Il Louvre raddoppia
Un progetto di decentramento culturale in Francia, in una politica di redistribuzione dei beni culturali sul territorio. Un’idea nata con la Rivoluzione francese. Attuata ora nel Pas-de-Calais con il sostegno per le aree in via di deindustrializzazione. La sfida è iniziata: basterà un edificio a rilanciare una intera regione?
Inaugurato il 12 dicembre del 2012, il Louvre di Lens, città del Nord-Est della Francia e capoluogo del Pas-de-Calais, è l’ultimo dei grandi progetti di decentramento culturale del paese. L’iniziativa, intrapresa nel 2003 su impulso di Jean-Jacques Aillagon, ministro della Cultura del governo di destra di Jean-Pierre Raffarin, segue un modello ideato dalla Rivoluzione francese di redistribuzione dei beni culturali su tutto il territorio, perché le istituzioni museali funzionino come servizio pubblico accessibile secondo parità di condizioni. Un modello praticato con coerente continuità e che nel primo dopoguerra, a opera di André Malraux, ha portato a un’ultima riconfigurazione generale delle collezioni nazionali nel senso di un decentramento virtuoso.
Lo stesso ripreso dal ministro Aillagon e approfondito nel contesto delle politiche per il sostegno delle aree in più forte crisi economica per via della deindustrializzazione come, appunto, il Pas-de-Calais.
Tra i 124 architetti candidati, a settembre 2005 è stato scelto il progetto dello studio giapponese SANAA, di Kazuyo Sejima e Ryue Nishizawa, autori, tra gli altri, del New Museum di New York e da tempo tra i più richiesti studi di architettura museale per la loro ricerca di spazi espositivi fluidi e neutri. Il risultato è un edificio di 28.000 metri quadrati, bianco e trasparente, a un solo piano raso terra, sottilissimo e piatto con illuminazione interamente zenitale, sostenuto da esili pilastri che si sovrappongono ritmicamente ai pannelli verticali in vetro che scandiscono la facciata. Oltre alla superficie espositiva, il museo contiene una sala auditorium, 6 atelier e attorno gli architetti hanno allestito un parco di 20 ettari, il tutto per un costo di circa 150 milioni di euro e una spesa prevista di funzionamento di più o meno 15 milioni di euro l’anno. Da sottolineare che la costruzione del museo prevede anche la riqualificazione urbanistica dell’area coinvolta con la distruzione e la ricostruzione di zone urbane per una superficie di circa 1600 ettari.
Dal punto di vista delle collezioni, la scelta dei soprintendenti è in linea con gli orientamenti museologici prevalenti che minimizzano l’approccio tassonomico e filologico, valorizzando le capacità estetiche e l’immediatezza di fruizione di pezzi derivati da generi aulici – pittura, scultura, arti suntuarie – sottratti al contesto delle condizioni materiali delle società che li hanno prodotti. È così che i curatori hanno scelto 205 ‘capolavori’ globali, esposti con criterio di contiguità cronologica a illustrare, nel segno della eccellenza, il cammino parallelo delle civiltà. Nel grande spazio che è stato denominato Grande galerie in riferimento a quella del Louvre, per esempio, il Ritratto di Baldassarre Castiglione di Raffaello Sanzio viene presentato assieme a ceramiche islamiche del 16° secolo, alla SS. Trinità del pittore fiammingo Coljin de Coter, al Ritratto del banchiere Anton Fugger di Hans Maler e così via, secondo un criterio di contiguità puramente cronologica.
Tra i ‘capolavori’ esposti si contano uno degli idoli in marmo dalle Isole Cicladi, il Discobolo di Naukydes, il S. Sebastiano del Perugino, il Ritratto di Erasmo da Rotterdam di Hans Holbein il Giovane, l’Annunciazione di Rogier van der Weyden, la S. Anna, la Vergine e il bambino con l’agnellino di Leonardo da Vinci, l’Autoritratto del 1587 di Jacopo Tintoretto, la Maddalena di Georges de La Tour, il Ritratto di Diderot di Jean-Honoré Fragonard, La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix, il Ritratto di Louis-François Bertin di Jean- Auguste-Dominique Ingres. Tutte opere destinate a rimanere in situ per 5 anni, prima che un nuovo scambio con le collezioni parigine porti a una rotazione integrale dei pezzi esposti. Soltanto per le opere meno importanti, invece, e unicamente per il 20% del totale, è prevista una rotazione più breve, di un anno. Una doppia velocità che secondo gli organizzatori dovrebbe permettere di ottemperare stabilità museale e dinamica espositiva capaci di alimentare costantemente i flussi turistici.
Se tradizionale è la politica di ridistribuzione delle collezioni nazionali, fenomeno del tutto nuovo è l’apertura di sedi distaccate secondo un modello in franchising introdotto negli anni Novanta dal colosso Guggenheim, poi esauritosi per l’insostenibilità degli investimenti, e ora fatto proprio in Francia dalle istituzioni pubbliche. Il primo caso fu il Centre Pompidou di Metz, inaugurato nel 2007, e, se il Louvre di Lens è il secondo ad avere aperto, si attende ora la realizzazione e il varo di una sede distaccata ad Abu Dhabi (prevista per il 2016). Una moltiplicazione pensata per aumentare gli introiti e sostenere l’autonomia finanziaria, ma che pone interrogativi circa la perdita di ‘aura’ e di identità per istituzioni storiche come queste.
Lens come Bilbao
Ricalcare il successo del museo Guggenheim di Bilbao, aperto nel 1997 nella città industriale basca, con uno straordinario ritorno sia economico sia d’immagine. È questo il dichiarato obiettivo che ha portato il presidente della regione Nord-Pas-de-Calais, Daniel Percheron, a proporre, nel 2003, un’iniziativa che poteva sembrare folle: decentrare il Louvre in una provincia depressa e connotata da un bacino carbonifero e minerario. Il riscatto della regione è iniziato: dal 2012 l’intera zona industriale (con decine di cittadine, impianti estrattivi, strutture industriali e mezzi di comunicazione) è entrata tra i siti protetti dell’UNESCO.
Numeri del museo Louvre-Lens
costo della costruzione 150 mln
superficie del museo 28.000 mq
superficie della galleria principale 3000 mq
previsione di visitatori nel primo anno 700.000
L’esempio Guggenheim
La sede storica è, a New York, il Museo di arte moderna e contemporanea fondato dal finanziere Solomon R. Guggenheim (1861-1949), nell’edificio progettato (1943-59) da Frank L. Wright. In seguito, sempre gestite dall’omonima Fondazione si sono aggiunte altre sedi: la Peggy Guggenheim collection di Venezia, che raccoglie le opere colle- zionate dalla nipote del fondatore, Peggy (1898-1979); il Guggenheim Museum di Bilbao, realizzato dall’architetto Frank O. Gehry e inaugurato nel 1997; il Deutsche Guggenheim, a Berlino, in collaborazione con la Deutsche Bank, aperto nel 1997, con lo scopo principale di commissionare nuove opere ad artisti contemporanei. Tra i progetti non riu- sciti, quello di Las Vegas, aperto nel 2001, ma chiuso nel 2008, e quello di Guadalajara, la cui costruzione è stata annullata nel 2009. Al momento gli sforzi della Fondazione si concentrano sul progetto di costruzione di un nuovo Guggenheim Museum ad Abu Dhabi, anche questo di Gehry, la cui inaugurazione è prevista nel 2017.