di Andrea Beccaro
Il Kurdistan iracheno rappresenta una delle zone più problematiche di tutta l’area, poiché il popolo curdo si è trovato sparso nei vari paesi limitrofi a seguito della divisione del Medio Oriente operata da Francia e Gran Bretagna al termine della Prima guerra mondiale. Dunque la questione curda ha un forte carattere internazionale e ha sempre rappresentato un problema vivo per l’Iraq. Dagli anni Sessanta in poi si contano diverse rivolte tanto che Saddam Hussein negli anni Ottanta aveva iniziato una dura e feroce repressione anche con l’impiego di armi chimiche. Queste operazioni permisero poi di condannare nel 2006 lo stesso Rais per genocidio. Il numero di vittime della suddetta repressione è molto difficile da quantificare anche perché alcune fosse comuni sono state scoperte solo dopo la caduta del regime. Al termine della guerra del 1991 nella zona a nord del 36° parallelo venne creata una no fly zone sotto mandato UN e con la sorveglianza aerea di Stati Uniti e Gran Bretagna per impedire al regime di Baghdad di intervenire nell’area. Essa così, pur rimanendo integrata nello stato iracheno, divenne una regione autonoma che nel 1992 elesse il proprio governo regionale. La guerra del 2003 sfiorò soltanto il Kurdistan iracheno il cui territorio era già sotto il controllo delle milizie irregolari locali, i Peshmerga.
Il Kurdistan iracheno è sicuramente l’area del paese che ha avuto meno ripercussioni dalla guerra civile scoppiata in Iraq tra il 2005 e il 2006 sia perché, a parte le zone più a sud, è etnicamente omogenea, sia perché non è mai mancato il controllo del territorio da parte del governo curdo e delle sue milizie. Malgrado in città importanti come Mosul e Kirkuk attentati di varia matrice e violenza avvenissero con una certa frequenza, nel resto del Kurdistan la situazione è sempre stata più calma tanto da permettere a città come Erbil e Sulaymaniyah di diventare poli di attrazione per investimenti stranieri ed essere relativamente fiorenti.
Con la fine del regime di Saddam Hussein e la difficoltosa nascita del nuovo governo iracheno, il Kurdistan ha rappresentato un problema di non facile soluzione. Da un lato la volontà della società internazionale è stata quella di non smembrare l’Iraq, ma dall’altro i curdi non avevano intenzione di perdere l’indipendenza di cui avevano goduto nei 10 anni precedenti. A complicare ulteriormente la questione vi sono due problemi. Il primo riguarda le risorse petrolifere di cui il Kurdistan è ricco (circa il 20% delle risorse complessive irachene si trova nel nord del paese) e che rappresentano un motivo di frizione molto importante. Il secondo riguarda le differenze etniche che separano i curdi dagli arabi iracheni. La soluzione è stata parzialmente trovata nella Costituzione approvata nel 2005 che prevede uno stato federale concedendo un certo grado di indipendenza al Kurdistan.
In realtà non tutti gli articoli della suddetta Costituzione sono entrati in vigore. In particolare rimangono aperte due questioni centrali. La prima concerne la città di Kirkuk posta al confine meridionale del Kurdistan, abitata principalmente da curdi, ma che Saddam cercò di arabizzare, e le cui aree limitrofe sono ricche di petrolio. Baghdad vorrebbe che la città fosse assegnata ai sunniti, ma i curdi non vogliono perdere i loro giacimenti più ricchi. La seconda questione è, invece, correlata alla gestione degli introiti derivanti dall’estrazione del petrolio. Baghdad vuole gestirli direttamente, ma i curdi sono intenzionati a mantenere una forte autonomia. Questo aspetto è particolarmente controverso perché il governo locale curdo ha già stipulato contratti sia di estrazione con compagnie straniere, sia di esportazione con il governo turco (con il quale è già stato avviato un progetto per un oleodotto da 300.000 barili al giorno) che non sono stati riconosciuti da Baghdad.
Nel settembre 2013 si sono svolte le elezioni legislative in Kurdistan che hanno visto contrapporsi diverse forze politiche. Con una maggioranza relativamente solida si è imposto il Kurdistan Democratic Party (KDP) di Massaud Barzani. Queste elezioni hanno sancito la modifica dello scenario politico del Kurdistan bloccato da più di 20 anni intorno ai due partiti principali: il KDP e il Patriotic Union of Kurdistan, PUK. Infatti, al secondo posto, con il 24% circa delle preferenze, si è assestato il Movimento per il cambiamento, un partito a carattere riformatore e liberale che rappresenta un nuovo e importante soggetto politico.
Da un punto di vista internazionale la forte indipendenza del Kurdistan iracheno costituisce un fattore di tensione nell’area. I curdi siriani hanno sfruttato la guerra civile per liberare alcune aree e governarle in modo autonomo, la Turchia è da decenni impegnata in una campagna di repressione contro i movimenti indipendentisti curdi presenti sul suo territorio e ha anche condotto operazioni militari in Iraq per colpirne le basi. Un Kurdistan iracheno realmente autonomo a livello internazionale rischierebbe di scatenare pressioni nei paesi limitrofi aprendo le porte a scenari di spartizione territoriale e conflitti di potere dai risultati difficilmente prevedibili.