Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’atteggiamento espansionista di Bayazid I suscita la reazione del forte Impero mongolo. Alla disfatta ottomana contro le armate di Tamerlano segue un breve periodo di instabilità politica, da cui l’impero si risolleva rapidamente. La rinascita della potenza ottomana, realizzata grazie al rinnovato prestigio dei sultani successivi, culmina finalmente nella conquista di Costantinopoli, nuova capitale dell’impero e centro di irradiazione della cultura e della potenza ottomana.
L’intervento mongolo e la morte di Bayazid
L’avanzata inarrestabile della potenza ottomana verso Occidente e la supremazia faticosamente ottenuta dalla Mezzaluna in Asia Minore sono sconvolte, all’inizio del nuovo secolo, dall’intervento delle armate mongole guidate da Tamerlano, che regnava nella vicina regione persiana sin dal 1380 e che nei primi mesi del 1400 conquista Baghdad. Quanto già avvenuto ben oltre un secolo prima al regno Selgiuchide di Rum, crollato di fronte alle devastazioni provocate dalle incursioni mongole in Anatolia nella seconda metà del Duecento, sembra inizialmente ripetersi per l’Impero ottomano.
Le ambizioni espansionistiche del sultano Bayazid I, che nell’ultima decade del Trecento aveva esteso i propri territori verso Oriente, vincendo con le armi la resistenza del principato turco di Karaman, destano l’attenzione della potenza mongola, infastidita dall’ingombrante presenza ottomana in regioni in passato appartenute all’ilkhan. Tamerlano, sollecitato dai sovrani dei principati turchi arresisi all’autorità del sultano, entra in Anatolia e occupa Sivas, sbaragliando facilmente un esercito ottomano indebolito dalla defezione dei guerrieri della confraternita ghazi, che contestano il sultano per il suo contegno europeo e per lo stile assai distante dai rigori dell’islam. Ma ben più grave è la sconfitta subita dagli Ottomani due anni più tardi ad Ankara, dove Bayazid viene fatto prigioniero. Nello stesso anno, la capitale dell’impero, Bursa, è sottoposta a saccheggio. L’anno successivo il sultano si toglie la vita nelle carceri mongole, sancendo definitivamente la crisi della Mezzaluna.
La breve crisi dell’impero
Nonostante il grande momento di difficoltà che consegue alla morte del sultano, ben presto la crisi dell’impero si rivela soltanto parziale. La potenza ottomana esce dalla disfatta subita grandemente ridimensionata in Asia Minore, dove il territorio dell’impero è menomato delle regioni anatoliche liberate da Tamerlano, nelle quali i principi turchi riacquistano la propria indipendenza: qui la Mezzaluna conserva soltanto la regione di Bursa, la Bitinia, che corrisponde grosso modo al territorio del principato ottomano delle origini. Diversamente, le province occidentali dell’impero rimangono asservite all’autorità del sultano, verso cui dimostrano un’insospettabile fedeltà, che nasconde probabilmente un comprensibile timore del suo potente esercito.
Il decennio di instabilità, noto come periodo dell’interregno, che si dispiega dalla morte di Bayazid per i conflitti dinastici tra i figli del sultano, non provoca comunque alcun crollo dell’impero, che anzi supera indenne questo momento di grave debolezza in parte per la fama conquistata durante il Trecento, ma soprattutto per l’assoluta disorganizzazione dei regni cristiani, rimasti completamente passivi di fronte alla crisi della Mezzaluna.
Nel 1413 uno dei figli di Bayazid, Mehmed I, riesce a riunire il potere dello Stato nelle sue mani, anche grazie al prezioso sostegno che i guerrieri della confraternita ghazi spontaneamente gli offrono in ossequio alle sue usanze tradizionali e ortodosse. Il nuovo sultano, dopo aver ricondotto la Serbia e la Bulgaria al rapporto di vassallaggio parzialmente interrotto dalla crisi di autorità del decennio precedente, inaugura una politica conciliatrice, mediante la quale l’impero riprende progressivamente il controllo della maggior parte dei principati turchi dell’Anatolia.
La rinascita ottomana
I due decenni che coprono la reggenza del successore di Mehmed, Murad II , segnano la piena rinascita della potenza ottomana, che rapidamente recupera la grandezza e il prestigio conquistati dalla Mezzaluna durante il Trecento. A questa impresa concorrono i numerosi successi delle campagne militari e una politica spesso orientata alla mediazione diplomatica e al compromesso, che fa leva sulla posizione di forza occupata dal sultano.
Murad II porta ben presto a termine il processo di restaurazione dell’autorità ottomana in Anatolia, avviato da Mehmed I, incorporando nuovamente tutti i principati turchi, a eccezione dei regni di Karaman e di Candar, che, pur conservando la propria autonomia, sono soggetti a onerosi tributi. Il sultano vince poi la resistenza sollevatasi nella regione balcanica, e nel 1424 stipula un accordo con Bisanzio, in base al quale l’Impero d’Oriente è ridotto ormai soltanto alla sua capitale. Non soddisfatto dei termini dell’intesa, Murad II assedia Costantinopoli, ottenendo, in breve tempo, da Bisanzio il versamento di ingenti tributi. Prosegue poi la sua politica conciliatrice stringendo nel 1432 un accordo di pace con Venezia, con il quale la Serenissima si impegna a versare tributi al sultano in cambio di privilegi commerciali, che fanno di Venezia ben presto la prima potenza mercantile nei territori ottomani.
Negli anni successivi il sultano avvia grandiose campagne militari che si protraggono per circa un decennio. In questo periodo il principale avversario della potenza turca è il Regno di Ungheria, che contende alla Mezzaluna il controllo delle ricche miniere delle regioni serbe. Per frustrare le pretese ungheresi, Murad interviene dapprima nei Balcani, assoggettando l’intera area albanese, per poi condurre imponenti spedizioni direttamente in Ungheria. La tenace resistenza dei popoli aggrediti dalla Mezzaluna, riunitisi attorno alle figure carismatiche di Skanderbeg e di Giovanni Hunyadi, sembra inizialmente in grado di interrompere l’avanzata ottomana. Ma nel giro di pochi anni l’impero dimostra ancora una volta la propria invincibilità, riaffermando la sua incontrastata supremazia nell’Europa orientale. Le milizie ungheresi, supportate dagli eserciti dei regni d’Occidente, ma tradite dalla desistenza di Venezia e dei Serbi, sono annientate a Varna nel 1444. La nuova disfatta degli eserciti cristiani chiude gli sforzi congiunti dei crociati contro gli Ottomani. Qualche anno più tardi, nel 1448, la Mezzaluna sbaraglia la resistenza albanese a Kosovo, restaurando definitivamente l’autorità imperiale nella penisola balcanica, dove il sultano avvia l’edificazione di un sistema amministrativo direttamente controllato da funzionari ottomani. Il momento d’oro dell’impero favorisce la crescita del commercio interno, prevalentemente di natura agricola, e d’esportazione, controllato dai mercanti veneziani e genovesi e dominato da Bursa, che diviene ben presto la capitale del mercato della seta.
L’aumento della ricchezza e lo straordinario successo delle campagne militari incoraggiano l’ascesa sociale dei giannizzeri, di origine cristiana, e la progressiva esclusione dai ruoli dirigenti dello Stato dell’antica nobiltà ottomana. Questa silenziosa rivoluzione sociale provoca una profonda riorganizzazione dello Stato, nuovamente innervata di linfa bizantina, che conferma ancora una volta la sostanziale indistinzione della civiltà politica ottomana dalla civilizzazione dei regni dell’Europa centrale e occidentale. Murad II intraprende un gigantesco lavoro di riarticolazione dell’impero, raccogliendo in complessi codici di legge, noti come kanun-names, una minuziosa regolamentazione della gerarchia e delle funzioni dei notabili dello Stato.
L’apice della potenza ottomana: la conquista di Bisanzio
L’ascesa della potenza ottomana, rinata con Murad II, ha il suo momento culminante nella conquista di Costantinopoli, realizzata dal nuovo sultano, Mehmed II (Maometto), nel 1453. Dopo un lungo assedio durato alcuni mesi, l’antica capitale d’Oriente è espugnata e sottoposta a saccheggio per giorni. Il sultano espelle gli abitanti greci, che popolavano la città, sostituendoli con genti di etnia turca dell’Anatolia. La minoranza religiosa di origine greca, invero assai esigua, cui è concesso di rimanere a Costantinopoli, è obbligata a versare cospicui tributi al sultano in cambio del riconoscimento dell’autonomia della comunità, che così può conservare i propri costumi sociali e religiosi.
Rafforzato da questo strepitoso successo, Mehmed II avvia una nuova serie di spedizioni militari nella penisola balcanica e nelle isole dell’Egeo, entrando presto in conflitto con le pretese avanzate da Venezia, padrona indiscussa delle vie commerciali della regione. La lunga guerra con la Serenissima, che si protrae per quasi due decenni, si conclude con un accordo di pace che prevede il ristabilimento dei privilegi commerciali di cui la Repubblica Italiana beneficiava nei territori dell’impero, in cambio della garanzia del versamento di un tributo annuale e della cessione al sultano dei territori albanesi contesi da Venezia. L’espansione dell’impero che consegue alle campagne militari di Mehmed II è massima e getta le basi per una supremazia incontrastata della potenza ottomana nell’Europa orientale, che i sultani riusciranno facilmente a dominare nei quattro secoli successivi.
La piena incorporazione del principato di Karaman nei confini dell’impero segna definitivamente il successo della Mezzaluna anche in Asia Minore. Il commercio rimane un’importante risorsa per le casse dello Stato, pur essendo in gran parte controllato dai mercanti italiani insediatisi nella nuova capitale dell’impero, Istanbul, che diviene presto un’immensa metropoli, crocevia di intensi traffici commerciali e centro culturale di riferimento non solo per il mondo musulmano, ma anche per la civiltà occidentale.
Le ricchezze accumulate nelle casse imperiali, provenienti, oltre che dai successi militari, soprattutto dallo sfruttamento delle miniere balcaniche la cui proprietà è concentrata saldamente nelle mani del sultano, e dalla forte pressione fiscale imposta ai sudditi e agli Stati vassalli, consentono a Mehmed II di proseguire la costruzione di amministrazioni ottomane in tutte le province imperiali, che viene portata a compimento da Bayezid II. Il nuovo sultano deve però subito far fronte alla virtuale guerra civile che oppone l’aristocrazia turca ai giannizzeri, scontratisi per effetto della maggiorazione dell’imposizione fiscale. Bayezid II pianifica un sistema di tassazione più equo, che prevede un’imposta uguale per tutti i sudditi, intesa alla copertura delle spese militari, e getta inoltre le basi per un forte incremento commerciale, incoraggiando l’insediamento degli Ebrei espulsi dai regni spagnoli nel 1492.