Il record dell’inverno più freddo
Il freddo febbraio 2012 in Italia è dipeso da un cambiamento climatico o da una transitoria diminuzione della temperatura? È certo che negli ultimi 30 anni si è assistito a un’accelerazione dell’evoluzione climatica, molto probabilmente dovuta all’immissione nell’atmosfera di gas che aumentano l’effetto serra.
Ogni stagione dell’anno si manifesta con caratteristiche proprie che a volte appaiono strane e talvolta eccezionali. Il tempo osservato durante l’inverno del 2011-12 nell’emisfero boreale si è mostrato con caratteristiche notevolmente differenti nei vari continenti e generalmente di tipo estremale.
In Italia in media durante il trimestre da dicembre a febbraio si è misurata una temperatura di 0,5 °C inferiore al valore climatico normale. L’analisi del Centro nazionale ricerche (CNR) per le Scienze dell’atmosfera e del clima ha mostrato che ciò è stato dovuto soprattutto alle basse temperature del mese di febbraio.
Nel Nord-Ovest della penisola gli effetti del febbraio freddo sono stati controbilanciati dai valori molto elevati per il periodo che si sono osservati in dicembre, gennaio e fine febbraio a causa di una sequenza di episodi di Föhn tiepido e della persistenza di alta pressione e flussi temperati atlantici. Fenomeni analoghi sono stati osservati anche nella Svizzera italiana. Nel resto della penisola, pur con le differenze proprie della latitudine, l’inverno è stato segnato in modo particolare dalle nevicate di febbraio che dopo un lungo periodo di mancanza si sono ripresentate in tutto il paese.
In particolare, dopo 26 anni di assenza la neve è ricomparsa anche a Roma permanendovi per circa una settimana. Dall’altra parte dell’emisfero settentrionale, in particolare negli USA, al contrario, si è osservato uno degli inverni più miti dal secolo scorso.
Per spiegare almeno sommariamente quanto è accaduto bisogna considerare che l’atmosfera terrestre è una macchina termica, un motore termodinamico, che funziona per effetto dell’energia che riceve dal Sole, principalmente nella fascia equatoriale. I poli, Nord e Sud, si comportano come le sorgenti fredde della macchina di Carnot.
Se si osservano i flussi atmosferici da un punto posto al di sopra del Polo Nord si vede che l’atmosfera si sposta secondo un movimento ondulatorio. Le onde principali, dette onde di Rossby od onde planetarie, sono un indicatore degli scambi energetici tra i poli e l’equatore. I massimi, le sommità, delle onde sono detti anticicloni; i minimi, le cavità, sono i ben noti cicloni extratropicali.
I primi sono caratterizzati dalle condizioni di tempo stabile, i secondi da tempo perturbato e da flussi di aria fredda di origine polare. In Europa la stagione invernale è stata segnata dall’anticiclone delle Azzorre estesosi sul versante occidentale del continente. Ciò ha determinato frequenti irruzioni fredde che hanno bersagliato la parte orientale del nostro continente.
Per effetto della rotazione della Terra sul proprio asse e in funzione della lunghezza d’onda, alcune delle onde di Rossby invece di scorrere sulla superficie terrestre possono divenire stazionarie facendo sì che il tempo che si osserva si mantenga invariato per periodi relativamente lunghi, caldi e asciutti negli anticicloni, o freddi e piovosi/nevosi nelle aree cicloniche. In tale scenario l’Italia durante l’ultimo inverno si è trovata al margine di un’onda che a occidente ha portato un tempo mite e a oriente flussi polari freddi accompagnati da tempeste di neve. La prima metà di febbraio in particolare ha visto un netto temporaneo stravolgimento barico sull’intero continente europeo con due pesanti irruzioni fredde di origine siberiana, i cui effetti, in termini di gelo e di precipitazioni nevose, sono stati avvertiti sino alle regioni meridionali italiane. Nell’ultima parte del mese di febbraio, invece, si è avuto un consolidamento dell’anticiclone delle Azzorre con temperature nuovamente al di sopra dei valori medi soprattutto sulle regioni italiane nordoccidentali. Complessivamente l’inverno è terminato con temperature al di sotto della media su tutto il territorio nazionale con un’anomalia complessiva di 0,5 °C in meno rispetto ai valori di riferimento del trentennio 1971-2000.
Il tempo e il clima nei media
La globalizzazione mediatica negli ultimi tempi ha contribuito a sensibilizzare il pubblico mondiale sugli eventi meteorologici in un modo in precedenza sconosciuto. Ogni giorno dell’anno in qualche parte del mondo avviene un evento atmosferico di intensità tale da attrarre l’interesse dei media che immediatamente lo ripropongono al pubblico. Si assiste così in ogni momento dell'anno alla rassegna di catastrofi. Per via della distribuzione inversa delle stagioni tra i due emisferi della Terra, quasi quotidianamente vengono presentate immagini di eventi che, anche se perfettamente all’interno delle previsioni statistiche, vengono visti da spettatori residenti nell’emisfero opposto e quindi interpretati da questi come catastrofici cambiamenti climatici. Come pubblicato annualmente dall’Organizzazione meteorologica mondiale, la distribuzione dei fenomeni atmosferici particolarmente intensi è molto irregolare e si presenta 'a macchia di leopardo' sull’intera superficie terrestre, cambiando sostanzialmente ogni anno. Tale variabilità non si deve interpretare in senso globalmente catastrofico ma come fluttuazione meteorologica su una base climatica in evoluzione. È però anche vero che l'evoluzione del clima e i cambiamenti ambientali causati dall’uomo fanno sì che la distribuzione dei fenomeni estremi cambi con una celerità maggiore di quella che sarebbe naturale e che tali fenomeni si frammentino nello spazio e nel tempo con caratteristiche molto simili a quelle dei frattali.