di Fabrizio W. Luciolli
Nonostante l’Unione Europea (Eu) e la Nato condividano ventidue Stati membri e abbiano più volte riconosciuto l’indissolubilità della sicurezza reciproca, le loro relazioni sono ancora lontane dall’aver raggiunto il livello di un reale partenariato strategico. Se per tutto il periodo della Guerra fredda la difesa dell’Europa è stata affidata alla Nato, negli anni Novanta, con lo scoppio della guerra nei Balcani, si manifesta l’esigenza dell’assunzione di maggiori responsabilità da parte dell’Europa. A tal fine due processi paralleli vengono intentati in ambito Eu e Nato. Mentre in ambito Nato il Regno Unito e altri paesi mirano a rafforzare il pilastro europeo dell’Alleanza Atlantica attraverso lo sviluppo di una Identità di sicurezza e difesa europea ‘complementare’ alla Nato e dotata di forze separabili, ma non separate, in ambito Eu la Francia si fa paladina di una posizione che intende rafforzare il ruolo dell’Unione dell’Europa Occidentale (Euo) al fine di sviluppare una Politica europea di sicurezza e difesa (Pesd) dotata di capacità ‘indipendenti’. Una dicotomia che trova un punto di sintesi nel vertice franco-britannico di Saint-Malo del 1998 nel quale si conviene sullo sviluppo di capacità per operazioni ‘autonome’ dell’Eu sulla base del principio delle cosiddette ‘3D’ enunciate dall’allora segretario di stato statunitense Madeleine Albright: no decoupling o affievolimento del legame transatlantico; no unnecessary duplication di comandi e strutture; no discrimination dei paesi non Eu ma membri della Nato, come la Turchia. Con l’assorbimento dei compiti umanitari e di soccorso, di mantenimento della pace e di gestione delle crisi all’interno dei compiti della Pesd, nel 1999 la Nato riconosce per la prima volta nel suo Concetto strategico l’Eu come un diretto interlocutore, senza il diaframma dell’Unione dell’Europa Occidentale che privata dei suoi compiti terminerà la propria esistenza nel giugno 2011.
La cooperazione tra la Nato e l’Eu viene formalizzata nel 2003 tramite un ‘pacchetto’ di accordi che prendono il nome di ‘Berlin Plus’ e che prevedono che l’Eu possa condurre operazioni autonome di gestione delle crisi, anche facendo ricorso agli assetti e alle capacità di pianificazione e di comando della Nato, nel caso in cui quest’ultima non intenda intervenire nel suo insieme. L’accordo Berlin Plus costituisce il fondamento della cooperazione pratica tra la Nato e l’Eu ed è in virtù di esso che nel 2003 l’Eu potrà lanciare la sua prima operazione di gestione di crisi nella Repubblica ex Iugoslava di Macedonia (operazione Concordia) e nel 2004 quella più impegnativa in Bosnia-Erzegovina (operazione Eufor Althea). Negli anni successivi, la Nato e l’Eu hanno progressivamente intrapreso il cammino verso una maggiore convergenza di paesi membri, ruoli e aree di azione, sviluppando una più stretta cooperazione sia di carattere istituzionale che sul piano dello sviluppo delle capacità. Il Trattato di Lisbona, entrato in vigore nel 2009, conferendo maggiore efficacia e incisività a quella che è stata ridefinita la Politica di sicurezza e difesa comune (Psdc), costituisce un primo passo verso lo sviluppo di un reale partenariato strategico. In tale prospettiva, tuttavia, permangono ancora diverse sfide da superare, di natura politica, strutturale e operativa. Sotto il profilo politico, emblematico è il caso di Cipro, membro dell’Unione Europea e semplice partner della Nato, oggetto di un contenzioso greco-turco che impedisce lo sviluppo di una piena cooperazione fra le due organizzazioni. Progressi sono stati, invero, compiuti sul piano dello sviluppo delle capacità e del coordinamento dei rispettivi programmi di Smart Defense della Nato e di Pooling and Sharing della Eu.
L’Unione Europea, in particolare, nel Consiglio Europeo del dicembre 2013 ha ribadito come la Politica di sicurezza e di difesa comune continuerà a svilupparsi in piena complementarità con la Nato nel quadro concertato del partenariato strategico. In tale occasione, è stato dato un significativo impulso allo sviluppo coordinato delle capacità nel settore della difesa attraverso una rinnovata azione dell’Agenzia europea per la difesa e facendo ricorso anche ai finanziamenti previsti dal programma Horizon 2020, che potranno essere più agevolmente destinati allo sviluppo di capacità duali. Ciò appare in linea con quanto approvato nel vertice Nato tenutosi in Galles nel settembre 2014, ove i capi di stato e di governo dell’Alleanza atlantica si sono impegnati a destinare per la difesa entro i prossimi dieci anni almeno il 2% del proprio prodotto interno lordo. Una decisione volta ad arrestare il crescente divario tecnologico tra le forze europee e quelle statunitensi che rischia di minacciare non solo l’interoperabilità fra gli alleati ma le fondamenta stesse del Legame transatlantico. A un maggior impegno da parte europea ha corrisposto nel giugno 2014 l’annuncio da parte del presidente degli Stati Uniti di una ‘European Reassurance Inititiative’, del valore di un miliardo di dollari, volta a rinsaldare il vincolo di solidarietà collettiva fra gli alleati con un’accresciuta presenza statunitense in Europa. Infine, il Legame transatlantico potrebbe trovare nella conclusione degli accordi sul Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip) ulteriori straordinarie potenzialità.
In conclusione, l’Eu e la Nato, per quanto simili nella loro composizione, non sono due organizzazioni gemelle. Riflettono Dna, storie e concezioni politiche diverse. Nonostante i risultati raggiunti, le relazioni Nato-Eu appaiono risentire ancora delle logiche competitive e di divisione dei compiti degli anni Novanta che risultano del tutto inadeguate per affrontare le minacce e le sfide del nuovo scenario di sicurezza. Oggi l’Eu e la Nato sono entrambe degli attori globali, spesso impegnati nelle stesse aree di operazioni. Al fine di dare concreta attuazione ai principi di sicurezza cooperativa e realizzare un efficace partenariato strategico tra l’Eu e la Nato, appare fondamentale porne in sinergia le rispettive capacità civili e militari, per rispondere con un approccio globale e coordinato, alle molteplici sfide che caratterizzano le moderne operazioni di stabilizzazione e ricostruzione.