Nel contesto geopolitico dell’America Latina odierna, dove la tradizionale egemonia statunitense è oggetto di duri attacchi o inedita concorrenza, la Colombia ha rappresentato più di ogni altro paese l’alleato più stretto degli Stati Uniti. Tale relazione per tanti aspetti ‘speciale’ maturò ai tempi della Guerra di Corea, quando la Colombia fu l’unico paese della regione a inviare truppe per combattere al fianco di quelle delle Nazioni Unite. Col tempo i rapporti tra i due paesi si sono sempre più consolidati, in quanto il conflitto intestino colombiano rimaneva una ferita aperta nella stabilità della regione, e la Colombia assurgeva a capitale del traffico di droga, perlopiù consumata negli Stati Uniti. Fu in tale contesto che nel 1999 il presidente Bill Clinton lanciò il ‘Plan Colombia’, un ambizioso piano volto a combattere il narcotraffico, la cui componente militare è andata col tempo imponendosi, ampliandosi sotto George W. Bush anche alla lotta contro la guerriglia. Da allora questo piano, cui col tempo è stata destinata l’enorme cifra di circa 7 miliardi di dollari, è divenuto da un lato il simbolo della stretta alleanza tra i due paesi, e dall’altro l’oggetto privilegiato degli strali delle correnti anti-Usa. Di recente, tuttavia, ossia dall’ascesa alla presidenza di Juan Manuel Santos, sembrano intravvedersi dei cambiamenti all’orizzonte, sia per effetto delle opposizioni interne agli Stati Uniti circa la ratifica di un trattato di libero commercio con la Colombia, sia per il desiderio del governo di Bogotà di alleviare le tensioni coi vicini e indurli alla cooperazione, sottraendo il paese all’isolamento cui l’ha sempre più costretto il rigido allineamento con Washington. Da ciò la ripresa di rapporti cordiali della Colombia con l’Ecuador, interrotti da quando le Forze armate colombiane avevano bombardato un accampamento della guerriglia in territorio ecuadoriano; e il miglioramento dei rapporti col Venezuela, spesso burrascosi al limite dello scontro armato negli anni della presidenza di Alvaro Uribe.