Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’Orda d’oro è uno Stato nato dall’Impero mongolo che diviene indipendente nella seconda metà del XIII secolo. A quest’epoca l’Orda d’oro raggiunge la sua espansione massima, coprendo la Bulgaria danubiana, la Crimea, il Caucaso, i principati russi, la valle del Volga, la Siberia meridionale e le steppe dell’ovest del Kazakistan. Il cuore dello Stato si trova nella valle del Volga, che rimane la terra di predilezione della dinastia dominante dei khan fino alla conquista russa, verso il 1550.
Alla fine del XII secolo un capo mongolo, detto “Gengis Khan”, ossia “l’imperatore universale”, riesce a unire sotto una sola bandiera i clan nomadi turchi, i Mongoli delle regioni dell’Altai (Siberia meridionale) e del lago Bajkal. Lancia i suoi guerrieri alla conquista del “mondo”, ovvero la Cina del Nord, l’Asia Centrale e il nord-est della Persia. Alla sua morte, nel 1227, l’impero si estende dal Mar della Cina fino al mar Caspio. La storiografia, principalmente costituita di fonti straniere che si fanno portavoce delle lamentazioni dei popoli vinti, ha spesso messo l’accento sugli aspetti devastatori delle campagne mongole. Tuttavia questa grande rottura è all’origine di mutazioni che cambiano la carta politica dell’Asia nel XIII secolo e che aprono la via a un islam rinnovato, investito dalle nuove civiltà sbocciate sotto l’egida dei Mongoli e dei Turchi.
Fra gli Stati nati dalla conquista, il khanato dell’Orda d’oro mostra rapidamente la sua indipendenza. Situato tra il Danubio e l’Irtysh, dista circa 4000 chilometri dal cuore dell’Impero mongolo (Karakorum nella Mongolia e, in seguito, Beijing in Cina). Secondo la tradizione – la quale impone che il figlio maggiore riceva le terre più lontane del patrimonio paterno – Gengis Khan avrebbe concesso al suo primogenito, Djoci, l’appannaggio (ulus) di tutti i territori effettivamente conquistati e potenzialmente occupabili a est del fiume Irtysh: quindi l’Orda d’oro è l’ala occidentale dell’Impero mongolo. La totalità dei suoi territori è acquisita in due serie di campagne: la prima, durante l’epoca di Gengis Khan, è condotta da Djoci; la seconda, al tempo del suo successore, il Gran Khan Ogodai (1186-1241), da Batu, figlio di Djoci.
Così la formazione dell’Orda d’oro è legata a un solo lignaggio dinastico, la discendenza di Djoci. Dal regno di Batu l’Orda d’oro raggiunge la sua espansione massima, coprendo la Bulgaria danubiana, la Crimea, il Caucaso, i principati russi, la valle del Volga, la Siberia meridionale fino all’Irtysh e le steppe occidentali del Kazakistan fino al Sir-Daria. All’epoca di Batu, inoltre, il cuore dello Stato si trasferisce definitivamente dalla Khoresmia verso la valle del Volga, che diviene la terra prediletta della dinastia dominante; i restanti territori vengono ripartiti tra gli uomini della famiglia regnante. Il sovrano, chiamato khan, non è considerato come un detentore del potere assoluto, ma piuttosto come un primus inter pares. Nonostante un’autorità spezzettata e una presenza intermittente dei rappresentanti del potere in alcune regioni, l’influenza dei khan continua a pesare sulla maggior parte di questi territori fino alla seconda metà del XV secolo. La Khoresmia e il Caucaso, inoltre, due regioni molto ambite per la loro posizione commerciale strategica, sono contese dagli Stati mongoli vicini (Ilkhanidi i Chagatai), per essere definitivamente perse all’inizio del XV secolo.
I khan, che si considerano come l’avanguardia europea dell’impero, impongono rapidamente le proprie mire politiche. Intorno al 1250 scelgono l’islam, facendo dell’Orda d’oro il primo Stato musulmano dell’Impero mongolo. L’organizzazione amministrativa si basa su una cancelleria di lingua turca, riprendendo così pratiche molto antiche (specialmente uigur) e acquisendo una posizione originale di fronte a tutti gli altri poteri del mondo musulmano, che mostrano una predilezione per il persiano e l’arabo.
Lo Stato così formato conosce una longevità considerevole (quasi tre secoli: dal 1250 fino al 1550 circa), soprattutto paragonandolo alle altre organizzazioni statali dell’Impero mongolo: i sovrani Ilkhanidi di Persia scompaiono nella prima metà del XIV secolo, i Gran khan, fondatori della dinastia Yuan della Cina, sono allontanati dal trono nel 1368 e i Chagatai si sottomettono all’autorità di Tamerlano in Asia Centrale all’inizio del XV secolo.
Nonostante periodi di gravi disordini politici – in particolare nella seconda metà del XIV secolo, quando la classe dirigente è decimata dalla peste nera –, i khan dell’Orda d’oro beneficiano di una certa stabilità politica: il lignaggio principale, discendente da Batu, nipote di Gengis Khan, rimane al potere fino al 1360; un altro ramo dinastico, risalente a Tuqay Timur, figlio di Djoci, gli succede alla fine del XIV restando al potere per più di un centinaio d’anni. Questa relativa stabilità permette ai khan di condurre progetti politici ed economici di lunga durata. Essi dimostrano la stessa perseveranza negli affari esteri, nutrendo relazioni diplomatiche con i sultani mamelucchi dell’Egitto e della Siria per più di duecento anni. I khan sono particolarmente attenti allo sviluppo del commercio e dell’artigianato, così favorendo l’emergere di una cultura originale che associa l’arte e le competenze di artigiani slavi, persiani, turchi, italiani ecc. La ricchezza di questa cultura è visibile nell’alto livello di fattura dei numerosi pezzi d’oreficeria, nella lavorazione del metallo per spade, fibbie, specchi, e della ceramica, tutti reperti rinvenuti in Crimea e nella valle del Volga.
Benché nomadi, i khan incoraggiano l’insediamento dei sedentari e l’urbanizzazione della zona centrale dello Stato. In quest’ottica prendono accordi con i Genovesi e i Veneziani per la creazione di città mercantili in Crimea, e con il sultanato dell’Egitto e della Siria, cui l’Orda d’oro fornisce schiavi-guerrieri d’élite, i famosi mamelucchi. Infine, favoriscono ugualmente la libera circolazione dei mercanti, dei corrieri di posta a cavallo (yam) e degli ambasciatori, e si presentano come protettori dei letterati e degli uomini di religione.
L’Orda d’oro non è un conglomerato di tribù, né un insieme di città e di borghi, e neppure un complesso di territori sotto l’autorità di un capo. È uno Stato che si sviluppa durante tre secoli e di cui sono stati ritrovati alcuni atti ufficiali (atti giuridici e lettere diplomatiche), testimonianza del suo ruolo attivo nel mondo fino al XV secolo e della sua capacità di padroneggiare le culture turco-mongola e islamica. Tuttavia, anche se si discernono elementi di continuità nelle politiche condotte dai khan, si deve rilevare che lo Stato conosce, durante i suoi tre secoli di storia, dei cambiamenti notevoli.
L’Orda d’oro nel XIII secolo, con la sua struttura amministrativa ereditata da Bulgar (regno turco situato al nord del Volga, corrisponde geograficamente al Tatarstan) e la sua élite ancora impregnata delle tradizioni nomadi mongole, è molto diversa, infatti, dall’Orda d’oro nel XIV secolo, turchizzata e islamizzata, con un’economia prospera, sostenuta da una rete di città lungo la valle del Volga (specialmente le due città di Saray, reputate autentiche capitali) e sulle antiche vie della seta che attraversano le steppe verso il Caspio, fino al Mar Nero e ai suoi sbocchi bizantini, italiani ed egiziani – un’Orda d’oro potente, quest’ultima, indipendente dagli altri Stati mongoli, dove la corte dei khan è diventata un polo culturale per letterati, dotti e religiosi di tutto il mondo musulmano. Infine, questo Stato dominatore e fiorente è difficilmente comparabile all’Orda d’oro del passaggio tra XV e XVI secolo, quando il potere dei sovrani si restringe intorno a qualche città in Crimea e alle estremità della valle del Volga, dove le Saray sono scomparse. Le relazioni con il sultanato mamelucco non sono più attestate nelle fonti e l’attività diplomatica si limita agli scambi con gli Stati vicini (Impero ottomano, Principato di Mosca, Gran Ducato di Polonia-Lituania). Dalla metà del XV secolo l’élite militare, i letterati, i giuristi musulmani fuggono definitivamente dalla corte dei khan e i mercanti abbandonano le vie tradizionali di scambio, divenute impraticabili.
Nelle fonti slave si trovano menzioni sparse dell’esistenza di un certo “zar dell’Orda” fino al 1550, epoca durante la quale Ivan IV, detto “il Terribile”, conquista le due più importanti città del Volga: Kazan (1552) e Astrakan (1556). Allora, sapendo che la valle del Volga è stato l’ultimo territorio controllato dai khan, si può concludere che l’Orda d’oro non esiste più. La Crimea è già sotto la dominazione degli Ottomani dalla fine del XV secolo e, anche se i territori centro-asiatici rimangono nelle mani dei discendenti di Djoci, si tratta di dissidenti che rivendicano la costituzione di nuovi Stati, con i confini ridisegnati, e che traggono la loro legittimità più dall’islam che dal passato dei khan.
Presentare l’Orda d’oro come uno Stato monolitico nel tempo e nello spazio sarebbe vano dato che, nonostante una storiografia prolissa, squarci interi della sua storia restano ancora sconosciuti. Tra le cause maggiori di queste lacune ci sono la scomparsa quasi totale degli archivi dei khan e le vicissitudini che colpiscono queste regioni.
La storia dell’Orda d’oro, ricostituita dalle fonti straniere, ne porta i segni: gli ingranaggi del sistema statale non sono ancora stati pienamente chiariti e così pure i legami che strutturano una società eterogenea, cosmopolita e multi-confessionale (nomadi e sedentari, come musulmani, cristiani, ebrei, sciamanici o animistici, si frequentano). L’approssimazione della terminologia, applicata ai popoli o allo Stato, evidenzia le lacune della storiografia. Si può citare come esempio il termine “tataro”, usato per designare gli abitanti dell’Orda d’oro: la parola viene dal nome di una confederazione nomade, potente nel XII secolo, che vive vicino al lago Bajkal e nel nord della Mongolia. Dopo la conquista, la stessa parola è usata nelle fonti per designare, in modo generale, l’élite al potere nell’Impero mongolo; e non ha più dunque nessun valore etnonimico. Quanto al nome “tartaro”, caduto in disuso, sarebbe ispirato dalla sonorità della parola “tataro”, evocatrice del termine greco “tartaros” (la zona più profonda dell’inferno e, per estensione, l’inferno stesso); esso coincide perfettamente con l’immagine terribile dei guerrieri nomadi di Gengis Khan, questi demoni usciti dal nulla.
Anche l’Orda d’oro è stata chiamata in modi diversi: la Grande Orda, il khanato del Kipchak, il khanato Tatar, l’ulus di Djoci, il regno o il paese del Nord ecc. Denominazioni numerose da non considerare anodine, perché rimandano alla realtà trasmessa dai contemporanei. Nelle fonti islamiche il nome più diffuso è “il khanato del Kipchak”, in riferimento alla pianura del Kipchak che si estende dal Volga alla zona tra il Caspio e il Mar Nero, dove vivono i Kipchak (conosciuti ugualmente come Cumani o Polovce), tribù turche parzialmente cristianizzate. Queste popolazioni si alleano con i Russi contro i Mongoli, ma subiscono una sconfitta importante sulla Kalka nel maggio 1223, dopo la quale non si risolleveranno più. Contrariamente ai Russi, che pagano tributi per avere una certa indipendenza, i Kipchak non riescono a conservare nessuna autonomia e sono progressivamente integrati nell’Orda d’oro, in parte come guerrieri nelle armate del khan e in parte come schiavi venduti nei mercati della Crimea o dell’Egitto. Il successo dell’espressione “khanato del Kipchak” mostra quanto sia rilevante l’identità turca dell’Orda d’oro nello spirito dei musulmani dell’epoca. La componente mongola, anche se è innegabilmente presente al più alto livello dello Stato, rimane minoritaria, mentre la componente turca “kipchak”, prima dominata, si impone come riferimento.
Quanto al nome “Orda d’oro” (zolotaia Orda), che prevale tra gli storici attuali, sembra emergere tardivamente (dal XVI secolo) attraverso le cronache russe. Questa espressione è usata anche nei testi epici turchi e nella storiografia del Tatarstan contemporaneo. Ne esistono varianti, usate convenzionalmente per rilevare momenti importanti della cronologia: “Orda Bianca” (Ak Orda) e “Orda Blu” (Kök Orda) distinguono le ali orientale e occidentale dello Stato (seconda metà XIII sec.-prima metà XIV sec.); “Orda d’oro” designa lo Stato all’apice della sua potenza, riunito sotto l’egida del khan Toktamish (fine XIV sec.-prima metà XV sec.); “Grande Orda” corrisponde al periodo di decadenza dello Stato (seconda metà XV sec.-prima metà XVI sec.). In realtà, tutte queste denominazioni possono essere usate senza distinzione per designare la stessa entità statale. Hanno le loro radici nella parola mongola “ordu” che dà, in latino e russo, il termine “orda”. “Ordu” è la tenda del capo nomade e, per estensione, l’accampamento nomade o la corte del khan. L’aggiunta del qualificativo “d’oro”, che significa “reale” nella cultura delle steppe, riflette l’immagine della tenda sontuosa e del trono riccamente ornato del khan. Quindi l’espressione “Orda d’oro” designa il luogo “in movimento” dove si trova il centro del potere nomade.
Il khan, sempre in movimento, incarna il cuore dello Stato. La sua corte è dipinta dai viaggiatori come una gran città mobile e i siti urbani come i riflessi dell’accampamento reale (da cui viene il nome di Saray, che significa in persiano “palazzo-accampamento reale”). Negli atti ufficiali i khan chiamano il loro regno il Grande Ulus, il Trono e, più spesso, l’Orda o la Grande Orda. Inoltre, si può affermare che l’Orda d’oro, definita “khanato” nelle fonti straniere, è ugualmente un “sultanato”. Difatti, come ogni sovrano del mondo musulmano, il khan si proclama “sultano”.