Il rapporto di lavoro nella l. n. 125/2013
Il d.l. n. 101/2013 convertito con modificazioni in l. n. 125/2013 tenta di offrire una soluzione per il superamento delle situazioni di abuso di lavoro temporaneo in posizioni che dovrebbero essere coperte con personale di ruolo, nonché di prevenzione del ripetersi di comportamenti indebiti da parte dei dirigenti pubblici in materia di gestione degli organici. Vi è tuttavia il rischio che alcune disposizioni possano condurre a interpretazioni e/o effetti pratici contraddittori rispetto agli intendimenti dello stesso Governo ed essere l’occasione per una nuova stabilizzazione dei lavoratori assunti con contratto a termine che aggirerebbe il principio costituzionale dell’accesso alla funzione pubblica mediante concorso aperto a tutte le persone dotate dei requisiti necessari e potenzialmente interessate; un depotenziamento della norma in materia di mobilità del personale, in seno al settore pubblico; una deroga al principio programmatico della spending review e in particolare alla regola della eliminazione di qualsiasi voce di spesa corrente che non sia strettamente e congruamente correlata con una esigenza pubblica essenziale.
L’art. 2 l. n. 125/2013 mira a far slittare nel tempo le procedure di spending review finalizzate alla riduzione delle dotazioni organiche delle pp.aa. Nello stesso tempo la norma attenua le conseguenze giuridiche connesse alla applicazione immediata dell’art. 33 d.lgs. n. 165/2001, poco o nulla utilizzato in passato, che invece il d.l. n. 95/2012 aveva cercato di far applicare in modo cogente e generalizzato e modifica l’art. 2, co. 11, d.l. n. 95/2012 che impone una riduzione delle dotazioni organiche delle pp.aa. Inoltre sancisce il divieto di effettuare, nelle qualifiche o nelle aree interessate da posizioni soprannumerarie, nuove assunzioni di personale a qualsiasi titolo per tutta la durata del soprannumero, estendendone tuttavia i limiti temporali, e diluendo i criteri del collocamento a riposo, del collocamento in mobilità e del trasferimento del personale eccedentario o in sovrannumero non riassorbibile nelle pp.aa. La stessa norma modifica l’art. 14, co. 7, d.l. n. 95/2012 estendendo le regole in materia di riduzione delle spese per il personale al personale in soprannumero collocato in mobilità le cui unità non possono essere calcolate come risparmio utile per definire l'ammontare delle disponibilità finanziarie da destinare alle assunzioni o il numero delle unità sostituibili in relazione alle limitazioni del turn over. L’art. 2 prescrive, infine, una rimodulazione del numero dei dirigenti di ruolo in relazione alle riduzioni delle dotazioni organiche e alle cessazioni dal servizio. In attesa del processo di riforma delle province, sono fatti comunque salvi fino al 30.6.2014, salva proroga motivata, gli incarichi dirigenziali conferiti dalle province stesse. In questo contesto, si autorizzano nuove assunzioni in deroga ai limiti legali stabiliti dall’art. 2 d.l. n. 95/2012 in caso di posti vacanti in altre aree non interessate da posizioni soprannumerarie, previa autorizzazione del dipartimento della Funzione Pubblica; in favore dei collegi professionali che sono in equilibrio economico e finanziario; in favore del ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo e presso l’Agea (agenzia per le erogazioni in agricoltura).
2.1 Mobilità nel pubblico impiego
Sempre al fine di sopperire alle gravi carenze di personale negli uffici giudiziari il decreto introduce all’art. 3 la possibilità del passaggio diretto del personale eccedentario presso il Ministero della giustizia per ricoprire i posti vacanti del personale amministrativo operante presso gli uffici giudiziari con inquadramento nella qualifica corrispondente. Tuttavia, la mobilità dei lavoratori che presentino situazioni soprannumerarie, in deroga a quanto stabilito dall’art. 33 d.lgs. n. 165/2001, è subordinata alla domanda del lavoratore e non alla mera cessione del contratto ed è limitata al 31.12.2015. Sicché ancora una volta la misura prevista dal testo unico del pubblico impiego per la ricollocazione del personale eccedentario viene accantonata.
L’art. 3 del d.l. n. 101/2013 come modificato dalla l. di conversione, elimina le disposizioni in materia di mobilità nelle società partecipate e introduce un sistema di controllo del contratto di lavoro dei dirigenti delle società in attivo controllate direttamente o indirettamente delle pp.aa. La norma vieta gli accumuli di reddito ed eventuale trattamento pensionistico di vecchiaia o anzianità. Il co. 7-bis stabilisce la nullità delle clausole contrattuali che prevedano al momento dalla cessazione del rapporto di lavoro benefici economici per i dirigenti superiori a quelli derivanti dal contratto collettivo di lavoro applicato. Il co. 7-ter dispone, infine, che i dirigenti delle suddette società controllate che risultino titolari di trattamento pensionistico di vecchiaia o di anzianità cessino il proprio rapporto di lavoro improrogabilmente al 31.12.2013 qualora le stesse società abbiano chiuso l’ultimo esercizio in perdita.
2.2 Contrasto al precariato nelle amministrazioni pubbliche
Il decreto, modificando ancora una volta l’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001, ribadisce la natura prevalente del contratto a tempo indeterminato nella p.a. e sottolinea che l’accesso alla p.a. tramite contratti di lavoro a tempo determinato deve avvenire per esigenze temporanee o eccezionali. Tuttavia questa enunciazione di principio non garantisce la stabilizzazione dei precari “storici”. Infatti, contraddicendo le premessa da cui muove, l’art. 4, co. 1, lett. a-bis stabilisce che per tutto il 2016, per porre un argine al precariato, è ammessa la sottoscrizione di contratti a tempo determinato con i vincitori e gli idonei di graduatorie di vincitori di concorsi pubblici a tempo indeterminato.
Per quel che riguarda nuovi bandi, sempre per tutto il 2016, l’autorizzazione di nuove procedure concorsuali è subordinata alla verifica della immissione in servizio di tutti i vincitori collocati in graduatoria e all’assenza di idonei nelle graduatorie vigenti e approvate a partire dal 1.1.2007, ferma restando la procedura per la mobilità del personale disciplinata dall’art. 33 del t.u. prima della attivazione di un nuovo concorso.
L’art. 4 pur rafforzando il principio secondo il quale il ricorso al contratto a tempo determinato nelle pp.aa. è consentito “esclusivamente” per ragioni temporanee ed eccezionali, propone una nuova stagione di stabilizzazioni che sembrano mascherare una nuova sanatoria per tutti coloro che possono vantare come unico presupposto una anzianità di tre anni di servizio con contratto a tempo determinato nell’ultimo quinquennio, con esclusione dei periodi maturati presso gli uffici di diretta collaborazione degli organi politici stante il carattere marcatamente fiduciario degli incarichi.
L’art. 4 autorizza fino al 31.12.2016 concorsi riservati per i precari sulla base della sola anzianità di servizio, e in misura non superiore al 50% delle assunzioni a tempo indeterminato, a valere sulle risorse destinate alle assunzioni relative agli anni 2013, 2014, 2015, 2016 consentendo altresì l’adozione di bandi per assunzioni a tempo indeterminato con contratti di lavoro a tempo parziale. Le amministrazioni possono bandire procedure concorsuali nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno entro il massimo complessivo del 50% delle risorse finanziarie disponibili.
Meglio sarebbe stato estendere anche ai lavoratori a tempo determinato il criterio introdotto dalla l. 24.12.2012, n. 228 che, modificando l’art. 35 del d.lgs. n. 165/2001, prevede che sia valutato con un apposito punteggio l’esperienza professionale maturata dal lavoratore che alla data di maturazione del bando ha maturato almeno tre anni si contratto di collaborazione coordinata e continuativa nell’amministrazione che emana il bando.
In tal modo il bacino dei precari è destinato ad aumentare dal momento che neppure le modifiche apportate nel 2008 e nel 2009 all’art. 36 d.lgs. n. 165/2001 hanno impedito l’accesso indiscriminato al contratto a tempo determinato utilizzato per far fronte a esigenze stabili e durature nel tempo o, peggio, a esigenze clientelari. Sicché le misure di stabilizzazione si risolvono in una violazione del principio di parità ed eguaglianza sancito dall’art. 3 Cost. e dell’accesso all’impiego pubblico aperto a tutti tramite un concorso sancito dall’art. 97, co. 3, Cost.
La norma ribadisce la solita formula della nullità del contratto a termine stipulato al di fuori dei limiti legali e introduce, per il futuro, la responsabilità per danno erariale del dirigente responsabile dell’irregolarità, come sanzione aggiuntiva a quella già in vigore.
Il decreto introduce inoltre una deroga all’obbligo di attingere dalle graduatorie di concorsi approvate dal 1.1.2008 dunque più di cinque anni fa – art. 4, co. 3 – sancita dall’art. 35, co. 5-ter, d.lgs. n. 165/2001 che fissa in tre anni la data di validità delle graduatorie.
Come è stato osservato, la norma danneggia non soltanto l’amministrazione, costretta ad assumere persone che sono risultate anni fa in posizione non di eccellenza nella graduatoria concorsuale, ma anche tutti i giovani che in questo modo si vedono precludere per molti anni la possibilità di concorrere ai posti di ruolo nelle amministrazioni.
Per i giovani non resta che partecipare ai concorsi unici che saranno attivati dal 1.1.2014 dal dipartimento della Funzione Pubblica della presidenza del Consiglio dei ministri. Il concorso unico, però, deve tener conto della ricognizione del fabbisogno presso le amministrazioni interessate e del rispetto dei vincoli finanziari in materia di assunzioni a tempo indeterminato.
Anche la regola del concorso unico, appena introdotta, subisce una deroga, nell’eventualità che siano riscontrate carenze di organico in una singola regione, e ci siano amministrazioni con necessità di dotarsi di “specifiche professionalità”. In questi due casi spetterà ed esse l’avvio dei bandi.
Quanto agli enti locali, per i lavoratori a termine delle province in possesso dei requisiti di anzianità prescritti dalla legge, vale a dire tre anni di servizio nell’ultimo quinquennio, si riconosce la possibilità di partecipare a una procedura selettiva riservata nella misura non superiore al 50% in alternativa alle procedure selettive già previste dal t.u. e la possibilità di utilizzare le graduatorie fino al 2016.
Assunzioni a tempo indeterminato possono essere effettuate da regioni e comuni per gli anni 2013-2016, in favore di lavoratori precari che abbiano partecipato a procedure selettive che vantino tre anni di servizio negli ultimi cinque anni. Per tutti i precari che possono partecipare a procedure per la stabilizzazione a essi riservate, in contraddizione con gli intendimenti enunciati, il decreto all’art. 4 stabilisce la proroga dei contratti a termine fino al 2016, qualora l’amministrazione o l’ente preveda di effettuare procedure selettive di reclutamento in relazione al proprio effettivo fabbisogno e alle risorse finanziarie disponibili, fermo restando il rispetto delle regole del patto di stabilità interno e dei vincoli normativi assunzionali in materia di contenimento della spesa complessiva di personale.
2.3 La stabilizzazione dei lavoratori socialmente utili
La stabilizzazione riguarda anche i lavoratori socialmente utili (di cui all'art. 2, co. 1, d.lgs. 28.2.2000, n. 81, e di cui all'art. 3, co. 1, d.lgs. 7.8.1997, n. 280), per i quali è previsto che le regioni redigano un elenco secondo criteri di priorità volti a favorire l’anzianità anagrafica, l’anzianità di servizio e i carichi familiari. Fino al 31.12.2016 sempre nel rispetto della programmazione triennale del fabbisogno e nel massimo complessivo del 50% delle risorse finanziarie disponibili, gli enti territoriali che hanno vuoti di organico relativamente ai lavoratori da inquadrare nei livelli retributivo-funzionali per i quali non è richiesto il titolo di studio superiore a quello della scuola dell'obbligo (art. 16 l. 28.2.1987, n. 56) possono assumere i lavoratori socialmente utili con contratto a tempo indeterminato anche a tempo parziale, indirizzando semplicemente una richiesta alla regione competente.
2.4 Disposizioni in materia di collocamento obbligatorio
L’art. 7 del decreto estende ai collaboratori di giustizia, anche se non più sottoposti a speciali programma di protezione, il diritto di accedere a un programma di assunzione in una p.a., con qualifica e funzioni corrispondenti al titolo di studio e alle professionalità possedute, fatte salve quelle che richiedono il possesso di specifici requisiti (la norma aggiunge una lettera all’art. 16-ter del d.l. 15.1.1991, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla l. 15.3.1991, n. 82 e introduce il co. 2-bis che prevede la chiamata diretta nominativa).
Sempre l’art. 7 deroga agli attuali divieti di nuove assunzioni di persone con disabilità anche nel caso in cui l’amministrazione interessata sia in soprannumero. Le amministrazioni pubbliche devono rideterminare il numero delle assunzioni obbligatorie delle categorie protette in base alla dotazione organica rivista a seguito delle misure di contenimento della spesa e procedere all’assunzione di persone con disabilità che consentano di colmare il divario fra il numero così rideterminato e quello dei lavoratori che rientrano nella disciplina del collocamento obbligatorio. All'esito della rideterminazione del numero delle assunzioni di cui sopra, ciascuna amministrazione è obbligata ad assumere un numero di lavoratori pari alla differenza fra il numero come rideterminato e quello allo stato esistente. La Corte di giustizia, con la decisione del 4.7.2013 (C-312/11) ha condannato l’Italia perché le norme nazionali sul diritto al lavoro delle persone con disabilità non rispettano l’art. 5 della direttiva 2000/78/CE del 27.11.2000, il quale stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro. L’Italia è stata condannata perché non ha imposto a tutti i datori di lavoro di prevedere, in funzione delle esigenze relative alle situazioni concrete, soluzioni ragionevoli applicabili a ciascun disabile. In considerazione di ciò, la norma ora dispone che anche nei confronti dei lavoratori appartenenti alle categorie protette assunti con contratto a tempo determinato trova applicazione la norma del d.lgs. n. 368/2001 in materia di diritto di precedenza sia nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal datore di lavoro nei 12 mesi successivi sia nel lavoro stagionale.
Il d.l. n. 101/2013 conv. in l. n. 125/2013, pur tentando di controllare il fenomeno del precariato rafforzando la causale del contratto a tempo indeterminato e introducendo la responsabilità per danno erariale di dirigenti che operano in violazione delle disposizioni introdotte, non incide sulla formazione di nuovo precariato considerato che le misure ivi contenute subiscono corpose deroghe e le assunzioni a tempo indeterminato sono soggette a limiti assai stringenti. Per il resto si pone in linea con il passato sulle misure mirate a risolvere i problemi attualmente esistenti, soprattutto laddove consente la proroga dei contratti a termine fino a tutto il 2016.
Neppure le ripetute modifiche all’art. 36 del d.lgs. n. 165/2001 (l’ultima delle quali risale al d.l. 1.7.2009, n. 78 conv. in l. 3.8.2009, n. 102) sono servite a rallentare il costante aggiramento dell’art. 97 Cost.
Come è stato osservato, il percorso privilegiato di assunzione a tempo indeterminato dei precari falsa le regole del gioco perché così si limitano i posti disponibili nella p.a. e si crea una finta concorrenza solo tra i precari con almeno tre anni di servizio nella stessa amministrazione lasciando ai concorrenti i posti restanti in aperta contraddizione con il principio del concorso aperto a tutti.
Meglio sarebbe stato prevedere anche per i lavoratori a tempo determinato la possibilità di una maggiore valutazione dei titoli nell’ambito della selezione pubblica secondo procedure ordinarie.
In ogni caso la norma non sembra avere carattere risolutivo del problema, dal momento che le assunzioni devono rispettare tutti i vincoli assunzionali previsti dalla legislazione vigente. Sarebbe stato più opportuno rafforzare l’applicazione dell’art. 33 d.lgs. n. 165/2001 stabilendo che nessuna assunzione può essere effettuata, neppure a tempo determinato, se prima non si sia verificata la possibilità di coprire il posto con un impiegato che risulti in soprannumero altrove.