Il grande revival del ‘Capitano’ Salgari
Cento anni fa moriva Emilio Salgari, uno degli scrittori italiani più affascinanti e singolari. Sempre più rivalutato dalla critica moderna – sono lontani i tempi delle stroncature di Benedetto Croce, il quale si lamentava del suo «scriver sciatto» – oggi Salgari è noto in tutte le parti del mondo. In America Latina, in particolare, è un’autentica leggenda.
Apprezzato da scrittori e poeti quali Jorge Luis Borges, il premio Nobel Octavio Paz, Osvaldo Soriano, Isabel Allende e Luis Sepúlveda, il suo più grande ammiratore, Paco Ignacio Taibo II (fondatore del Partito salgariano internazionale), ha voluto onorare il suo mito addirittura con un romanzo: Ritornano le Tigri della Malesia, una sorta di ‘Vent’anni dopo’ in chiave rigorosamente salgariana. Pertanto, Salgari è sempre stato molto amato dai suoi lettori e continua a rivelarsi un autore più complesso e interessante di quanto possa apparire a una lettura superficiale.
Il caso letterario
Lo scrittore veronese inizia la sua carriera in piena belle époque, quando il pubblico aveva gusti diversi e meno raffinati di quelli dei secoli passati. Le nuove esigenze dei lettori avevano fatto nascere un ‘genere’ inedito, il feuilleton. Pubblicato in appendice ai quotidiani e alle riviste, il feuilleton era incentrato prevalentemente sull’avventura e i suoi scenari privilegiati erano allestiti in terre remote e, soprattutto, nell’Oriente ancora misterioso.
Compagni inseparabili del romanzo d’avventura erano dei particolari tipi di pubblicazione popolare che anticipavano la cultura di massa.
Si trattava di monografie o di fascicoli a puntate, divorati avidamente dal lettore, che illustravano pericolose e affascinanti esplorazioni in paesi lontani, con allegati i relativi resoconti sulla flora, sulla fauna e sugli usi e costumi dei popoli che li abitavano: dei piccoli manuali o dei comodi e pacifici ‘viaggi virtuali’. Tale bisogno di svago istruttivo era condiviso da ogni tipo di classe sociale. La situazione italiana differisce da quella degli altri Stati del Vecchio Continente soltanto per le date in cui questa moda dilagante si afferma e per l’esiguità di fonti qualificate cui attingere per documentarsi. Infatti, l’Italia, paese non ancora colonialista, ha brevi e sporadici rapporti con le terre ‘esotiche’, anche se la cultura del viaggio in una certa misura esiste ed è fornita da un buon numero di economiche e agili pubblicazioni, le cui testate più note, nel periodo in cui operò Salgari, erano: Mundus, Giornale illustrato dei viaggi e delle avventure di terra e di mare e La Valigia. Lo stesso dicasi per il consumo dei romanzi d’avventura, inglesi e francesi, che erano pubblicati dalla Biblioteca dei Viaggi. È in questo contesto storico e culturale che ha origine il ‘caso letterario’ Salgari. Si ritiene che l’autore – sia per lo stile sia per le trame dei romanzi –non abbia subito influenze dagli scrittori italiani ma sia stato ispirato da quelli francesi. Il suo punto di riferimento sarebbe stato un discepolo di Jules Verne, Louis-Henri Boussenard (1847-1910).
In verità, Salgari ha uno stile inconfondibile che non ha precedenti, tanto che si può essere concordi con quanto affermava il critico Gérard Genot: «I romanzi di Salgari non sono romanzi per l’infanzia, sono romanzi dell’infanzia, d’una certa infanzia della letteratura. In un certo modo, sono letteratura allo stato puro». Divenuto un’icona del Ventennio fascista, e in seguito della sinistra rivoluzionaria (era l’autore preferito di Ernesto Che Guevara), Salgari non ha invece alcuna connotazione ideologica o politica precisa, anche se forse lo si potrebbe definire un conservatore moderato.
L’unica cosa sicura è che fu contrario al colonialismo francese (ma non a quello italiano e inglese) e antirazzista, come testimonia implicitamente tutta la sua produzione letteraria, e come è dichiarato esplicitamente in numerosi suoi articoli di politica estera apparsi tra il 1883 e il 1885 sulle pagine de La Nuova Arena, firmati con lo pseudonimo ‘Ammiragliador’. Per quel che riguarda le fonti del nostro autore, sono le più varie: Salgari leggeva di tutto. Affermava di possedere una ‘cassetta segreta’, in cui custodiva appunti e informazioni su qualunque tipo di argomento e su ogni luogo della terra, da cui estraeva all’occorrenza, come un illusionista, la sua magia, cioè gli elementi utili alla storia che in quel momento stava scrivendo. Dopo essersi meticolosamente documentato, la sua penna si precipitava ovunque si potesse annidare l’avventura: dal Polo Nord all’Antartide, dalla Siberia al deserto del Sahara, dall’Egitto al Mare dei Caraibi, dalle praterie americane alla Cina. Tuttavia, come è accettato universalmente, le sue prove letterarie migliori, insieme a quelle del ‘ciclo sui corsari’, sono ambientate tra il Borneo e l’India, e hanno per protagonista il principe pirata Sandokan, la cui figura è associata per convenzione a quella di Garibaldi. Salgari non seppe mai che la sua creatura letteraria preferita era realmente esistita. A partire da undici anni dopo la creazione della leggendaria Tigre della Malesia il governatore della zona del fiume Sugud, Datu Muhammad Salleh (detto Mat Salleh o Sallek), un giovane capo delle tribù Sama e Banjau, nato a Inanam nel Borneo del Nord tra gli altipiani del Kinabalu (luogo di nascita di Sandokan), lottò per sei anni contro le truppe colonialiste della British North Borneo Company. E il teatro delle sue imprese fu lo stesso delle gesta della Tigre: Sandakan (città della regione di Sabah, da cui deriva il nome Sandokan), Labuan, Mompracem e ogni altro luogo salgariano. Salleh morì da eroe insieme ai suoi ‘tigrotti’ alla fine di gennaio del 1900, asserragliato nel fortilizio di Kampung Toboh. La lettura «sanamente antieducativa» di Salgari era invisa ai pavidi e moralisti maestri elementari dell’Italietta savoiarda, perché i suoi libri «[…] scaldano i nervi dei ragazzi», e le sue storie, intrise di sanguinarie ma sacrosante vendette, erano oggetto di fervorini pedagogici del genere: «[…]
Questi romanzi sembrano coltivare la psicologia dell’avventura nella peggiore accezione del termine». Va da sé che il pubblico se ne infischiava di simili anatemi e continuava a inviare al suo scrittore preferito migliaia di lettere entusiaste.
In maniera estremamente vivace, il ‘Capitano’ incarnava lo spirito del tempo e con metodologia imparziale seguiva due percorsi: quello che richiedeva trame avventurose ambientate in terre sconosciute, e, così come era stabilito dall’Europa positivista, quello che esigeva un’attenta osservazione scientifica.
Per soddisfare i lettori creava un nuovo ordine, non filologico ma fantastico, a volte anche incongruo e assurdo, ma a suo modo ‘reale’. Nascevano così quei luoghi in cui chiunque poteva realizzare le avventure che gli erano negate nella vita quotidiana e quei personaggi eroici in cui bambini e adulti potevano identificarsi.
A questo riguardo, è chiarificatorio sapere quanto Salgari era solito dire: «Il segreto della popolarità per uno scrittore è narrare ciò che il lettore vorrebbe essere» e causticamente aggiungeva: «Scrivere è viaggiare senza la seccatura dei bagagli».
Il ‘Capitano’ Salgari
Emilio Carlo Giuseppe Maria Salgàri (cognome derivante dal termine veneto salgàr, salice) nasce a Verona il 21 agosto del 1862, in una famiglia della piccola borghesia che non aveva alcuna tradizione di gesta avventurose. Il giovane Emilio, invece, non vuole fare il commerciante di stoffe come il padre; è sicuro di essere un eroe ed è attirato immediatamente dai viaggi e dalle imprese ardimentose. Allora, decide di iscriversi, nel biennio 1878-79, al Regio istituto tecnico e nautico Paolo Sarpi di Venezia. Il suo sogno è di ottenere un diploma di Capitano Marittimo di Gran Cabotaggio. Il risultato è catastrofico. Ma il nostro aspirante lupo dei mari non demorde. Tra il 1881 e il 1882, non si sa se come passeggero, s’imbarca su una carretta sgangherata, l’Italia Una, una nave da carico che fa la spola tra Venezia, la Dalmazia e Brindisi.
La navigazione dura tre mesi e la traversata è funestata, nei pressi delle isole al largo della costa dalmata, da un uragano che per due giorni squassa il cargo malandato. Dopo la deludente crociera, il futuro scrittore deve aver capito di non essere tagliato per quel tipo di vita. Mette da parte i suoi propositi di solcare impavido gli oceani, ma non rinuncia al titolo di Capitano. Da quel momento sarà per tutti il Capitano Salgari. Ci crede anche Angelo De Gubernatis (1840-1913), scrittore, linguista ed eminente sanscritologo, il quale, evidentemente, lo ritiene un grande esperto, tanto da chiedergli nel 1905 una scheda biografica da inserire in un dizionario che sta preparando. Questa la risposta del ‘Capitano’, in data 2 febbraio di quell’anno: «Ill. Sig. A. De Gubernatis/La prego di scusarmi se rispondo molto, anzi troppo in ritardo al suo gentile invito, ma non sono tornato che ieri da un viaggio all’estero.
Qui Le unisco tutte le notizie che mi chiede […] Con dist./ Cap. Cav. Emilio Salgari».
Il viaggiatore immaginario
Durante un’intervista, rilasciata due anni prima della sua morte, Salgari, con inveterata convinzione, sosteneva: « […] E viaggiai, viaggiai […] Ho visto il mondo. Sempre in velieri, osservando e fumando montagne di tabacco. In un viaggio stetti sei mesi in navigazione con una sola fermata a Ceylon, perché crivellato dai rosicanti».
La schizofrenia di Salgari era dovuta non solo alla dicotomia tra la sua vera natura e la vita che doveva condurre, era anche una necessità di mestiere. Durante tutto l’Ottocento e fino ai primi decenni del Novecento nella ‘letteratura di consumo’ erano apprezzati soprattutto quegli scrittori che avevano avuto una vita avventurosa o che avevano soggiornato in terre lontane per lungo tempo.
Tipici esempi da citare sono l’inglese Thomas Mayne Reid (1818-1883), detto Captain Mayne Reid, il quale si recò in Messico, esplorò vari Stati del Nord America e visse con i pellerossa, e il francese Gustave Aimard (Olivier Gioux, 1818-1883) che a dodici anni si imbarcò come mozzo e si trasferì anche lui in America tra le tribù dell’Ovest, per poi andare a compiere ricerche etnologiche in America Latina e in Asia.
Ma molti altri narratori potrebbero essere menzionati, come, ad esempio, George Alfred Henty (1832-1902) e sir Henry Rider Haggard (1856-1925).
Se si continuassero a salire i gradini della scala della letteratura, si vedrebbe che caratteristiche simili le avevano anche scrittori di ben altro livello, quali James Fenimore Cooper (1789-1851), Jack London (1876-1916) e Rudyard Kipling (1865-1936), fino a incontrare, sulla vetta, un autore come Joseph Conrad (1857-1924), vero Capitano di Lungo Corso.
Salgari, per avere maggiore credibilità e successo, si adeguava quindi a un modello consolidato e, a ogni modo, non era il solo scrittore popolare a millantare un passato di avventure.
Il tedesco Karl Friederich May (1842-1912), ancora prima dei suoi soggiorni in Oriente e in America, amava farsi ritrarre in costumi orientali per avvalorare viaggi mai compiuti, e si ostinava a voler far credere di conoscere più di quaranta lingue, apprese in tutti gli angoli della terra. Nel 1885 Salgari è già ‘La tigre della Malesia’, ma per il settimanale satirico Can da la Scala e per tutta Verona è ‘La tigre della magnesia’ o ‘Salgarello’.
Da alcuni anni lavora a Verona come redattore presso La Nuova Arena, successivamente è assunto da L’Arena. Si professa sempre più Capitano, tanto da darsele di santa ragione con un collega del quotidiano L’Adige, Giuseppe Biasioli, che dalle pagine del suo giornale osa nutrire forti riserve in proposito. C’è un’unica soluzione per risolvere il contenzioso: il duello. La sciabola di Salgari lava l’onta al primo assalto con un «molinello di testa» alla tempia sinistra del malcapitato.
Il ‘Capitano’ è condannato a trenta lire d’ammenda e si busca sei giorni di confino nella fortezza di Peschiera. Nel 1892 sposa l’attrice Ida Peruzzi. Il marito la ribattezza Aida perché ama la lirica, soprattutto quella di ambientazione esotica. I coniugi Salgari avranno quattro figli, a cui daranno nomi orientaleggianti e inusuali: Fatima, Nadir, Romero e Omar. Per essere a contatto con gli editori, alla fine del 1893 Salgari si trasferisce a Torino.
Nel frattempo è diventato una vera celebrità ed è ormai tradotto in varie lingue, tanto che, per intercessione della regina Margherita, sua ammiratrice, nel 1897 viene nominato Cavaliere della Corona d’Italia. Nel 1904 fonda e dirige il settimanale Per Terra e per Mare, che avrà una vita breve (le pubblicazioni si interrompono nel 1906), mentre continua la sua carriera di scrittore infaticabile e prolifico; il controverso corpus salgariano, infatti, dovrebbe comprendere ben 82 o 84 romanzi, di cui tre postumi, e 212 articoli per ragazzi, racconti e novelle, in genere firmati con pseudonimi.
Il tutto in soli ventotto anni di attività. Nella vita del ‘Capitano’, dunque, non vi è traccia di imprese ardimentose, né di lunghe traversate sulle rotte dei sette mari. Solo un instancabile e faticoso lavoro di scrittura. Sfruttato da editori spilorci, osteggiato da una critica miope e bacchettona, logorato dal lavoro frenetico, insidiato dall’invadenza di imitatori e plagiari, terrorizzato dall’incombente cecità, assillato da problemi di denaro, nel 1909 tenta il suicidio trafiggendosi con una spada. Due anni dopo Aida perde la ragione; non possono permettersi una casa di salute ed è ricoverata in manicomio. Il 25 aprile 1911 Emilio Salgari si toglie la vita con un agghiacciante harakiri.
Gli illustratori
Dei romanzi
Quinto Cenni; Gaetano Colantoni; Gennaro D’Amato (che firmava Amato); Pipein Gamba (Giuseppe Garuti); Alberto Della Valle; G.B. Carpanetto; G.G. Bruno; Luigi Berlia; Arnaldo Ferraguti; Carlo Linzaghi; Antonio Bonamore; Gino De Bini; Luca Fornari; Enrico Zanetti; Aurelio Craffonara; Corrado Sarri; Rodolfo Paoletti; Enrico Canova; Carlo Chiostri; A.Tanghetti; L. Dalmonte.
Dei fumetti
Guido Moroni Celsi; Rino Albertarelli; Walter Molino; Domenico Natoli; Franco Chiletto; Bruno Leporini; Raffaele Paparella; Guido Zamperoni; Benito Franco; Giuseppe Jacovitti.
I libri più amati
Ciclo dei Pirati della Malesia o Indo Malese
I misteri della jungla nera (1895)
I Pirati della Malesia (1896)
Le Tigri di Mompracem (1900)
Le due Tigri (1904)
Il Re del Mare (1906)
Alla conquista di un impero (1907)
Sandokan alla riscossa (1907)
La riconquista del Mompracem (1908)
Il Bramino dell’Assam (1911)
La caduta di un impero (1911)
La rivincita di Yanez (1913)
I libri del centenario
Pino Boero, Walter Fochesato, Felice Pozzo, Il Corsaro Nero. Nel mondo di Emilio Salgari, 2011.
Ernesto Ferrero, Disegnare il vento. L’ultimo viaggio del capitano Salgari, 2011.
Claudio Gallo, Giuseppe Bonomi, Emilio Salgari. La macchina dei sogni, presentazione di Nino Milani, 2011.
Silvino Gonzato, La tempestosa vita di capitan Salgari, 2011.
Atti del Convegno internazionale di Verona, in via di pubblicazione.
Yanez: l’amico di Sandokan
Yanez de Gomera, l’avventuriero portoghese ‘fratellino’ bianco della Tigre della Malesia, che sembrerebbe essere un ritratto letterario e idealizzato dello scrittore, deve il suo nome a Vicente Yáñez Pinzón (1460 ca.-1516 ca.), capitano della Santa Clara, detta ‘Niña’, e compagno di Colombo nella sua prima traversata dell’Atlantico. In tutti i libri illustrati da Alberto Della Valle Yanez ha le sembianze dell’artista.
Un testimone d’eccezione
Uno dei suoi ammiratori, divenuto a sua volta scrittore d’avventura, Enrico Novelli (Yambo), descrive così la sua folgorazione sulla strada di Damasco: «[…] Apparvero nelle vetrine dei librai, fra i plumbei volumi di letteratura romantica slombata e di poesia cachettica, le aggressive copertine multicolori dei racconti di Emilio Salgari. In quelle copertine erano compendiate, […] tutte le aspirazioni e i desideri inconfessati delle anime giovanili […] un succedersi di cose tremende e magnifiche, una serie di inni all’impetuosità, alla giovinezza, alla forza, all’istinto, al desiderio di conquista, altrettante chiavi d’argento per aprire le porte degli inesplorati giardini della fantasia».
Brooke: il nemico di Sandokan
Il perfido ‘sterminatore di pirati’ James Brooke, antagonista e nemico giurato della Tigre della Malesia, fu un personaggio storico con una personalità ben diversa da quella descritta da Salgari. Nato nel 1803 a Benares (Varanasi), intraprese la carriera militare come tenente di cavalleria sotto le bandiere della Compagnia delle Indie Orientali. Nel 1838 approdò nel Borneo. Nel 1841 il sultano del Brunei lo nominò re e governatore di Sarawak. Fu un gentiluomo idealista e avventuroso, spesso dalla parte degli indigeni e in continuo contrasto con i colonialisti inglesi e olandesi.