Il Paleolitico superiore
Nella parte recente dell'Interpleniglaciale würmiano, tra 40.000 e 30.000 anni fa, due importanti miglioramenti climatici modificarono le condizioni territoriali e ambientali dell'Europa. Il primo (Hengelo-Les Cottés, 38.000-35.000 anni fa) è documentato soprattutto nell'Europa occidentale, il secondo (Denekamp-Arcy, 32.000-28.000 anni fa) soprattutto in quella orientale. Alla riduzione dell'inlandsis corrispose una trasgressione marina che raggiunse un livello valutato tra ‒50 e ‒30 m rispetto alla linea di costa attuale. Nella grande pianura europea questi miglioramenti climatici determinarono la regressione del pergelisol (terreno perennemente gelato) e l'aumento delle precipitazioni, fenomeni più accentuati nelle regioni a clima continentale. I due interstadi temperati sono messi in evidenza nei diagrammi pollinici dall'aumento del tasso delle specie arboree e, tra i mammiferi più frequentemente cacciati dei siti preistorici, dall'incremento delle specie legate al paesaggio forestale. Tra i due interstadi si interpongono una fase di instabilità climatica e quindi una fase di deterioramento del clima, messa in evidenza nei riempimenti dei ripari sotto roccia del Sud- Ovest della Francia dal notevole apporto crioclastico e dall'incremento della renna tra i mammiferi più frequentemente cacciati. Tra 28.000 e 20.000 anni fa il pergelisol si ricostituì lungo la fascia latitudinale che va dal Nord della Francia alla Pianura Russa. Parallelamente all'accumulo dei ghiacci continentali il livello del mare si abbassò fino ad un centinaio di metri sotto quello attuale, determinando l'emersione di ampi territori, come quelli corrispondenti all'Adriatico settentrionale e al canale della Manica. La continentalizzazione del clima si accentuò sempre più, a causa della deviazione verso sud della Corrente del Golfo. Tutto ciò favorì l'inizio della deposizione dell'ultima coltre di löss nelle regioni nord-occidentali dell'Europa, nel bacino carpatico e nella Pianura Russa. Nel bacino del Mar Baltico e nelle regioni nord-orientali dell'Europa l'umidità rimase ancora forte, determinando fenomeni di geliflusso e di ruscellamento. L'aumento delle precipitazioni in condizioni climatiche stadiali favorì una grande e rapida avanzata dell'inlandsis, che raggiunse la massima espansione tra 20.000 e 18.000 anni fa (stadio di Brandeburgo- Leszno-Bologovo). Durante l'acme pleniglaciale la presenza dell'inlandsis modificò la circolazione dei venti sul continente, determinando una zonazione della vegetazione differente da quella registrata nell'Interpleniglaciale in modo particolarmente rilevante nelle regioni orientali, dove intorno a 24.000- 22.000 anni fa la temperatura estiva ancora alta (fino a +17 °C) favorì la formazione di foreste soprattutto nelle vallate, mentre l'inverno era caratterizzato da una temperatura molto bassa (in gennaio da ‒17 a ‒30 °C). Anche i ghiacciai alpini avanzarono lungo le vallate raggiungendo le aree attualmente occupate dai grandi laghi prealpini; di conseguenza, i transiti tra Europa occidentale e bacino del Danubio furono impraticabili fino al riscaldamento climatico che seguì il Pleniglaciale. Il clima e l'assetto territoriale influenzarono fortemente l'evoluzione culturale, in quanto determinarono fenomeni di adattamento agli ambienti periglaciali di alcuni gruppi e movimenti migratori dei gruppi che non seppero affrontare le condizioni di vita degli ambienti artici. Processi di adattamento e migrazioni si aggiunsero alla divisione in due parti del continente europeo, una occidentale e l'altra orientale, in seguito all'avanzata dell'inlandsis e dei ghiacciai alpini. La divergenza dell'evoluzione culturale tra regioni occidentali e regioni orientali dell'Europa e lo spopolamento delle regioni settentrionali dell'Europa centrale furono dunque le conseguenze più importanti delle modificazioni territoriali e climatiche in corrispondenza dell'acme del II Pleniglaciale. La deglaciazione iniziò con fasi più umide alternate a fasi più temperate, che determinarono l'arretramento della fronte dell'inlandsis per stadi successivi. Un'oscillazione intorno a 16.000 anni fa, nota come Lascaux in Europa occidentale, Mazurien in Polonia e Ula in Russia, fu seguita da una trasgressione in cui l'inlandsis raggiunse soltanto le regioni settentrionali della grande pianura europea (stadi di Pomerania in Polonia, di Vepsovo in Russia). Il definitivo abbandono delle coste meridionali del Mar Baltico da parte dell'inlandsis, intorno a 15.000 anni fa, segnò l'inizio del Tardiglaciale, caratterizzato dall'alternanza di fasi fredde (Dryas Ia, Ib, II, III) e di fasi temperate (Pre-Bølling, Bølling, Allerød), ben registrate nei depositi organogeni della grande pianura europea. Nell'antica area periglaciale, soprattutto a nord dei massicci montuosi dell'Europa centrale, la sedimentazione del löss fu rimpiazzata dalla sedimentazione delle dune. Nell'Europa settentrionale una serie di cordoni morenici segna le principali tappe di ritiro dell'inlandsis (stadi di Kresta, Luga, Neva, Salpausselkä). La fine del Tardiglaciale viene convenzionalmente collocata intorno a 10.000 anni fa, quando il definitivo ritiro dell'inlandsis dall'Europa centrale consentì l'entrata dell'acqua salata del Mare del Nord nell'area del Baltico, determinando la trasformazione del lago glaciale in mare, caratterizzato dalla presenza di Yoldia.
L'economia fondata su caccia, pesca e raccolta imponeva ai gruppi del Paleolitico superiore un modo di vita mobile. Di tale mobilità distinguiamo due forme principali: una funzionale a una strategia opportunistica, che si realizzava con lo sfruttamento di tutte le risorse di un determinato territorio in modo non pianificato, in relazione alla loro accessibilità. In questo caso l'esaurimento delle risorse intorno ad un campo residenziale imponeva di cambiare il territorio spostando il campo. Nell'altra forma, la mobilità era funzionale a una strategia pianificata, messa in atto partendo da un campo residenziale su un territorio definito: gruppi specializzati frequentavano campi temporanei, utilizzati per scopi ben determinati. In questo caso si realizzava una gerarchizzazione dei siti: i campi-base erano circondati da campi effimeri. Contrariamente alle ipotesi di alcuni etnologi, non osserviamo nel corso del Paleolitico superiore un'evoluzione lineare da strategie opportunistiche a strategie pianificate. Nella fase antica i sistemi abitativi non erano gerarchizzati; i campi-base, prevalentemente temporanei, erano formati da strutture abitative non molto elaborate. Nella fase media, in particolare nel Gravettiano, l'organizzazione dei sistemi abitativi era più complessa; in alcune regioni i campi-base semipermanenti erano costituiti da strutture d'abitato molto elaborate. Intorno a questi campi-base si trovavano vari siti occupati temporaneamente, specializzati nella caccia, nell'estrazione o nella trasformazione dei materiali litici, o in altre attività. Nella fase recente nelle regioni occidentali atlantiche i cacciatori maddaleniani adottavano sistemi abitativi organizzati secondo strategie logistiche, funzionali all'aggregazione e alla dispersione dei gruppi umani secondo ritmi stagionali. Viceversa, nell'Epigravettiano orientale la mobilità degli abitati era legata a strategie di sussistenza prevalentemente opportunistiche. In questo caso le dimensioni dei campi-base, occupati da famiglie mononucleari, erano ridotte. Questa varietà riflette i processi di adattamento delle strategie di sussistenza e delle strutture sociali alle condizioni ambientali. La steppa-tundra e la foresta-tundra, con abbondante biomassa, rappresentata soprattutto dalla grossa selvaggina (mammut, renne), favorivano la caccia collettiva e specializzata, praticata secondo un ritmo stagionale. Nelle foreste la caccia era invece un'attività individuale, prevalentemente opportunistica, associata in determinate stagioni alla pesca e alla raccolta. Va anche tenuto presente che gli ambienti periglaciali consentivano l'immagazzinamento delle carni, mentre gli ambienti temperati non permettevano la loro conservazione per tempi lunghi. La zonazione latitudinale dell'Eurasia, soprattutto nel corso dell'Interpleniglaciale e del Tardiglaciale, favorì gli spostamenti stagionali dei gruppi umani, che seguivano le migrazioni della selvaggina (in primo luogo delle renne) tra la grande pianura europea e i plateaux. Un altro tipo di mobilità stagionale interessava i grandi massicci montuosi (Alpi, Alpi Dinariche, Pirenei), dove i gruppi umani si spostavano dalle vallate, occupate in inverno e in primavera, alla montagna, frequentata in estate e in autunno. Questa forma di mobilità, praticata già nella fase antica del Paleolitico superiore (Aurignaziano), si sviluppò soprattutto nel Tardiglaciale (Epigravettiano recente). Le differenti strategie di occupazione e sfruttamento del territorio influenzarono le strutture dei siti. Spesso le unità abitative si articolavano, all'interno di una struttura di protezione (tenda, capanna) posta intorno a un focolare, in una zona di attività e in una zona riservata al riposo; all'esterno si trovavano aree polivalenti e cumuli di rifiuti. Le strutture di protezione furono anche in questa età condizionate da fattori ambientali, dal modo di vita e soprattutto dal grado di stabilità delle reti di insediamenti. Questi fattori influenzarono inoltre le scelte dei materiali da costruzione (rappresentati soprattutto da pietra e legno nelle regioni occidentali, da osso e avorio nell'Europa centroorientale), la tipologia delle strutture (capanne semisotterranee, capanne a livello del suolo, tende leggere) e l'organizzazione interna dei campi (abitazioni singole o agglomerati di abitazioni). Nella fase media del Paleolitico superiore, soprattutto nel Gravettiano orientale, si ebbero le strutture più elaborate, quali le grandi capanne dell'Ucraina, costruite con ossa di mammut. In alcuni casi tali strutture formarono veri protovillaggi, costruiti secondo un piano prestabilito intorno a una fila di focolari che costituivano l'asse principale dell'agglomerato, come a Kostenki I e ad Avdeevo. Questo fenomeno fu reso possibile dalla stabilità delle reti d'abitato gravettiane, assicurata dall'abbondanza della selvaggina e dalla possibilità di immagazzinamento degli alimenti. Le condizioni mutarono nel Tardiglaciale, in seguito all'estinzione della fauna più grande, determinando una mobilità via via crescente dei cacciatori.
Le nostre conoscenze sulla cultura materiale del Paleolitico superiore si fondano soprattutto sui manufatti litici, che sono i meglio conservati e i più abbondanti, e sui manufatti ricavati da materiali duri animali, come l'osso e l'avorio. I materiali litici, particolarmente la selce, furono oggetto di approvvigionamento sistematico fin dall'inizio, mediante miniere a cielo aperto e sotterranee. Le più antiche miniere a cielo aperto in Europa datano all'Aurignaziano (Monte Avena, nelle Alpi venete), mentre le prime miniere sotterranee attualmente note sono quelle egiziane, datate intorno a 30.000 anni fa. Mentre nell'Aurignaziano l'economia delle materie prime sembra essere stata opportunistica, nel Gravettiano orientale l'approvvigionamento delle materie prime divenne sistematico: ad esempio, nel Pavloviano della Moravia dall'80 al 95% di manufatti litici era ricavato da selce proveniente dalla Slesia (100- 250 km di distanza). Un'analoga tendenza si registra per il Maddaleniano: le materie prime venivano acquisite prevalentemente durante gli spostamenti stagionali legati alla caccia e di conseguenza lo spettro dei materiali extra-locali e meso-locali era ampio e la forma dei materiali importati varia. Nel Paleolitico finale, soprattutto nello Swideriano, si stabilirono sistemi di approvvigionamento sovraregionali. Le catene operative erano rivolte soprattutto alla produzione di supporti laminari e lamellari mediante lo sfruttamento dell'intero volume dei nuclei; dai supporti venivano ricavati strumenti e armature differenziati. Contrariamente all'opinione corrente, la lavorazione della pietra mediante politura, il cui inizio viene di solito attribuito al Neolitico, non era del tutto ignota nel Paleolitico superiore. I gruppi epigravettiani della Pianura Russa e del bacino danubiano svilupparono questa tecnica di lavorazione soprattutto per la fabbricazione di strumenti utilizzati per la triturazione di alimenti vegetali o di sostanze coloranti, come macine e mortai. Già nella fase più antica del Paleolitico superiore si sviluppò la lavorazione delle materie dure animali: una tecnica di distacco mediante profondi solchi longitudinali consentiva di ricavare da palchi di renna e di altri Cervidi supporti a forma di bacchetta, poi trasformati mediante raschiatura e politura in punte di zagaglia o in altri strumenti. Questa tecnica fu perfezionata nella fase recente (soprattutto nel Maddaleniano), quando si sviluppò anche un'altra tecnica, consistente nel fabbricare punte di zagaglia, propulsori e arponi mediante intaglio e politura. Le evidenze archeologiche dirette di utilizzo del legno sono molto rare, anche se questo materiale ebbe senza dubbio un ruolo importante ovunque, tranne forse nelle regioni dominio della tundra e della steppa. Le evidenze paleolitiche sono limitate alle strutture abitative (buche di palo) e all'illuminazione all'interno di grotte decorate: nella Grotta di Lascaux vi sono tracce di legni bruciati lungo le pareti rocciose. Si tratta probabilmente di torce impiegate per illuminare la volta e la fascia superiore delle pareti. L'uso di fibre vegetali è documentato da ottimi anche se rarissimi reperti: i frammenti di corde carbonizzate (Lascaux e Mezirič) e le impronte di graticci e di tessuti recentemente segnalati nel Gravettiano della Moravia (Pavlov e Dolní Věstonice), dovuti ad intrecci serviti a fabbricare recipienti, stuoie e anche elementi del vestiario. Le fibre venivano ricavate dalla corteccia dell'ontano o del tasso, o da piante erbacee come l'ortica e Asclepias. Nel Gravettiano orientale (della Moravia e della Pianura Russa) vi sono esempi di un utilizzo dell'argilla per la fabbricazione di statuette zoomorfe e antropomorfe cotte intenzionalmente in forni speciali a temperature comprese tra 500 e 800 °C. Tuttavia in questi siti non sono stati trovati recipienti di ceramica, sconosciuti prima dello sviluppo della cultura di Jomon (Giappone) intorno a 9000 anni fa. Questa nozione è forse destinata a mutare in seguito alle scoperte fatte negli strati aurignaziani (datati tra 32.000 e 26.000 anni fa) della Grotta 1 di Klisura (Grecia), nei quali sono state segnalate conche rivestite di ceramica appositamente preparata, cotta a temperature di circa 600 °C, che possono essere state utilizzate come recipienti. Segnaliamo inoltre i frammenti di un recipiente d'argilla nell'Epigravettiano (datato intorno a 14.000 anni fa) della Grotta Kapovaja (Urali).
Le scarse informazioni sull'abbigliamento derivano dalle rappresentazioni di abiti che compaiono in alcune figure umane e dall'interpretazione di insiemi di oggetti ornamentali venuti alla luce in sepolture (la disposizione degli oggetti ornamentali sullo scheletro può suggerire che al momento del sotterramento il cadavere indossasse vesti alle quali essi erano fissati). Nelle quattro sepolture di Sungir´ (Russia), datate tra 25.000 e 22.000 anni fa, numerose file di dischetti d'avorio (ben 3500 nella sepoltura maschile) poggiano sugli scheletri, suggerendo che i cadaveri fossero stati sepolti con manti decorati. Nella Grotta del Gabillou (Dordogna) l'incisione nota come la Femme à l'Anorak ("Donna con la giacca a vento") rappresenta una figura femminile abbigliata con uno spesso mantello munito di cappuccio che la copre interamente, tranne il viso; anche le statuette femminili di Mal'ta (Siberia) mostrano mantelli di pelliccia. Le fila di conchiglie marine disposte sul cranio dei defunti in alcune sepolture liguri (Balzo della Torre I, Grotta del Caviglione, Barma Grande II e III, Grotta dei Fanciulli III e IV e del cosiddetto Giovane Principe delle Arene Candide) sono quanto resta di copricapi a forma di cuffia; copricapi simili sono suggeriti anche da alcune statuine femminili gravettiane (Brassempouy nelle Landes, Willendorf nell'Austria Inferiore). Le figure maschili epigravettiane incise nella Grotta dell'Addaura (Sicilia) portano invece cappucci e astucci penici fissati con funicelle. Gli oggetti ornamentali del Paleolitico superiore sono rappresentati da conchiglie marine di specie viventi o fossili, da denti di mammiferi o da oggetti ricavati da materie dure animali (osso, avorio) o da pietre forate, ritagliate o scolpite. Venivano adoperati in serie per formare collane o bracciali, oppure isolati come pendenti. Le conchiglie marine di specie viventi venivano raccolte lungo le spiagge, scegliendo le specie più appariscenti per colorazione o per forma, e tra queste preferendo gli esemplari di certe dimensioni, forati dai parassiti o da altri animali, mentre sono poche le conchiglie sicuramente forate intenzionalmente. L'uso di conchiglie marine di specie viventi è più frequente nei siti vicini alle coste; tuttavia in certi momenti (Protoaurignaziano e Aurignaziano antico, Solutreano, ecc.) le conchiglie sono presenti anche in siti ben lontani dal mare, come nelle Prealpi venete (oltre 100 km dalle coste attuali), in Dordogna (oltre 200 km), e anche a Krems-Hundssteig, nell'Austria Inferiore (oltre 450 km). Nei siti lontani e molto lontani dalle coste si trovano spesso conchiglie fossili, talora associate a conchiglie di specie viventi. I denti dei mammiferi appartengono talora alle specie più frequentemente cacciate, talora a specie rare come i carnivori; i denti umani sono stati utilizzati solo eccezionalmente. È evidente la preferenza accordata ad alcuni denti selezionati per la loro forma, come canini e incisivi. Per fissarli o appenderli veniva praticato un foro oppure una solcatura alla base della radice. In alcuni casi sono state trovate anche imitazioni di denti, ricavati da avorio, da osso o da blocchetti di steatite. Tra gli altri oggetti ornamentali si ricordano anzitutto quelli prodotti e utilizzati in serie, come dischetti, cilindretti e piccole sfere che formavano bracciali o collane. Oltre a questi, vi sono oggetti più elaborati, che avevano evidentemente un diverso significato, ritagliati da ossa animali (rondelle forate e figure di cavalli del Maddaleniano) o scolpiti (stilizzazioni della figura femminile di Dolní Věstonice, ecc.). Spesso gli oggetti ornamentali vengono trovati nei depositi antropici disposti disordinatamente tra altri manufatti, residui di combustione, resti di pasto: in Dordogna essi sono presenti in un terzo dei siti aurignaziani, in un quarto dei siti gravettiani, solutreani e maddaleniani antichi e nella metà dei siti maddaleniani recenti. L'uso di oggetti ornamentali era dunque ben diffuso: possiamo pensare che essi fossero adoperati per comunicare al proprio gruppo o ad altri gruppi l'appartenenza ad un'etnia, ad una classe, ad uno stato sociale, la funzione nell'ambito del gruppo o anche particolari attitudini o condizioni economiche. Nel caso di alcune sepolture delle grotte dei Balzi Rossi e di quella del cosiddetto Giovane Principe delle Arene Candide, tutte in Liguria, che presentano lo stesso tipo caratteristico di pendagli ("a doppia oliva", emisferici decorati da strie) e lo stesso tipo di cuffia decorata da conchiglie, gli oggetti ornamentali indicano probabilmente l'appartenenza a una determinata etnia. È anche probabile che alcuni oggetti ornamentali avessero un significato magico, fossero cioè amuleti. Non è possibile sapere se i riti funebri, ben documentati nel Paleolitico superiore, fossero praticati per tutti i defunti o fossero riservati a determinate categorie. Secondo l'indagine condotta da H.V. Vallois su un numero limitato di sepolture di tutti i complessi culturali del Paleolitico superiore, la loro distribuzione per classi di età e per sesso suggerirebbe che queste due categorie non costituivano dei criteri di discriminazione. Sepolture sono presenti in tutte le fasi del Paleolitico superiore, ma quelle oggi conosciute sono relativamente poche e hanno una distribuzione geografica e cronologica non uniforme. In alcune aree e in alcune età sono rare (Aurignaziano, Solutreano), in altre relativamente frequenti (Epigravettiano italico recente). Quasi sempre i cadaveri venivano deposti entro fosse apposite scavate più o meno profondamente (fino a 50-70 cm) nei siti, spesso in posizione allungata e supina, più raramente ripiegati o molto rattratti. L'ocra polverizzata veniva usata di frequente, in tutta la fossa o solo in alcune parti (in corrispondenza della testa o anche del bacino), sotto e talora anche sopra il cadavere. In quasi tutte le sepolture è presente un corredo, costituito prevalentemente da strumenti d'uso comune. Sono frequenti gli oggetti ornamentali, che talora decoravano il cadavere o le vesti con cui era stato deposto; più rari sono gli oggetti decorati e le opere d'arte. Nelle sepolture protoaurignaziane della Cueva Morin in Cantabria è documentata la deposizione di cibi carnei (grazie al singolare processo di fossilizzazione che ne ha consentito la conservazione). In qualche caso il capo del defunto veniva protetto da una piccola cista; in altri casi dopo l'interramento del cadavere veniva costruita una sorta di tumulo, probabilmente con la funzione di indicare il luogo della sepoltura. Si tratta di cumuli di pietre nelle sepolture protoaurignaziane della Cueva Morin, di una superficie di pietre in parte dipinte nella sepoltura epigravettiana recente del Riparo Villabruna (Alpi venete), di una protezione formata da due lastre di pietra disposte a tetto che poggiavano su un muricciolo nella sepoltura maddaleniana di Saint-Germain-la-Rivière (Dordogna). Le informazioni sui riti di seppellimento sono dunque limitate alla preparazione della fossa, alla deposizione del cadavere e del corredo, all'interramento e in qualche caso alla costruzione di una sorta di tumulo. Al di sopra dei tre cadaveri della sepoltura multipla gravettiana di Dolní Věstonice II fu costruita una copertura lignea, incendiata alla fine della cerimonia. Non è escluso che almeno nella fase recente del Paleolitico superiore siano state predisposte aree sepolcrali. In questo senso potrebbero essere interpretati alcuni ritrovamenti dell'Epigravettiano recente: quindici sepolture datate intorno a 11.500 anni fa della Grotta delle Arene Candide (Liguria); quattro sepolture, due delle quali bisome, datate intorno a 10.500 anni fa del Riparo del Romito (Calabria); cinque sepolture della Grotta di San Teodoro (Sicilia). Va ricordato come nella Grotta delle Arene Candide e nel Riparo del Romito, quando nello scavare una fossa per una nuova sepoltura si incontrò lo scheletro di un precedente inumato, le ossa di quest'ultimo furono accuratamente raccolte e ricomposte. Accanto alle sepolture vanno ricordati i casi di rituali relativi a resti scheletrici, trattati come reliquie: si vedano in proposito il cranio isolato della Grotta del Mas d'Azil (Pirenei), deposto in una nicchia dopo che nelle orbite erano state inserite due placchette d'osso e le ossa umane colorate con l'ocra di Grotta Polesini (Lazio) e di Grotta Paglicci (Gargano).
Le evidenze archeologiche offrono alcuni spunti che possono guidarci nell'elaborazione di modelli relativi all'organizzazione sociale dei gruppi umani del Paleolitico superiore. Una prima considerazione riguarda il rapporto tra gruppi umani e territorio. L'analisi tipologica e strutturale delle industrie del Paleolitico superiore porta a riconoscere entità tassonomiche a due differenti livelli: le unità maggiori (come il Gravettiano occidentale, il Solutreano, il Maddaleniano, ecc.) sembrano espressione di sistemi di adattamento a condizioni ambientali, mentre le unità minori, distinte sulla base di una omogeneità tecnica, morfologica e strutturale più accentuata, sembrano corrispondere a gruppi umani legati da rapporti filetici. Spesso queste unità minori sono diffuse in micro- o mesoregioni ben definite dal punto di vista geografico: possiamo pensare, in questi casi, che la regione sia stata frequentata per un certo periodo da gruppi di cacciatori, che avevano adottato lo stesso sistema di adattamento all'ambiente e che erano legati dalla medesima tradizione culturale. La struttura delle società del Paleolitico superiore fu fortemente influenzata anche dalla demografia. Il popolamento umano era discontinuo: le evidenze archeologiche suggeriscono che determinate regioni (come nell'Aurignaziano e nel Maddaleniano la Dordogna o nel Gravettiano la valle del Danubio presso Krems e la sezione della valle del Don presso Kostenki) abbiano ospitato per periodi abbastanza lunghi grosse concentrazioni di individui, separate da ampi territori quasi deserti, dove le tracce di frequentazione antropica indicano presenze sporadiche. Nel territorio francese si trovano circa 400 siti maddaleniani, ma oltre 300 di essi sono nel Sud-Ovest e ben 110 nel solo Périgord. Le ipotesi sulla densità demografica di un determinato sito sono basate principalmente sul numero e sulle dimensioni delle strutture abitative. Gli accampamenti più semplici sono di solito rappresentati da un focolare circondato da una concentrazione di manufatti, scarti di lavorazione e resti di pasto; a volte si sono conservate anche tracce di una copertura (buche di pali, altri sostegni, ecc.). Lo studio dei resti faunistici spesso suggerisce il carattere stagionale di queste abitazioni, che si pensa ospitassero da 5 a 10 persone. Gli accampamenti più complessi, formati da più focolari o da varie capanne circondate da strutture che delimitano l'area dell'abitato, sono ben più rari: nei siti gravettiani di Cracovia-via Spadzista si tratta di 2 capanne, a Dolní Věstonice I in Moravia di 6 capanne, ad Avdeevo in Ucraina di 8-10 capanne. Gli studiosi, tenendo conto delle dimensioni delle singole abitazioni, del numero dei focolari e di altri elementi, hanno ipotizzato nel primo caso da 6 a 10 abitanti, nel secondo da 100 a 150, nel terzo da 32 a 50. In un caso il numero degli abitanti è stato desunto da resti scheletrici umani: si tratta della Grotta Maszycka presso Cracovia, dove i resti scheletrici di 16 individui, distribuiti irregolarmente su tutta la superficie dell'abitato e recanti tracce di cannibalismo rappresentano forse l'intero gruppo, del tutto sterminato. J. Hahn ha proposto un numero di abitanti per alcuni siti aurignaziani dell'Europa centrale fondandosi sulle possibilità alimentari offerte dagli animali consumati nel sito, tenuto conto della durata dell'occupazione: nei siti occupati per un anno intero il numero va da 5 abitanti per Langmannersdorf B, nell'Austria Inferiore, fino a 54 per Vogelherd V, nel Giura svevo. Si deve quindi concludere che il numero di individui di un accampamento variava sensibilmente, da poche persone appartenenti ad un nucleo familiare a gruppi più numerosi, che potevano arrivare anche a 200 persone. Questi gruppi maggiori potevano essere stabili, come nei grandi accampamenti gravettiani dell'Europa centro-orientale, oppure riunirsi soltanto in alcuni periodi, in occasione di determinate ricorrenze o per svolgere attività collettive. Un ulteriore argomento in favore delle prevalenti instabilità e mobilità dei gruppi di cacciatori del Paleolitico superiore è costituito dall'eterogeneità biologica messa in evidenza dagli studi paleoantropologici di insiemi di resti scheletrici della medesima provenienza. Questa variabilità si attenua soltanto nella fase terminale del Paleolitico superiore. Il sito gravettiano di Dolní Věstonice I in Moravia è il solo in cui le evidenze archeologiche suggeriscano una differenziazione sociale all'interno del gruppo: in una capanna posta a monte dell'accampamento, al di fuori del recinto, si trovavano un forno per la cottura di statuette d'argilla e un numero considerevole di tali statuette e di oggetti ornamentali. Questa capanna è stata interpretata come l'abitazione dello stregone, che doveva avere un ruolo particolare nella società di cacciatori dell'accampamento. Come stregoni sono state interpretate anche alcune figure incise o dipinte di uomini mascherati, abbigliati con spoglie di animali, come il "piccolo stregone" e lo "stregone musico" della Grotta dei Trois-Frères (Ariège). Le evidenze archeologiche suggeriscono una divisione del lavoro all'interno del medesimo sito e l'esistenza di siti specializzati. Sono note località dove la selce veniva estratta e subiva una prima lavorazione e officine litiche all'interno dei siti. Nel sito maddaleniano di Pincevent (Seine-et-Marne) le officine litiche sono differenziate tra loro: alcune erano riservate ad artigiani più abili, altre ad apprendisti, come è messo in evidenza dall'esame tecnologico dei residui di lavorazione. È possibile pensare che i grandi santuari rappresentati dalle grotte dipinte della Francia meridionale e della Cantabria fossero il luogo d'incontro, per determinate cerimonie o ricorrenze, dei gruppi che avevano messo in comune le risorse per la loro realizzazione. Sembra certo che vi si svolgessero cerimonie di iniziazione, data la presenza di impronte di piedi di ragazzi più numerose rispetto a quelle degli adulti su alcune superfici argillose interne, come nel Réseau René Clastres della Grotta di Niaux (Ariège). Altre cerimonie all'interno dei santuari ipogei sono suggerite dai pannelli dei contours inachevés (insiemi di incisioni disposte disordinatamente, spesso sovrapposte e illeggibili, su un'area ben circoscritta, realizzate da un gran numero di visitatori del santuario) e da ritrovamenti quali le "lampade" e altri oggetti eccezionali (zagaglie maddaleniane del pozzo della Grotta di Lascaux in Dordogna). La realizzazione di grandi cicli pittorici unitari, come quelli di Lascaux o di Altamira, o di complessi di incisioni come quelli di Limeuil in Dordogna o della Grotta del Parpalló presso Valencia, richiese certamente un'organizzazione complessa (il gruppo di artisti doveva essere mantenuto, rifornito di coloranti e fissatori, di torce e lampade per l'illuminazione, di legname e di corde per le impalcature, ecc.), che poteva essere garantita soltanto da un gruppo sociale ampio ed efficiente. Anche l'esistenza di centri di formazione degli artisti, supposta per la costanza di alcuni dettagli figurativi o stilistici nell'ambito di una regione o in aree più vaste, costituisce un ulteriore argomento nello stesso senso. Il comportamento simbolico dei cacciatori del Paleolitico superiore trova la massima espressione archeologica nella produzione artistica. Le opere d'arte mobiliare, ricavate da supporti di pietra, d'avorio, d'osso o di legno, incisi, scolpiti o dipinti, più raramente modellate nell'argilla e quindi cotte, provengono spesso dallo scavo dei depositi antropici e sono quindi riferibili ad un preciso contesto archeologico. Opere d'arte parietale si sono trovate all'interno di grotte, talora in ripari sotto roccia, eccezionalmente anche su pareti esposte. La massima densità dell'arte parietale si riscontra nella "provincia franco-cantabrica" (130 siti segnalati in Charente, Périgord, Quercy, Landes, Pyrénées, Guipúzcoa, Biscaglia, Cantabria, Asturie); pochi altri siti sono segnalati in altre regioni della Francia e della Spagna, in Portogallo, Italia, Romania e Russia. A differenza delle opere mobiliari, quelle parietali sono prive di un contesto che ne consenta la datazione; perciò gli autori hanno proposto vari criteri per poterne determinare l'età. Oltre a criteri che si sono rivelati di difficile e incerta applicazione, come quello della sovrapposizione di incisioni o di pitture realizzate in momenti successivi, gli autori hanno generalmente adottato criteri stilistici desunti per lo più dalle opere d'arte mobiliare datate; ma da alcuni anni le sostanze organiche (leganti animali, carbone di legna) utilizzate nelle pitture possono essere datate al ¹⁴C con il metodo dell'acceleratore (AMS). Le prime scoperte di arte mobiliare paleolitica, effettuate in Svizzera e in Dordogna, risalgono al 1860. Nel 1878- 79 venivano segnalate per la prima volta opere d'arte parietale nella Grotta Chabot (Ardèche) e nella Grotta di Altamira (Cantabria); ma la grande maestria tecnica e la raffinata bellezza delle pitture policrome di quest'ultima indussero la scienza accademica a considerarle dei falsi, fino a che, a cavallo del 1900, nuove scoperte fatte nelle grotte della Dordogna ne dimostrarono l'autenticità. Il maggior studioso di arte paleolitica della prima metà del XX secolo, H. Breuil, stabilì un primo quadro cronologico, distinguendo un "ciclo aurignaco-perigordiano" e un "ciclo solutreo-maddaleniano". A. Leroi-Gourhan propose in seguito, sempre su basi stilistiche desunte dalla cronologia delle opere mobiliari, una suddivisione più dettagliata: periodo prefigurativo, corrispondente al Castelperroniano, nel quale compaiono oggetti con sequenze di tacche ritmate; periodo primitivo, corrispondente all'Aurignaziano e al Gravettiano, nel quale compaiono le prime opere figurative, con due stili (I e II); periodo arcaico, corrispondente al Solutreano e al Maddaleniano antico, con alcuni tra i maggiori complessi scultorei e pittorici realizzati secondo i canoni del III stile; periodo classico, corrispondente al Maddaleniano medio e recente, al quale appartiene la maggior parte delle grotte decorate con figure realizzate nel IV stile. Al I stile sono state riferite profonde incisioni venute alla luce in alcuni siti del Sud-Ovest della Francia, raffiguranti molto sommariamente e rozzamente animali spesso irriconoscibili e genitali umani. Nel II stile le figure animali e umane sono realizzate partendo da una linea cervico-dorsale molto sinuosa, alla quale vengono aggiunti i tratti che consentono l'identificazione della figura animale (bisonte, cavallo, mammut, stambecco, ecc.) o umana; la sezione centrale del corpo è sproporzionatamente grande rispetto alla testa e alle estremità. A questo stile vengono attribuite le più antiche figure parietali (Pair-non-Pair nella Gironda, Gargas nei Pirenei settentrionali). Nel III stile le figure sono rappresentate con corpo enorme, testa ed estremità piccole; ad esso vengono attribuiti cicli pittorici di straordinaria bellezza, quali la Grotta di Lascaux in Dordogna e La Pasiega in Cantabria. Con il IV stile le figure assumono un maggiore realismo: gli animali sono resi integralmente, con proporzioni reali e con molti particolari, ma isolati; la figura umana è spesso ridotta alla parte centrale del corpo e rappresentata di profilo. A esso sono attribuiti grandi siti, come i ripari con fregi scolpiti di Angles-sur-l'Anglin nella Vienne e di Cap Blanc in Dordogna, le grotte dipinte o incise di Font-de-Gaume e Les Combarelles in Dordogna, di Niaux, dei Trois-Frères e di Montéspan nell'Ariège, di Altamira e del Castillo in Cantabria. Verso la fine del Maddaleniano la produzione artistica è quasi esclusivamente mobiliare; gli animali vengono resi con grande realismo (fin nei particolari anatomici) e vivacità. La fine del Paleolitico superiore segna anche la rapida fine della produzione artistica. Alcune scoperte più recenti hanno tuttavia modificato questo quadro. Nuovi ritrovamenti fatti nell'alto bacino del Danubio (grotte Geissenklösterle e Hohlenstein-Stadel nel Baden-Württemberg) hanno dato statuette zoomorfe e antropomorfe scolpite nell'avorio datate a 32.000-30.000 anni fa, che ampliano il quadro della produzione mobiliare aurignaziana della regione; tra queste strutture vi è la straordinaria rappresentazione di un uomo con testa leonina. Ancora più straordinario l'insieme delle pitture parietali, datate intorno a 31.000 anni fa, della Grotta Chauvet (Pont-d'Arc) nell'Ardèche: esse costituiscono un ciclo pittorico che si stacca per contenuti dalla gran parte della produzione dell'area franco-cantabrica, in quanto le pitture, realizzate con grande forza espressiva, rappresentano soprattutto felini, rinoceronti e altri animali che possono aggredire l'uomo. Il quadro complessivo dell'arte aurignaziana è dunque molto più vario e comprende espressioni di una cultura figurativa già matura, che doveva possedere un bagaglio tecnico ampiamente sperimentato. Un'altra scoperta ha modificato il quadro dell'arte parietale: lungo i versanti della valle di Foz Côa, in Portogallo, sono venute alla luce migliaia di incisioni paleolitiche realizzate all'aperto, in piena luce, che ripetono gli stessi temi dell'arte ipogea. È possibile che in altre regioni la natura del supporto roccioso e l'erosione non abbiano consentito la conservazione di opere analoghe. Gli animali sono rappresentati frequentemente nell'arte paleolitica: si tratta di mammiferi (soprattutto cavalli e bisonti, seguiti da mammut, uri, cervi, renne, stambecchi, camosci, cinghiali, leoni, lupi, orsi, ghiottoni), pesci (salmoni, trote), anguille, rettili, batraci, uccelli (civette, gufi). La renna, rara nell'arte parietale, è invece frequente nell'arte mobiliare. Accanto ad animali identificabili, vi sono figure di animali immaginari ("liocorno" della Grotta di Lascaux). Le raffigurazioni antropomorfe comprendono figure umane spesso incomplete (statuine femminili gravettiane, o "veneri"); figure di genitali prevalentemente femminili; mani riprodotte sia in negativo sia in positivo; figure in parte umane in parte animali, di solito interpretate come rappresentazioni di uomini mascherati ("stregone" della Grotta dei Trois-Frères, con occhi di uccello notturno, corna e orecchi di cervo, torso e coda di cavallo, zampe al posto delle mani, piedi umani); figure fantastiche ("fantasmi", con volto circolare e piccoli cerchi al posto di occhi e naso). Accanto ad animali e figure antropomorfe altre raffigurazioni si riferiscono ad oggetti identificabili (frecce impennate, giavellotti) o meno (claviformi, scutiformi, tettiformi, rettangoli campiti, ecc.). Nell'interpretazione dell'arte paleolitica sono emerse due tendenze principali. Una tendenza tradizionale, che ha avuto in H. Breuil e P. Graziosi i maggiori sostenitori, vede nelle raffigurazioni l'evocazione di fatti reali: l'accoppiamento, la femmina gravida, l'animale inseguito e colpito in parti vitali del corpo da giavellotti o da frecce, l'uomo morto accanto al bisonte ferito a morte (Lascaux), ecc. Tali figure avrebbero un significato magico, propiziatorio della riproduzione dei mammiferi di interesse alimentare, della caccia, della perpetuazione del gruppo di appartenenza, di interdizione dei pericoli rappresentati dai carnivori, ecc. Respingendo l'interpretazione tradizionale, A. Leroi-Gourhan e A. Laming-Emperaire hanno analizzato quasi 1800 gruppi di animali o di oggetti, individuando associazioni costanti alle quali i due autori attribuiscono un significato mitologico, che viene riportato da A. Leroi- Gourhan al simbolismo religioso, da A. Laming-Emperaire a un simbolismo che esprimerebbe la struttura sociale dei cacciatori. Gli studiosi fin qui citati considerano l'arte paleolitica come un fenomeno unitario e di conseguenza propongono criteri ermeneutici uniformi; ma più recentemente J.K. Kozłowski (1992) ha sostenuto la necessità di prendere in esame le opere d'arte paleolitiche nel contesto socio-culturale in cui nascono, contesto che può essere ricostruito soltanto attraverso l'analisi delle evidenze archeologiche. Lo studio dei santuari paleolitici ipogei dell'Europa occidentale (63 grotte decorate contenenti 2260 figure riunite in 985 gruppi) ha portato a concludere che raramente essi sono decorati all'entrata; in questa zona si trovano talora sequenze di punti o di tratti, dipinti forse come indicazioni topografiche. Nella parte interna sono collocate la composizione principale, nella quale sono associate figure animali e "segni", talora sormontata dalla figura isolata dello "stregone", e il pannello dei contours inachevés (una superficie ristretta nella quale centinaia di graffiti in gran parte illeggibili si intrecciano e si sovrappongono, probabilmente un'area riservata alle iniziative dei visitatori). Le figure animali più rare, come quelle dei carnivori, si trovano sempre nascoste in nicchie oscure. Le grotte-santuario non furono abitate; le tracce di frequentazione sono quelle lasciate dagli artisti che le hanno decorate (corda intrecciata sul fondo del pozzo di Lascaux, lampade, mozziconi di torce, coloranti, bulini) o dai visitatori (impronte di adulti e spesso di bambini a Fontanet, nel Reseau René Clastres della Grotta di Niaux).
Aurignaziano - L'Aurignaziano si affermò in Europa nella seconda parte dell'Interpleniglaciale würmiano, tra l'interstadio di Hengelo-Les Cottés (38.000-35.000 anni fa) e l'interstadio di Denekamp-Arcy (32.000-28.000 anni fa). È una grande entità tassonomica, ben caratterizzata sotto vari aspetti: modo di vita, industrie, evidenze di comportamenti simbolici, diffusa in Europa dall'Oceano Atlantico agli Urali, nelle regioni occidentali atlantiche (Paesi Baschi, Cantabria, Pirenei; Sud-Ovest, Centro-Est e Centro-Nord della Francia; bacino della Mosa in Belgio), nelle regioni mediterranee occidentali e centrali (Catalogna, Occitania, Provenza, Liguria; penisola italiana e Pianura Padana; Penisola Balcanica), nell'Europa centrale (alto bacino del Danubio, medio bacino del Reno, Austria Inferiore, Moravia, bacino carpatico) e nell'Europa orientale (Moldavia, Ucraina, valle del Don). È segnalato anche nel Vicino Oriente. Nello sviluppo dell'Aurignaziano è possibile distinguere una prima fase (Protoaurignaziano), alla quale vanno riferiti i ritrovamenti anteriori a 34.000 anni fa, limitati ad alcune regioni che sembrano suggerire le direttrici di diffusione dell'uomo moderno in Europa. A una seconda fase (Aurignaziano "classico", o Aurignaziano antico e Aurignaziano evoluto) appartengono i ritrovamenti datati al periodo freddo pre-Arcy e all'interstadio di Arcy, in cui i complessi aurignaziani raggiungono la massima diffusione. Ad una terza fase (Aurignaziano tardo) appartengono i ritrovamenti datati al II Pleniglaciale, tra 27.000 e 20.000 anni fa; questi ultimi sono limitati ad alcune aree ristrette, nelle quali i complessi aurignaziani persistono, mentre nelle regioni finitime si affermarono i complessi gravettiani. Gli schemi di periodizzazione dell'Aurignaziano classico, il più noto dei quali fu proposto da D. Peyrony nel 1934 per il Périgord, sembrano avere un significato meramente locale. L'industria litica aurignaziana è caratterizzata da nuove strategie di sfruttamento di noduli e blocchi di selce (di forma tendente al parallelepipedo), rivolte alla produzione di supporti laminari e lamellari. I manufatti elaborati mediante ritocco possono essere classificati in due categorie: strumenti e armature. Ai primi, su supporto laminare o su scheggia, appartengono bulini (caratteristici quelli a biseau carenato e i bulini busqués), grattatoi (caratteristici quelli carenati e su "lame aurignaziane"), lame ritoccate. Le armature ricavate da lamelle venivano inserite in supporti lignei per ottenere armi da getto, strumenti per raschiare, per tagliare o per incidere. L'analisi tipologica ha dimostrato la notevole varietà di queste armature. L'avorio e l'osso sono stati lavorati ricavandone strumenti e oggetti decorati. Oltre a punteruoli, zappe e ad altre forme, sono significative soprattutto le punte di zagaglia, che D. Peyrony aveva assunto come elementi diagnostici delle varie fasi della periodizzazione proposta per l'Aurignaziano del Périgord. Col termine sagaie à base fendue ("zagaglia a base spaccata"), la punta di zagaglia più antica, vengono indicate due forme diverse: la punta che presenta alla base una fenditura in senso longitudinale e la punta che presenta alla base due alette separate mediante lo stacco di una piccola porzione di materia prima (languette). Le zagaglie a base integra, di varia forma (comprendente cioè le zagaglie losangiche a sezione piatta, a sezione ovale e biconiche e le zagaglie di Mladeč, con base arrotondata, sezione piatta e massima larghezza ad un terzo circa della lunghezza), comparvero invece più tardivamente. In quasi tutti i siti dove Musteriano e Aurignaziano sono presenti è evidente un brusco passaggio dal primo al secondo complesso; se tra i due si interpone un'industria "di transizione", il limite netto si colloca comunque con la comparsa dell'Aurignaziano. È ancora aperto il problema della formazione dell'Aurignaziano: le evidenze archeologiche associate ai proto-Cromagnonoidi della Palestina (scheletri di Qafzeh e Skhul, datati intorno a 100.000 anni fa, che dal punto di vista fisico possono essere considerati gli antenati dei Cromagnonoidi portatori dell'Aurignaziano) non si differenziano, per quanto riguarda modo di vita, strutture abitative, attività e industrie, da quelle dei Neandertaliani; soltanto il comportamento simbolico consente di considerarli anche sotto l'aspetto culturale dei precursori dell'uomo moderno. Non siamo quindi in grado di stabilire dove e quando si siano sviluppati gli altri aspetti della cultura che abbiamo indicato come caratteristici dell'Aurignaziano e più in generale del Paleolitico superiore europeo. Considerando che l'uomo moderno era presente in Palestina intorno a 100.000 anni fa, si è ipotizzato che la sua diffusione in Europa si sia realizzata attraverso la Penisola Balcanica; assumono perciò un grande interesse le serie stratigrafiche di due grotte bulgare, Bacho Kiro e Temnata, nelle quali una brusca trasformazione culturale, datata al ¹⁴C col metodo dell'acceleratore a 39.000-37.000 anni fa, marca la comparsa dell'uomo moderno: l'industria litica, sottostante l'Aurignaziano antico, è francamente leptolitica (prodotti laminari, associazione tipologica di grattatoi, bulini, lame ritoccate, presenza di lamelle) ed è associata a manufatti su osso e a oggetti ornamentali (Protoaurignaziano balcanico o Bachokiriano). Approssimativamente alla stessa età risalgono le prime occupazioni aurignaziane distribuite entro una banda latitudinale che va dal Veneto (grotte di Fumane e di Paina, con datazioni a 38.000-35.000 anni fa) e dall'Austria Inferiore (Krems-Hundssteig, 35.000 anni) alla Liguria (Riparo Mochi, >35.000 anni), alla Provenza, alla Linguadoca (Esquicho- Grapau, 34.500 anni) e alla Catalogna (Arbreda e altre grotte catalane, 40.000 anni), caratterizzate dall'importanza assunta dalla produzione lamellare finalizzata alla confezione di armature e dalle conchiglie marine contemporanee. Nell'Europa centrale sembra possibile identificare una terza area protoaurignaziana nel bacino del Danubio (Geissenklösterle, nel Giura svevo, 40.000-33.000 anni, forse Willendorf II nell'Austria Inferiore e Istállóskő nei monti Bükk). In alcune regioni finitime l'Aurignaziano si propaga in momenti successivi; questo processo è stato ben studiato soprattutto in Francia, dove la zonazione pollinica e le datazioni radiometriche hanno consentito di stabilire una sorta di linea di demarcazione tra territorio neandertaliano, con industrie musteriane o castelperroniane, e territorio dell'uomo moderno, con industria aurignaziana. L'area dell'uomo moderno, all'inizio limitata alle regioni mediterranee, va progressivamente estendendosi verso nord, mentre l'area neandertaliana si restringe; un'oscillazione del confine tra le due aree determina l'interstratificazione tra Castelperroniano e Aurignaziano, segnalata in due grotte del Lot (Roc de Combe e Le Piage). In Italia le datazioni radiometriche registrano un fenomeno analogo, che vede la diffusione dell'uomo moderno, associato all'industria protoaurignaziana, dall'area settentrionale verso sud. Nelle regioni occidentali atlantiche e del Mediterraneo occidentale e centrale al Protoaurignaziano segue l'Aurignaziano "classico" (così chiamato perché è l'Aurignaziano del Sud- Ovest della Francia, ben studiato e descritto nei primi decenni del XX secolo da H. Breuil, J. Bouyssonie e D. Peyrony). Nei depositi di riferimento (Riparo di La Ferrassie, Abri Pataud, Riparo del Flageolet) l'Aurignaziano I occupa il periodo climatico molto rigido che precede l'interstadio di Arcy, mentre l'Aurignaziano II, III e IV occupano l'interstadio di Arcy; le datazioni al ¹⁴C indicano un'età di 33.000-30.000 anni per l'Aurignaziano antico e di 30.000-28.000 anni per l'Aurignaziano evoluto. Nella penisola italiana a industrie caratterizzate da piccole armature di varia tipologia, che richiamano il Protoaurignaziano mediterraneo, segue l'Aurignaziano antico classico. Nel Lazio esso è rappresentato da un'industria contraddistinta dallo sfruttamento di ciottoli di selce spiaggiati, tagliati con una tecnica di scheggiatura particolare (percussione diretta del nucleo appoggiato su incudine); gli strumenti sono ricavati da schegge corticate ("calotte"), schegge laminari e, raramente, da lame (Circeiano). I siti occidentali sono quasi sempre all'interno di ripari sotto roccia e mostrano focolari ben strutturati; nella Cueva Morin sono venute alla luce la base di una capanna a pianta rettangolare e, al di fuori della capanna, quattro sepolture; nella zona atriale della Grotta di Fumane la volta, in corrispondenza di strutture abitative, era decorata con ocra. Nell'Europa centrale e nei Balcani lo sviluppo dell'Aurignaziano diede luogo a industrie differenziate, con prevalenza rispettivamente di grattatoi carenati, grattatoi a muso, bulini e strumenti su scheggia. Nelle regioni lössiche i siti sono quasi sempre all'aperto; le capanne, piuttosto ampie, avevano pianta ovale ed erano seminterrate. In aree montuose sono stati segnalati accampamenti di caccia, caratterizzati da focolari associati a un numero elevato di zagaglie d'osso (punte di Mladeč) e da pochi manufatti litici; alcuni di essi si trovano a quote relativamente alte (Grotta Potocka, nei Caravanche, 1700 m s.l.m.). Negli accampamenti aurignaziani la caccia ai mammiferi di media e grossa taglia era alla base dell'economia. In alcuni siti (Fumane) sembra essersi sviluppata la caccia agli uccelli; in altri si affermano la pesca lungo i torrenti (ai Salmonidi) o la pesca e la raccolta dei molluschi marini eduli lungo le coste. Nei siti protoaurignaziani le prede erano abbastanza differenziate: nelle regioni meridionali venivano cacciati l'uro, il bisonte, il cervo, il cavallo; ai piedi delle Alpi, soprattutto lo stambecco e il cervo. Il periodo freddo che precedette Arcy vide una modificazione delle associazioni faunistiche e conseguentemente un adattamento dei gruppi di cacciatori, che in alcune regioni si orientarono verso forme di caccia specializzata: nell'Europa centro-occidentale alla renna (nei siti occidentali la frequenza della renna varia dall'83% al 95%), nell'Europa orientale al mammut. Varie considerazioni inducono a ritenere la struttura dell'abitato aurignaziano stabile all'interno di territori delimitati, nei quali si ritrovano sia i campi-base, frequentati per tutto l'anno, sia i siti secondari specializzati nella caccia o nell'approvvigionamento di materiali litici. Sul Monte Avena (Alpi venete, 1430 m s.l.m.) è venuta alla luce una miniera di selce a cielo aperto con annessa officina litica; ma solitamente le officine si trovano all'interno dei siti. Le sepolture attribuite con certezza all'Aurignaziano sono poche. Nelle quattro sepolture della Cueva Morin un processo di fossilizzazione eccezionale ha determinato la sostituzione dei cadaveri (comprese le parti molli) con un sedimento molto fine, ben distinto da quello circostante soprattutto per la colorazione più scura e intensa. In fosse distinte si trovavano i modelli di un individuo di grande statura (Morin I) e di individui sensibilmente più piccoli, con evidenti tracce di mutilazioni, ai quali erano associate offerte funebri. Le tombe furono ricoperte con una sorta di tumulo. Tre sepolture, probabilmente aurignaziane, vennero in luce nel 1868 nel Riparo di Cro-Magnon (Dordogna); una di esse conteneva lo scheletro del "vegliardo". Secondo A. Palma di Cesnola (1993) all'Aurignaziano antico potrebbero appartenere alcune sepolture dei Balzi Rossi, scavate nel XIX secolo e ben documentate, tranne che dal punto di vista stratigrafico. È incerto se i resti scheletrici di più individui venuti in luce nella Grotta di Mladeč (Moravia), associati a industria dell'Aurignaziano evoluto, siano significativi di riti funebri. Un cenno a parte va fatto per l'Aurignaziano del Vicino Oriente: il primo Aurignaziano della Palestina, datato tra 36.000 e 28.000 anni fa, è caratterizzato dal grande sviluppo delle armature lamellari.
Gravettiano - L'inizio del II Pleniglaciale würmiano, intorno a 30.000 anni fa, vide una riunificazione culturale dell'Europa, dalle coste atlantiche agli Urali. Questa riunificazione si realizzò con l'affermarsi del Gravettiano, complesso caratterizzato nell'industria litica dalla standardizzazione dei procedimenti di fabbricazione delle lame e delle lamelle da nuclei prismatici di vario tipo e da nuclei subpiramidali, dallo sviluppo delle armature ottenute mediante ritocco erto e da quello dei microliti geometrici. Anche la produzione artistica mobiliare, pur nella diversità stilistica, mostra contenuti ampiamente diffusi in tutta Europa, come le statuette antropomorfe femminili. Questo fenomeno può essere interpretato in modo diverso: come effetto di processi di adattamento agli ambienti periglaciali dei gruppi culturali della fase antica del Paleolitico superiore; oppure come risultato della diffusione di nuove idee o anche di migrazioni che potrebbero aver avuto come origine il medio bacino del Danubio, presumibilmente il principale centro primario del Gravettiano. Le innovazioni riguardano soprattutto la tecnologia della caccia, cioè l'approvvigionamento dei materiali, i modi di produzione dei supporti e la morfologia delle armature confezionate per le armi da getto (zagaglie e, probabilmente, frecce). Le armature litiche (gravettes, microgravettes e loro varietà, come le punte dei Vachons) sono ricavate da supporti regolari (lame e lamelle a lati subparalleli; faccia ventrale piatta, dalla quale talora veniva eliminata la parte prossimale; sezione triangolare o trapezoidale; spessore massimo coincidente con l'asse), mediante ritocco erto diretto o bipolare, che negli esemplari più caratteristici si trova in corrispondenza dell'asse del supporto e ha un andamento leggermente curvo. La riduzione della sagoma aumentava la capacità di penetrazione senza indebolire la punta e al tempo stesso ne rendeva più facile l'inserimento nell'asta. Queste innovazioni tecnologiche si diffusero abbastanza velocemente in larga parte dell'Europa; nei singoli siti le novità dovettero imporsi con grande rapidità, dal momento che non sono note industrie di transizione di una certa consistenza.
Gravettiano occidentale - Nelle regioni occidentali atlantiche il paesaggio del II Pleniglaciale fu dominato dalla forestatundra; nelle vallate più riparate si formarono ampie aree di rifugio. I cacciatori gravettiani, che avevano come preda i branchi di renne, si spostavano ciclicamente tra la costa atlantica e il Massiccio Centrale in piccoli gruppi che occupavano per lo più ripari sotto roccia; alcuni siti all'aperto hanno restituito tracce di piccole tende leggere. Nei depositi la renna rappresenta l'85-98% dei mammiferi cacciati; ad essa si aggiungono, nei siti pedemontani del Massiccio Centrale e dei Pirenei, lo stambecco e il camoscio. Soltanto in brevi periodi a clima artico e arido compaiono tra la fauna esemplari di specie molto fredde come l'antilope saiga. Le serie stratigrafiche dei ripari di La Ferrassie e Pataud, in Dordogna, consentono di stabilire la sequenza del Gravettiano occidentale, diffuso nelle regioni occidentali atlantiche e nelle regioni del Mediterraneo occidentale e centrale. Già D. Peyrony nel 1933 propose una sequenza del "Perigordiano superiore" (denominazione proposta nell'ambito della teoria del Perigordiano, che concepiva i complessi gravettiani come la fase recente di una tradizione culturale iniziata col Castelperroniano, ritenuto un "Perigordiano inferiore"), basandosi sull'interpretazione delle sequenze dei Ripari di La Ferrassie e di Laugerie-Haute; questo schema di periodizzazione fu poi corretto in seguito allo scavo dell'Abri Pataud. Le fasi della sequenza sono caratterizzate dalla presenza, accanto a gravettes e microgravettes, di altri manufatti considerati come fossili-guida. Nel Gravettiano antico (corrispondente al Perigordiano IV di D. Peyrony), al quale si attribuisce una datazione a circa 28.000 anni fa, sono presenti fléchettes (piccole punte a simmetria bilaterale, ricavate da lamelle mediante ritocco erto marginale). Nel Gravettiano evoluto (Perigordiano V) compaiono le punte dei Vachons (varietà di gravettes caratterizzate da ritocchi piatti complementari inversi di punta e di base) e vengono distinti: un livello a punte di La Font-Robert (punte peduncolate: Perigordiano V1), datato a circa 27.000 anni fa; un livello a lame a dorso troncate (Perigordiano V2); un livello a bulini di Noailles (piccoli bulini su troncatura a stacchi microlamellari spesso gemini, con ritocco d'arresto: Perigordiano V3), datato a circa 26.000 anni fa. La sequenza è chiusa dal Gravettiano finale (Perigordiano III di D. Peyrony, o Perigordiano VI di H.L. Movius e D. de Sonneville- Bordes) e dal Protomaddaleniano di D. Peyrony (o Perigordiano VII di H.L. Movius e D. de Sonneville-Bordes), datato a 24.000-22.000 anni fa. In Italia i siti gravettiani residenziali si trovano in Liguria e lungo la penisola, dove prevaleva un ambiente steppico, con ampie aree di rifugio delle specie arboree. Le prede catturate durante la caccia erano varie: dal cinghiale agli Equidi, ai Bovidi. In alcune grotte dei Monti Berici il Gravettiano è rappresentato da pochi manufatti, quasi tutte armature, che suggeriscono battute di caccia di gruppi alloctoni. Importanti sequenze sono venute in luce in Liguria nel Riparo Mochi, in Campania nelle grotte della Cala e della Calanca e in Puglia nella Grotta Paglicci; esse suggeriscono l'affiliazione al Gravettiano occidentale. Secondo A. Palma di Cesnola (1993), alla base si trova un "Gravettiano indifferenziato" a gravettes e microgravettes (Mochi f 3-6, Cala b I-II, Calanca B, Paglicci 22-23), all'incirca coevo del Gravettiano antico occidentale. Alla fase evoluta del Gravettiano appartengono numerosi ritrovamenti distribuiti lungo il versante tirrenico della penisola (Mochi D in Liguria, Laterina e Massaciuccoli in Toscana, Grotta della Cala Q e Grotta della Calanca A in Campania), caratterizzati dalla presenza di bulini di Noailles (o di forme simili, paranoailles, in Campania), mentre il Gravettiano finale è rappresentato da un'industria "indifferenziata", cioè priva di tipi speciali. Le regioni adriatiche non hanno viceversa dato industrie a Noailles, come se gli Appennini avessero costituito una sorta di barriera; nel Gargano la sequenza gravettiana di Grotta Paglicci inizia con un'industria "indifferenziata" datata intorno a 28.000-27.000 anni fa, alla quale seguono un'industria con due punte peduncolate che si confronta con le punte di La Font-Robert (25.000 anni fa), un'industria a lamelle a dorso e troncatura (23.000-21.000 anni fa) e, infine, un'industria a dorsi angolari (20.000 anni fa).
Gravettiano dell'Europa centrale (Pavloviano) - Il Gravettiano del medio Danubio (o Pavloviano, dal sito di Pavlov nella Moravia meridionale) è noto in grandi siti, come, oltre a Pavlov, Dolní Věstonice, Prédmostí e Milovice in Moravia; la sua evoluzione è ben documentata dalla serie di Willendorf II nell'Austria Inferiore, datata a 30.000-25.000 anni fa. L'industria litica è caratterizzata da catene operative finalizzate alla produzione di lame e lamelle da materiali di provenienza settentrionale (Slesia, Polonia meridionale). I supporti laminari venivano trasformati in grattatoi, bulini, lame ritoccate, troncature, coltelli a dorso, punte a dorso. La sequenza di Willendorf II consente di distinguere varie fasi: una più antica, caratterizzata dalla presenza di fléchettes (strato 5); una seconda, con lame ritoccate e punte a faccia piana (strati 6 e 7); infine, una più recente, con punte à cran (strato 9). I siti moravi, come Pavlov, mostrano come tra 26.000 e 24.000 anni fa si collochi una fase ricca di microliti (lamelle a dorso, segmenti e triangoli scaleni). L'industria su materie dure animali è abbondante: zagaglie a corpo cilindrico, pale ricavate da ossa di mammut, asce ottenute da palchi di renna, cunei d'avorio, lisciatoi, ecc. Vari e ricchi sono anche gli oggetti ornamentali (diademi, bracciali, pendagli, perle, ecc.); è presente una produzione artistica antropomorfa (statuine femminili, dette "veneri") e zoomorfa. Dai siti di Dolní Věstonice e Pavlov provengono alcune migliaia di statuette o frammenti di statuette di argilla, cotta in speciali forni. In Moravia, i siti pavloviani sono collocati al margine di valli fluviali, a quote di 200-300 m s.l.m. Alcune strutture sono abbastanza grandi e presentano all'interno più focolari. I siti di Dolní Věstonice I, Milovice e, probabilmente, Prédmostí si trovano in prossimità di grandi cumuli di ossa di mammut, la cui origine non è ben chiara. Non pare trattarsi di resti di pasto o di residui di scarnificazione, come si è supposto per molto tempo, ma piuttosto di ossa raccolte nella steppa-tundra e utilizzate come riserva di materiale per costruzioni o combustibile. Non si può nemmeno escludere l'ipotesi che si tratti di "cimiteri" naturali di mammut, che potrebbero aver attirato l'attenzione dei gruppi gravettiani e determinato la collocazione dei siti. Le prede erano soprattutto lepri, volpi, renne, lupi e cavalli. Il centro danubiano del Gravettiano fu probabilmente all'origine di più ondate di diffusione che contribuirono alla formazione di altri gruppi gravettiani. Intorno a 27.000 anni fa la diffusione verso occidente del Gravettiano (Pavloviano) a fléchettes potrebbe aver dato origine al Gravettiano a fléchettes delle regioni occidentali atlantiche (Bayaziano di F. Lacorre, Perigordiano IV di D. Peyrony). Tra 26.000 e 20.000 anni fa varie ondate gravettiane verso la Penisola Balcanica sembrano registrate nella sequenza della Grotta di Temnata. Tra 24.000 e 22.000 anni fa i centri gravettiani della Moravia sembrano trasferirsi verso la Slovacchia occidentale, la Slesia e il bacino superiore della Vistola. In questa fase, caratterizzata dalle punte à cran (a tacca basale) si sviluppò la caccia al mammut e si realizzò un processo di adattamento a condizioni climatiche più rigide. Dalla fase a punte à cran del Pavloviano derivò il Kostenkiano, diffuso nella Pianura Russa, con centri nel medio bacino del Don. L'industria litica è ricavata quasi esclusivamente da selce importata della migliore qualità; ad essa sono associati numerosi oggetti ornamentali d'osso, avorio, calcare e, soprattutto, una produzione artistica antropomorfa e zoomorfa molto evoluta e realistica, per la quale furono utilizzati materiali differenti, come pietra, avorio, osso e anche argilla cotta. Gli abitati erano molto stabili e comprendevano anche protovillaggi organizzati secondo piani precostituiti, come Kostenki I (strato superiore) e Avdeevo. Il Kostenkiano si sviluppò probabilmente fino all'acme del II Pleniglaciale, per poi scomparire abbastanza bruscamente successivamente ai 20.000 anni fa. Considerando l'insieme dei centri gravettiani dell'Europa centro-orientale, si osserva che il loro sviluppo si interruppe intorno a 24.000 anni fa in Moravia e nell'Austria Inferiore, intorno a 22.000-21.000 anni fa in Slovacchia occidentale e nella Polonia meridionale, ancora più tardi nella Pianura Russa. Complessi postgravettiani - I profondi cambiamenti ambientali e territoriali realizzatisi con l'acme del II Pleniglaciale würmiano, tra 20.000 e 18.000 anni fa, determinarono la migrazione dei gruppi di cacciatori che popolavano l'Europa centro- settentrionale e l'area compresa tra la fronte dell'inlandsis e i ghiacciai alpini; di conseguenza, i gruppi di cacciatori che popolavano le foreste-tundra delle regioni occidentali atlantiche furono isolati dai gruppi della tundra e delle steppe orientali e svilupparono due complessi culturali originali (Solutreano e Maddaleniano) che non hanno riscontro nelle altre regioni, dove persistettero complessi di derivazione gravettiana, definiti perciò col termine di Epigravettiano.
Solutreano e Maddaleniano delle regioni occidentali atlantiche - Nelle regioni atlantiche, tra il Belgio e la Spagna, il paesaggio vegetale tra l'acme del II Pleniglaciale e gli interstadi temperati del Tardiglaciale (Bølling e Allerød) era dominato dalla foresta-tundra e dalle steppe; vi erano tuttavia numerose aree a parco e zone di rifugio. In questo ampio territorio, abbastanza differenziato, la caccia alla renna era l'attività più largamente praticata. Tra 21.000 e 18.000 anni fa (con qualche attardamento successivo, soprattutto in Spagna) si sviluppò il Solutreano, complesso di industrie caratterizzato dal largo impiego del ritocco piatto, adottato sia per ottenere armature tipiche, sia per elaborare strumenti di uso comune come grattatoi, bulini, becchi. La tipologia delle armature a ritocco piatto ("punte foliate") ha consentito ad H. Breuil nel 1912 di riconoscere nel Solutreano una sequenza, caratterizzata alla base (Solutreano inferiore, datato intorno a 21.000 anni fa) da punte "a faccia piana", quindi (Solutreano medio, datato intorno a 20.000 anni fa) da punte "a foglia di lauro", infine (Solutreano superiore, datato intorno a 19.000 anni fa) da punte a "foglia di salice" e da punte solutreane à cran. Nella fase tarda (fino a 17.000 anni fa) il Solutreano iberico presenta anche punte foliate bifacciali a base concava e punte peduncolate. L'industria su osso è costituita da zagaglie biconiche, cilindro-coniche, a base sbiecata e bastoni forati; nel Solutreano superiore comparvero per la prima volta aghi con cruna. Le opinioni degli studiosi circa l'origine del Solutreano sono divise: alcuni ritengono che costituisca un fenomeno intrusivo nel Paleolitico superiore occidentale e derivi da migrazioni di gruppi nord-occidentali (G. Freund, J.K. Kozłowski), mediterraneo-occidentali (Ph.E.L. Smith) o iberici (M. Otte); secondo G. Laplace, l'origine andrebbe invece vista nel Gravettiano occidentale, in seguito a una rapida e massiccia adozione della tecnica di ritocco piatto. I siti solutreani si trovano in ripari sotto roccia e all'aperto; le prede di caccia sono rappresentate soprattutto dalla renna e dal cavallo (dal cervo e dallo stambecco nella Penisola Iberica). Al Solutreano della Dordogna appartengono grandiosi insiemi di blocchi scolpiti (Roc-de-Sers, Fourneau du Diable). Nelle medesime regioni, nel periodo immediatamente successivo all'acme del II Pleniglaciale würmiano, tra 18.000 e 15.000 anni fa, e nel Tardiglaciale, tra 15.000 e 11.000 anni fa, si sviluppò il Maddaleniano. H. Breuil (1912), D. Peyrony (1938) e A. Cheynier (1949) consideravano il Maddaleniano un'entità omogenea, suddivisa in fasi caratterizzate da fossiliguida litici e su materie dure animali. Questa periodizzazione è valida ancora oggi per la Dordogna. Il Maddaleniano antico (Maddaleniano 0, I, II, III), di età pleniglaciale, ben definito nella serie del Riparo di Laugerie-Haute, è caratterizzato nell'industria litica da raclettes (schegge a ritocco erto periferico continuo), lamelle a dorso e triangoli scaleni; nell'industria su osso e avorio da zagaglie a base sbiecata e aghi. Il Maddaleniano superiore (Maddaleniano IV, V, VI), di età tardiglaciale, da bulini "a becco di pappagallo", da bulini "a becco di flauto", da "punte di Laugerie-Basse" e da piccole punte à cran lungo. In questa fase i manufatti ricavati da materie dure animali sono numerosi e vari; molti sono splendidamente decorati. Vi sono arponi ad un ordine di denti intagliati nel fusto (Maddaleniano IV), ad un ordine di denti isolati (Maddaleniano V), a due ordini di denti appaiati o alterni (Maddaleniano VI), associati a punte di zagaglia a base sbiecata (Maddaleniano IV) o con doppia sbiecatura (Maddaleniano V e VI), propulsori, bastoni forati, spatole, ami, aghi, ecc. Alcune forme sono caratteristiche di determinate regioni, come le bacchette a sezione semicircolare (ricavate dal corno della renna, venivano usate in coppia con l'inserimento di armature di selce, in modo da ottenere una forma simile a quella dell'arpone), tipiche della regione pirenaica. La sequenza maddaleniana chiude con l'Aziliano (in passato considerato il primo termine della sequenza mesolitica del Sud-Ovest francese), datato tra 12.000 e 10.000 anni fa, che compare in un contesto ambientale temperato. L'industria litica è caratterizzata da grattatoi frontali molto corti (ad unghia, a ventaglio, semicircolari, circolari), "punte aziliane" (punte o bipunte più o meno allungate), segmenti e triangoli ottenuti con la tecnica del microbulino. L'industria su materie dure animali non è abbondante; è caratteristico un arpone ricavato da corno cervino, corto, tozzo e piatto, con pochi denti disposti su uno o entrambi i lati. Nel Sud-Ovest francese e in Cantabria gli abitati maddaleniani si trovano spesso in grandi ripari sotto roccia; nel Nord della Francia sono segnalati accampamenti all'aperto occupati stagionalmente, formati da varie unità abitative coperte da tende leggere sostenute da strutture di legno (Pincevent, Etiolles). Gli scavi molto accurati di questi abitati (Leroi-Gourhan - Brézillon 1972) hanno dato un eccezionale insieme di informazioni sul modo di vita, sull'economia, sulle strutture abitative e sulle industrie dei cacciatori di renne maddaleniani.
Epigravettiano delle regioni mediterranee dell'Europa - Nella Penisola Iberica penetrarono il Solutreano e il Maddaleniano occidentali, dando luogo in Cantabria alla formazione di complessi francamente solutreani e maddaleniani, nella Valencia di un complesso solutreo-gravettiano. Nelle regioni centromeridionali si svilupparono invece complessi legati alla tradizione gravettiana (Epigravettiano iberico). La valle del Rodano segnava il confine tra l'area culturale solutreo-maddaleniana e l'area centro-mediterranea, nella quale la tradizione gravettiana persistette sino alla fine del Tardiglaciale. Quest'area abbracciava regioni ben differenziate dal punto di vista ecologico: regioni influenzate dal clima oceanico, come la Provenza e il versante tirrenico della penisola italiana; regioni a clima mediterraneo come la Calabria e la Sicilia; regioni influenzate dal clima continentale-balcanico, come le Prealpi e la Valle Padana, il Carso, l'Istria e la Dalmazia. L'Epigravettiano di quest'area conservò i modi di sfruttamento dei materiali litici, le morfologie dei supporti, le tipologie di strumenti e di armature proprie del Gravettiano occidentale, assimilando qualche elemento innovatore. Nella fase antica, di età pleniglaciale, comparvero punte "a faccia piana" (o "punte areniane", così chiamate dalla Grotta delle Arene Candide), ricavate da lame, con una o due estremità appuntite, e soprattutto punte à cran ottenute mediante ritocco erto: è questo un fenomeno riportabile alla diffusione delle punte à cran in quasi tutta l'Europa, sia nel Solutreano sia nelle industrie di tradizione gravettiana. Nella fase recente, in corrispondenza degli interstadi di Bølling e di Allerød, l'Epigravettiano assimilò forme di tipo aziliano, quali i grattatoi frontali molto corti e circolari, i coltelli a dorso curvo, le piccole armature triangolari e a forma di segmento ottenute con la tecnica del microbulino. Questo fenomeno segnò la fine dell'isolamento dovuto alle condizioni territoriali e ambientali del Pleniglaciale, preludendo alla formazione dei complessi mesolitici. In alcune regioni della penisola italiana (Liguria, Lazio, Salento) l'aspetto di tipo aziliano delle industrie è particolarmente marcato, tanto da giustificare l'adozione del termine Romanelliano (da Grotta Romanelli in Terra d'Otranto) per designarle. Le condizioni ambientali delle varie regioni trovano riscontro nella differenziazione dei mammiferi di caccia dei siti di età pleniglaciale e tardiglaciale precedenti gli interstadi temperati. Nelle regioni occidentali (Provenza) e orientali (Slovenia, Croazia) penetrò la renna, che in alcuni siti prevale largamente sugli altri mammiferi di caccia. Lungo il versante tirrenico della penisola italiana prevale lo stambecco sul cervo, mentre lungo quello medio-basso adriatico lo stambecco risulta associato a cavallo, asino e uro. Nei siti prealpini è ancora lo stambecco a prevalere su bisonte, uro e alce. Le modificazioni territoriali e ambientali degli interstadi temperati determinarono anche cambiamenti ambientali e conseguentemente modificazioni delle associazioni faunistiche; tra le prede dei cacciatori dell'Epigravettiano recente prevalgono generalmente cervi, caprioli e cinghiali. Le modificazioni dell'ambiente favorirono inoltre forme originali di adattamento del modo di vita e dell'economia. Nella regione prealpina-alpina si instaurarono sistemi logistici che in inverno e in primavera sfruttavano i territori di fondovalle, dove venivano cacciati cervi, caprioli e cinghiali, mentre in estate e in autunno lo spostamento dei gruppi di cacciatori sulla media montagna consentiva la caccia agli stambecchi. Nei siti costieri della Campania e della Puglia si osserva generalmente un incremento della raccolta dei molluschi marini eduli; a Grotta Romanelli un ruolo significativo ebbero le risorse dell'ambiente lagunare formatosi sulla piattaforma continentale durante la trasgressione versiliana.
Epigravettiano dell'Europa centro-orientale - Il deterioramento delle condizioni climatiche nel corso della massima trasgressione dell'inlandsis, tra 20.000 e 18.000 anni fa, determinò una rarefazione dell'abitato umano nell'Europa centrale, soprattutto a causa di migrazioni dei gruppi gravettiani verso le regioni orientali e meridionali. L'Epigravettiano del bacino danubiano è rappresentato tra 19.000 e 12.000 anni fa dal Sagvariano, che prende nome dal sito di Ságvár, sul lago Balaton, in Ungheria. Questa industria, nota nell'Austria Inferiore, in Ungheria e in Slovacchia, è caratterizzata dalla frequenza di grattatoi e di strumenti a dorso ricavati da rocce locali, soprattutto da radiolariti provenienti da ghiaie alluvionali. Si riscontrano ripetute occupazioni dei medesimi siti, nei quali venivano praticate attività specializzate (macellazione delle prede, attività domestiche, officine litiche), come mostrano i ritrovamenti di Grubgraben e di Ságvár; la cacciagione era rappresentata soprattutto dalla renna e dal cavallo. Parallelamente al Sagvariano, nel bacino del medio Danubio (Moravia, Austria Inferiore, Slovacchia orientale) era presente un'industria con pochi strumenti a dorso, ricca invece di forme aurignacoidi, chiamata anche Epiaurignaziano. I siti, rappresentati da concentrazioni di manufatti talora associate a focolari, spesso costituiscono l'esito di ripetute occupazioni da parte di piccoli gruppi. La regione extracarpatica (Ucraina occidentale, Repubblica di Moldavia, Moldavia rumena) conobbe, durante l'acme del Pleniglaciale, una stabilità dell'abitato e una lunga continuità di tradizioni culturali. La più importante fu il Molodoviano (così chiamato dal sito di Molodova presso Kelmentsy, in Ucraina occidentale), diffuso su un'area estesa lungo l'asse nord-sud delle alture della Volinia, fino al corso inferiore del Prut e del Siret. I siti nel löss mostrano sequenze stratigrafiche particolarmente lunghe, che in genere cominciano con il Gravettiano precedente il Pleniglaciale e terminano con l'Epigravettiano finale nel Tardiglaciale (Molodova V, Korman IV, Mitoc-Malu Galben, Kosutsy). Gli iati che separano alcuni livelli di occupazione indicano gli spostamenti dei centri residenziali verso sud nelle fasi di peggioramento climatico; a questi spostamenti si aggiunsero migrazioni stagionali al seguito dei branchi di renne, prede preferite dagli epigravettiani della regione. Le industrie litiche, di solito dominate dai bulini, mostrano tendenze evolutive nelle quali gli elementi troncati sono seguiti dalle gravettes e, in seguito, da punte a dorso convesso. L'industria su osso e su palco di renna è abbondante e ricca soprattutto di manici per strumenti litici. Gli oggetti ornamentali sono anch'essi numerosi (soprattutto a Kosutsy), mentre la produzione artistica è scarsa ed elaborata molto sommariamente (forme antropomorfe ricavate da ciottoli). Il ritrovamento di macine potrebbe suggerire lo sviluppo della raccolta di semi di erbe selvatiche. Nella parte centrale della Pianura Russa si sviluppò la caccia al mammut. Gruppi epigravettiani ben distinti occuparono territori delimitati: nel medio bacino del Dnepr e in quello inferiore della Desna il Meziniano (così chiamato dal sito di Mezin, presso Novgorod-Seversk), nei bacini superiori della Desna e del Dnepr l'Eliseeviciano (dal sito di Eliseeviči presso Briansk). Il Meziniano è noto soprattutto grazie alle strutture d'abitato in ossa di mammut molto elaborate, scavate a Mezin, Mezirič e Dobraničevka. A Mezirič sono venute in luce quattro capanne datate intorno a 15.000 anni fa, le meglio conservate di tutto il Paleolitico superiore, con una superficie interna da 12 a 20 m²; erano coperte da una struttura in ossa di mammut che poggiava su muriccioli costruiti con crani e mandibole di mammut inseriti l'uno sull'altro. I focolari si trovavano all'interno delle capanne, che erano circondate da aree deputate a varie attività e da fosse per l'immagazzinamento degli alimenti. L'industria litica, molto semplice, contrasta con i numerosi strumenti d'osso e d'avorio, con gli abbondanti oggetti ornamentali e con la produzione artistica: caratteristici sono i bracciali con decorazioni meandriformi, le statuette antropomorfe schematiche e le ossa di mammut decorate con motivi geometrici dipinti. Anche durante l'Eliseeviciano venivano costruite grandi capanne circolari utilizzando per ciascuna da 10 a 95 carcasse di mammut. L'industria litica, dominata dai bulini ma tipologicamente piuttosto semplice, contrasta con i numerosi oggetti d'osso e d'avorio (zagaglie, bacchette, aghi con cruna, punteruoli), i più tipici dei quali sono le placchette d'avorio decorate con motivi geometrici, considerate come churingas; sono anche presenti statuette femminili.
Complessi della regione pontica e delle regioni delle steppe - La pianura orientale ad est della zona extracarpatica, tra il Mar Nero e la zona periglaciale, era caratterizzata da steppe, con foreste a galleria nelle vallate dei grandi fiumi come il Dnepr e il Don. Tra 22.000 e 15.000 anni fa questo ambiente conobbe due entità culturali: l'Aurignaziano tardo (Les´ki, Sagaidak, Muralovka, Zolotovka), caratterizzato da grattatoi aurignaziani associati a numerose lamelle a ritocchi marginali; l'Epigravettiano (Amvrosevka, Jami, Anetovka II, Bol´šaya Akkarža), caratterizzato da bulini e strumenti a dorso. Tra 15.000 e 13.000 anni fa l'Epigravettiano si sviluppò con industrie nelle quali comparvero elementi nuovi, probabilmente dovuti a influenze dalla Transcaucasia (Kamennaja, Balka I e II, Fedorovka, Kaistrovaja, Balka IV e VI), con armature geometriche (rettangoli, triangoli) simili a quelle della cultura di Imeretia in Georgia.
Complessi del Paleolitico finale della grande pianura europea - Intorno a 15.000 anni fa l'inlandsis si ritirò a nord delle attuali coste meridionali del Mar Baltico: la grande pianura europea, liberata dai ghiacci ed estesa anche alla piattaforma continentale tra Europa nord-occidentale e Isole Britanniche, fu nuovamente aperta alla colonizzazione. Nel corso dell'interstadio temperato di Bølling (13.000-12.000 anni fa) si verificarono due fenomeni importanti: la diffusione del Maddaleniano verso est, attraverso i plateaux dell'Europa centrale, con la costituzione di nuovi gruppi lungo i margini settentrionali dei medesimi plateaux, e la formazione dell'Amburgiano. A questa entità va attribuita la prima ricolonizzazione della grande pianura europea, tra Gran Bretagna e Polonia occidentale. Nell'industria litica sono presenti alcune forme caratteristiche, come punte à cran, perforatori-becchi e troncature microlitiche. I siti amburgiani rappresentano campi stagionali di caccia alla renna, frequentati soprattutto in primavera e in autunno, collocati in vallate strette e profonde in prossimità di laghi (come quella di Ahrensburg presso Amburgo, con i siti di Meiendorf, Stellmoor, Poggenwisch). Nelle Isole Britanniche il Creswelliano (da Creswell Crags, con le grotte di Mother Grundy's Parlour e Pin Hole) è caratterizzato da pezzi a dorso angolato (punte di Cheddar e di Creswell) associati a punte amburgiane à cran e arponi. Dopo il breve raffreddamento del Dryas II (12.000-11.800 anni fa), che determinò un riflusso degli abitanti della grande pianura europea, l'interstadio di Allerød (11.800-11.000 anni fa) segnò una nuova fase di ricolonizzazione della pianura, questa volta in un ambiente forestale. La pianura era suddivisa in due fasce latitudinali: a nord l'ampia piattaforma continentale del Mar Baltico, tra Germania, Danimarca e Lituania, dominio dei cacciatori di renne negli ambienti della tundra e della foresta-tundra; a sud la pianura occupata da gruppi "azilianizzati" di provenienza meridionale, appartenenti al grande complesso chiamato Federmesser (caratterizzato dalla produzione di coltelli a dorso curvo). Questi ultimi erano cacciatori non specializzati che avevano adottato tecniche di caccia individuale in ambiente forestale; le prede erano rappresentate da alci, cervi, cinghiali, uri. Il loro comportamento venatorio era dunque più "opportunista" di quello proprio dei cacciatori di renne. L'introduzione di elementi aziliani è significativa della riunificazione culturale, a scala europea, prodotta almeno in parte dal miglioramento climatico dell'interstadio di Allerød. I cacciatori di renne del bacino del Mar Baltico persistettero durante l'interstadio di Allerød, anche se le prede furono più differenziate (cavallo e alce) e alla caccia si aggiunse la pesca (luccio e pesce persico). Nell'industria litica sono caratteristiche le punte peduncolate del tipo di Lyngby. Il Lyngbiano è all'origine dei gruppi di cacciatori di renne che su quasi tutta la pianura rimpiazzarono i cacciatori del complesso a Federmesser durante l'ultimo raffreddamento del Dryas III (11.000-10.000 anni fa). I cacciatori di renne del Dryas III produssero un grande complesso a punte peduncolate esteso tra il Mare del Nord e l'Oder (Ahrensburgiano), tra l'Oder e il Dnepr (Swideriano) e nella parte centrale della Pianura Russa (Desnaniano). L'Ahrensburgiano è caratterizzato da punte piuttosto piccole con breve peduncolo ottenuto mediante ritocco bilaterale diretto, associate a troncature oblique microlitiche (punte di Zonhoven); gli strumenti d'osso e su palco di renna, abbondanti ma raramente conservatisi, sono rappresentati da arponi e zagaglie. Il sito di Stellmoor presso Amburgo suggerisce la pratica della caccia specializzata alle renne durante le loro migrazioni estive, nella quale erano utilizzati arco e frecce, costituite da aste di legno armate con punte peduncolate di selce. L'Ahrensburgiano si estese anche verso sud, nella zona dei plateaux, dove si trovano i siti invernali con prede più varie. Lo Swideriano (da Swidry Wielkie, presso Varsavia) occupò il vasto territorio comprendente Polonia, Lituania, Bielorussia e Ucraina occidentale: circa 700.000 km² con oltre 1200 siti. Sviluppatasi dal Lyngbyano-Brommiano, l'industria swideriana è caratterizzata da punte peduncolate con ritocchi ventrali piatti. La produzione di oggetti d'osso o ricavati dal palco della renna era certamente abbondante, ma purtroppo la localizzazione dei siti su sabbie eoliche non ha favorito la loro conservazione. Tuttavia nel Nord-Est della Polonia conosciamo arponi, zagaglie e altri oggetti decorati da motivi geometrici. Dello Swideriano sono noti soprattutto campi effimeri, talvolta con tracce di tende leggere, che corrispondono a campi di cacciatori distribuiti nelle regioni dove le renne si concentravano durante l'estate. Raramente sono venute in luce strutture più elaborate, corrispondenti a campi invernali (come, ad es., capanne semisotterranee). Il Desnaniano, che rappresenta l'entità più orientale del complesso, è caratterizzato dalle punte di Grensk, a dorso convesso e cran opposto al dorso. Le differenti entità del complesso a punte peduncolate all'inizio dell'Olocene si adattarono alle nuove condizioni ambientali (ad es., l'Ahrensburgiano diede origine ai complessi mesolitici dell'Europa nord-occidentale) o migrarono verso nord-est, alla ricerca degli ambienti artici.
Complessi dell'Africa settentrionale e del Vicino Oriente - L'evoluzione culturale ebbe ritmi simili nel Vicino Oriente e nell'Africa settentrionale, dove si distingue la fase che precede l'acme del II Pleniglaciale (definita Paleolitico superiore) dalla fase che lo segue, considerata come Epipaleolitico. L'acme del II Pleniglaciale, che separa le due età, in queste regioni fu caratterizzata da aridità e abbassamento delle temperature, che portarono alla rarefazione degli abitati e alla concentrazione dei siti nelle regioni costiere e nelle valli fluviali. Nel Vicino Oriente il Paleolitico superiore (40.000-20.000 anni fa) fu caratterizzato dallo sviluppo locale dell'Ahmariano, in gran parte coevo all'Aurignaziano. L'Ahmariano fu probabilmente all'origine dell'Epipaleolitico, rappresentato dal Kebariano (20.000-15.000 anni fa), seguito dal Kebariano a geometrici e quindi dal Natufiano (15.000-10.300 anni fa). Il Kebariano è un'industria microlitica con numerose lamelle a dorso, punte a dorso (punte di Falita) e punte a dorso angolato (punte di Kebara o di Jiita). L'attrezzatura per la triturazione, soprattutto mortai e pestelli, è abbondante, mentre sono abbastanza rari gli strumenti d'osso (lisciatoi, spatole, ecc.). L'economia era fondata sulla caccia (gazzelle, cervi, stambecchi) e probabilmente sulla raccolta dei legumi, dei cereali selvatici e di altre piante. I siti sono diffusi in Israele, Libano e Giordania: si tratta soprattutto di campi effimeri, collocati sia nei widyān sia sulle montagne. Il Kebariano a geometrici, benché basato sulle medesime strategie di sussistenza, presenta una maggiore differenziazione negli abitati, costituiti da siti più piccoli (15-25 m²) e da siti più grandi (100-600 m²). Nelle industrie litiche i microliti geometrici sono molto frequenti. Le fasi più tarde di questo Epipaleolitico, rappresentate dal Natufiano e da entità simili, come il Mushabiano e l'Harifiano, sembrano già rientrare nell'ambito culturale che formò la base del Neolitico preceramico. Nell'Africa settentrionale il Paleolitico superiore propriamente detto è segnalato soprattutto nelle regioni orientali, mentre nel Maghreb persistette fino a 22.000 anni fa l'Ateriano. Nell'Africa nord-orientale è rappresentato da entità tecnologicamente radicate nella tradizione levalloisiana, con una frequenza variabile di elementi leptolitici: il Khormusiano, l'Halfiano e il Gemaiano del bacino del Nilo, noti nell'Alto Egitto e nel Sudan settentrionale, sono datati tra 27.000 e 17.000 anni fa. Più a nord, nel Medio Egitto e lungo il litorale libico, sono ben rappresentate industrie laminari tipicamente leptolitiche, come quelle di Nazlet Khater in Egitto e il Dabbiano della Libia, noto nella Grotta di Haua Fteah; la prima ha dato la più antica miniera sotterranea di selce, datata intorno a 31.000 anni fa. Tra 21.000 e 17.000 anni fa in tutta l'Africa settentrionale cominciarono a svilupparsi le industrie epipaleolitiche, caratterizzate dalla produzione di lamelle elaborate mediante ritocchi erti. In Egitto, soprattutto lungo la valle del Nilo, si possono distinguere il Kubbaniyano, l'Edfuaniano, il Silsiliano e il Qadiano, con un tasso variabile di lamelle a fini ritocchi marginali (chiamati ritocchi Ouchtata), alle quali è di solito associata un'attrezzatura per triturare (mortai, macine, ecc.) che suggerisce un ruolo importante dell'alimentazione vegetale. Alcune di queste entità si svilupparono fino a 15.000 anni fa. L'Iberomaurusiano rappresenta l'equivalente di queste entità epipaleolitiche nel Maghreb, dove segue l'Ateriano ma senza rapporti filetici. Lo sviluppo dell'Iberomaurusiano copre un intervallo lungo, tra 21.000 e 10.000 anni fa. L'industria è caratterizzata dalla produzione di lamelle elaborate mediante ritocchi erti (lamelle a dorso con estremità ottuse, punte a dorso prossimale chiamate punte di La Muillah, segmenti, lamelle a ritocchi Ouchtata). Le affinità con l'Epipaleolitico della valle del Nilo hanno indotto vari studiosi a sostenere l'ipotesi di una migrazione da oriente verso il Maghreb. Scavi recenti a Tamar Hat e ad Afalu bu Rhummel hanno restituito statuette zoomorfe in terracotta. Le popolazioni iberomaurusiane praticavano la caccia ai bovini, ai caprini, alle gazzelle e la raccolta delle conchiglie. All'inizio dell'Olocene l'Iberomaurusiano fu rimpiazzato dal Capsiano.
I cacciatori-raccoglitori dell'Asia settentrionale e dell'Estremo Oriente - Il popolamento delle regioni nord-orientali dell'Asia fu relativamente tardo. I siti sono concentrati nel bacino di Aldan, dove sono state riconosciute due fasi di occupazione: la più antica, caratterizzata da industrie su ciottoli e su lamelle prodotte da nuclei gobiani (wedge-cores), potrebbe risalire a oltre 30.000 anni (Inter-Zyrianka- Sartan) o a 22.000 anni fa (inizio del Glaciale di Sartan). La più recente, caratterizzata dalla presenza di punte foliate bifacciali, è attribuita alla trasgressione di Sartan. Verso la fine di essa, intorno a 13.000 anni fa, i siti della cultura di Diuktai compaiono nel bacino di Indigirka nella Yakuzia (Berelech, sito associato a un "cimitero"di mammut). Queste due entità sono le più vicine al ponte terrestre che collegò Asia e America Settentrionale durante l'Interglaciale e durante la Glaciazione di Sartan. Il ponte, la cui larghezza variò in relazione con l'ampiezza della regressione marina, è noto come subcontinente di Beringia. I primi gruppi che giunsero nell'America Settentrionale lungo questo ponte terrestre dovettero superare il canale che separava l'inlandsis laurenziano dall'inlandsis ai piedi delle Montagne Rocciose e quindi adattarsi alle zone ecologiche del Nuovo Mondo.
Oltre alla bibl. citata s.v. Dal Paleolitico medio al Paleolitico superiore cfr. H. Breuil, Les subdivisions du Paléolithique supérieur et leur signification, in Congrès International d'Anthropologie et d'Archéologie Préhistorique, Genève 1912, pp. 165-238; Id., Quatre cents siècles d'art pariétal, Montignac 1952; P. Graziosi, L'arte dell'antica età della Pietra, Firenze 1956; D. de Sonneville Bordes, Le Paléolithique supérieur en Périgord, Bordeaux 1960; B. Klima, Dolní Věstonice. Vyzkum taboriste lovcu mumutu v letech 1947-1952 [Dolní Věstonice. Scavo di un accampamento di cacciatori di mammut nel 1947- 1952], Praha 1963; A. Leroi-Gourhan, Les réligions de la préhistoire, Paris 1964; Id., Préhistoire de l'art occidental, Paris 1965; A. Broglio - G. Laplace, Études de typologie analythique des complexes leptolithiques de l'Europe centrale. I. Les complexes aurignacoïdes de la Basse Autriche; II. 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