Il fascicolo informatico
Nel 2014 è stata varata la cd. obbligatorietà del processo telematico, con conseguente maggiore importanza del fascicolo informatico, necessariamente affiancato da quello cartaceo. Non si tratta di una versione del fascicolo cartaceo, ma di un luogo informatico di condivisione del materiale processuale, cui conseguono nuove potenzialità, in termini di facile e continua accessibilità, conservazione e gestione.
Il d.l. 24.6.2014, n. 90 ha fatto slittare al 31.12.2014 la obbligatorietà per i fascicoli pendenti al 30 giugno, ma ha attribuito nelle more generale facoltà di deposito di atti telematici e autorizzato i difensori a trarre copie autentiche dai documenti presenti nel fascicolo informatico.
Il maggior ricorso agli atti telematici evidenzia problemi interpretativi sulle conseguenze degli errori di formato e in genere informatici, che rischiano di compromettere i principi costituzionali di difesa e giusto processo, favoriti da una normativa frammentaria, per lo più di fonte sublegislativa.
Uno sguardo comparatistico invita a cercare la semplicità dei sistemi di gestione dei fascicoli informatici, ad opera delle parti stesse che li condividono necessariamente per il processo con i giudici e le controparti.
Il processo è un rito: pertanto la norma processuale si occupa non soltanto dei diritti delle parti,ma anche dell’organizzazione, della sequenza e della forma degli atti da compiere. L’impianto originario del nostro processo è cartaceo e considera una organizzazione basata su un documento materiale; la storia del processo telematico è la storia dell’inserimento del documento immateriale, informatico, nel processo.
È ovvio che la organizzazione non può restare la stessa ed anche i diritti delle parti si atteggiano differentemente.
Rispetto al documento informatico il possesso dell’originale o di una copia è sostanzialmente irrilevante, poiché quel che conta è l’accesso al documento, non più visto nella sua materialità, ma come una informazione resa accessibile per via telematica.
Il documento informatico è poi replicabile su diversi supporti, il concetto stesso di originale non esiste più ed istituti quali la unicità dell’esecuzione, che si fondava proprio sull’unicità della copia esecutiva, perdono la loro tutela, mentre il diritto di copia può essere riscosso solo rinunciando a importanti qualità del documento informatico.
Ecco dunque che muta la organizzazione, particolare per quanto riguarda i documenti: non è più tanto importante regolare il possesso del documento fisico, quanto regolare e garantire l’accesso al documento informatico al cd. fascicolo informatico, che non è un fascicolo in senso fisico.
1.1 Il fascicolo informatico nella normativa del 2001
L’art. 12 del d.P.R. 13.2.2001, n. 123 segna l’esordio del fascicolo informatico, indicandolo come «contenente gli atti del processo come documenti informatici ovvero le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo».
Si prevedeva dunque che gli atti processuali del giudice, delle parti e degli ausiliari potessero essere costituiti da documenti informatici nativi, muniti di firma elettronica, e, quando fossero invece stesi su carta, che ne venisse effettuata scansione e questa venisse inserita nel fascicolo informatico.
Era prevista dalla norma la scansione anche dei documenti probatori prodotti dalle parti o comunque acquisiti al processo, sempre che l’operazione non fosse “eccessivamente onerosa”.
Molto importante, anche se leggermente ambigua, la previsione dell’ult. co. del citato art. 12, secondo il quale «la formazione del fascicolo informatico non elimina l’obbligo di formazione del fascicolo su supporto cartaceo»: significa che l’atto informatico va stampato e conservato o semplicemente che quanto viene prodotto cartaceamente e quindi scansionato va comunque conservato?
La seconda lettura non farebbe che ripetere quanto già previsto dalla legge ordinaria: le produzioni documentali cartacee vanno conservate nei fascicoli e i documenti e gli atti del giudice e dell’ausiliario vanno raccolti nel fascicolo d’ufficio (artt. 72-77 disp. att. c.p.c).
È pertanto preferibile la prima lettura, per la quale quanto sia presente nel fascicolo informatico deve essere presente anche nel fascicolo su supporto cartaceo e ciò corrisponde ad una misura prudenziale in vista del fatto che non tutti sono oggi ‒ ed ancor meno erano nel 2001 ‒ in grado di consultare il fascicolo per via telematica ed in particolare ciò è consentito ai difensori, ma non alle parti, in particolare nei procedimenti di volontaria giurisdizione nei quali possono stare in giudizio senza difesa tecnica.
Si desume quindi dalla lettura della norma del 2001 che il fascicolo informatico d’ufficio deve avere contenuto analogo a quello su supporto cartaceo: gli atti delle parti e degli ausiliari quando cartacei devono essere scansionati, quando informatici devono essere stampati ed inseriti in copia nel fascicolo cartaceo.
Discorso parzialmente diverso per i documenti probatori, per i quali il terzo comma dell’art. 12 del d.P.R. n. 123/2001 prevede la scansione soltanto laddove non eccessivamente onerosa, mentre nessuna norma prevede la stampa della produzione informatica ed in effetti la stampa di un documento informatico molto spesso ne fa perdere le qualità, in primis la verificabilità e riconducibilità al soggetto, non essendo stampabile la firma elettronica.
1.2 Le regole tecniche del processo telematico – d.m. n. 44/2011
La norma che prevede la scansione dei documenti cartacei ha trovato nella pratica scarsissime applicazioni: nella prassi fino al 2012 nessun documento cartaceo veniva sottoposto a scansione ed anche dopo, nella maggior parte dei Tribunali, ci si è limitati a scansionare qualche verbale d’udienza e qualche provvedimento del giudice, mai gli atti di parte o degli ausiliari.
Il regolamento approvato con decreto del Ministro della giustizia del 21.2.2011 n. 44 a proposito del fascicolo informatico prescrive che in esso siano raccolti atti, documenti, allegati, ricevute di posta elettronica certificata e i dati del procedimento «da chiunque formati»; aggiunge, confermando la precedente disposizione, che vanno inserite «le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo».
È dibattuta questione quella per cui le regole tecniche abbiano o meno abrogato il precedente regolamento sul processo telematico, il d.P.R. n. 123/20011,ma in questo caso è nella pratica irrilevante perché i due testi sostanzialmente coincidono; per vero sarebbe importante il fatto che la menzione della eccessiva onerosità della scansione degli atti cartacei è scomparsa, ma posto che, onerosa o meno, la operazione di scansione era sconosciuta alla prassi concreta, anche questa differenza non ha rilievo concreto.
Giova peraltro osservare come differisca la qualità del dato informatico offerta da un testo o da una scansione, poiché il primo è molto più leggero, è ricercabile, è copiabile, mentre il secondo è mera replica del foglio di carta; anzi questa è in realtà per certi casi anche preferibile, poiché di più agile lettura, annotazione e memorizzazione2.
Il reg. del 2011 in generale non riesce ad uscire dal paragone fra carta e telematica, considerando la seconda poco più di un surrogato della prima, che viene comunicato via PEC invece che per posta o dall’ufficiale giudiziario: si tratta di una visione molto riduttiva che porta a squalificare il vero significato dell’informatica, con le garanzie di autenticità offerte dalle firme elettroniche, la facile conoscibilità, l’indicizzazione, la organizzazione e tutto ciò che in genere caratterizza i nuovi modi di comunicare e scrivere.
In altre parole un file è profondamente diverso da un testo scritto e scansionato: risiede in questa profonda diversità il vero valore del fascicolo informatico, che in realtà non è un fascicolo, ma un file, una raccolta ordinabile, ricercabile ed accessibile di file. Resta quindi una definizione riduttiva quella portata dal d.m. n. 44/2011 quando all’art. 2, lett. h) definisce il fascicolo informatico una «versione informatica del fascicolo d’ufficio, contenente gli atti del processo come documenti informatici, oppure le copie informatiche dei medesimi atti»: in realtà il fascicolo informatico è tutt’altro dall’oggetto fisico costituente fascicolo cartaceo, è un luogo virtuale utilizzato per la comunicazione processuale quindi per raccogliere il materiale informatico utile alla decisione3.
In effetti lo stesso reg. n. 44/2011 nel momento in cui prescrive di inserire le ricevute di posta elettronica smentisce la definizione di cui all’art. 2, lett. h), ora vista, perché questo tipo di ricevute, che qualora vengano stampate perdono gran parte del loro significato ed in particolare le firme elettroniche che ne danno la garanzia, non potranno mai essere contenute nel fascicolo tradizionale d’ufficio.
Fascicolo cartaceo ed informatico non potranno mai coincidere, per le diverse qualità che ha la carta rispetto al file e viceversa: sarà necessario dunque che i due fascicoli coesistano e d’altronde taluni atti che devono essere prodotti in originale, per esempio le scritture sottoposte a verificazione, i titoli di credito cartacei, non potranno mai essere presenti solo nel fascicolo informatico.
I due fascicoli dovranno pertanto convivere, potranno avere contenuti parzialmente coincidenti per le stampe dei file o le scansioni dei fogli, ma non si potrà mai rinunciare ad averli entrambi4.
Se i due fascicoli dovranno comunque convivere, inserire le scansione degli atti cartacei nel fascicolo informatico non ha gran significato, posto che gli utenti sono ormai abituati alla consultazione degli atti cartacei e che la scansione massiva costituisce un forte appesantimento dei sistemi informatici e del lavoro delle cancellerie.
Non si può dire invece inutile, al contrario, almeno allo stato attuale dei servizi, stampare e conservare una copia degli atti telematici, onde supplire alle ancora persistenti deficienze degli applicativi e in generale del dominio giustizia, ma anche perché quando il fascicolo pervenga alla Cassazione questa risulta allo stato sprovvista di un sistema che consenta di accedere al fascicolo informatico.
Sotto questo profilo va osservato come le regole tecniche di cui al citato reg. n. 44/2011 non ripetano la regola del d.P.R. n. 123/2001 per cui doveva essere comunque formato e conservato un fascicolo cartaceo d’ufficio, contenente dunque le stampe dei documenti informatici,ma prevedano che «La tenuta e conservazione del fascicolo informatico equivale alla tenuta e conservazione del fascicolo d’ufficio su supporto cartaceo, fermi restando gli obblighi di conservazione dei documenti originali unici su supporto cartaceo previsti dal codice dell’amministrazione digitale e dalla disciplina processuale vigente».
Se si debba osservare l’una o l’altra delle disposizioni dipende dalla richiamata questione, se le regole tecniche, emanate con regolamento ministeriale, possano abrogare un regolamento governativo, quale era il d.P.R. n. 123/2001,ma il conflitto potrebbe essere composto ritenendo che un fascicolo d’ufficio materiale debba comunque esservi e che debba contenere gli atti cartacei prodotti dalle parti nonché gli originali unici cui fa riferimento il regolamento del 2011, mentre non necessariamente debbano figurarvi anche le stampe dei file che riportano atti di parte o del giudice.
Più interessanti sono le indicazioni circa il fascicolo informatico, contenute nei co. 4 e 55 dell’art. 9 del d.m. n. 44/2011, circa il contenuto e la reperibilità dei documenti contenuti.
Il co. 4 prescrive la formazione di un elenco dei documenti contenuti: poiché con l’informatica si possono trasferire volumi di informazione decisamente superiori a quelli cartacei, fino ad essere superiori alle possibilità umane di lettura, un semplice elenco non è sufficiente: deve essere consentita l’indicizzazione e la reperibilità, pena la ingovernabilità dei dati.
Chi abbia pratica di informatica sa che il problema non è tanto il volume delle informazioni, quanto la qualità e la rintracciabilità delle stesse, per questo è così importante il nome del file e il metadato, cioè l’informazione circa i contenuti.
L’esempio tipico è quello di un Ipod per leggere la musica nel quale vi fossero migliaia di canzoni, prive del nome del cantante, del titolo, del genere di musica e di indicazioni di personalizzazione: per trovare un brano occorrerebbe leggere tutti i brani e, trovatolo una volta, non lo si potrebbe ritrovare una seconda volta se non ripetendo l’operazione.
Rapportato al fascicolo informatico ciò significa che se il documento cartaceo poteva essere indicato con un segnalibro, una linguetta numerata, una piegatura del foglio, il documento informatico necessita di metadati fortemente caratterizzanti6.
È dunque auspicabile che questo elenco sia fatto in maniera tale da consentire la facile reperibilità, che è quanto prescrive il co. 5 dell’art. 9 cit., il quale accenna ad alcuni metadati necessari e cioè la data del deposito, il contenuto e le finalità dei singoli documenti: si tratta di qualità minime di informazioni sugli atti contenuti nel fascicolo che è opportuno possano essere integrati.
Queste norme, pur riguardando aspetti molto importanti del fascicolo informatico, sono all’evidenza embrionali ma è importante il principio stabilito della facile reperibilità, in particolare per quanto riguarda i documenti. A proposito di facile reperibilità l’informatica conosce lo strumento del link, che consente di richiamare nel testo dell’atto difensivo la produzione cui ci si riferisce, il che costituisce una caratteristica specifica del fascicolo informatico che potrà opportunamente essere utilizzata7.
Come noto nel fascicolo cartaceo è prescritto che le documentazioni prodotte siano riportate in un indice8: si deve ritenere che queste prescrizioni si applichino anche al fascicolo informatico, per cui ogni singolo documento informatico andrà prodotto in separato file, numerato e, laddove possibile collegato al testo o all’indice mediante il link, oppure mediante il numero e il nome della produzione, che devono essere riportati nel nome del file, atteso che diversamente non solo sarà difficile, ma quasi impossibile reperire il documento. Deve trattarsi cioè, perché sia veramente utile, di un “indice parlante”, che non si limiti ai numeri, ma indichi il tipo di produzione e queste indicazioni devono trovare corrispondenza nel nome del file, che pertanto non potrà avere il nome attribuito automaticamente dallo scanner.
Poiché, come si accennava, la reperibilità dei documenti è prescritta per regolamento e l’elenco delle produzioni deve essere comunicato alla controparte laddove ciò non sia realizzato è possibile individuare una violazione del diritto di difesa di una parte e nei casi limite si potrà discutere della idoneità dell’atto a raggiungere lo scopo.
Per altro verso è chiaro che la produzione di file leggibili, ricercabili e copiabili,ma anche ordinata ed indicizzata ha oggi a che fare con il diritto di difesa della controparte.
Questo introduce un necessario mutamento nel principio di libertà delle forme di cui all’art. 121 c.p.c.: se nel cartaceo la lettura era possibile sostanzialmente a tutti ed i documenti prodotti avevano un limite fisico nella trasportabilità, nel fascicolo informatico questa libertà trova un limite nel fatto che determinati formati e determinate modalità di produzione soprattutto dei documenti rendono impossibile la loro reperibilità ed il loro esame.
Soprattutto le produzioni dunque passano da un principio di libertà delle forme ad un principio di responsabilità: da un lato non eccedere nelle produzioni solo perché possono essere inviate via PEC, dall’altro formulare un indice parlante, un elenco, dei link, inserire comunque dei riferimenti, che rendano possibile, se non proprio facile, la reperibilità all’interno del fascicolo informatico.
Ciò comporta una necessaria evoluzione della professionalità dei difensori, ma è ovvio che il processo telematico richiede un’evoluzione complessiva della società ed è questo uno dei suoi valori.
1.3 Ulteriori fonti, le specifiche tecniche
Il reg. n. 44/2011 all’art. 34 prevede l’emanazione di un successivo provvedimento direttoriale che stabilisce le specifiche tecniche9 del processo telematico, con allegati i sistemi di comunicazione degli atti, i cosiddetti xsd.
Si tratta delle strutture degli atti, informazioni scritte per il computer, in formato XML,10 che fanno sì che lo “scritto”, in realtà un file, porti con sé una serie di informazioni che altrimenti andrebbero trascritte a mano nei registri.
Queste informazioni sono una caratteristica tipica dei file e dunque possono essere soltanto nel fascicolo informatico.
L’art. 12 delle specifiche tecniche sancisce quindi alcune caratteristiche dei documenti destinati a popolare il fascicolo informatico; oltre al fatto di essere accompagnato dal file denominato “DatiAtto.xml”, è importante notare come sia prescritto che si tratti di un documento testuale «senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini».
Queste due norme, quella sulle informazioni strutturate e quella che non ammette le scansioni, costituiscono tutela della qualità del dato contenuto nel fascicolo informatico per la sua facilità di maneggio, indicizzabilità, per la possibilità di copia nonché la corretta indicazione del tipo di atto di cui si tratta.
Si tratta anche di norme nella prassi in molti casi non rispettate, in primo luogo perché la difficoltà di indicare il tipo di atto viene evitata con la scelta dell’atto generico; le informazioni a volte non sono corrette, omettendosi di indicare talune delle parti, specie quando siano numerose; l’oggetto della causa deve essere identificato fra alcune centinaia di possibilità e ciò oggettivamente non è spesso agevole, per cui vengono scelti oggetti incongrui o generici.
In secondo luogo non tutti comprendono la differenza fra un PDF proveniente da testo ed una scansione che porta comunque ad un file PDF, ma la norma come si è visto richiede di distinguere.
Il punto è quale possa essere la sanzione di queste violazioni, che non attengono alla legge, nemmeno ad un regolamento,ma soltanto ad un provvedimento dirigenziale: non pare possa parlarsi di nullità, ma che si tratti di mera irregolarità. Nei casi più gravi quando queste violazioni impediscano un uso corretto dei file si può ritenere una violazione della difesa, in casi anche meno gravi si può comunque ritenere una alterazione della parità delle parti, poiché mentre l’una fornisce dati regolamentari e più facilmente trattabili, l’altra in violazione di prescrizioni fornisce dati di minore qualità.
Questo è uno dei problemi con cui si è confrontata la giurisprudenza, arrivando a soluzioni discordanti, come infra si vedrà.
1.4 L’art. 16 bis d.l. n. 179/2012, il fascicolo informatico si popola per legge
Questa norma11 stabilisce che nei soli Tribunali12 ‒ a far tempo dal 30.6.2014 ‒ gli atti dei difensori successivi alla costituzione siano depositati «esclusivamente con modalità telematiche»; così pure nelle esecuzioni successivamente al deposito del primo atto e per tutti gli atti del curatore13 nei fallimenti.
Ciò significa che il fascicolo informatico assume funzione prevalente rispetto a quello cartaceo: le produzioni delle parti saranno prevalentemente telematiche, ma sopravvive il primo atto, di costituzione, cartaceo.
Questo toglie qualsiasi dubbio sulla coesistenza dei due fascicoli, peraltro, come visto, prevista dalle regole tecniche e, prima, dal regolamento governativo d.P.R. n. 123/2001.
Gli atti del giudice non sono soggetti al medesimo regime di esclusività e tuttavia, senza che vi sia obbligo, ordinanze sentenze e verbali redatte dai giudici sul documento informatico sono in deciso e costante aumento.
Poiché la disposizione prevede l’obbligo di deposito esclusivamente telematico anche nei fascicoli di volontaria giurisdizione e poiché in questi, in molti casi, le parti possono stare in giudizio personalmente, non si può dire che sia definitivamente abolito il fascicolo cartaceo. Non si può pretendere che il privato cittadino si munisca di casella di posta certificata, di firma digitale e dei software adeguati per presentare ricorso, perché altrimenti ne risulterebbe compromesso il diritto di difesa, per la eccessiva difficoltà per il cittadino di avere accesso alla giustizia.
Il d.l. n. 179/2012, all’art. 16 bis, co. 8, prevede poi che il giudice possa autorizzare il deposito di atti e documenti cartacei quando i sistemi informatici del dominio giustizia non risultino funzionare; al co. 9 è invece previsto che il giudice, per ragioni specifiche, ordini il deposito di singoli atti o documenti ed è chiaro che questo presuppone che prima sia depositato l’originale informatico e successivamente sia disposto il deposito cartaceo, quindi la norma non può valere a legittimare il proseguire di depositi cartacei generalizzati.
Il fascicolo cartaceo dunque convivrà con quello informatico per non poco tempo, almeno quello necessario a realizzare un sistema più facilmente accessibile da soggetti non professionisti.
Le procedure monitorie fanno eccezione: il co. 4 del citato art. 16 bis stabilisce che tanto gli atti e documenti di parte quanto i provvedimenti del giudice siano esclusivamente telematici. Per questi fascicoli si può dunque dire che si sia arrivati alla completa dematerializzazione della procedura. Ciò riguarda anche la fase di richiesta della esecutorietà in forza dell’art. 647 c.p.c., che rientra fra quelle previste dal citato co. 4, che fa riferimento all’intero capo I del titolo I del IV libro del codice di rito civile; deve pertanto ritenersi abrogata per contrasto la norma dell’art. 647 c.p.c. che prevedeva la possibilità di una istanza di esecutorietà «anche verbale» posto che l’articolo 16 bis fa riferimento alle modalità telematiche in via esclusiva.
È appena il caso di osservare che questo regime non si applica alle ingiunzioni di pagamento europee di cui al reg. (CE), 12.12.2006, n. 1896, che sicuramente non è procedura prevista dal c.p.c., cui si riferisce il co. 4 dell’art. 16 bis, d.l. n. 179/201214.
L’art. 29 del citato reg. europeo al primo comma lett. c) prevede che gli Stati membri comunichino alla commissione europea i mezzi di comunicazione accettati e il nostro paese ha comunicato che l’unico mezzo di comunicazione, allo stato, è il supporto cartaceo, per cui il fascicolo informatico dovrebbe restare escluso per le ingiunzioni transfrontaliere verso l’Italia.
Alle previsioni dell’art 16 bis, d.l. n. 179/2012 ora viste è seguita una fase di circa un anno e mezzo di preparazione perché la previsione di una alimentazione esclusivamente telematica del fascicolo d’ufficio divenisse reale; una fase che ha registrato una crescita decisa del processo telematico, diffuso, al momento dell’approvazione della legge, troppo a sprazzi sul territorio italiano, perché potesse davvero diventare uno strumento su cui contare15.
Prendendo atto del fatto che il processo telematico richiede una nuova organizzazione, concertata fra i soggetti del processo, con le loro organizzazioni, in modo da tenerne presenti indicazioni e richieste, il Ministero della giustizia ha inaugurato un nuovo modo di legiferare, fondato sulla concertazione attraverso strutture denominate tavoli tecnici. Questi tavoli sono stati convocati quando è stato chiaro che l’introduzione del processo telematico, nella parte che sarebbe divenuta obbligatoria, nonostante ritardi e miglioramenti, richiedeva una diversa scansione temporale ed interventi organizzativi e normativi.
Da ciò è nato il d.l. n. 90/201416, che all’art. 44 ammorbidisce la previsione dell’art. 16 bis del d.l. n.179/2012 stabilendo che si applichi soltanto alle cause iniziate dopo il 30.6.2014; per le cause da quella data pendenti il regime sopra descritto si applicherà a decorrere dal 31.12.2014.
Per altro verso la medesima disposizione attribuisce ai difensori e agli altri soggetti contemplati nell’art. 16 bis citato la facoltà di depositare nei processi atti e documenti per via telematica in tutta Italia, a prescindere dall’esistenza del provvedimento di cui all’articolo 35 del d.m. n. 44/201117.
Il medesimo regime, previsto oggi per i soli tribunali, viene esteso alle corti d’appello18 a far tempo dal 30.6.2015, le quali si trovano già oggi a dover gestire un limitato numero di fascicoli informatici sia per il fatto che taluni di tali uffici dispongono del provvedimento di cui all’art. 35 del reg. n. 44/2011, sia per il fatto che vengono trasmessi loro fascicoli di primo grado contenenti provvedimenti e atti difensivi costituiti da documenti informatici. Non è ripetuta a proposito delle corti d’appello la norma che prevede, per i tribunali, la facoltà del deposito di atti processuali successivi alla costituzione anche prima della obbligatorietà: questo implica che alla scadenza si passerà da un flusso sostanzialmente inesistente ad un numero consistente di depositi, con prevedibile impreparazione degli uffici.
2.1 Le novità del 2014 sui formati
Importante prescrizione contenuta nelle specifiche tecniche è quella dell’art. 13, relativa ai formati ammessi per i documenti che fanno parte del fascicolo informatico: si tratta qui delle produzioni documentali e non degli atti.
La lista dei formati ammessi, dopo la modifica del 2014, non comprende più il formato open document (.odf o .odt), che è un formato aperto, non proprietario, utilizzabile per i testi e teso a garantire a lungo termine l’accesso agli stessi, cosa che i formati proprietari quali quelli utilizzati da MS word o anche il PDF non garantiscono. Si tratta di un formato che proprio per le sue caratteristiche di non appartenere a nessuno costituiva una scelta di laicità rispetto ai prodotti industriali delle grosse società di software e proprio per questo è un formato adottato per la comunicazione legale e i documenti pubblici in molti Stati19 e la stessa UE ne ha raccomandato l’adozione20: non sono dunque comprensibili le ragioni della sua eliminazione, che potrebbe risultare pregiudizievole per la produzione di file legali di altri paesi e in generale per la interoperabilità a livello europeo del sistema informatico costruito al servizio del processo civile italiano.
Altra importante novità del 2014 sui formati è la possibilità di produrre le ricevute delle comunicazioni PEC, vale a dire i file .eml e .msg; ciò rileva perché in precedenza la produzione di queste ricevute era irregolare, perché scritte in formati non previsti e dunque poteva esserne prodotta la copia cartacea secondo la norma dell’art. 9, co. 1-ter , l. 21.1.1994, n. 5321. Oggi questa produzione cartacea non è più possibile dopo la costituzione delle parti ed anche prima, quando vi sia il provvedimento dell’art. 35 d.m. n. 44/2011, proprio perché è possibile e dovuta la produzione della ricevuta PEC come file.
2.2 Il problema dei 30 megabyte
Le specifiche tecniche al riguardo della trasmissione dei documenti telematici22 prevedono un limite di 30 megabyte per ogni messaggio, che è vicino al limite tecnico della posta elettronica e all’utilizzo dei relativi protocolli IMAP, SMTP e POP.
L’art. 16 bis del d.l. n. 179/2012 al co. 7, come modificato dal d.l. n. 90/2014 all’art. 51, co. 2, stabilisce che se il deposito riguarda una massa di file superiore al detto limite verranno inviati più messaggi; è una norma rischiosa, perché consente di gonfiare il fascicolo informatico senza responsabilizzare la parte circa la compressione e la mole delle produzioni.
Inoltre nella costruzione di un sistema di archiviazione, ove è fondamentale la classificazione e l’ordinamento dei dati, quale è destinato a diventare il fascicolo informatico, ciò significa che la documentazione di parte dovrà essere ricercata in più messaggi, arrivati presumibilmente lo stesso giorno e con, inevitabilmente, il medesimo oggetto e metadati poco significativi.
Poiché le possibilità di comunicazione sono nell’informatica assai ampie ciò comporta il serio rischio di saturare la base dati, cioè i fascicoli informatici processuali, di informazioni non classificate e dunque poco utili; in più, trattandosi di scansioni, qualsiasi motore di ricerca diventa un’arma spuntata.
Già oggi taluni fascicoli, in particolare quelli fallimentari, sono diventati delle selve nelle quali è impossibile recuperare le informazioni che interessano al processo e si ricorda la prescrizione della facile reperibilità delle informazioni di cui parla l’art. 9, co. 5 delle regole tecniche del PCT. La possibilità del deposito di messaggi plurimi aumenta il rischio del deterioramento della qualità della base dati per effetto delle tante scansioni, di eccessiva qualità, accompagnate da scarsi metadati.
Questo è il limite insito nell’ utilizzare la PEC quale tramite per alimentare i database dei registri di cancelleria, uno strumento che da un lato limita le dimensioni e dall’altro non obbliga all’inserimento di metadati; infine rende difficoltoso attribuire a ciascun documento un link permanente.
2.3 I nuovi poteri dei difensori
sugli atti del fascicolo informatico Deve essere ritenuta una contraddizione in termini quella di voler costruire uno strumento di comunicazione, come è il fascicolo informatico, vincolandone la copia al pagamento di diritti.
Il d.l. n. 90/2014 opportunamente all’art. 52, co. 2, ha modificato il testo unico sulle spese di giustizia23 abolendo i diritti di copia dei documenti tratti dai fascicoli informatici «dai soggetti abilitati ad accedervi».
Al contempo è stato aggiunto all’art. 16 bis del d.l. n. 179/2012 un co. 9-bis, il quale stabilisce che nel fascicolo informatico le copie degli originali informatici degli atti processuali equivalgono a questi originali e che la copia analogica di queste copie a sua volta equivale all’ originale e può essere certificata autentica dai difensori.
Occorre sottolineare come attualmente non venga pubblicato e reso disponibile dai sistemi del dominio giustizia il provvedimento del giudice originale firmato e nemmeno l’atto di parte, bensì una copia, come descritta dall’art. 1 lett. i-quater del CAD24 che la definisce «il documento informatico avente contenuto identico a quello del documento da cui e’ tratto su supporto informatico con diversa sequenza di valori binari». Proprio per evitare che potessero essere tratti infiniti duplicati25 del file originale veniva omessa la firma digitale del giudice sul file reso disponibile al difensore: questo taglio lo rendeva un file diverso dall’originale, una copia, appunto.
Ora questa cautela non ha più ragion d’essere, perché il diritto di copia è stato abolito,ma i sistemi consentono sempre di vedere una copia informatica e non l’originale firmato, di qui la necessità di prevedere che la copia avesse il valore dell’originale e che così pure avesse tale valore la copia analogica di questa, fatta mediante stampa dal difensore.
Anche se concettualmente complessa e con una formulazione che non aiuta la comprensione, si tratta di una norma di grande semplificazione per il processo, poiché il difensore potrà effettuare le copie da sè e provvedere alla notifica; se questa avverrà a mezzo PEC sarà anche possibile omettere la stampa e provvedere alla notifica direttamente della copia informatica.
È da notare la limitazione per cui tutto ciò è consentito soltanto al difensore che abbia diritto di accedere al fascicolo e questo diritto riguarda il difensore e non il domiciliatario, il quale esaurisce il suo ruolo nella ricezione delle notifiche di comunicazioni e nel deposito di atti cartacei. Poiché ora i biglietti di cancelleria e il deposito di atti, dopo la costituzione, avvengono per via telematica è probabile che la funzione del domiciliatario diverrà meno utile, tanto più che potrebbero sorgere problemi in ordine alla regolarità della copia se fosse il domiciliatario ad estrarre la copia e certificarla.
La prassi conosce allo stato attuale diversi problemi derivanti dalla nuova alimentazione del fascicolo informatico: mentre la scrittura su carta è accessibile a chiunque e il deposito in cancelleria avviene de visu in tempi rapidi, non così nell’informatica: nuovi tipi di vizi possono produrre il mancato accesso ai file o il mancato o anche solo ritardato deposito.
Quando si trattava di decreti ingiuntivi ed atti del giudice non c’erano problemi di contraddittorio e scadenza termini, nè tutto sommato di ammissibilità, ma l’estensione alle memorie comporta la necessità di soluzioni che avverranno soltanto per via giurisprudenziale, a fronte di un legislatore che non pare volersi dedicare alla sistemizzazione del processo telematico.
A seguito della effettiva applicabilità dell’articolo 16 bis, d.l. n. 179/2012 si è posta la questione della interrelazione con l’articolo 35 del reg. n. 44/2011 che prevedeva un decreto dirigenziale per l’attivazione della trasmissione dei documenti informatici.
Taluno ha ritenuto questa autorizzazione incompatibile col nuovo regime della cosiddetta obbligatorietà, al quale solo si dovrebbe far riferimento per stabilire l’ammissibilità o meno dell’utilizzo del documento informatico per gli atti processuali26.
La soluzione non convince, posto che da un lato vi sono norme che stabiliscono la generale utilizzabilità del documento informatico27, dall’altro non vi è stata abrogazione espressa della precedente normativa né vi è contrasto fra questa ed il d.l. n. 179/2012.
Altro problema piuttosto diffuso è quello sull’errore dei formati, quando cioè venga presentato un atto processuale proveniente da scansione. Vi sono state alcune pronunce di inammissibilità che appaiono criticabili28 perché si tratta di violazione di regolamento, più propriamente di specifica tecnica prevista dal regolamento, cui per legge non è ricondotta alcuna sanzione, per cui appare decisione più corretta quella di imporre il rispetto della norma con la ripetizione dell’atto onde tutelare la parità delle parti, nonché la qualità dei dati inseriti nel fascicolo informatico.
Maggiori questioni desta la possibilità di errore sulle informazioni XML, per le quali pure è stata ritenuta la inammissibilità29: in pratica un errore nell’indicazione del numero del fascicolo nel file DatiAtto.xml cagiona che il deposito, pur avvenuto e comprovato da ricevuta PEC di avvenuta consegna, non possa avere seguito per questo errore, perché l’atto va nel fascicolo informatico errato, nel quale il difensore non è autorizzato al deposito. Si evidenzia qui la differenza con il deposito cartaceo, nel quale la consegna di persona e la modificabilità dell’atto con un semplice tratto di penna, consente di ovviare ad errori che nel telematico sono assai più gravi, specie se questi errori vengono rilevati dopo la scadenza dei termini. Di qui l’importanza che le cancellerie trattino immediatamente i file loro pervenuti, in assenza di un sistema che consenta l’immediato riscontro della correttezza della atto depositato30.
Occorre sottolineare la esigenza che le modalità telematiche di alimentazione del fascicolo informatico non si traducano in negazione dei diritti sostanziali, in applicazione dei principi costituzionali di difesa e di giusto processo; la Corte costituzionale ha da tempo stigmatizzato norme processuali che impongano all’esercizio dei diritti ostacoli non giustificati da preminente interesse pubblico31, o «irragionevoli sanzioni di inammissibilità in danno del soggetto che si intende tutelare»32.
Occorre qui considerare che la novità della tecnologia, la sua realizzazione ancora carente e una normativa tutt’altro che chiara costituiscono già di per sé difficoltà all’agire in giudizio a mezzo del processo telematico, oggi obbligatorio, e che si generano errori che proprio la scarsa conoscenza del linguaggio informatico impedisce anche di apprezzare e comprendere appieno.
Alla luce di ciò l’interprete deve, specie in questi tempi in cui il fascicolo informatico è ancora tutt’altro che perfetto, usare molta prudenza nelle pronunce di nullità, o inammissibilità o addirittura inesistenza33, per non dimenticare che, qualsiasi sia il tramite utilizzato, il fine è quello di protezione ed attuazione dei diritti dei cittadini34.
Va anche evidenziato come l’articolo 121 c.p.c. preveda in materia di forme degli atti processuali una riserva di legge, per cui suscita perplessità una sanzione ricondotta alla violazione di una disposizione che di legge non è, bensì di un provvedimento dirigenziale e che difficilmente può ritenersi costituire un regolamento.
Si avverte nel caso di specie la mancanza di una legislazione chiara: la presenza di eccezioni a seconda dell’atto processuale e finanche dell’ufficio sottolinea il valore, invece, della riserva di legge dell’articolo 121 c.p.c., che prescrive una normativa generale sulle forme.
In realtà il formato, il supporto informatico o meno del documento, le informazioni xml, non costituiscono direttamente forma dell’atto,ma occorre estendere questo concetto di “forma”; al momento della codificazione non poteva prevedersi il documento informatico e queste nuove caratteristiche dei documenti processuali.
La tutela della previsione di legge di cui all’art. 121 c.p.c. appare tuttavia idonea a tutelare i principi affermati dalla Corte costituzionale per cui nell’esercizio dei diritti in sede processuale non possono prevedersi modi che lo rendano eccessivamente tortuoso e in definitiva frustrino le aspettative di giustizia dei cittadini per motivi formali.
3.1 Prospettiva comparatistica
Nelle Corti americane35 il fascicolo informatico è gestito direttamente dalle parti, le quali ricorrono a sistemi di “filing” consistenti nel caricare i documenti e gli atti su server che li rendono disponibili alla Corte, per la decisione, e alla controparte, per la difesa.
È da notare che per quanto riguarda la produzione alla Corte viene spesso prevista una “courtesy copy” cartacea, per agevolare la lettura, creando così quel doppio fascicolo che allo stato appare irrinunciabile.
Si tratta in pratica di un servizio “cloud” che si presta a diventare luogo di condivisione agli effetti processuali. Si tratta dunque della funzione cui adempie oggi il fascicolo informatico tenuto nei server ministeriali, con la differenza che i costi e i rischi di archiviazione e mantenimento non sono a carico dello Stato,ma del difensore che li genera, il che potrebbe contribuire a limitare iperfetazioni probatorie.
È poi evidente la maggiore semplicità ed economicità di questi sistemi rispetto al nostro, che tuttavia offre maggiori garanzie, frustrate a volte da una eccessiva complicazione e dai limiti insiti nell’utilizzo, per la alimentazione del fascicolo processuale, della posta elettronica certificata, con i suoi problemi di privacy, di dimensioni del messaggio e di limitazione della interoperabilità internazionale, perché è uno standard esclusivamente italiano.
1 Si rinvia a Consolandi, E., Processo telematico, in Libro dell’anno del Diritto Treccani, Roma, 2012 ove la questione è affrontata.
2 Lo stesso Bill Gates in una intervista del 1999 per Economist, dal titolo “Beyond Gutenberg”, affermava che:«Reading on paper is so much a part of our lives that it is hard to imagine anything could ever replace inky marks on shredded trees».
3 Non hanno pertanto senso per il fascicolo informatico le norme circa il ritiro del fascicolo di parte e la sua produzione per la decisione, né quelle sulla produzione di copie per il collegio o per la controparte, sostituite dalla accessibilità ai documenti, come oggi riconosciuto dalla forse pleonastica modifica dell’articolo 111 disp. att. c.p.c. introdotta dall’articolo 45, d.l. 24.6.2014, n. 90, conv. dalla l. 11.8.2014, n. 114.
4 Le specifiche tecniche del processo telematico di cui al provvedimento dirigenziale 16.4.2014 peraltro sembrano all’art. 11 imporre la copia integrale delle produzioni cartacee: «Il fascicolo informatico raccoglie i documenti (atti, allegati, ricevute di posta elettronica certificata) da chiunque formati, nonché le copie informatiche dei documenti; raccoglie altresì le copie informatiche dei medesimi atti quando siano stati depositati su supporto cartaceo». La circolare 27.6.2014 del Ministero della Giustizia al link www.giustizia.it esplicitamente affronta anche il tema della sopravvivenza del fascicolo cartaceo a fianco di quello telematico.
5 «4. Il fascicolo informatico reca l’indicazione:a) dell’ufficio titolare del procedimento, che cura la costituzione e la gestione del fascicolo medesimo; b) dell’oggetto del procedimento; c) dell’elenco dei documenti contenuti. 5. Il fascicolo informatico è formato in modo da garantire la facile reperibilità ed il collegamento degli atti ivi contenuti in relazione alla data di deposito, al loro contenuto, ed alle finalità dei singoli documenti».
6 Non è tale la stringa di hash con la quale i documenti oggi vengono indicati nel fascicolo di appello.
7 Allo stato attuale tuttavia il link è utilizzabile soltanto se il documento viene prodotto con lo stesso messaggio con cui vengono prodotti i documenti. Il link può essere privo di elementi attivi ed è dunque, in tale versione, ammissibile anche ai sensi delle specifiche tecniche dell’art. 12.
8 Artt. 36, 74 e 87 disp. att. c.p.c., ove si prescrive che ogni singolo atto e ogni singola produzione abbia un indice e, ovviamente, sia contenuta in separato documento. Da notarsi che l’elenco delle produzioni deve essere comunicato alle controparti e dunque deve ritenersi formare parte necessaria del contraddittorio.
9 Poi approvate con provvedimento 18.7.2011 pubblicato sulla G.U., 29.7.2011, n. 175, successivamente sostituito dal provvedimento 16.4.2014 pubblicato sulla G.U., 30.4.2014, n. 99.
10 Cfr. art. 11 d.m. n. 44/2011, che stabilisce anche che queste strutture XML contengano le informazioni della nota di iscrizione a ruolo, la quale diventa perciò superflua.
11 Introdotta successivamente dalla l. 24.12.2012, n. 228, di stabilità per il 2013, all’art. 1 co. 19.
12 Per le corti d’appello una disposizione analoga è destinata ad operare dal 30.6.2015, per i Giudici di pace non esiste ancora il processo telematico.
13 Ovvero nelle procedure concorsuali dai commissari giudiziali, i liquidatori, commissari liquidatori o commissari straordinari.
14 Si veda all’indirizzo www.ec.europa.eu.
15 É stato fatto parecchio sotto il profilo organizzativo come da informazioni riportate all’indirizzo www.pst.giustizia.it; sotto il profilo normativo sono mutate le specifiche tecniche nell’aprile 2014 e nell’aprile 2013 sono mutate le regole tecniche di cui al d.m. n. 44/2011 per quanto riguarda le notifiche telematiche. Sono stati migliorati gli applicativi, che, nonostante gli sforzi compiuti, appaiono ancora deficitari quanto all’intervento del p.m. che non ha modo di consultare il fascicolo informatico, con compressione del principio di parità delle parti, né di depositarvi atti, la trasmissione del fascicolo informatico dal primo grado al secondo ed ancor più in Cassazione ed alcuni passaggi appaiono ancora poco efficienti.
16 Convertito con la l. 11.8.2014, n. 114.
17 Che recita «L’attivazione della trasmissione dei documenti informatici è preceduta da un decreto dirigenziale che accerta l’installazione e l’idoneità delle attrezzature informatiche, unitamente alla funzionalità dei servizi di comunicazione dei documenti informatici nel singolo ufficio.». La sopravvenuta superfluità di questo provvedimento alla luce di questa disposizione, pone problemi circa la sua necessità per il deposito di atti non contemplati dall’art. 44 del d.l. n. 90/2014.
18 Co. 9-ter, art. 16 bis, d.l. n. 179/2012, introdotto dall’art. 44, d.l. n. 90/2014, in sede di conversione con l. n. 114/2014.
19 Open document è impostato sul linguaggio xml; il primo ad adottarlo è stato il Massachusetts nel 2005, generando non poche polemiche: a seguito di ciò MS word è stato modificato per poter trattare questo formato.
20 Nel 2003 è stato condotto per la CE uno studio valutativo sui formati aperti adottabili per i documenti, che individuò come utili il formato open XML di Microsoft e il formato Open document.
21 Introdotto dal recente d.l. n. 90/2014, all’art. 46: la norma prevede oggi che «In tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis», vale a dire producendo una stampa che, come ricordato, fa perdere la garanzia di autenticità costituita dalla firma.
22 Art. 14, co. 3 provvedimento 16.4.2014 in G.U., 30.4.2014, n. 99.
23 D.P.R. 30.5.2002, n. 115, agli artt. 40, 268 e 269.
24 Codice Amministrazione Digitale, d.lgs. 7.3.2005, n. 82.
25 Questa la definizione del CAD di duplicato informatico «il documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario».
26 Cfr. Trib. Foggia, 10.4.2014, in www.lanuovaproceduracivile.com.
27 L’art. 2 del d.P.R n. 123/2001 recita «1. È ammessa la formazione, la comunicazione e la notificazione di atti del processo civile mediante documenti informatici nei modi previsti dal presente regolamento. 2. L’attività di trasmissione, comunicazione o notificazione, dei documenti informatici è effettuata per via telematica attraverso il sistema informatico civile» Il CAD, d.P.R. n. 82/2005, a sua volta prevede all’art. 20 che «Il documento informatico da chiunque formato, la memorizzazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici conformi alle regole tecniche di cui all’art. 71 sono validi e rilevanti agli effetti di legge, ai sensi delle disposizioni del presente codice». In effetti altra decisione, del Trib. Perugia, 10.1.2014, rinvenibile a www.lanuovaproceduracivile.com opportunamente segue la prassi di rimettere in termine in caso di presentazione di un atto telematico in carenza del provvedimento di cui all’articolo 35, d.m. n. 44/2011 da parte di soggetto non ancora costituito.
28 Per una critica puntuale dell’abuso dell’istituto dell’inammissibilità si veda Balena, G., Istituzioni di diritto processuale civile, Bari, 2014, II, 345.
29 Trib. Torino, ord. 26.8.2014, inedita, che così motiva:«Rilevato che dai documenti allegati dalla ricorrente a corredo di tale istanza si ricava solo che il deposito telematico della memoria istruttoria di cui al n. 2 del sesto comma dell’art. 183 cpc. è stato rifiutato a causa di una anomalia non risolvibile, di guisa che non vi sono elementi per ritenere che tale rifiuto, e con esso la conseguente decadenza, siano riconducibili a cause estranee alla ricorrente (che peraltro ha dichiarato che il rifiuto sarebbe da addebitare ad un errore nella indicazione del numero di ruolo generale della causa, dunque imputabile alla ricorrente medesima).Ritenuto, pertanto, che non sembrano esservi i presupposti per autorizzare l’invocata rimessione in termini»
30 La circolare 27.6.2014 del Ministero della Giustizia sul PCT al punto 5 rileva «l’esigenza, assolutamente prioritaria, di garantire la tempestiva accettazione degli atti e documenti depositati dalle parti. L’urgenza di provvedere a tale incombente è massima, poiché solo con l’accettazione del deposito da parte del cancelliere l’atto entra nel fascicolo processuale» e prescrive che l’accettazione avvenga il giorno successivo al deposito, ma il punto è se sia la parte a dover sopportare eventuali conseguenze di tempi non conformi a questa prescrizione e quali siano i rimedi a ciò. La stessa circolare stigmatizza che la cancelleria provveda al rifiuto degli atti, dovendosi la decisione sulla validità rimettere al giudice; nel caso considerato per altro il rifiuto era opera del sistema, senza intervento del cancelliere, per le errate informazioni xml. In una prospettiva evolutiva appare opportuno liberare il giudice dall’esame delle caratteristiche dei file, affidandole ad un cancelliere con competenze maggiori delle attuali in informatica, coadiuvato da efficienti e potenziati sistemi di controllo automatico, perché appartiene da sempre al ruolo del cancelliere la gestione dei fascicoli processuali.
31 Cfr. sent. C. cost., 3.7.1963, n. 113, e C. cost., 9.7.1974, n. 214 che afferma «Questa Corte ha più volte ribadito che il precetto costituzionale di cui al primo comma dell’art. 24 risulta violato solo quando sia imposto un onere tale o vengano prescelte modalità tali da rendere impossibile o estremamente difficile l’esercizio del diritto di difesa da parte di uno qualunque degli interessati». E, in tempi più recenti, la sent. C. cost., 6.12.2002, n. 520.
32 Così sentenza C. cost., 13.6.2000, n. 189.
33 Per una bella disamina critica delle pronunce di invalidità in fattispecie attinenti il telematico si rinvia aMarinai, G., Prime pronunce sulla validità degli atti in formato pdf-immagine e dei depositi telematici in assenza di decreto ministeriale autorizzativo, al link www.questionegiustizia.it; ivi sono riportati quattro provvedimenti emessi nel luglio ed agosto del 2014 che per vario titolo hanno dichiarato inammissibiltà o nullità di atti compiuti per via telematica.
34 Sul punto in particolare dei mezzi di deposito di atti e documenti nel fascicolo processuale si veda anche la apertura a modi anche non direttamente contemplati dalla legge, purchè efficaci, contenuta in Cass., S.U., 4.3.2009, n. 5169.
35 Si veda Code of civil procedure di California, section 1010-1020 in www.leginfo.ca.gov e in particolare le California Rules of Court 2014 circa l’”Electronic service” in www.courts.ca.gov.