Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Tra XIV e XV secolo gli imperatori sono retrocessi al ruolo di semplici governanti della Germania. Venceslao di Lussemburgo viene deposto dagli elettori ed è eletto il fratello Sigismondo, impegnato nel superamento dello scisma della Chiesa con la convocazione dei concili di Costanza e Basilea. Con l’elezione successiva di tre membri della casata degli Asburgo, il titolo imperiale diviene ormai tradizionale appannaggio della casa austriaca. Ma neanche gli Asburgo riescono a imprimere una svolta effettiva al potere del sovrano in Germania.
Gli ultimi Lussemburgo: Venceslao e Sigismondo
Tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV, l’autorità imperiale è coinvolta nel gravissimo problema dello scisma della Chiesa d’Occidente. Nella sua opera di imperatore Venceslao di Lussemburgo, che è anche re di Boemia, ha un compito tutt’altro che facile, sia per lo scisma, sia per i dissensi interni all’impero stesso. Nel corso del suo regno non riesce a compiere gesti significativi per il superamento della crisi della Chiesa, né ottiene l’incoronazione da Roma. Ha molti nemici all’interno della Germania, che ne costruiscono l’immagine di un imperatore ubriacone e violento. Venceslao è criticato soprattutto per non sostenere adeguatamente il papa romano e per aver ceduto il controllo della Lombardia ai Visconti. Nel 1400 gli elettori lo depongono ed eleggono imperatore Roberto, conte palatino. A una Germania già dilaniata dalla scissione della Chiesa, si aggiunge la divisione tra i sostenitori del re e quelli dell’anti re. Roberto è solo una meteora nel panorama politico tedesco, in quanto muore nelle stesso anno della sua elezione e lo scisma monarchico viene superato nel 1411 con l’elezione di Sigismondo di Lussemburgo, fratello di Venceslao.
Dopo ampie concessioni al fratello, Sigismondo, ultimo imperatore della casa di Lussemburgo, deve rispondere alla domanda di legalità che viene dal Paese, dove si è affermata la legge del più forte, in una continua lotta tra signorie territoriali e città. Ma la monarchia non è assolutamente in grado di mettere ordine nel caos tedesco e Sigismondo, peraltro, è particolarmente privo di risorse. Inutilmente cerca di sviluppare una politica centralizzatrice.
Assorbito però dai problemi boemi, viene accusato dai principi di assenteismo, mentre lui a sua volta accusa i principi di scarso sostegno alla sua politica. Il suo grande progetto è quello di convocare un concilio per porre fine allo scisma e superare le divisioni religiose della Boemia. Riesce a giungere alla convocazione del concilio, ma viene, invece, duramente contrastato dagli ussiti che non gli perdonano di aver fatto condannare al rogo Jan Hus a Costanza, nonostante la concessione di un suo salvacondotto. Il risultato è che di fatto la Boemia, ribellatasi, non è più tedesca. Merito, tuttavia, di Sigismondo è quello di ridare prestigio internazionale all’istituzione imperiale grazie ai concili di Costanza e Basilea.
L’avvento degli Asburgo: Federico III
Dopo la morte di Sigismondo, il 14 marzo 1438 viene eletto imperatore Alberto II d’Asburgo. Da questo momento e per i successivi 300 anni, la corona imperiale sarà detenuta dalla famiglia degli Asburgo. Con l’elezione successiva di tre membri della casata, nel 1438, nel 1440 e nel 1486, l’impero comincia ad assumere la forma di una monarchia quasi ereditaria. Ma nonostante ciò, gli imperatori hanno scarsa possibilità d’azione. Alberto è eletto all’unanimità, ma col preciso patto di diminuire il peso e il potere delle città a favore dei principi tedeschi e di consultare gli elettori sulle questioni relative al governo dell’impero. Alberto è anche re d’Ungheria e di Boemia, ma la prima è ormai sottoposta alla pressione dei Turchi e nella seconda è respinto dagli ussiti. Muore improvvisamente il 27 ottobre 1439.
Federico III d’Asburgo è eletto imperatore nel 1440 all’età di 24 anni. I principi lo scelgono così giovane al fine di consolidare il loro potere territoriale approfittando della sua debolezza. Federico, peraltro, a causa dei problemi interni ai suoi domini, divisi tra più rami della famiglia, riceve la corona ad Aquisgrana solo due anni dopo. Ma anche successivamente è poco presente nei territori tedeschi, poiché è enormemente assorbito dalle difficoltà dei territori asburgici. Solo quando, dopo il 1463, riesce a radunare una buona parte dei domini dispersi tra le tre casate degli Asburgo, può dedicarsi alla politica imperiale, ma anche in questo caso con alterne vicende. Il suo vero grande successo politico resta il matrimonio del figlio Massimiliano con Maria di Borgogna, figlia di Carlo il Temerario e sua erede delle Fiandre e della Franca Contea. Negli ultimi anni del suo regno, Federico subisce anche l’onta di essere duramente sconfitto da Mattia Corvino che lo caccia dalle sue terre ereditarie e lo costringe a vagare per l’impero, vivendo in una condizione di miseria. Ormai anziano, il 16 febbraio 1486 acconsente all’elezione a re dei Romani di suo figlio Massimiliano. A Massimiliano, come al padre, si oppongono la Baviera e la Svizzera. Alla morte di Federico nel 1493, Massimiliano assume il titolo di imperatore e supera l’ostacolo della mancata incoronazione romana ottenendo dal papa il titolo di “imperatore eletto”.
Massimiliano d’Asburgo
L’avvento di Massimiliano sembra dare inizio a una nuova epoca. Il nuovo imperatore è un personaggio singolare, pieno di doti e ambizioni. Da un lato è un cavaliere medievale, dall’altro è già fortemente influenzato dal Rinascimento. Dalla seconda metà del XV secolo in Germania si sta ormai respirando un’aria nuova: Nicola Cusano avanza idee precise per la riforma e il rafforzamento della Dieta. Massimiliano riprende queste proposte con l’appoggio di un altro riformatore, Alberto di Magonza. Il Reichstag diventa più attivo e sembra quasi che si possa trasformare in un’assemblea nazionale. Quando Massimiliano si rivolge alla Dieta per ottenere aiuti finalizzati a fronteggiare l’avanzata dei Turchi, questa risponde chiedendo riforme. A Worms nel 1495 e nelle Diete degli anni successivi, si cerca, quindi, di porre fine al disordine endemico, dichiarando fuori legge le guerre private e raccomandando la pace generale. Per fare ciò si crea un apposito tribunale supremo imperiale e viene istituita la tassa imperiale (pfennig comune) destinata al finanziamento dell’esercito imperiale. Si prevede anche la creazione di un consiglio esecutivo permanente, la divisione dell’impero in circondari e la riunione del Reichstag annuale. Di fatto però, niente di tutto ciò verrà realizzato a eccezione del tribunale supremo.
In realtà, anche a Massimiliano, nonostante il suo attivismo e la sua ambizione, mancano risorse adeguate ed egli si dimostra sprovveduto nel governo e nelle attività economiche. Il titolo di re di Germania non gli serve a mettere ordine nella confusione che provoca il duplice ruolo che ricopre. Le pretese imperiali alla sovranità universale non fanno altro che indebolire la posizione stessa degli Asburgo come re di Germania, poiché i principi tedeschi preferiscono inquadrare la loro fedeltà in un generico contesto imperiale piuttosto che all’interno di una più rigida monarchia nazionale. Gli stessi Asburgo, d’altra parte, non fanno grandi sforzi per trasformarsi in re tedeschi. Massimiliano, invece di costruire uno stato monarchico come stanno facendo i sovrani d’Inghilterra, di Francia e di Spagna, spreca le sue energie nel perseguire le finalità universalistiche dell’impero. Dall’altra parte, è intento a una politica volta alla crescita del potere e dell’influenza della famiglia degli Asburgo, a scapito della stessa autorità imperiale. A questo proposito è celebre il giudizio che Leopold von Ranke esprime sull’imperatore: “Viveva degli interessi della sua Casa”. Capolavoro politico di Massimiliano è, secondo la tipica prassi degli Asburgo, il matrimonio del figlio Filippo il Bello con Giovanna, figlia dei re cattolici. Gli Asburgo forniscono l’esempio più brillante dei nascenti interessi dinastici, che stanno diventando la forza politica più attiva nell’Europa che si affaccia alla modernità.