/2012 nulla hanno aggiunto e nulla hanno tolto rispetto al passato. Esse non hanno fatto altro che formulare in modo esplicito un principio già necessariamente implicito nel sistema. L’unico effetto che le nuove norme possono dunque produrre non ha natura giuridica e contenuto precettivo, ma ha natura “psicologica” e contenuto “declamatorio-esortativo”.
Intendo dire che esse non possono valere a null’altro se non a richiamare l’attenzione dei pratici sulla necessità che il danno alla salute sia accertato in modo rigoroso e zelante, senza facilonerie e pressappochismi. Uno scopo, dunque, del tutto estraneo a quelli normali di una norma giuridica, il cui scopo è introdurre nell’ordinamento un comando, non certo un’esortazione.
E tuttavia la scelta del legislatore di mettere nero su bianco un richiamo a fare bene il proprio lavoro, rivolto a tutte le persone variamente interessato al “ciclo di produzione” del risarcimento del danno alla persona (in primo luogo medici legali, ma anche avvocati e magistrati), che sarebbe apparsa stupefacente in un Paese normale, non è tale nel nostro.
Il nostro Paese detiene, infatti, in Europa il triste primato della maggior spesa percentuale per sinistri con lesioni personali, del maggior numero di sinistri con lesioni personali, del più elevato rapporto tra costo medio del sinistro e premio pagato e, di conseguenza, del più elevato premio medio per l’assicirazione r.c.a.4. Tali primati non derivano da minori capacità di giuda dei nostri connazionali o da una loro più fragile complessione organica, ma – per un verso – da vasti e radicati fenomeni fraudolenti, i quali trovano proprio nel settore dei piccoli danni alla persona il terreno più fertile5; e per altro verso, da altrettanto radicate e diffuse facilonerie e trascuratezze nell’accertamento (medico legale e giudiziale) del danno alla persona, le quali fanno sì che assai raramente un accertamento medico legale si conclude senza riscontrare uno o due punti di invalidità permanente, pur in assenza di qualsiasi elemento obiettivo.
Le nuove norme non si comprendono se non si hanno presenti tali fenomeni, anzi si giustificano solo al cospetto di essi e sono volte ad impedirne la prosecuzione.
3.2 I criteri di accertamento del danno
Per quanto esposto sin qui, i criteri medico legali e giuridici alla luce dei quali procedere all’accertamento dei danni con esiti micropermanenti causati da sinistri stradali non dovranno mutare per effetto della riforma, rispetto a quelli che si sarebbero dovuti adottare in precedenza. Ovviamente dovranno mutare, e molto, se i criteri adottati prima della riforma erano improntati alla sciatteria di cui si è già detto.
Nondimeno l’art. 32 d.l. n. 1/2012 pone comunque taluni problemi all’interprete, dei quali occorre qui dare conto. In particolare, potrebbe apparire controverso stabilire: a) se i co. 3-ter e 3-quater del d.l. n. 1/2012 dettino criteri uniformi o diversi per l’accertamento del danno alla persona; b) se l’obiettività imposta dalle nuove norme debba riguardare i postumi o le lesioni che li hanno prodotti; c) quali siano gli accertamenti concretamente imposti dalla legge, dai quali debba risultare l’obiettività dei postumi.
La prima questione scaturisce dal fatto che l’art. 32 d.l. n. 1/2012, nei co. 3-ter e 3-quater, parrebbe subordinare la risarcibilità del danno con esiti micropermanenti ad accertamenti diversi: il co. 3-ter esige infatti un accertamento «clinico strumentale obiettivo»; il co. 3-quater esige invece un accertamento «visivo o strumentale riscontrabile dal punto di vista medico legale». La prima norma parrebbe fare riferimento alla necessità di un accertamento strumentale che dimostri l’esistenza del danno, sicché apparentemente diverrebbero irrisarcibili tutti i danni non suscettibili di accertamenti strumentali, come ad esempio la cefalea postraumatica.
Incerto è altresì se tale accertamento strumentale debba essere alternativo o cumulativo rispetto a quello “clinico”. Il co. 3-quater, dal canto suo, pone all’interprete il problema di stabilire cosa debba intendersi per «accertamento visivo»: non tutti i postumi permanenti sono infatti visibili (si pensi ad una neuropatia).
Tuttavia alla luce della loro ratio e delle finalità perseguite dal legislatore (di cui si è detto supra), è preferibile ritenere che le nuove norme vadano intese in modo uniforme (e dunque senza differenze tra l’ipotesi del co. 3-ter e quella del co. 3-quater), e che l’interpretazione più plausibile sia la seguente: la nuova legge esige che il danno alla salute di modesta entità sia accertato e valutato dal medico legale e dal giudice secondo criteri di assoluta e rigorosa scientificità, senza che sia possibile in alcun modo fondare l’affermazione dell’esistenza del danno in esame sulle sole dichiarazioni della vittima, ovvero su supposizioni, illazioni, suggestioni, ipotesi.
Le nuove norme, in definitiva, esaltano (ma al tempo stesso gravano di maggiore responsabilità) il ruolo del medico legale, imponendogli la corretta e rigorosa applicazione di tutti i criteri medico legali di valutazione e stima del danno alla persona. Pertanto sarà risarcibile anche il danno i cui postumi non siano “visibili”, ovvero non siano suscettibili di accertamenti “strumentali”, a condizione che l’esistenza di essi possa affermarsi sulla base di una ineccepibile e scientificamente inappuntabile criteriologia medico legale.
La seconda e la terza delle questioni sopra indicate appaiono di più agevole soluzione. In particolare, non sembra possa dubitarsi del fatto che l’«obiettività» imposta dalle nuove norme debba riguardare sia i postumi, sia le lesioni che li hanno prodotti. Ed infatti, al di là dell’imperfetta sintassi adottata dal legislatore, l’esistenza obiettiva di lesioni non basta per ritenere esistenti postumi permanenti, posto che “danno” in senso giuridico non è la lesione del diritto, ma è il pregiudizio che ne è derivato. Specularmente, l’accertata esistenza di postumi non basta per affermare la sussistenza di una loro derivazione causale dal fatto illecito, se non è obiettivamente accertata l’esistenza delle lesioni.
Infine, per quanto attiene al tipo di accertamenti imposti o consentiti dalla legge per l’accertamento dell’esistenza di un danno alla persona, riterrei preferibile ritenere che: a) sia il co. 3-ter, sia il co. 3-quater, debbano essere interpretati nel senso che tra gli stessi non sussista alcuna differenza; dunque gli «accertamenti clinico strumentali» di cui al co. 3-ter coincideranno di fatto con il «riscontro visivo o strumentale» di cui al co. 3-quater; b) la legge non ha posto alcun limite ai mezzi di diagnosi, e dunque qualunque strumento, mezzo o tecnica di accertamento del danno è consentito, a condizione che soddisfi il requisito della scientificità.
3.3 L’applicabilità delle nuove norme
Non può esservi dubbio alcuno, infine, che le nuove norme debbano applicarsi in tutti i casi in cui la decisione giudiziaria sul danno sia successiva alla loro entrata in vigore, a nulla rilevando che il sinistro dal quale è derivato il danno o l’accertamento di quest’ultimo da parte del medico legale siano avvenuti prima di tale momento.
L’art. 32 d.l. n. 1/2012 contiene infatti norme sulla risarcibilità del danno, e tali norme debbono essere applicate dal giudice nel momento in cui è chiamato a stabilire se un danno esista o meno. Non si tratta in questo caso di applicazione retroattiva: è, infatti, al momento della sentenza che occorre stabilire se un danno vi sia ed in che misura sia risarcibile, e tale accertamento non può che essere compiuto in base al quadro normativo vigente a quel momento.
1 Cass., sez. lav., 29.1.1998, n. 889; Cass., sez. lav., 16.10.1995, n. 10801; Cass., sez. lav., 17.2.1992, n. 1947; Cass., sez. lav., 19.2.1990 n. 1211; Cass., sez. lav., 21.1.1982 n. 412; Cass., sez. lav., 19.5.1982, n. 3091; Cass., sez. lav., 8.6.1977, n. 2359
2 Così gli artt. 138 e 139 d.lgs. 7.9.2005, n. 209, ma anche l’art. 13 d.lgs. 23.2.2000, n. 38, nonché, in precedenza, l’abrogato art. 5 l. 5.3.2001, n. 57.
3 Battaglia, S., Grande dizionario della lingua italiana, Torino, 1961, vol. I, 74.
4 Dati della Federazione Europea degli Assicuratori e Riassicuratori, in The European motor insurance market, Statistics n. 38, in www.insuranceeurope.eu.
5 Sia consentito, per dati e riferimenti, il rinvio a Rossetti, M., L’assicurazione obbligatoria della r.c.a., Torino, 2011, 561 ss.; cfr. altresì, da ultimo, Porrini, D., Tutto cambia affinchè nulla cambi: il caso del mercato assicurativo r.c. auto, in Dir. fisc. ass., 2012, 315-316.