Il Paleolitico in Cina
di Xiaoneng Yang
Tra le centinaia di siti paleolitici (ca. 2.000.000-10.000 anni fa) identificati in Cina, almeno 60 hanno restituito fossili di Homo erectus e forme antiche e moderne di Homo sapiens. Gli studi antropometrici effettuati hanno consentito di rilevare che molti resti presentano tratti fisici di tipo mongolide, quali volto piatto e naso largo. Sono state inoltre individuate due distinte tradizioni litiche, rispettivamente a nord e a sud dei Monti Qinling. A partire da 20.000 anni fa apparvero strumenti microlitici, utensili e ornamenti di osso, corno e conchiglia. Analisi polliniche e dei resti faunistici indicano la presenza di estese aree lacustri, di foreste e di praterie, la cui estensione variò in funzione dei mutamenti climatici; in termini generali le temperature rimasero più stabili nelle regioni meridionali che in quelle settentrionali. Resti abitativi sono stati generalmente rinvenuti in grotte, talvolta usate anche come sepolture; nonostante il dibattito sia tuttora aperto, è presumibile che già nel Paleolitico inferiore si praticassero tecniche di conservazione del fuoco e i cibi cotti facessero parte della dieta dei piccoli gruppi di cacciatori-raccoglitori.
I più antichi resti umani finora noti in Cina sono due incisivi mascellari di un maschio adulto rinvenuti (1965) nella contea di Yuanmou (Prov. di Yunnan) e datati da analisi paleomagnetiche a 1,64 (o 1,7±0,1) milioni di anni (Paleolitico inferiore) e noti come Homo erectus yuanmouensis (Uomo di Yuanmou). Nella Cina settentrionale i fossili di Homo erectus comprendono il lantianensis (Uomo di Lantian), rinvenuto (1964) a Gongwangling (contea di Lantian, Prov. di Shaanxi): si tratta di frammenti cranici di una donna forse di età superiore a 30 anni, datati a 1.000.000 o a 800.000-750.000 anni fa. Le caratteristiche morfologiche dei frammenti e la capacità cranica (ca. 780 cm3) indicano che, rispetto all'Uomo di Pechino o all'Uomo di Giava (Indonesia), l'erectus di Lantian è una forma più arcaica. Lo strumentario litico rinvenuto è lavorato in maniera grossolana e comprende pesanti punte, choppers (manufatti su ciottolo con un'estremità a scheggiatura unifacciale), raschiatoi e sferoidi; punte di forma triangolare sono state rinvenute anche a Dingcun, sito riferibile a una cultura paleolitica più tarda, ad attestare l'esistenza di una tradizione propria delle regioni settentrionali. La fauna associata a tali rinvenimenti consente di ipotizzare un ambiente di foresta e un clima caldo umido.
Tra i più importanti fossili del Paleolitico inferiore sono i resti di Homo erectus della grotta di Longgushan, a Zhoukoudian (distr. di Pechino), datati tra 700.000 e 230.000 anni fa; nel sito vennero recuperati inoltre 100.000 strumenti litici lavorati per scheggiatura e percussione. Ancora nella Cina del Nord, resti fossili di un individuo adulto di sesso maschile datati a 280.000 anni fa sono stati scavati (1984) a Jinniushan (Yingkou, Prov. di Liaoning). Mentre alcuni ricercatori, in ragione della robusta corporatura, ritengono che si tratti di un erectus, altri considerano il cranio di Jinniushan più evoluto rispetto a quello dell'Uomo di Pechino e lo hanno classificato come un'antica fase di sapiens o un tipo di transizione tra le forme tarde di erectus e le prime forme di sapiens. Altri rinvenimenti, tra cui manufatti litici, ossa carbonizzate e resti di animali, consentono di ipotizzare che l'Uomo di Jinniushan fondasse la propria sussistenza su attività di caccia in un ambiente di prateria e foresta con abbondanti risorse idriche e clima caldo umido. La tipologia e la tecnica di lavorazione degli strumenti, quali raschiatoi e punte, mostrano stringenti affinità con quelle associate all'Uomo di Pechino, a suggerire l'esistenza di una relazione tra queste due culture. La scoperta dell'Uomo di Jinniushan sembra supportare l'ipotesi per cui l'evoluzione umana non avrebbe seguito una traiettoria lineare: forme tarde di erectus e forme antiche di sapiens potrebbero aver convissuto per oltre 100.000 anni.
Nel 1954 vennero scoperti strumenti litici in 11 siti e fossili di Mammiferi in 3 località distribuite lungo un tratto di 11 km della riva orientale del fiume Fen, nei pressi di Dingcun (contea di Xiangfen, Prov. di Shanxi). Insieme a più di 2000 strumenti litici e a 28 varietà fossili di Mammiferi, vennero recuperati due incisivi e un molare, appartenenti a un individuo in giovane età; essi appaiono simili, ma più evoluti rispetto a quelli dell'Uomo di Pechino e sono stati identificati come una forma arcaica di Homo sapiens a uno stadio intermedio tra l'Uomo di Pechino e l'uomo moderno vissuto 110.000 anni fa (Paleolitico medio). I resti di Mammiferi indicano che il clima era più caldo e umido rispetto a quello attuale e che il territorio era ricoperto di praterie e foreste, mentre il fiume Fen forniva abbondanti risorse idriche. L'industria litica di Dingcun era ottenuta essenzialmente per percussione su pietra metamorfica locale (hornfels o cornubianite), su selce e pietra calcarea; i complessi sono costituiti da utensili su scheggia e su nucleo e le tipologie più comuni comprendono grandi schegge di pietra, pesanti punte e piccole e ampie accette, coltelli di pietra a doppio tagliente e sferoidi, esemplificativi della tradizione litica della Cina settentrionale.
Nel bacino di Nihewan (principalmente nella Prov. di Hebei) sono state rinvenute numerose località datate tra il Paleolitico inferiore e il Paleolitico superiore. Le scoperte realizzate dagli anni Settanta in 24 località sul lato orientale del bacino comprendono resti del Paleolitico inferiore, quali strumenti litici e fossili di Mammiferi la cui età geologica oscilla tra il Pleistocene inferiore e il Pleistocene superiore. Negli anni Settanta a Xüjiayao, sito localizzato tra il villaggio omonimo (contea di Yanggao, Prov. di Shanxi) e quello di Houjiayao (contea di Yangyuan, Prov. di Hebei), vennero recuperati circa 20 fossili di ominidi (ossa parietali e occipitali) datati a 100.000 anni fa che, unitamente ai resti dentali, rivestono un particolare interesse, in quanto presentano affinità ma anche caratteristiche distinte rispetto all'Uomo di Pechino. I fossili rinvenuti a Xüjiayao potrebbero rappresentare dunque forme di transizione da erectus a forme antiche di sapiens. A Xüjiayao sono stati inoltre rinvenuti circa 20.000 strumenti di pietra e osso, tra cui numerosi strumenti litici di piccole dimensioni e di accurata fattura, a suggerire che Xüjiayao potrebbe avere avuto un ruolo pionieristico nello sviluppo del microlitismo. Resti del Paleolitico superiore, datati tra 15.000 e 10.000 anni fa, vennero recuperati in 19 località nel settore centrale del bacino di Nihewan, che evidenze faunistiche datano al Pleistocene superiore. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta, Hutouliang (Yangyuan, Prov. di Hebei), la più importante località delle fasi finali del Paleolitico (data 14C 11.000 anni fa), ha restituito un gran numero di strumenti di pietra e di fossili animali da 9 siti. Gli strumenti, soprattutto nuclei cuneiformi, hanno fornito importanti dati per lo studio dei complessi microlitici della Cina settentrionale, mentre ricognizioni e scavi (2000-2001) condotti nel sito di Maquangou (Yangyuan, Prov. di Hebei), nel settore orientale del bacino, hanno portato alla scoperta dei più antichi resti antropici di Nihewan e dell'intera Asia Orientale, datati a 2 m.a. I rinvenimenti più significativi sono rappresentati da strumenti litici (raschiatoi, schegge e nuclei) e da fossili di Mammiferi recanti tracce di taglio e di raschiatura che documentano il consumo di carne, assieme a raschiatoi di selce associati ad alcune costole fossili.
Due crani umani, oltre 300 strumenti litici e 1000 fossili di Mammiferi da Yunxian (Prov. di Hubei), datati tra 900.000 e 800.000 anni fa, costituiscono i più importanti rinvenimenti del Paleolitico inferiore nella valle dello Yangtze. Gli studiosi concordano nel ritenere che i crani, con spesse arcate sopracciliari, fronte stretta e inclinata, ossa occipitali pienamente sviluppate e ossa parietali piatte, siano morfologicamente compatibili con forme tarde di Homo erectus. La maggior parte degli strumenti è rappresentata da percussori, raschiatoi e nuclei su ciottolo lavorati mediante percussione. La mammalofauna mostra similarità con quella del sito di Gongwangling (Lantian, Prov. di Shaanxi), evidenziando come i Monti Qinling non costituissero ancora una barriera tra lo Shaanxi, a nord, e il Hubei a sud; la scoperta dell'Uomo di Yunxian contribuisce, dunque, alla comprensione delle relazioni culturali tra le regioni a nord e a sud dei Qinling e della transizione da Homo erectus a sapiens. Nel sito in grotta di Guanyindong (Shajing, contea di Qianxi, Prov. di Guizhou), sono stati individuati (1964-73) oltre 20 varietà di fossili di Mammiferi, tipici di un ambiente caratterizzato da ricca vegetazione e abbondanti risorse idriche, e 3000 strumenti litici che, su basi stratigrafiche, possono essere divisi in una fase antica e in una recente. La maggior parte degli studiosi ritiene che Guanyindong si collochi nel Pleistocene medio e che la sua cultura appartenga al Paleolitico inferiore, compresa tra 200.000 anni fa nella fase antica e 40.000 anni fa nella fase tarda (Paleolitico superiore). La cultura di Guanyindong è caratterizzata da strumenti su rocce silicee lavorate prevalentemente per percussione; la maggior parte delle schegge è di dimensioni piccole e forme irregolari (da 3 a 5 cm).
Un'officina litica scavata nel 1992 a Jigongshan (Jingzhou, Prov. di Hubei) ha consentito di rilevare che le attività umane avvenivano all'aperto, attestando inoltre la transizione da pesanti strumenti di grandi dimensioni a piccoli strumenti su scheggia nelle fasi iniziali del Pleistocene superiore. La tecnologia Guanyindong e Jigongshan esemplifica le antiche culture paleolitiche della Cina meridionale, coeve alle tradizioni della Cina settentrionale rappresentate dalla cultura dell'Uomo di Pechino. Ancora nella Cina del Sud, frammenti fossili della calotta cranica di un individuo di sesso maschile, datati al Paleolitico medio, furono rinvenuti (1958) in una cavità carsica a Maba (contea di Qujiang, Prov. di Guangdong); essi mostrano da una parte caratteristiche di erectus, dall'altra la parete cranica più sottile e l'osso frontale più alto, evidenza di una maggiore capacità cerebrale, sono caratteristiche morfologiche associate a Homo sapiens. L'Uomo di Maba, presentando tratti più evoluti rispetto al tipo erectus, rappresenta una forma antica di sapiens, o di transizione da erectus a sapiens. Nella grotta sono state inoltre rinvenute 27 varietà di fossili di Mammiferi appartenenti a fauna Stegodon-Ailuropoda della Cina meridionale, risalente alle fasi tarde del Pleistocene medio o alle fasi iniziali del Pleistocene superiore; si tratta di specie tipiche di ambienti lacustri con foreste e praterie lussureggianti e clima caldo umido caratterizzato dall'alternanza di quattro stagioni nettamente definite. Analisi dell'uranio eseguite sui fossili di Mammiferi datano il sito a 129.000 anni fa.
Nel 1958, un piccolo sito in grotta a Tongtianyan (contea di Liujiang, Regione Autonoma di Guangxi Zhuang) ha restituito due frammenti di un femore e un cranio femminile, oltre a costole e ossa di vertebre probabilmente appartenenti a un uomo di età superiore a 40 anni. I tratti del cranio e dei denti mostrano affinità morfologiche sia con il tipo mongolide che con quello australoide, mentre le ossa del tronco indicano che l'individuo era di corporatura relativamente esile. I fossili di Mammiferi scoperti in associazione a quelli umani datano il sito al Pleistocene superiore, e una recente analisi dell'uranio colloca lo strato di stalattiti in cui erano presenti i fossili umani a 67.000 anni fa (Paleolitico medio-superiore). Sebbene le relazioni tra i fossili umani, i resti faunistici e lo strato di stalattiti non siano del tutto chiare e nonostante alcuni studiosi abbiano recentemente posto in discussione i tratti morfologici dei fossili, l'Uomo di Liujiang è generalmente considerato una forma tarda di sapiens, esemplificativo di questa fase dell'evoluzione umana nella Cina sud-occidentale, se non dell'intera Asia Orientale.
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di Daniela Zampetti
Le industrie microlitiche sono composte in genere da micronuclei, microlame e microlame ritoccate, ottenuti tramite la tecnica della percussione indiretta, cioè frapponendo tra il blocco di materia prima e il percussore un oggetto intermedio, in genere di forma allungata e appuntita, che permette di controllare con più precisione la sequenza operativa, oppure tramite la tecnica della pressione. In genere i microliti rappresentano parti di strumenti compositi, inseriti in manici di legno o di osso.
Fin dal Pleistocene superiore si conoscono industrie microlitiche diffuse su una vasta area del Vecchio Continente. In Europa, Asia e Nord Africa si verifica una graduale adozione di questo tipo di manufatti, sulla cui origine esistono differenti modelli di spiegazione incentrati sull'ipotesi dell'origine da un unico centro o da più centri autonomi. Secondo la morfologia e la distribuzione geografica, i microliti possono essere classificati in due gruppi principali: i microliti geometrici e le microlame. Il gruppo a microliti geometrici era diffuso in Europa, Africa settentrionale, Asia occidentale e Australia. Le industrie litiche erano costituite da lame, frazionate in alcuni casi con la cosiddetta "tecnica del microbulino", al fine di ottenere forme triangolari, trapezoidali, semilunate che venivano poi immanicate. Questo gruppo, emerso nella fase tarda del Paleolitico superiore, divenne molto frequente nel Mesolitico, riducendosi poi nel Neolitico e nei periodi più tardi. Il gruppo delle microlame, diffuso soprattutto nell'Asia del Nord-Est e nelle regioni nord-occidentali dell'America Settentrionale, era costituito da supporti allungati, comparsi durante il Paleolitico superiore e largamente diffusi durante il Mesolitico e il Neolitico. In alcune regioni questi supporti continuarono a essere usati anche dopo la comparsa dei manufatti di metallo. Sebbene i due gruppi a microliti siano più o meno coevi, essi appartengono a due differenti tradizioni tecnologiche.
Nel passato si tendeva definire i complessi con microliti come "culture microlitiche", considerate come espressione di gruppi nomadi delle steppe del Nord e delle aree desertiche e giudicate molto diverse dalle culture a economia produttiva diffuse nella valle del Huanghe. Solo nella regione di transizione tra le aree di diffusione di queste due culture si pensava che esistessero le cosiddette "culture miste". Tuttavia il recente ampliamento delle indagini ha dimostrato che la cosiddetta "cultura microlitica" ricorre in differenti contesti di varia natura. La sua area di distribuzione non era limitata alla steppa settentrionale della Cina. Complessi antichi a microliti sono stati scoperti nella valle del Huanghe e anche nell'Altopiano del Qinghai e in Tibet. La loro presenza è stata rilevata anche in aree più limitate nelle province di Sichuan, Yunnan e Guangdong. Nella valle del Huanghe manufatti microlitici sono stati rinvenuti nei contesti neolitici di Peiligang, Dadiwan, Yangshao, Majiayao, in contesti Qijia, e Longshan, nonché in siti Shang dell'età del Bronzo. Inoltre complessi a microliti sono stati trovati nella vasta area che abbraccia la Mongolia, la Siberia, la Corea, il Giappone, l'Alaska, il Canada e l'India. Sebbene la tecnologia di questi gruppi a microliti sia simile, il loro retroterra culturale e la loro cronologia sono differenti.
Il riconoscimento di complessi a microliti in Cina ebbe inizio nei primi anni del XX secolo a opera di esploratori europei, come S.A. Hedin e M. Aurel Stein che raccolsero industrie a microliti nel bacino del Tarim (Regione Autonoma dello Xinjiang Uygur) nel 1900 e nel 1907 rispettivamente, senza però riconoscerne la peculiarità. Dal 1906 al 1908 Torii Ryuzo individuò un complesso a microliti nella parte orientale della Mongolia Interna, che denominò "punte di freccia litiche di stile mongolo", attribuendolo a un gruppo neolitico a nord della città di Tieling. Dagli anni Venti il numero delle scoperte relative a complessi microlitici crebbe progressivamente. Il geologo J.G. Andersson raccolse piccole quantità di microliti a Shaguotun (Jinxi, Prov. di Liaoning) e a Zhujiazhi (Xining, Prov. di Qinghai); E. Licent rinvenne a sua volta un numero consistente di microliti in Mongolia Interna e nella Provincia di Hebei, mentre la Società di Ricerche della Manciuria raccolse ugualmente un complesso a microliti ad Hailar (Mongolia Interna). La maggior parte di tali ritrovamenti fu descritta con brevi note, ma mai analizzata. Il primo archeologo cinese che si occupò di microliti fu Liang Siyong che, nel 1930, dopo ricognizioni nella Mongolia Interna, avviò scavi ad Ang'angxi (Prov. di Heilongjiang), rinvenendo per la prima volta microliti in situ e riuscendo a chiarire la loro associazione con gli altri reperti. Dal 1927 al 1935 la Delegazione Sino-Svedese per le Ricerche Scientifiche raccolse un'ampia collezione di manufatti microlitici. Furono documentati oltre 100 siti preistorici, molti dei quali con microliti, nei territori della Mongolia Interna, di Ningxia Hui, Gansu e Xinjiang Uygur. L'invasione giapponese in Manciuria nel 1931 non arrestò le ricerche nel Nord-Est della Cina e nella Mongolia Interna, condotte da studiosi giapponesi: negli anni Quaranta Pei Wenzhong si dedicò allo studio dei microliti trovati nel Gansu e Qinghai, postulando l'esistenza di una "cultura microlitica", di cui tentò di ricostruire la cronologia.
Dalla fondazione della Repubblica Popolare Cinese lo studio dei complessi microlitici si è rafforzato e approfondito, apportando alcuni cambiamenti nell'inquadramento generale: 1) la distribuzione geografica dei microliti si è estesa all'intero territorio cinese; 2) la cronologia si è allungata, dal Paleolitico superiore al Neolitico e oltre; 3) le tecniche di manifattura microlitiche sono risultate più articolate in senso diacronico e sincronico. In sintesi, a livello regionale i complessi a microliti si configurano nel modo seguente.
Nel 1955, durante ricognizioni di salvataggio per la costruzione del lago artificiale di Sanmenxia sul Huanghe, per la prima volta gli archeologi scoprirono un deposito a microliti nelle dune di Chaoyi e di Dali (Prov. di Shaanxi), in strati sovrastanti quelli del Pleistocene superiore. Non essendo associati a ceramica, tali reperti furono attribuiti al Mesolitico. Da allora i complessi a microliti sono stati etichettati come mesolitici. Agli inizi degli anni Sessanta la comparsa dei microliti nel Nord della Cina si è rivelata più antica di quanto supposto in precedenza: simili tipi di manufatti sono stati trovati in siti del Paleolitico superiore come Xiaonanhai (presso Anyang, Prov. di Henan) e Zhiyu (contea di Shuo, Prov. di Shanxi).
Xiaonanhai è un sito in grotta, con tracce di occupazione datate con la tecnica del 14C tra 24.000 e 11.000 anni B.P. L'industria litica comprende piccoli strumenti su scheggia e alcuni esemplari simili ai microliti (nuclei poliedrici e sottili lame allungate). Nel sito di Zhiyu, su un terrazzo del fiume omonimo, sono stati rinvenuti resti faunistici del Paleolitico superiore e industria litica caratterizzata da manufatti di piccole dimensioni, tra cui nuclei poliedrici e conici e lame sottili e allungate, molto simili dal punto di vista tecnico ai manufatti microlitici. È stata effettuata una datazione al 14C che ha indicato una data di 28.945 B.P. In pratica questi complessi rappresentano prototipi della tecnologia dei microliti. Più di 30 siti con microliti, che costituiscono i complessi più antichi di questo tipo, sono stati individuati e documentati in forma preliminare nelle province di Hebei, Shanxi, Shaanxi, Henan e Shandong. Questi siti sono localizzati soprattutto nell'Altopiano di Löss, nella Pianura Centrale e nell'area intorno al golfo di Bohai. Le industrie litiche hanno caratteri tecno-tipologici ricorrenti: nuclei piatti e circolari o "a scafo" e microlame, non associati a manufatti di pietra levigata e ceramica. Resti faunistici sono stati raccolti solo in pochi siti: le datazioni radiometriche sono tutte più antiche di 10.000 anni B.P., indicando che la tradizione microlitica nel Nord della Cina ebbe un lungo processo di sviluppo, bruscamente interrotto durante il Neolitico.
È una delle regioni più importanti della tradizione microlitica; a eccezione di alcune aree del Nord-Est, l'area di diffusione, che si estende dagli altopiani della Mongolia Interna allo Xinjiang Uygur, è interessata da deserti e praterie. In quest'area i complessi a microliti si possono suddividere in due grandi gruppi. Nel primo gruppo i microliti costituiscono la maggior parte dei manufatti e includono microlame e nuclei piatti e circolari; ancora più frequenti sono i nuclei "a scafo". Rari sono i reperti ceramici e i manufatti di pietra levigata. Nessun indizio di sedentarietà è stato rilevato, forse perché si tratta di contesti antichi di cacciatori-raccoglitori o di comunità pastorali nomadi.
Gli unici due siti che hanno fornito indicazioni cronologiche sono Ang'angxi (Prov. di Heilongjiang) e Songshan (Mongolia Interna). Il primo, con manufatti non proprio tipici della tradizione microlitica, è stato datato al 14C a 11.800 anni B.P.; il secondo invece conteneva un complesso assai tipico, proveniente da uno strato riferibile al Mesolitico. Il secondo gruppo è diffuso prevalentemente nella fascia meridionale della Steppa Settentrionale. Qui i microliti sono associati a una ricca varietà di tipi ceramici e a manufatti di pietra levigata riferibili a un'economia di tipo agro-pastorale. Sono attestate numerose culture con differenti aree di distribuzione e con diversi sviluppi. La tradizione microlitica è rappresentata dai nuclei circolari, rari nuclei "a scafo" e da microlame finemente ritoccate. L'uso di manufatti microlitici si prolunga fino all'età del Bronzo (cultura Xiajiadian Livello Inferiore), allorché la presenza di microliti diminuisce progressivamente, segnandone la fase di declino. Nei siti neolitici lungo la valle del Huanghe, nella parte centrale e meridionale della Mongolia Interna, i complessi a microliti sono più frequenti che nel Nord della Cina e dunque sono stati classificati come elementi caratteristici di differenti culture.
La parte meridionale a sud dello Yangtze può essere geograficamente divisa in due subregioni: il Sud-Ovest e il Sud-Est, mentre l'Altopiano del Tibet-Qinghai mantiene un legame molto stretto con la Steppa Settentrionale. Nel Sichuan, nello Yunnan e nell'area circostante, incluso l'Altopiano del Tibet-Qinghai, i più antichi complessi a microliti sono stati identificati in diverse località, spesso non associati a ceramica e a manufatti di pietra levigata, e sono stati attribuiti a seconda dei casi al Paleolitico, al Mesolitico o al Neolitico antico.
Reperti microlitici di epoca più tarda sono stati scoperti in prevalenza nel Sichuan e nello Yunnan, associati a strumenti in pietra levigata, ceramica e a insediamenti a carattere sedentario. Le datazioni al radiocarbonio assegnano questi complessi a un'età intorno al 4000 B.P., segnalando dunque una continuità di utilizzo di questi manufatti fino al Neolitico e, in alcuni casi, fino all'età del Bronzo. Per quanto riguarda invece i piccoli strumenti scheggiati rinvenuti in siti del Guangxi, Jiangxi e Hunan, si tratta di strumenti che non hanno le caratteristiche proprie della tradizione microlitica e dunque non possono essere comparati con i classici complessi a microliti. Nel Sud-Est, manufatti microlitici sono stati segnalati solo a Xiqiaoshan (Nanhai, Prov. di Guangdong). I piccoli manufatti litici messi in luce lungo la costa nelle province di Guangdong e di Fujian non hanno alcun nesso con la tradizione microlitica. Tuttavia altri complessi caratterizzati da piccoli manufatti litici, associati alla cultura Changbin di Taiwan, necessitano di un approfondimento perché hanno alcuni elementi tecnologici (nuclei a cuneo) affini a quelli della tradizione microlitica.
La genesi della tradizione microlitica è stata a lungo dibattuta, indicando di volta in volta come luoghi di origine l'Europa, la Siberia e la Mongolia; le recenti scoperte nella Cina settentrionale fanno però propendere per un'origine locale: qui nel Paleolitico superiore compaiono prototipi di microliti, alla fine del Paleolitico o in un'epoca di poco posteriore i microliti si diffondono più ampiamente. Il centro di origine nella Cina settentrionale si trova lungo il medio e basso corso del Huanghe, successivamente la tipica tradizione microlitica fece la sua comparsa in altre regioni come la Steppa Settentrionale, la Mongolia, la Siberia, la Penisola Coreana, il Giappone e l'America Settentrionale. La tradizione microlitica della Cina settentrionale si sarebbe anche diffusa nel Sud e nell'area che si estende dalla catena dell'Himalaya all'India. I complessi a microliti sono stati sempre considerati tipici del Mesolitico, ma sappiamo che la loro durata è assai più lunga. Inoltre il termine Mesolitico non è accettato da tutti gli studiosi. In ogni modo i complessi a microliti rappresentano una fase di transizione dal Paleolitico al Neolitico, che si sviluppò in Cina a partire da un substrato microlitico, come è testimoniato dai siti con ceramica antica rilevati a Yujiagou (Yangyuan, Prov. di Hebei) e a Zhuannian (Huairou, Beijing).
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di Susan G. Keates
Giacimento paleolitico ubicato nella media valle del Fiume Wei (contea di Dali, Prov. di Shaanxi).
Dopo il rinvenimento, effettuato nel 1978, di un cranio pressoché integro di Homo sapiens (capacità endocranica di 1120 cm3) associato ad altri fossili e a manufatti litici, nel 1980, 1983 e 1984 vennero realizzate ulteriori indagini che consentirono il recupero, nel sito 78006A, di fossili non appartenenti a ominidi. I materiali archeologici sono stati rinvenuti negli strati 3, 4 e 5 di una sequenza di sedimenti fluviali con 13 strati (dallo strato di base 1 a quello superiore 13) in prossimità del fondo di una gola. I fossili di ominide e la maggior parte degli altri fossili e dei manufatti sono stati rinvenuti nello strato 3, costituito da sabbia e ciottoli (strato basale di ghiaia); gli strati 4 e 5 sono costituiti da depositi di sabbia. I fossili provengono dai siti 78006A e 78009, quest'ultimo circa 200 m a nord-est del primo. La cronologia del sito, ancora non del tutto chiara, si fonda su datazioni biostratigrafiche e su datazioni assolute. Nel repertorio faunistico sembrano predominare taxa del Pleistocene medio (ad es., Megaloceros pachyosteus, Equus sanmeniensis), mentre altre specie (ad es., Equus przewalskyi) sono attribuibili forse al Pleistocene superiore. Tre delle quattro datazioni assolute (paleomagnetismo e serie dell'uranio) collocano il deposito nel Pleistocene medio: in particolare, le due datazioni ottenute con il metodo della serie dell'uranio rimontano alle fasi tarde del Pleistocene medio (0,209±0,023 e 0,230-0,180 m.a.).
La datazione più recente (0,041-0,071 m.a.), ottenuta per termoluminescenza, proviene da campioni dello strato 8 e da depositi nei pressi del sito; l'attendibilità di queste datazioni è stata messa in discussione a causa di evidenze di rideposizione fluviale, come indicano la conformazione degli strati di ciottoli e sabbia, l'associazione di pesci e molluschi, lo stato di abrasione di alcuni manufatti e fossili, la frammentarietà di questi ultimi e lo scarso numero di esemplari integri. Il considerevole spessore degli strati (tot. 7,2-9,2 m) induce a non interpretare questi ultimi come superfici di occupazione. Degli 833 manufatti rinvenuti negli strati 3-5 nel 1978 e nel 1980 e negli strati 3 e 4 durante le campagne successive (1983, 1984) la maggioranza (793) proviene dallo strato 3. La tecnica prevalente di lavorazione degli utensili, di quarzite, quarzo di vena e selce, è costituita dalla percussione diretta; una percentuale ridotta di manufatti venne realizzata con la tecnica bipolare; la maggior parte degli utensili (raschiatoi, punte, bulini e punteruoli) è su scheggia e su nucleo. Caratteristiche dei manufatti sono le loro ridotte dimensioni (lungh. media delle schegge ca. 3 cm), che hanno indotto gli studiosi cinesi a considerare lo strumentario di D. come un'industria microlitica, sebbene esse potrebbero derivare dalla materia prima utilizzata. In base alla datazione corrente di D. e ai risultati dell'indagine condotta nel 1993 da G.F. Pope e S.G. Keates, il settore indagato è stato interpretato come un sito a ominidi dal contesto disturbato, sebbene siano necessarie ulteriori indagini, tra cui studi tafonomici che forniscano maggiori informazioni sui processi di formazione del sito.
X.z. Wu - Y.z. You, A Preliminary Observation of Dali Man Site, in Vertebrata Palasiatica, 17 (1979), pp. 294-303; Iid., Dali Man and its Culture, in Kaogu Yu Wenwu, 1 (1980), pp. 2-6; SS. Zhang - CM. Zhou, A Preliminary Study of the Second Excavation of Dali Man Locality, in ActaAnthrSin, 3 (1984), pp. 19-29; XZ. Wu - ML. Wu, Early Homo sapiens in China, in RK. Wu - J.W. Olsen (edd.), Palaeoanthropology and Palaeolithic Archaeology in the People's Republic of China, London 1985, pp. 91-106; CM. Zhou - SS. Zhang, Dali Site Ancient Artefacts Archaeological Survey Investigation Summary, in Shiqian Yanjiu, 1-2 (1986), pp. 98-110; ZL. Qiu, The Middle Palaeolithic of China, in RK. Wu - XZ. Wu - SS. Zhang (edd.), Early Humankind in China, Beijing 1989, pp. 195-219; LH. Wang, Chronology in Chinese Palaeo-Anthropology, ibid., pp. 392-409; G.G. Pope, Craniofacial Evidence for the Origin of Modern Humans in China, in YearbookPhysicalAnthr, 3 (1992), pp. 243-98; S.G. Keates, The Significance of the Older Palaeolithic Occurrences in the Nihewan Basin, Northern China, in the Context of Important Early and Middle Pleistocene Chinese Localities (PhD Diss.), Oxford 1995.
di Susan G. Keates
Serie di giacimenti paleolitici ubicati nella media-bassa valle del fiume Fen (contea di Xianfeng, Prov. di Shanxi).
Il complesso è costituito da 14 siti lungo una fascia di 15 km circa sulla riva orientale del Fen, nei pressi del villaggio di Dingcun. Gli scavi vennero intrapresi nel 1954 da Pei Wenzhong, dopo che l'anno precedente lo sbancamento dei depositi sabbiosi aveva esposto fossili di Vertebrati e manufatti litici. I fossili di Homo sapiens, rappresentati da tre denti e da un osso parietale incompleto, sono stati rinvenuti (1954, 1976) nel sito 100; quattro siti (91, 92, 101, 103) hanno restituito unicamente fossili, mentre manufatti litici sono stati recuperati in 10 siti (90, 93-100, 102, tutti sottoposti a scavo tranne il sito 95), in 8 dei quali (90, 94, 96-100, 102) essi erano associati a fossili animali. I siti sono ubicati nel più basso dei tre terrazzi fluviali; il maggior numero di materiali archeologici è stato recuperato in contesti litologici similari costituiti da strati di sabbia e ghiaia di sedimenti fluviali e lacustri. Fossili di conchiglie e pesci proverrebbero in gran parte dai livelli soggiacenti al deposito antropico. I fossili di Mammiferi sono attribuibili a circa 28 specie, tra cui Coelodonta antiquitatis, Megaloceros sp. e Equus przewalskyi, risalenti generalmente al Pleistocene superiore. Datazioni assolute con il metodo della serie dell'uranio, ottenute nel sito 100, collocano tale giacimento nelle fasi tarde del Pleistocene medio (0,160-0,210 m.a.); datazioni radiocarboniche (>0,041 m.a.) e per racemizzazione degli aminoacidi (0,070-0,090 m.a.) confermano l'attribuzione al Pleistocene superiore suggerita dalle evidenze litologiche e faunistiche. Almeno due siti, tra cui il sito 103, sembrerebbero di antichità maggiore rispetto agli altri. Le evidenze di rideposizione per effetto di intensi regimi fluviali, la stratificazione dei depositi di sabbia e ghiaia, un campione faunistico in stato per lo più frammentario composto da esemplari di epoche diverse e la fluitazione relativamente limitata di alcuni manufatti litici mettono in dubbio la localizzazione in situ dei materiali rinvenuti.
La maggioranza dei manufatti proviene dai siti 98, 97, 90 e 99 e comprende nuclei a piattaforma multipla, scarti di lavorazione, utensili e schegge integre e frammentarie (la categoria dominante). Recenti analisi condotte su 1932 esemplari hanno consentito di stimare in 92,3% e 7,7% le percentuali rispettivamente degli scarti di lavorazione e degli utensili. La principale materia prima è hornfels (cornubianite), seguita da arenaria e selce. Le tecniche di lavorazione utilizzate sono la percussione diretta e, in misura minore, la tecnica su incudine e bipolare. La categoria prevalente è quella degli strumenti su scheggia, ma sono presenti anche strumenti su nucleo e su ciottolo con una predominanza di raschiatoi, seguiti da choppers e chopping-tools, punte e sferoidi; gli esemplari con ritocco secondario sono rari e di solito unifacciali. D. è stato ascritto da alcuni studiosi a una tradizione macrolitica, sebbene siano stati rinvenuti numerosi esemplari di ridotte dimensioni; i siti documenterebbero l'attività di ominidi nei pressi delle rive di fiumi e di laghi. Sono però necessari ulteriori studi che chiariscano i contesti stratigrafici e cronologici dei fossili e dei manufatti.
H.L. Movius, New Palaeolithic Sites, near Ting-ts'un in the Fen River, Shansi Province, North China, in Quaternaria, 3 (1956), pp. 13-26; W.C. Pei et al., Report on the Excavation of Palaeolithic Sites at Ting-ts'un Hsiang-fen-hsien, Shansi Province, Beijing 1958, pp. 1-111; L.G. Freeman, Paleolithic Archaeology and Paleoanthropology in China, in W.W. Howells - P. Tsuchitani (edd.), Paleoanthropology in the People's Republic of China, Washington (D.C.) 1977, pp. 79-113; J.S. Aigner, Archaeological Remains in Pleistocene China, Munchen 1981, p. 351; Y. Liu, The Reobservation of Stone Artefacts in Dingcun, in ActaAnthrSin, 7 (1988), pp. 306-13; LH. Wang, Chronology in Chinese Palaeoanthropology, in RK. Wu - XZ. Wu - SS. Zhang (edd.), Early Humankind in China, Beijing 1989, pp. 392-409; Y. Zhou, Amino Acid Dating of Peking Man and Dingcun Man, in ActaAnthrSin, 8 (1989), pp. 177-81; S.G. Keates, The Significance of the Older Palaeolithic Occurrences in the Nihewan Basin, Northern China, in the Context of Important Early and Middle Pleistocene Chinese Localities (PhD Diss.), Oxford 1995.
di Susan G. Keates
Serie di giacimenti in grotta ubicati circa 60 km a ovest di Guiyang (Prov. di Guizhou).
I siti furono scoperti nel 1981 e in quello stesso anno venne avviata una campagna di sondaggi nelle grotte 2, 3, 4, 10 e 11. Il sito che ha restituito il maggior numero di materiali è la grotta 2 dove, in quattro trincee (T1-2, T4-5), sono stati rinvenuti resti del Paleolitico e del Neolitico. Nelle trincee 2 e 5 della grotta 2, lo strato 1 ha restituito strumenti di pietra e microscarti di lavorazione, un'accetta di pietra parzialmente levigata, 38 frammenti ceramici e manufatti d'osso associati a denti e ossa di animali riferibili all'età neolitica, associati a 30 frammenti ossei carbonizzati. Lo strato 2 della trincea 2 aperta nella grotta 2 conteneva una grande quantità di nuclei, schegge e strumenti di pietra del Paleolitico, oltre a molti reperti ossei carbonizzati. I materiali archeologici rinvenuti nella trincea 4 provenivano da tre strati: quello superiore (strato 1), con segni di recenti rimaneggiamenti, ha restituito oltre un centinaio di frammenti ceramici, asce di pietra levigata, manufatti d'osso, alcuni strumenti litici e un centinaio tra ossa e denti animali. Nello strato 2 furono recuperati 300 frammenti fittili, manufatti di pietra, ossa, alcune delle quali carbonizzate, e 200 denti. Lo strato 3 conteneva frammenti vascolari, manufatti di pietra levigata, ossa, in alcuni casi combuste, e denti.
Tra le 12 specie animali figurano il panda e altre tre specie, rispettivamente una per ogni famiglia, di Cervidi, Bovidi e Suidi. Due datazioni al 14C ottenute da carboni prelevati immediatamente al di sopra e al di sotto dello strato 2 nella trincea 4 hanno fornito un'età rispettivamente di 4120±90 e 8340±135 anni fa. Dallo strato paleolitico sono state ottenute altre due datazioni al 14C: 12.920±350 e 13.340±500 anni fa. Lo strumentario paleolitico recuperato nella grotta 2 comprende 532 strumenti (206 nuclei, 200 schegge, 126 strumenti); gli strumenti su scheggia (88,1%) sono più comuni degli strumenti su nucleo (11,9%) e presentano forme non standardizzate, con gli esemplari di dimensioni inferiori ai 3 cm considerati microliti. Il maggior numero di strumenti (57) su scheggia, tra cui 38 microliti, fu recuperato nella trincea 2 e suddiviso in cinque classi: raschiatoi (il 66,7% degli 84 strumenti descritti), punte (17,1%), choppers, manufatti discoidali e accettine (ciascuna con una frequenza dell'1,8%); gli strumenti su nucleo sono stati ritrovati nella trincea 2 e nelle trincee 5 e 1: si tratta di 7 raschiatoi, 3 dei quali microlitici, 5 punte e 3 choppers. Lo strumentario neolitico è rappresentato da 11 asce, 7 accette e 1 punta di freccia di pietra levigata, 2 fusaiole e 5 frammenti fittili, oltre a schegge litiche e a una spatola d'osso. Nelle grotte 2, 3, 4, 10 e 11 vennero inoltre messi in luce quasi 2000 frammenti vascolari. Tra i 1370 resti di ossa e denti, 77 di questi sono stati classificati come strumenti. Il ritrovamento nella grotta 2 di 110 ossa carbonizzate di Mammiferi suggerisce l'ipotesi che essa fosse utilizzata per la cottura delle carni di questi animali.
YY. Li - Y. Wan, Preliminary Research of the Relics from the Test Excavation at the Feihushan Caves, in Forty Years of Fieldwork in Guizhou (1953-1993), Guizhou 1993, pp. 1-16; S.G. Keates, Analysing Modern Human Origins in China, in G.A. Clark - C. Willermet (edd.), Conceptual Issues in Modern Human Origins Research, New York 1997, pp. 294-303.
di Susan G. Keates
Giacimento paleolitico tra i più importanti della Cina, ubicato sulla riva del fiume Dadu, in un bacino montuoso nei pressi della città di Fulingchen (contea di Hanyuan, Prov. di Sichuan).
Il sito fu scoperto nel 1960 e scavato nel 1961 e nel 1972. I materiali archeologici provengono dal secondo terrazzo di un paleoalveo situato circa 20-25 m sul letto del Dadu. La prima campagna di scavo consentì il rinvenimento di un campione ridotto di manufatti litici associati a reperti fossili, carboni e ossa combuste in uno strato (3) costituito da argilla limosa. La fauna include malacofauna (Lancerolaria sp.) e alcuni denti di Ursus cf. angustidens. La collezione di 126 manufatti litici è dominata da schegge di scarto (109), 3 nuclei e 14 strumenti di piccole dimensioni, ricavati da selce mediante percussione diretta. I nuclei "a ventaglio", prismatici e a più piani di percussione, presentano forme relativamente regolari; gli strumenti comprendono sette tipi di raschiatoi su scheggia. Il più esteso scavo del 1972 ha consentito di recuperare dallo strato 4 manufatti litici insieme a fossili animali, resti vegetali fossili e tracce di fuoco. L'esiguo campione di fossili comprende una specie di mollusco e tre di Mammiferi (Sus, Cervus, Muntiacus). Le analisi del contesto geologico e biostratigrafico datano F. a una fase finale del Pleistocene superiore. Nel 1972 sono stati rinvenuti più di 5000 manufatti litici: 135 nuclei, 7 percussori, 2482 materiali di scarto, 1726 schegge inutilizzate, 117 schegge utilizzate e 119 strumenti ritoccati. Gli strumenti erano di solito ottenuti per percussione diretta; pochi i manufatti bipolari. Selce nera e selce erano le principali materie prime utilizzate (98%); tra gli altri materiali figurano quarzo, cristallo di rocca, arenaria quarzifera, granito, hornfels (cornubianite), andesite e pietra silicea. La maggior parte dei nuclei è a piattaforma singola (80,7%); i nuclei a piattaforma multipla (12,6%) sono più frequenti di quelli a piattaforma doppia (6,7%). Tra gli strumenti, la categoria più numerosa è costituita dai raschiatoi (68,9%); compaiono anche punte (14,3%), grattatoi (10,1%), bulini (5,9%) e un chopper. Il complesso litico di F. condivide con molti altri siti paleolitici cinesi numerosi manufatti modificati a ritocco secondario in punte a becco. Le evidenze rinvenute confermano l'ipotesi secondo cui F. rappresenterebbe un'officina litica; l'importanza del sito risiede inoltre nel fatto che esso ha restituito un ricco repertorio litico con strumenti di dimensioni ridotte rinvenuti solo raramente nella Cina meridionale e sud-occidentale, essendo generalmente confinati alle province settentrionali.
L. Yang, Discovery of the Palaeoliths from Fulingchen, Hanyuan, Szechuan, in Vertebrata Palasiatica, 2 (1961), pp. 353-59; SS. Zhang, On Fulin Culture, ibid., 15 (1977), pp. 14-27; J.S. Aigner, Archaeological Remains in Pleistocene China, München 1981; L.P. Jia - WW. Huang, The Late Palaeolithic of China, in RK. Wu - J.W. Olsen (edd.), Palaeoanthropology and Palaeolithic Archaeology in the People's Republic of China, London 1985, pp. 211-23; S.G. Keates, Archaeological Evidence of Hominid Behaviour in Pleistocene China and Southeast Asia, in J.L. Franzen (ed.), 100 Years of Pithecanthropus. The Homo erectus Problem, in CourFInstSenckenberg, 171 (1994), pp. 141-50.
di Susan G. Keates
Sito identificato nel 1964 in una grande grotta carsica della contea di Qianxi (Prov. di Guizhou), in cui furono condotte le prime ricerche sul Paleolitico della Cina meridionale.
Gli scavi effettuati nel 1965, 1972 e 1973 portarono al rinvenimento di manufatti litici associati a fossili di Mammiferi. Durante il primo scavo furono rinvenuti nel settore 1, in depositi di sabbie e ghiaie vicino all'imboccatura della grotta e a una profondità di 2 m, numerosi fossili e più di 100 strumenti. Reperti analoghi furono riportati alla luce anche in altri settori della grotta. Nel deposito vennero distinti un orizzonte culturale superiore formato da uno strato (2) di argilla rossa e un orizzonte inferiore comprendente strati (3-7) di breccia fossilifera. Una piccola quantità di manufatti proveniva dalla superficie dello strato 8. La fauna dello strato superiore (gruppo A) comprende quattro specie (Rhinoceros sinensis Owen e Stegodon sp.), mentre negli strati inferiori (gruppo B) si rinvennero 22 taxa (fra cui Ailuropoda melanoleuca fovealis, Stegodon guizhouensis, Ursus thibetanus kokeni, Megatapirus augustus, Sus scrofa, Bubalus sp., Bibos sp.) databili approssimativamente alle fasi finali del Pleistocene medio. Più recentemente sono state ottenute datazioni per serie dell'uranio che collocano lo strato 2 nelle fasi medie del Pleistocene superiore (0,057±0,0003 m.a.) e gli strati 3-7 nelle fasi iniziali del Pleistocene superiore (0,076-0,119 m.a.). Il repertorio litico comprende 3000 esemplari costituiti da strumenti (65,9%), schegge (20,9%) e nuclei (13,2%). La tecnologia litica è caratterizzata da lavorazione a percussione diretta, da nuclei a uno o più piani di percussione e in genere da piccole schegge inutilizzate e da strumenti su scheggia. Il calcare siliceo è il materiale maggiormente utilizzato (65%), ma compaiono anche quarzo, selce e arenaria che proverrebbero da affioramenti situati in un raggio di 2 km dalla grotta. Gli strumenti, soprattutto su scheggia, includono raschiatoi, che rappresentano la categoria dominante (80%), punte, bulini e choppers. La modificazione tramite ritocco multidirezionale e i bordi sinuosi e smussati costituiscono elementi peculiari della litotecnica di G. Lo strumentario di G. conferma l'ipotesi secondo cui i manufatti su scheggia e non gli strumenti su nucleo sarebbero tipici delle industrie paleolitiche della Cina.
SS. Zhang, The Early Palaeolithic of China, in RK. Wu - J.W. Olsen (edd.), Palaeoanthropology and Palaeolithic Archaeology in the People's Republic of China, London 1985, pp. 147-86; Guanyindong - Guizhou Qianxi Jiushiqi Shidai chuqi Wenhua Yizhi [Guanyindong - un sito del Paleolitico inferiore presso Qianxi nel Guizhou], Beijing 1986; YX. Li, The Early Palaeolithic of South China, in R.K. Wu - XZ. Wu - SS. Zhang (edd.), Early Humankind in China, Beijing 1989, pp. 159-94.
di Susan G. Keates
Complesso di siti mesolitici datati al 9000-8000 a.C., nei pressi della città omonima (Mongolia Interna), alcuni dei quali, ai piedi della collina Songshan, furono indagati per la prima volta nel 1928.
Nuove ricerche effettuate nel 1962 portarono all'identificazione di 16 siti su dune di sabbia, in 15 dei quali vennero recuperati manufatti litici per un totale di 675 esemplari; la maggior parte di essi (37,9%) proveniva dal Locus 1. I manufatti rinvenuti erano costituiti da microliti (nuclei e lame) e utensili su scheggia e su nucleo ottenuti da selce, roccia vulcanica e diaspro; tra i 23 micronuclei si rilevarono cinque categorie: nuclei cuneiformi (34,8%), carenati (22%), cilindrici, conici tondeggianti (13%) e uno conico piano. Analisi più recenti hanno però distinto solo due categorie: quelli cuneiformi (larghi e stretti) e quelli conici, che rappresentano i più importanti nuclei delle industrie microlitiche della Cina. Tali utensili sono simili, sebbene tecnicamente più complessi, a quelli dei più antichi siti di Xiachuan nella Provincia di Shanxi. Le 248 microlame sono state suddivise in lame lunghe e strette (77,8%), microlame con estremità appuntita (4%), ritoccate (16,5%) e a punta (1,6%). Una categoria distinta di microlame è rappresentata dalle schegge su nucleo. Gli strumenti su scheggia (384) rappresentano la categoria più ampia e sono caratterizzati da una predominanza di schegge semplici (88,5%), che comprendono essenzialmente schegge prive di forma definita (265 esemplari) e una percentuale ridotta di schegge allungate. Un certo numero di strumenti semplici su scheggia sembra essere costituito da esemplari mai utilizzati. Altri strumenti su scheggia sono rappresentati da raschiatoi (9,1%) e bulini (1,3%), oltre a quattro punte di freccia scheggiate per pressione. Choppers, strumenti a forma di accetta e uno strumento carenato completano il ridotto campionario di utensili su nucleo. I nuclei cuneiformi di H., che definisce il limite settentrionale delle industrie microlitiche cinesi, presentano strette affinità tecnologiche con quelli presenti nelle industrie litiche della Siberia orientale, a suggerire contatti culturali tra la Cina nord-orientale e le regioni siberiane orientali, che sarebbero proseguiti anche in età neolitica.
An Z.m., Hailaer de Zhongshiqi Yizhi [Il sito mesolitico di Hailar], in Kaogu Xuebao, 3 (1978), pp. 289-316; C. Chen, The Microlithic in China, in RK. Wu - J.W. Olsen (edd.), Palaeoanthropology and Palaeolithic Archaeology in the People's Republic of China, London 1985, pp. 225-41.
di Susan G. Keates
Città (Prov. di Anhui) nei cui pressi è ubicata la grotta di Longtang, dove scavi effettuati nel 1980 e nel 1981 consentirono il recupero di importanti resti di Homo erectus.
L'attribuzione cronologica di H. alle fasi tarde del Pleistocene medio, inizialmente avanzata sulla base dei resti faunistici (Macaca robustus, Hyaena brevirostris sinensis, Megalocerus pachyosteus), è stata confermata da datazioni per serie dell'uranio (0,150-0,270 m.a.; 0,076±0,003 - 0,168±0,014 m.a.), da una datazione per racemizzazione degli aminoacidi (0,2-0,3 m.a.) e da datazioni per termoluminescenza (0,184±0,015; 0,195±0,016 m.a.). Le 41 specie associate comprendono taxa delle regioni sia settentrionali sia meridionali. I fossili di ominidi, appartenenti ad almeno tre individui, documentano una forma tarda di erectus; il cranio condivide alcuni tratti diagnostici con l'erectus del Locus 1 di Zhoukoudian, tra cui spesse ossa craniali, capacità endocranica di 1025 cm3, regione frontale bassa e inclinata, spesso toro sovraorbitale e toro occipitale ben sviluppato e angolare. Si ritiene che H. presenti stringenti affinità con il cranio V, stratigraficamente il più recente ominide del Locus 1, ad esempio nella squama temporale relativamente alta e nel margine convesso del parietale. In alcuni tratti, quali la più breve distanza tra le protuberanze occipitali esterna e interna e lo scarso restringimento postorbitale, gli esemplari di H. appaiono più evoluti rispetto alla morfologia del Locus 1 e sono comparabili con gli ominidi di Ngandong (Indonesia). L'importanza degli ominidi di H. risiede nel fatto che essi ampliano le conoscenze sulla variabilità morfologica di Homo erectus e che la loro posizione cronologica sembra indicare la compresenza in Cina di erectus e di forme arcaiche di sapiens.
RK. Wu - XR. Dong, Homo erectus in China, in RK. Wu - J.W. Olsen (edd.), Palaeoanthropology and Palaeolithic Archaeology in the People's Republic of China, London 1985, pp. 79-89; TM. Chen - SX. Yuan, Uranium-Series Dating of Bones and Teeth from Chinese Palaeolithic Sites, in Archaeometry, 30 (1988), pp. 59-76; G.G. Pope, Craniofacial Evidence for the Origin of Modern Humans in China, in YearbookPhysicalAnthr, 35 (1992), pp. 243-98.
di Susan G. Keates
Complesso di siti nel bacino di Nihewan, forse la più importante regione fossilifera della Cina.
Citato per la prima volta da E. Licent nel 1924 come una località fossilifera, il complesso, formato da nove siti all'aperto, è ubicato nei pressi del villaggio omonimo (contea di Yangyuan, Prov. di Hebei). Alla scoperta di due siti postpleistocenici nell'area di H., avvenuta nel 1965, fecero seguito dal 1972 al 1974 ricognizioni e scavi in sette siti paleolitici. I siti di H. sono esposti lungo la riva sinistra del Sanggan entro un raggio di meno di 10 km e a un'altezza di circa 20-30 m sul letto del fiume. I materiali archeologici sono localizzati nei sedimenti argillosi e sabbiosi di colore giallo del secondo terrazzo fluviale. Lo scavo di sette siti paleolitici ha consentito il rinvenimento di fossili animali, di un gran numero di manufatti litici, carboni, ossa combuste, ornamenti, ematite e magnetite. In base alle evidenze geologiche e ai reperti faunistici, comprendenti 15 specie (ad es., Struthiolithus sp., Citellus citellus mongolicus, Equus hemionus, Gazella subgutturosa), i siti sono stati datati al Pleistocene superiore. La datazione per 14C a 11.000±210 anni fa colloca H. nel Pleistocene terminale. Il repertorio litico comprende un totale di 40.955 esemplari; non sono disponibili le frequenze relative dei reperti in ciascuno dei sette siti. Le principali tipologie sono nuclei, percussori, incudini, schegge e strumenti, realizzati in gran parte in quarzite; altri materiali litici sono rappresentati da selce di una fine varietà policroma e rocce venate. Tra i nuclei ne figurano 17 prismatici, 16 a dorso di tartaruga e 10 a piattaforma di percussione doppia e 236 micronuclei cuneiformi distinti in due tipi: il tipo I con piattaforma piana a tecnica Hetao, il tipo II con piattaforma inclinata a tecnica H. Alcuni studi hanno consentito di rilevare che la tecnologia dei nuclei cuneiformi è riferibile a strategie adattative sviluppatesi in Cina settentrionale nelle fasi medie del Pleistocene superiore.
H. è il sito-chiave dei complessi settentrionali a microlame della Cina, definiti in base alla predominanza di micronuclei cuneiformi e all'utilizzo della tecnica microlitica Hetao, caratteristica delle industrie dell'Asia settentrionale. Le schegge comprendono esemplari di varie dimensioni e presentano generalmente una morfologia non standardizzata. Gli strumenti, in prevalenza ottenuti da schegge, appaiono standardizzati e sono lavorati mediante ritocco secondario. I grattatoi circolari rappresentano la tipologia dominante di strumenti; sono stati inoltre rinvenuti punte, bulini e choppers. Alcuni manufatti di grandi dimensioni presentano affinità con gli strumenti Blattspitzen del Paleolitico medio dell'Europa centrale. Dei 13 ornamenti rinvenuti, 8 sono costituiti da perle realizzate da uovo di struzzo, 3 da conchiglie forate oltre a una perla tubolare in osso di uccello e una pietra perforata a trapano. Gli ornamenti sono estremamente rari nel Paleolitico cinese e in questo aspetto H. è comparabile con la Grotta Superiore di Zhoukoudian. La mappatura dei rinvenimenti effettuati nel suolo di abitato del Locus 73101 di H. è una delle poche pubblicate di siti paleolitici cinesi. La distribuzione dei resti culturali ha consentito di distinguere numerose aree di attività, tra cui tre focolari. Tali focolari hanno restituito evidenze concentrate di carboni, ossa e frammenti di guscio d'uovo di struzzo combuste, strumenti di pietra e scarti della loro lavorazione che hanno permesso di ricostruire come il Locus 73101 fosse usato per la preparazione di alimenti ricavati da prede animali e la lavorazione di altri tipi di manufatti.
Bibliografia
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di Susan G. Keates
Sito scoperto nel 1974 nell'omonima collina (contea di Yingkou, Prov. di Liaoning) ricca di fenditure carsiche con depositi fossiliferi contenenti resti di un'antica forma di Homo sapiens.
I primi scavi (1975-78) vennero condotti nel Locus C, sul versante occidentale della collina; negli strati 4-6 (Zona Culturale Inferiore) vennero recuperati fossili di Mammiferi, 15 manufatti litici e alcuni strumenti d'osso riferibili al Paleolitico inferiore. Una stima biostratigrafica di questa zona suggerisce un'antichità alla fine del Pleistocene medio. Gli scavi condotti nel 1984 nel Locus A, ubicato sul lato orientale della collina, portarono al rinvenimento nello strato 7 (definito originariamente, e ancora oggi da alcuni studiosi, come strato 6) di frammenti craniali e postcraniali di un ominide. Negli strati 2-8 dello stesso locus fu identificata abbondante fauna (ca. 26 taxa di Mammiferi). Lo strato 8 costituisce lo strato basale di un deposito dello spessore di 14,5 m circa. Gli strati fossiliferi inferiori (5-8) sono costituiti da brecce calcaree e argille rosse sabbiose.
Gli scheletri completi di animali sono numerosi e le ossa con evidenze di morsi estremamente rare; ciò ha indotto a ipotizzare che il Locus A rappresenti il riempimento naturale di una fenditura e non una grotta, come attesterebbe anche l'assenza di avifauna. Secondo l'autore degli scavi, Lü Zun'e, nello strato superiore del Locus A sono stati inoltre rinvenuti due manufatti di quarzo. Altri ricercatori hanno identificato 22 manufatti litici, tra cui nuclei, schegge e utensili; vengono inoltre citati manufatti d'osso, sebbene la loro interpretazione come manufatti sia controversa. Sulla fauna rinvenuta nel Locus A sono stati eseguiti studi tafonomici, tra i pochi effettuati in Cina. Sono stati inoltre identificati ossa combuste, granuli di carbone e uno strato di ceneri dello spessore di 20 cm localizzato appena al di sopra dello strato 6. In ragione del diverso grado di fossilizzazione l'associazione tra ossa di ominide ed evidenze faunistiche è controversa. Una valutazione biostratigrafica colloca la fauna degli strati 5-8 (tra cui Microtus brandtioides, Crocuta ultima, Megaloceros pachyosteus) nelle fasi tarde del Pleistocene medio; le datazioni cronometriche generalmente confermano tale stima. Le prime datazioni con il metodo della serie dell'uranio dello strato con resti di ominide produssero un'antichità di 0,280 m.a. Le datazioni più recenti di questo strato con lo stesso metodo hanno prodotto un'antichità media di 0,238 m.a. (range 0,197±36 - 0,304±54 B.P.) e, mediante risonanza di spin elettronico (ESR), di 0,187 m.a. (range 0,165±20 - 0,195±23 B.P.).
L'ominide di J. rappresenta una forma antica di Homo sapiens: il cranio, privo di mandibola come molti dei crani fossili rinvenuti in Cina, era frammentario, sebbene ben ricostruibile. Gli specimina postcraniali sono stati attribuiti a un solo individuo adulto. La ricostruzione del cranio dopo una tomografia computerizzata ha rilevato una capacità endocranica di circa 1260 cm3, inferiore a quella precedentemente valutata e di poco superiore rispetto al valore medio di Homo erectus; tale analisi ha inoltre evidenziato una protuberanza occipitale meno pronunciata, che è stata comparata con un tratto simile identificato nell'Uomo di Dali, una forma antica di sapiens, sebbene in quest'ultimo la curvatura dell'occipitale sia associata a una squama della nuca piana. L'associazione di caratteristiche craniali di erectus e sapiens pone l'ominide di J. come forma transizionale; esso costituisce una scoperta molto importante per lo studio delle origini dell'uomo moderno. La cronologia sembra suggerire la coesistenza in Cina di Homo erectus e Homo sapiens. J. amplia la media di variabilità craniale delle prime forme di Homo sapiens e, insieme ad altri ominidi recentemente scoperti in Cina, documenta una complessa sequenza di tratti craniali che indicano la presenza, precedentemente insospettata, di gruppi distinti nella regione est-asiatica. Il modello morfologico globale del cranio di J. può essere spiegato mediante scambi di geni con forme arcaiche di sapiens africano/europeo.
SS. Zhang, The Early Palaeolithic of China, in RR. Wu - J.W. Olsen (edd.), Palaeoanthropology and Palaeolithic Archaeology in the People's Republic of China, London 1985, pp. 147-86; TM. Chen - SX. Yuan, Uranium-Series Dating of Bones and Teeth from Chinese Palaeolithic Sites, in Archaeometry, 30 (1988), pp. 59-76; SS. Zhang, The Early Palaeolithic North China, in RK. Wu - XZ. Zhang (edd.), Early Humankind in China, Beijing 1989, pp. 97-158; Z-E. Lü, La découverte de l'homme fossile de Jing-Niu-Shan. Première étude, in Anthropologie, 94 (1990), pp. 899-902; G.G. Pope, Craniofacial Evidence for the Origin of Modern Humans in China, in YearbookPhysicalAnthr, 35 (1992), pp. 243-98; TM. Chen - QA. Yang - E. Wu, Antiquity of Homo sapiens in China, in Nature, 368 (1994), pp. 55-56.
di Susan G. Keates
Sito ubicato nella contea di Ruicheng (Prov. di Shanxi) lungo la bassa valle del fiume Fen, che taglia l'importante bacino fossilifero di Sanmenxia per confluire, da sinistra, nel Huanghe.
Identificato come giacimento paleontologico nel 1936, K. fu oggetto di ricognizioni (1957) e scavi (1959-60). Nell'area di K. i depositi di argilla fluviolacustre del Pleistocene inferiore sono separati da una superficie di erosione dai depositi fluviali del Pleistocene medio e dai sedimenti del Pleistocene superiore. Nei pressi del villaggio di K. vennero scoperti almeno 14 siti paleontologici e antropici: il complesso del Pleistocene medio è costituito da almeno 11 loci su terrazzi fluviali della riva sinistra del Huanghe, in cui vennero rinvenuti manufatti litici e, solo in 4, fauna fossile. La percentuale più alta di specie animali e di utensili proviene dal Locus 6054, il più importante, dove gli scavi nel livello 4 portarono al rinvenimento di fossili e manufatti. Questo strato è rappresentato da ghiaia leggermente agglomerata (spess. massimo 1 m) e costituisce l'orizzonte basale del letto del Pleistocene medio. I resti faunistici comprendono 13-14 specie, tra cui Mammiferi (ad es., Stegodon chiai, Equus sp.) e una sola specie di molluschi. La maggior parte dei fossili, fortemente erosi dall'acqua, è frammentaria e rappresenta un campione estremamente esiguo, con un numero minimo di 14 individui. Le stime cronologiche di K., fondate sulla biostratigrafia, oscillano tra le fasi antiche e le fasi tarde del Pleistocene medio, mentre recenti analisi geomorfologiche e stratigrafiche indicano le fasi terminali del Pleistocene medio o quelle iniziali del Pleistocene superiore, evidenziando che i siti non sono tra loro coevi, come attesta anche la presenza in due loci di Megaceros pachyosteus e di Megaceros flabellatus appartenenti a epoche diverse.
Una recente ricognizione condotta nell'area del Locus 6065 ha consentito di individuare nei depositi pleistocenici molti fossili frammentari e esemplari più completi. I 138 manufatti litici rinvenuti comprendono nuclei, schegge e strumenti, di cui a tutt'oggi non è stato pubblicato uno studio dettagliato, per lo più lavorati a percussione diretta con pesanti percussori. Sono stati inoltre rinvenuti manufatti bipolari e, meno frequentemente, manufatti ottenuti scagliando o lasciando cadere una pietra su un'altra. La maggioranza dei manufatti è ottenuta da quarzite e da quarzo di vena; i ciottoli erano probabilmente reperiti sulle rive fluviali del luogo. I nuclei di grandi dimensioni sono più numerosi di quelli piccoli e medi; almeno 2 dei 53 rinvenuti hanno piattaforme di percussione piane, con preparazione del piano. La maggior parte delle 66 schegge è di grandi dimensioni e di forma non standardizzata, con ampie piattaforme di percussione e angoli di percussione elevati (115-120°). I 19 strumenti comprendono essenzialmente choppers/chopping-tools e raschiatoi su scheggia, mentre altre categorie sono rappresentate da 3 sferoidi, da una grande punta triangolare e da una piccola punta di notevole spessore, entrambe ottenute da schegge. L'associazione tra la predominanza di nuclei lavorati unifaccialmente e il limitato numero di tracce di lavorazione presenti su di essi suggerisce un loro limitato sfruttamento, caratteristica che, assieme all'apparente preferenza per i manufatti di grandi dimensioni, consente di ipotizzare che gli ominidi di K. selezionassero materie prime di grande formato. Anche se in quattro località i manufatti erano associati a fossili, non è chiaro se questi ultimi rappresentino evidenze paleoeconomiche. La tecnologia, relativamente non standardizzata, è stata ascritta al Paleolitico inferiore, sebbene possa essere anche attribuita al Paleolitico medio. K. è una delle pietre miliari della cosiddetta "tradizione macrolitica". Il contesto fluviale e lo stato frammentario e fortemente corroso di molti fossili indicano fenomeni di rideposizione; anche la distribuzione sparsa dei manufatti in 11 siti, il loro numero ridotto, la moderata abrasione di alcuni e l'assenza di microdébitage confermano le ipotesi secondo cui i manufatti e i fossili di K. proverrebbero da contesti disturbati. Il processo deposizionale è stato interpretato come il risultato di fenomeni geologici: infatti questi siti non rappresenterebbero contesti primari con tracce di attività di ominidi.
Bibliografia
Jia L.p., Cultural Sites over 500,000 Year Old, in China Reconstructs, 12 (1963), pp. 32-34; Jia L.p. - Wang T.y. - Wang C.y., Koho. An Early Palaeolithic Site in South-Western Shansi Province, in ArctAnthr, 2 (1964), pp. 105-17; J.S. Aigner, Important Archaeological Remains from North China, in F. Ikawa-Smith (ed.), Early Palaeolithic in South and East Asia, The Hague 1978, pp. 163-232; J.S. Aigner, Archaeological Remains in Pleistocene China, München 1981; Jia L.p. - Huang W.w., On the Recognition of China's Palaeolithic Archaeology in the People's Republic of China, in RK. Wu - J.W. Olsen (edd.), Palaeoanthropology and Palaeolithic Archaeology in the People's Republic of China, London 1985, pp. 259-65; Wei Q., The New View of the Early Paleolithic of North China, in International Symposium of Environment and Culture in the Yellow Sea Region (Seoul, Korea, July 1 and 2 1992), Seoul 1992, p. 7; G.G. Pope, Ancient Asia's Cutting Edge, in Natural History, May 1993, pp. 54-59; S.G. Keates, The Significance of the Older Palaeolithic Occurrences in the Nihewan Basin, Northern China, in the Context of Important Early and Middle Pleistocene Chinese Localities (PhD Diss.), Oxford 1995.
di Susan G. Keates
Giacimento da cui provengono alcuni tra i più antichi fossili di ominidi della Repubblica Popolare Cinese.
I resti fossili sono stati riportati alla luce nei siti di Gongwangling e Chenijawo, distanti 21 km l'uno dall'altro e ubicati nella regione pedemontana settentrionale dei Monti Qinling, nei pressi della città di L. (Prov. di Shaanxi). Alla scoperta della mandibola di Homo erectus a Chenjiawo, avvenuta nel 1963, seguì nel 1964 il ritrovamento della calotta cranica e di altre ossa di erectus a Gongwangling. In quest'ultimo sito i resti sono stati recuperati in uno strato (6) alla base di un deposito argilloso rosso (suolo 3). Gli scavi effettuati a Gongwangling (1965-66, 1975) consentirono il rinvenimento di ulteriori resti ed evidenze materiali. I fossili del 1965 provengono dallo strato 6, e nel 1966 furono scoperti altri fossili in quattro strati di argilla e sabbia. Manufatti litici furono rinvenuti (1965) negli strati (7-8) di sabbia fine e argilla e, nel 1966, in 8 strati di argilla e sabbia fine, in uno dei quali furono recuperati anche carboni. Sei manufatti furono recuperati (1975) in uno strato archeologico non precisato. Ritrovamenti isolati di superficie, consistenti in 46 manufatti di pietra, sono stati segnalati nell'area di Gongwangling; tali manufatti comprendono una grande punta individuata nei pressi del sito a ominidi e una seconda punta, sempre di grandi dimensioni, rinvenuta a Pingliang, 2 km a est di Gongwangling.
L'ominide di Chenjiawo è stato recuperato nello strato 3 alla base di una formazione di argilla rossa dello spessore di 30 m. Le indagini effettuate nello strato a ominidi hanno riportato alla luce fossili di Mammiferi e manufatti litici. Polline e spore sono stati ritrovati in entrambi i siti di L. Gran parte delle 40 specie che compongono il campione di Gongwangling è rappresentata da un numero molto esiguo di esemplari, a eccezione delle specie Leptobos e Pseudaxis grayi. Sei taxa appartengono a specie subtropicali (ad es., Ailuropoda e Megatapirus sinensis). Il deposito faunistico di Chenjiawo è formato da 14 o 15 specie (fra cui Cuon alpinus ed Elephas); il campione è estremamente frammentario e rappresentato da un minimo di otto esemplari, in base ai dati pubblicati nel 1964. Le analisi geostratigrafiche, biostratigrafiche e quelle sulla morfologia degli ominidi lasciano presumere che Gongwangling sia anteriore a Chenjiawo. Due datazioni agli aminoacidi (>0,510 m.a.) dello strato culturale di Gongwangling indicherebbero l'età minima di questo sito; le tre datazioni paleomagnetiche (0,750-0,800 m.a.; 1,15 m.a.) e la correlazione dei cicli paleoclimatici di löss e degli isotopi dell'ossigeno (>0,970 m.a.) collocano Gongwangling al termine del Pleistocene inferiore. Le tre datazioni paleomagnetiche dello strato archeologico (0,530 m.a.; 0,650 m.a.) confermano le evidenze geologiche e biostratigrafiche riguardo a una datazione di Chenjiawo alle fasi iniziali del Pleistocene medio.
I 26 manufatti di Gongwangling comprendono 12 nuclei, un percussore su scheggia, 6 schegge di scarto, 5 raschiatoi su scheggia, un raschiatoio su nucleo e un chopping-tool; la maggior parte di essi è lavorata in quarzite, ma vi sono altri esemplari di quarzo di vena, arenaria quarzifera e arenaria. I nuclei non mostrano le tracce di una estesa riduzione e presentano in gran parte una sola piattaforma di percussione ad attestare l'utilizzo di una materia prima di difficile lavorazione. A Chenjiawo sono stati ritrovati circa 11 strumenti, tra cui 2 nuclei, 2 schegge di scarto, 2 raschiatoi su scheggia e 2 chopping-tools; almeno 2 di questi strumenti sono di quarzo e quarzite. I manufatti di Gongwangling e Chenjiawo sono lavorati per percussione diretta e generalmente presentano forme non standardizzate, dimensioni ridotte e ritocco marginale limitato. Date le limitate dimensioni del campione lo studio della litotecnica degli ominidi di L. appare problematico. Le grandi punte triangolari di Pingliang e quelle provenienti dalle vicinanze della località a ominidi, lavorate in quarzite, sono costituite da esemplari lavorati su entrambe le facce o su una faccia singola. La concentrazione dei fossili del 1964 a Gongwangling in una parte dello strato e l'assenza di tracce di abrasione fluviale costituirebbero effetti della rideposizione a breve distanza dei materiali; tale fenomeno sarebbe indicato anche dalla dispersione dei manufatti su una superficie di diversi metri e dalla presenza di frammenti di carbone di legna a Gongwangling e, sia a Gongwangling che a Chenjiawo, dal numero limitato di manufatti, evidenze faunistiche e resti botanici. I dati sembrano quindi confermare l'ipotesi secondo cui i materiali di L. non proverrebbero da contesti primari; tali elementi, insieme all'assenza di dati paleoeconomici quali ossa fratturate intenzionalmente, suggeriscono che il campione faunistico di L. non possa essere direttamente associato con una tecnologia di sussistenza; analogamente, resta da chiarire il significato della presenza di carboni nell'ambito dell'attività degli ominidi, in quanto non vi sarebbero sufficienti indizi per collegare tali reperti con l'utilizzo del fuoco.
I due ominidi di L. appartengono a Homo erectus: quelli di Gongwangling comprendono una calotta cranica, ossa nasali frammentarie e parte di una mascella con il secondo e il terzo molare destro; apparterrebbe allo stesso mascellare anche un molare superiore sinistro. Principali caratteristiche della calotta cranica sono le ossa molto spesse, capacità endocranica stimata in 778 cm3, marcato restringimento postorbitale, toro sovraorbitale molto spesso privo di solco e osso frontale molto basso. Queste caratteristiche sono più arcaiche rispetto alle forme più evolute di Homo erectus del Locus 1 di Zhoukoudian e più vicine a quelle degli esemplari arcaici di erectus dell'Indonesia. In contrasto con le mandibole del primo, invece, l'angolo dell'estremità anteriore è meno inclinato, il divario in altezza fra la sinfisi e il foro del mento è maggiore e le linee dei molari hanno maggiore angolatura. Questa mandibola è il più antico esempio documentato di agenesi del terzo molare, come rilevato dalla radiografia. Si ritiene che i resti di L. appartengano a due individui di sesso femminile, come si deduce ad esempio dalla piccola dentatura. Morfologicamente gli ominidi di L. mostrerebbero affinità con Homo erectus del Locus 1 di Zhoukoudian. Per caratteristiche e per posizione cronologica i fossili di Homo erectus di Gongwangling rappresentano i più antichi resti di ominidi della Cina.
MC. Chow, Mammals of "Lantian Man" Locality at Lantian, Shensi, in Vertebrata Palasiatica, 8 (1964), pp. 301-307; J-K. Woo, Mandible of Sinanthropus Lantianensis, in CurrAnthr, 5 (1964), pp. 98-101; Id., The Hominid Skull of Lantian, Shensi, in Vertebrata Palasiatica, 10 (1966), pp. 1-22; HC. Wu et al., Report of the Excavation at Lantian Man Locality of Gongwangling in 1965, ibid., pp. 23-29; EC. Tai, The Paleoliths Found at Lantian Man Locality of Gongwangling and its Vicinity, ibid., pp. 30-34; EC. Tai - CH. Hsue, New Finds of Paleolith Materials from Lantian and Lantian Apeman Culture, in Kaogu Xuebao, 2 (1973), pp. 1-12; J.S. Aigner, Archaeological Remains in Pleistocene China, Munchen 1981; RK. Wu - XR. Dong, Homo erectus in China, in RK. Wu - J.W. Olsen (edd.), Palaeoanthropology and Palaeolithic Archaeology in the People's Republic of China, London 1985, pp. 79-89; G.G. Pope, Recent Advances in Far Eastern Paleoanthropology, in AnnRAnthr, 17 (1988), pp. 43-77; LH. Wang, Chronology in Chinese Palaeoanthropology, in RK. Wu - XZ. Wu - SS. Zhang (edd.), Early Humankind in China, Beijing 1989, pp. 392-409; SS. Zhang, The Early Palaeolithic of North China, ibid., pp. 97-158; S.G. Keates, On Earliest Human Occupation in Central Asia, in CurrAnthr, 37 (1996), pp. 129-31.
di Daniela Zampetti
Vasto bacino fossilifero ubicato lungo la valle del fiume Sanggan (Prov. di Hebei); riveste una particolare importanza per la ricostruzione del popolamento più antico della Cina.
Non sono finora noti in Cina reperti antropologici riferibili al Pliocene e al Pleistocene inferiore; tuttavia è accertata la presenza di siti del Pleistocene inferiore che attestano una serie di attività quali la manifattura di strumenti e lo sfruttamento delle risorse faunistiche in diversi bacini fossiliferi, di cui N. è forse il principale. Dal punto di vista geologico si tratta di un vasto bacino, formatosi durante il Miocene, che si apre a circa 1000 m s.l.m. e occupa un'area di 9000 km2 nelle province settentrionali di Shanxi e di Hebei, configurandosi come una sorta di pianura (Shanxi) o come un reticolo di profonde vallate (Hebei). Le prime scoperte, effettuate a N. da E. Licent e da P. Teilhard de Chardin, sono costituite da un manufatto sfaccettato di pietra e da alcuni frammenti ossei. H. Breuil sostenne che questi reperti erano stati modificati intenzionalmente dall'uomo, ma questa teoria non venne accolta favorevolmente dagli altri studiosi. Ulteriori indagini a Shangshacui, circa 1 km a ovest di N., consentirono di raccogliere un chopper di quarzite da uno strato di sabbie grossolane associato a un cranio di Palaeoloxodon namadicus, considerato del Pleistocene inferiore. Nel 1974 una ricognizione nella regione settentrionale dello Shanxi permise di studiare diverse sezioni stratigrafiche lungo le rive del Liyigou, un affluente del Sanggan, e di recuperare sia manufatti litici sia resti di otto diversi tipi di Vertebrati nella parte sommitale dei depositi del cosiddetto Nihewan Bed, in un livello di origine lacustre situato a 8 m di profondità. Tra i giacimenti identificati il sito di Xüjiayao, localizzato su una scogliera rocciosa lungo la riva occidentale del Liyigou, era particolarmente esteso (3 km2); gli scavi realizzati nel 1976 da Wei Qi hanno indotto a rivedere l'iniziale attribuzione al Pleistocene superiore, soprattutto in considerazione delle caratteristiche anatomiche dei resti antropologici qui rinvenuti. Successivamente (1978) ricerche sistematiche a Yangyuan (Prov. di Shanxi) e Weixian (Prov. di Hebei) lungo il corso del Sanggan individuarono il sito di Xiaochangliang, ricchissimo di manufatti litici e di resti paleontologici. I manufatti litici, per lo più di quarzite, erano oltre 800 e comprendono nuclei, schegge, manufatti ritoccati e scarti di lavorazione; tra i 12 manufatti ritoccati figurano un chopper e 11 raschiatoi; completava il repertorio un certo numero di frammenti ossei probabilmente modificati intenzionalmente. La fauna include Hyaena, Hipparion, Equus sanmenensis, Coelodonta, Palaeoloxodon, Gazella e altre specie tipiche del complesso del Pleistocene inferiore di N.
La sommità dello strato geologico, che include il livello archeologico, è datata con il paleomagnetismo a circa 1,52 milioni di anni (m.a.), mentre la base ha un'età di circa 3 m.a. Il complesso litico si può attribuire a un'epoca vicina a quella della sommità dello strato geologico. Sempre nel bacino di N. gli scavi del terzo livello del sito di Majuangou hanno consentito di recuperare testimonianze relative a una intensa frequentazione, che occupa la posizione stratigrafica inferiore e quindi cronologicamente più antica nel bacino di N. Questo complesso, datato anch'esso tramite il paleomagnetismo, può essere assegnato intorno ai 2 m.a. I manufatti e i resti faunistici indicano diversi tipi di attività, legate alla macellazione degli animali e alla lavorazione dei manufatti litici. Questi ultimi includono nuclei, schegge e frammenti, percussori e manufatti ritoccati (tra cui semplici raschiatoi e intaccature). I resti faunistici sono rappresentati da un singolo esemplare di elefante e da rinoceronti, cavalli, cervi, Roditori e Carnivori. Un altro sito di età comparabile, scoperto nel 1959 e scavato nel 1961-62, è Xihoudu (Ruicheng, Shanxi sud-occidentale): il sito era incluso in uno strato di ghiaie sabbiose a stratificazione incrociata in una piccola valle di löss, a circa 170 m sul letto del Huanghe. In questa località fu rinvenuto un complesso litico associato a una fauna dello stesso tipo di quella di N. L'insieme era composto da parecchie specie, quali Elaphurus biforcatus, E. chinnanensis, Euctenoceros boulei, Axis rugosus, A. shansius, Leptobos crassus, Stegodon, Archidiskodon planifrons, Palaeoloxodon namadicus, Proboscidipparion sinensis, Equus sanmenensis, Coelodonta antiquitatis ed Elasmotherium inexpectum. L'ambiente al quale si possono riferire è una steppa punteggiata da corsi d'acqua, associata a un clima moderatamente freddo. I manufatti litici, prevalentemente di quarzite, si limitano a 6 nuclei, 7 schegge, 6 raschiatoi e 10 choppers. Una grande punta prismatica, due palchi con tracce di taglio, alcune ossa combuste, altri frammenti di palchi e denti di cavallo raccolti nelle vicinanze sono attribuiti allo stesso complesso.
Chia Lan-p'o - Wang Chien, Hsi-hou-tu, Beijing 1978; K.C. Chang, The Archaeology of Ancient China, New Haven - London 19864; Wei Qi - Xie Fei (edd.), Nihewan yanjiu lunwen xuanbian [Atti degli studi su Nihewan], Beijing 1989; Xie F. - Li J., Nihewan pendi jiu shiqi kaogu you huo zhongda tupo [Importante scoperta sull'archeologia del Paleolitico nel bacino di Nihewan], in Zhongguo Wenwubao, 2 (2001).
di Daniela Zampetti
Località fossilifera presso Yanggao (Prov. di Shanxi) nell'alta valle del fiume Sanggan, a breve distanza dal bacino di Nihewan di cui il bacino carbonifero di Datong, dove il sito è localizzato, fa parte.
Il sito, di notevole estensione (3 km2), si trova su una scogliera rocciosa lungo la riva occidentale del Liyigou, 1 km a sud-est del villaggio di X. Le caratteristiche anatomiche dei resti antropologici recuperati nel corso degli scavi realizzati nel 1976 (una mascella, un molare superiore, un frammento di mandibola, 11 ossa parietali e 2 occipitali) hanno spinto a riconsiderare l'originaria attribuzione al Pleistocene superiore.
I caratteri anatomici ibridi hanno fatto ritenere che si tratti di un "discendente" di Homo erectus pekinensis, risalente quindi a circa 100.000 anni fa. I resti cranici mostrano inoltre traccia di osteoporosi, probabilmente causata da una carenza di vitamine, costituendo il più antico caso documentato di questa patologia. I resti delle oltre 20 specie faunistiche includono vari carnivori tra cui lupo e tigre, pachidermi come il rinoceronte lanoso e l'elefante, Equidi tra cui l'asino selvatico e il cavallo di Przewalski, Cervidi rappresentati da gazzelle, antilopi e varie specie di cervi, uri e cinghiali nonché frammenti di guscio d'uovo di struzzo. I manufatti di pietra, corno e osso superano le 10.000 unità. I manufatti litici, quasi tutti di piccole dimensioni, sono stati ricavati da una vasta gamma di materie prime dai colori variegati: agata, opale, selce e differenti tipi di quarzo. Per quanto riguarda la tipologia, a parte pochi pezzi che rientrano nella categoria dei choppers e chopping-tools, si contano diversi tipi di grattatoi, tra cui gli unguiformi, diversi tipi di punte assai leggere (la più grande pesa 13 g, la più piccola 1 g), bulini e micropunteruoli, ma i manufatti più sorprendenti sono gli oltre 1500 sferoidi o bolas. L'unica spiegazione plausibile secondo gli autori dello scavo è che si tratti di armi da caccia, anche se, in assenza di analisi funzionali sui manufatti e analisi tafonomiche sui resti faunistici, è assai difficile sostenere questa ipotesi. Le importanti tracce di lavorazione della pietra e di uso del fuoco (ceneri, carboni, ossa bruciate) segnalano la permanenza delle comunità in questa località e la loro capacità di adattamento ai mutamenti ambientali, legati anche alle oscillazioni del livello del lago che occupava il bacino di Datong.
Jia L.p. - Wei Q., Yanggao Xüjiayao jiushiqi shidai wenhua yizhi [Il sito del Paleolitico a Xüjiayao presso Yanggao], in Kaogu Xuebao, 2 (1976), pp. 97-114; Jia L.p., Xüjiayao jiushiqi shidai wenhua yizhi 1976 nian fajue baogao [Rapporto di scavo del sito paleolitico di Xüjiayao, 1976], ibid., 4 (1979), pp. 277-88; Id., Early Man in China, Beijing 1980.
di Daniela Zampetti
Bacino ubicato nella Provincia di Yunnan; è stato per lungo tempo noto come giacimento fossilifero, particolarmente ricco di mammalofaune.
In occasione della costruzione di un tratto di ferrovia alla base di una collinetta furono scoperti due incisivi umani, probabilmente appartenenti a un giovane adulto. I due reperti giacevano in un livello di argilla a circa 95 m dalla superficie, appartenente alla cosiddetta "serie di Y.", una sequenza di strati di origine fluviolacustre dello spessore di 695 m. Le caratteristiche dei due denti, in parte dissimili da quelle del cosiddetto Uomo di Pechino della grotta di Zhoukoudian, hanno indotto Hu C.z. a proporre una denominazione specifica per questi reperti: Homo erectus yuanmouensis o Uomo di Y. Scavi estensivi condotti nel 1973 e nel 1975 hanno evidenziato la presenza di livelli di ceneri e carboni su uno spessore di 3 m, frequentemente associati a resti di fauna a volte anch'essi combusti, e di 17 manufatti per lo più in quarzite, classificabili come raschiatoi, punte, nuclei e schegge. L'associazione delle tracce di combustione con i resti faunistici, rilevata nell'area dove sono stati raccolti i due incisivi, ha fatto ipotizzare l'uso del fuoco e quindi il controllo di questa fondamentale fonte di energia da parte dell'Uomo di Y. L'ampia lista delle faune comprende 40 specie di Mammiferi fossili, tra cui carnivori (iena Hyaena licenti, tigre Megantereon nihowanensis), Equidi (Equus yunnanensis), Pachidermi (Rhinoceros sinensis), varie specie di Cervidi tra cui una forma primitiva di capriolo (Procapreolus stenosis). Questo insieme ha suggerito una attribuzione al Pleistocene inferiore. La presenza nel primo strato di Bovidi e altri ruminanti, nonché di due forme primitive di elefante (Stegodon yuanmouensis e Stegodon elephantoides), ha confermato questa attribuzione e portato a escludere una possibile attribuzione al Pliocene. Una prima datazione con il paleomagnetismo ha assegnato al complesso dei livelli fossiliferi un'età compresa tra 1,5-3,1 milioni di anni (m.a.). In particolare il livello che conteneva i due denti è stato datato 1,6-1,7 m.a. Un riesame delle datazioni paleomagnetiche ha poi ridotto di circa 1 m.a. l'età del livello in questione, cosicché la sua datazione si collocherebbe tra 0,5-0,6 m.a. e quindi nel Pleistocene medio.
I dati raccolti hanno permesso una ricostruzione delle condizioni di vita dell'Uomo di Y.; egli viveva in un ambiente a clima più freddo dell'attuale, sulle rive di un grande lago circondato da colline con vegetazione lussureggiante (piante erbacee, conifere e latifoglie), e con ogni probabilità si cibava di animali di piccole dimensioni o di parti di carcasse di grandi specie, predate da altri animali. La sua dieta comprendeva diversi cibi vegetali (frutti, semi, tuberi). Questa varietà di alimenti era in parte consumata previa cottura, come sembrerebbero attestare le numerose e consistenti tracce di combustione disseminate nel livello archeologico.
Jia L.p. Early Man in China, Beijing 1980; Wu Rukang, Recent Advances of Chinese Palaeoanthropology, Hong Kong 1981.
di Daniela Zampetti
Sito paleolitico, il più importante e famoso finora scoperto in Cina.
La scoperta della località fossilifera (1920) fu effettuata da J.G. Andersson (1874-1960); gli scavi immediatamente iniziati (1921) portarono al rinvenimento di frammenti fossili di ossa e denti riconosciuti come appartenenti a una specie arcaica umana, ma la prima calotta cranica fossile integra venne rinvenuta nel 1929 da Pei Wenzhong. Il sito, o meglio l'insieme di siti, è localizzato in un'area di colline calcaree, circa 42 km a ovest di Pechino, dove si aprono molte grotte e fessure, almeno 26 delle quali fossilifere. In cinque di esse sono stati recuperati molti manufatti paleolitici; quella più ricca di reperti è però il Locus 1 di Longgushan (Collina delle Ossa di Drago), una grotta (175 × 50 m) completamente riempita da sedimenti dello spessore di 40 m: circa 1/3 del deposito fu scavato prima della seconda guerra mondiale, mentre l'estremità ovest è stata scavata dal 1978. La lunga sequenza stratigrafica è riferibile a una frequentazione, più o meno continuativa, di una durata superiore a 200.000 anni (v. tab.).
I 13 strati identificati corrispondono a tre cicli sedimentari. Il più antico è composto da argilla rossa mista a sabbie e ghiaie (strati 11-13), il successivo è composto da breccia (strati 8-10) che contiene resti fossili di Hyaena sinensis, il più recente è ancora composto da breccia (strati 1-7) e contiene resti di più di 60 individui appartenenti a Homo erectus pekinensis, altrimenti noto come Sinanthropus pekinensis o Pithecantropus pekinensis. Uno dei reperti, un frammento di mandibola proveniente dallo strato 10, è stato datato con il metodo delle tracce di fissione a 462.000±45.000 anni fa. Questi individui sono contraddistinti dalla stazione eretta e da un'elevata capacità cranica (in media 1075 cm3). Il cranio ha pareti spesse, volta bassa, mento sfuggente, caratteristiche analoghe a quelle di Homo erectus di Giava (Indonesia) a cui viene assimilato. La statura di un maschio adulto si aggirava intorno a 156 cm, nei soggetti femminili adulti era di circa 144 cm. L'aspettativa di vita era assai ridotta: meno del 3% viveva più di 50 anni, circa il 40% moriva prima dei 14 anni, in parecchi casi a causa di traumi cranici. Questa diagnosi è stata formulata alla fine degli anni Trenta del Novecento da F. Weidenreich, che per spiegare le fratture riscontrate sui crani ha anche supposto una forma di cannibalismo. Sarebbe stata auspicabile una eventuale verifica di tale ipotesi in tempi più recenti mediante analisi tafonomiche; purtroppo la maggior parte dei reperti antropologici è andata persa durante la seconda guerra mondiale. Per quanto riguarda l'ambiente in cui l'Uomo di Pechino è vissuto, l'imponente massa di dati sulla flora, la fauna e la sedimentologia evidenzia tre episodi freddi; in generale comunque il clima nell'area era assai simile all'attuale, sebbene leggermente più caldo e umido. La specie preferita nella dieta era un Cervide dalle grandi corna (Sinomegaceros pachyosteus), i cui resti ammontano al 70% del totale dei resti faunistici. Le altre specie presenti, soprattutto i Carnivori, non sono probabilmente tutte legate all'alimentazione ma rappresentano piuttosto un accumulo di origine naturale utile per ricostruire determinati aspetti dell'ecologia dell'area. Leopardi, orsi delle caverne, tigri dai denti a sciabola, iene, elefanti, rinoceronti, cammelli, bufali d'acqua, cinghiali e cavalli sono adattati a diverse nicchie ecologiche e sono quindi significativi per ricostruire il contesto ambientale. Apparentemente la tecnologia del fuoco era nota e utilizzata in varie attività, a giudicare dagli innumerevoli focolari e dai frammenti di carboni e di ossa bruciate. La raccolta di vegetali, per quanto non direttamente attestata se non in connessione con l'uso del fuoco, era verosimilmente un'altra fonte di cibo. La conoscenza sulla produzione litica dell'Uomo di Pechino è basata sui materiali provenienti dagli strati a breccia del Locus 1 e dai loci 15 e 13. Il Locus 13, in cui è stato raccolto un chopping-tool, è cronologicamente più antico del Locus 1, il Locus 15 è più recente. In totale i manufatti, prevalentemente in quarzo reperibile nelle vicinanze del sito ma anche in altri materiali come arenaria e selce, ammontano a 100.000.
Uno studio recente, basato su una collezione di circa 6000 manufatti, ha portato a rivedere la classificazione complessiva delle industrie litiche, considerate in precedenza come assai meno sofisticate rispetto alle coeve industrie a bifacciali del Paleolitico inferiore dell'Europa e dell'Africa. In generale, il supporto delle industrie di Zh. è per lo più costituito da schegge, ottenute tramite percussione diretta unipolare e ritoccate sempre con il percussore duro; le schegge non ritoccate mostrano a volte tracce di uso. Tra i manufatti ritoccati sono riconoscibili alcune categorie (raschiatoi, choppers, punte e punteruoli, alcuni grattatoi, bulini, sferoidi, percussori e ciottoli scheggiati); tuttavia la demarcazione tra un tipo e l'altro non è così netta e molti appaiono come manufatti polifunzionali. La località venne frequentata anche successivamente, in periodi più recenti. Infatti nella cosiddetta Grotta Superiore (Shangdingdong) sono stati recuperati i resti disarticolati di 7-8 individui con caratteri sapiens, alcuni manufatti d'osso tra cui un ago, manufatti litici poco diagnostici dal punto di vista tipologico e numerosi elementi di ornamento in parte impregnati di colore rosso (conchiglie marine forate, 120 denti di animali perforati, perle di calcare bianco, tubi di osso di uccello incisi, vertebre di pesce con tracce di lavorazione). Questo insieme sembra indicare che la grotta sia stata utilizzata soprattutto come luogo sepolcrale durante il Paleolitico superiore, come conferma la data di 18.000 anni B.P. ottenuta con il metodo del 14C.
Bei W.z., Zhoukoudian dongxue duiji yuanrenceng shiyinqi ji tazhong shiqi zhi faxian [Nota sulla scoperta di manufatti di quarzo e di altri manufatti litici nei sedimenti con resti di Ominidi del Pleistocene inferiore del deposito in grotta di Zhoukoudian], in Zhongguo Dizhi Xuehui Zhi, 11, 2 (1932), pp. 110-47; H.L. Movius, The Lower Paleolithic Culture of Southern and Eastern Asia, in TransAmerPhilSoc, 38 (1949), pp. 329-420; Liu T.s. - Xiangyuan Z. - Sujuan Y., A Palaeomagnetic Study on the Cave-Deposits of Zhoukoudian (Choukoutien), the Locality of Sinanthropus, in Zhongguo Dizhi Xuehui Zhi, 1977, p. 25; Jia L.p., Early Man in China, Beijing 1980; Wu R.k., Recent Advances of Chinese Palaeoanthropology, Hong Kong 1981; Lu Z.c., Sequence of the Sediments at Locality 1 Zhoukoudian and Correlation with Loess Stratigraphy in Northern China and with the Chronology of Deep Sea Cores, in Quaternary Research, 1985, p. 139; P'ei W.c. - Chang S.s., Chung-kuo Yuan-jen shi-ch'i yen-chiu, in Paleontologia sinica, n.s. D, 12 (1985); Wu R.k. et al., Beijing yuanren yizhi zonghe yanjiu [Studio completo sul sito dell'Uomo di Pechino], Beijing 1985; Jia L.p. - Huang W.w., The Story of the Peking Man, Beijing - Hong Kong 1990; S. Weiner et al., Evidence for the Use of Fire at Zhoukoudian, China, in Science, 281 (1998), pp. 251-53; Dong Wei (ed.), Proceedings of 1999 Beijing International Symposium on Paleoanthropology, in Commemoration of the 70th Anniversary of the Discovery of the First Skull-Cap of the Peking Man, Beijing 2000.