Il Regno di Inghilterra
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’Inghilterra è caratterizzata nell’XI e nel XII secolo dalla lotta tra Anglosassoni, Danesi e Normanni per il controllo del potere, dall’avvicendamento di dinastie, dall’allargamento delle conquiste territoriali, anche attraverso matrimoni (Aquitania), dall’affermazione del potere monarchico sui poteri concorrenti (baronaggio e Chiesa), con una serie di guerre e di scontri violenti, dalla riorganizzazione del territorio e dello Stato, che dopo la conquista normanna avviene secondo modelli francesi.
Gli Angli e i Sassoni, insediatisi in Inghilterra nel V secolo, costituiscono nella parte centro-orientale dell’isola sette piccoli regni con i propri ordinamenti di carattere germanico. I Celti, dopo la sconfitta, sono respinti nel Galles e in Cornovaglia. L’assemblea del popolo (witenagemont) continua ad affiancare il re nel governo. L’amministrazione è affidata a funzionari regi (sheriffs), che riscuotono le imposte, e la giustizia a magistrati popolari (ealdermen). Gli ordinamenti non sono modificati con la cristianizzazione del Paese, di conseguenza rimangono estranei a quelli romani. I missionari introducono il latino, ma per radicare la religione insegnano ai proseliti, tra cui reclutano il clero, a leggere e a scrivere la propria lingua. Fino alla conquista normanna la Chiesa è distaccata da Roma.
Etelredo II lo Sconsigliato, figlio di Edgardo il Pacifico, diviene re alla morte del fratello Edoardo II il Martire, assassinato per volere della matrigna Elfride. Si impegna a difendere l’Inghilterra dalle continue incursioni dei Danesi con il pagamento di un tributo, il Danegeld. Nel 991 sposa Emma di Normandia per avere l’appoggio dei Normanni contro i Danesi. Il 13 novembre 1002, nella notte di san Brizzio, fa uccidere tutti i Danesi che si trovano in Inghilterra, ma l’anno dopo è sconfitto dal re Sveyn Barbaforcuta. Alla morte di quest’ultimo, Etelredo è richiamato al potere, ma Canuto il Grande, figlio di Sweyn, riconquista l’Inghilterra e vi si stabilisce, lasciando il governo della Danimarca e della Norvegia ai suoi figli; sposa nel 1016 la vedova di Etelredo II, Emma di Normandia; riorganizza il territorio inglese, di cui non modifica le istituzioni, in quattro contee – Northumbria, Anglia orientale, Mercia e Wessex – contro le tendenze accentratrici dei sovrani anglosassoni. Alla sua morte gli succede prima il terzogenito Aroldo I, poi Ardicanuto, che tra il 1040 e il 1042 è anche re di Danimarca. Le lotte di successione consentono all’anglosassone Edoardo il Confessore, figlio di Etelredo II e di Emma, di riconquistare il trono nel 1042, grazie all’aiuto dei Normanni. Ritorna in Inghilterra dopo 25 anni di esilio in Normandia presso la corte dello zio materno, Riccardo I Senzapaura.
Durante la lotta politica e militare per la conquista, gli ealdermen, che dopo l’invasione danese esercitano anche funzioni militari, ottengono l’ereditarietà della carica e s’impossessano di numerosi shires, esautorando gli shirmen: diventano una sorta di capi nazionali in grado di controllare il re. Edoardo tenta di sottrarsi al loro controllo circondandosi di Normanni, cui concede benefici e incarichi nell’amministrazione civile ed ecclesiastica. Nomina Roberto di Jumièges primate di Canterbury. Ma il controllo del territorio appartiene agli ealdermen. Edoardo deve stabilire un’alleanza con Godwin, potente ealderman del Wessex, che controlla con i figli più della metà del regno. Nel 1045 Edoardo sposa Edith, figlia di Godwin. Quest’ultimo entra in lotta con l’arcivescovo di Canterbury e nel 1051 è citato in giudizio con i suoi figli da un’assemblea giudicante di signori. Godwin fugge in Fiandra e i figli in Irlanda a cercare aiuti e a reclutare soldati. Organizzano uno sbarco in Inghilterra da oriente e da occidente. Edoardo, dopo la fuga di numerosi Normanni, non è in grado di resistere all’attacco di Godwin e dei suoi figli, pertanto deve accettare le loro richieste di essere reintegrati negli offici e nelle proprietà. Godwin è riconosciuto come capo dall’aristocrazia anglosassone, che alla sua morte – nel 1053 – accetta la candidatura del figlio Aroldo (re poi come Aroldo II) alla successione del cognato Edoardo, dal momento che il matrimonio con Edith è rimasto sterile.
Il prestigio e la potenza di Aroldo sono accresciuti da fortunate spedizioni militari in Scozia e nel Galles e dal controllo dell’amministrazione, grazie all’insediamento di persone a lui fedeli. La successione di Aroldo è però ostacolata dal duca di Normandia, Guglielmo il Bastardo, figlio naturale del duca Roberto il Magnifico, che è cugino del re e che ha stabilito con lui buone relazioni durante il suo lungo soggiorno in Normandia. Guglielmo, dopo un tentativo fallito di essere nominato successore da Edoardo durante un viaggio in Inghilterra nel 1051, è formalmente designato erede nel 1065. Ma Edoardo non può disporre del potere regio, prerogativa che appartiene all’assemblea del popolo. Si creano condizioni favorevoli al Normanno quando Aroldo, in viaggio verso la Francia, naufraga e approda in Normandia, dove è catturato e consegnato al duca Guglielmo, che lo libera solo dopo aver ricevuto il giuramento di fedeltà. Con tale atto Aroldo rinuncia al trono. Ma alla morte di Edoardo, il 5 gennaio 1066, l’assemblea del popolo elegge re Aroldo, che sconfessa il giuramento estortogli durante la prigionia. Molti lo abbandonano. Guglielmo lo taccia di spergiuro e ha l’appoggio del pontefice Alessandro II, che è stato informato da ambasciatori normanni e da Stigando, arcivescovo di Canterbury, dell’ostilità di Aroldo nei confronti della riforma religiosa.
Il papa condanna Aroldo come spergiuro e invia in segno della sua benedizione lo stendardo di san Pietro a Guglielmo, guardato ormai come futuro vassallo della Chiesa, al pari dei Normanni Roberto il Guiscardo e Riccardo Drengot, principe di Capua, che si sono sottomessi a Leone IX nel 1053. Guglielmo è sostenuto dal partito di corte favorevole alla riforma religiosa, ma per convincere i riluttanti Normanni a fornire aiuti si allea con Harald III Sigurdarson detto lo Spietato, re dei Norvegesi, cui promette compensi territoriali in Inghilterra.
Questa alleanza spinge i baroni normanni a fornire navi, cavalli e uomini per l’impresa. Partecipano alla spedizione con propri armati anche il duca di Bretagna e il conte di Boulogne. Il 29 settembre 1066, 700 navi normanne con 10 mila uomini forniti di cavalli approdano a Penvinsey, nel Sussex. Quattro giorni prima, sulle coste dello Yorkshire i Norvegesi sono stati sconfitti dall’esercito di Aroldo, che però ha subito gravi perdite. Guglielmo non ha più concorrenti nella lotta, mentre Aroldo si trova a mal partito. Solo il 14 ottobre Aroldo affronta i Normanni presso Hastings. Guglielmo riesce a battere i Sassoni grazie all’uso della lancia come arma da getto (giavellotto) in dotazione ai cavalieri e ai fanti. Aroldo muore sul campo di battaglia. Guglielmo, diventato con la vittoria di Hastings il Conquistatore, pone fine alla monarchia anglosassone e ottiene formalmente l’Inghilterra grazie al placet del Witena-Gemot. Tutta l’impresa è mirabilmente narrata dall’arazzo di Bayeux (1066-1070), conservato nel Centre Guillaume le Coquérant.
Guglielmo il Conquistatore, il 25 dicembre 1066, nell’abbazia di Westminster, fatta costruire da Edoardo il Confessore, è incoronato re d’Inghilterra, che governa fino al 1087. Scozia e Galles rimangono indipendenti. L’Inghilterra, pur mantenendo le relazioni commerciali con i Paesi del Nord, si lega politicamente e culturalmente alla Normandia, di cui il suo re continua a essere duca.
Guglielmo deve fronteggiare nel 1067-1068 la rivolta dei “grandi Anglosassoni”. Nel 1070 Guglielmo nomina Lanfranco di Pavia, teologo e giurista, arcivescovo di Canterbury. Il re, che già si è avvalso dei consigli giuridici di Lanfranco, formatosi all’università di Pavia, quando era abate a Bec in Normandia, prende importanti provvedimenti in campo giurisdizionale. Sostituisce all’assemblea nazionale anglosassone (witagenot) il magnum concilium, da cui sceglie un consiglio più ristretto; stabilisce la separazione fra i tribunali civili ed ecclesiastici e limita le funzioni di giudicatura dei vescovi alle proprie curie secondo il diritto canonico. La Chiesa inglese è rigenerata spiritualmente dal clero normanno, che ha abbracciato la riforma gregoriana; è collegata a Roma, ma sotto il controllo del re, che paga annualmente la Peter’s Pence.Guglielmo concede in feudo ai normanni, ai bretoni e ai fiamminghi le terre confiscate secondo il diritto feudale franco-normanno, ma impedisce la formazione di grandi e potenti signorie con l’accorpare feudi contigui, ne mantiene un quarto per la corona. Sottopone i feudi a tributo regio, il danegeld: la vecchia imposta a favore dei Danesi soppressa da Edoardo il Confessore diventa una tassa sulla terra.
Nel 1086 Guglielmo lega a sé vassalli e subvassalli dei baroni e degli ecclesiastici con il giuramento di Salisbury. Nello stesso anno affida a chierici normanni o del Maine la redazione del catasto, il Domesday Book (Libro del giorno del giudizio), Liber censualis che presenta la descrizione in latino di istituzioni inglesi ripensate in francese. Il catasto registra le unità fondiarie (manors), dove vivono i baroni, i nominativi dei titolari e il numero dei capifamiglia residenti negli appezzamenti concessi dal barone.
La società è articolata in baroni-vassalli, cavalieri-subvassalli, contadini, distinti in liberi villains, legati alla terra, e serfs, per lo più schiavi. La popolazione è calcolata in 1 milione e 100 mila abitanti circa. Sulla base del Domesday Book è stato possibile ricostruire il paesaggio agrario: è significativo che solo il 15 percento del suolo dell’Inghilterra sia occupato da boschi, distribuiti in modo ineguale, dopo le grandi distruzioni dei Romani contro i Druidi. I Normanni introducono le forests, terre comuni in parte a bosco, su cui si esercitano diversi diritti: consuetudinari comuni, del proprietario, del re di tenere i cervidi per la caccia. In una miniatura del 1315 circa, il re Giovanni Senzaterra è rappresentato alla caccia di cervi (London, British Museum). A differenza dei parks, pascoli alberati privati con bestiame, esistenti già nel 1066, le forest non sono recintate. Il mercato della terra diventa sempre più dinamico dal XII secolo, grazie alle varie figure giuridiche (dal possesso consuetudinario, all’affitto, alla vendita, alla trasmissione ereditaria), sempre più spesso interdipendenti.
Mentre Londra e le antiche città romane riprendono nuova vita, Guglielmo il Conquistatore favorisce la formazione di insediamenti fortificati francesi, i french borough accanto ai saxon borough, come a Notthingham e a Bristol.
Guglielmo sopprime gli aldormen, ma mantiene la divisione provinciale in shires, che chiama contee. All’inizio del XII secolo Londra ottiene che lo sceriffo o visconte normanno sia eletto dal popolo, mentre le sue classi cittadine diventano classi politiche del regno. Londra e i Cinque Porti ottengono privilegi, mentre le altre città devono accontentarsi di qualche concessione economica e fiscale. La separazione tra Anglosassoni e Normanni si va attenuando, anche se la lingua dei conquistatori è il francese e quella dei conquistati l’Old English, che lentamente si arricchisce di vocaboli tratti dal francese e dal latino, in campo militare, giuridico, scientifico e letterario. La giustizia è affidata a visconti normanni o sceriffi, che sono sottoposti al controllo di giudici itineranti, i giustizieri, cui è affidata la decisione delle cause più importanti. Il progetto centralizzatore è sostenuto dai grandi feudatari laici ed ecclesiastici, stranieri fedeli alla corona, chiamati a collaborare nell’amministrazione e nel governo. Il sovrano, attraverso la convocazione di assemblee generali, coinvolge i vassalli nella sua azione di governo. L’Inghilterra si presenta ormai come uno Stato unitario.
Guglielmo decide di separare la Normandia dall’Inghilterra: lascia al primogenito Roberto il ducato e al figlio minore Guglielmo II Rufus (il Rosso) il regno.
Sono anni di rivolte. Enrico I Beauclerk il Sapiente deve lottare con Guglielmo Cliton, erede della Normandia, per conservare il trono d’Inghilterra trasmessogli da Guglielmo Rufus, sovrano imbelle ucciso da una freccia “accidentale”, secondo il cronista Giraldo Cambrense, ma perito per mano di congiurati. Contro la politica di Guglielmo il Rosso, Enrico I deve ristabilire buoni rapporti con il popolo e la Chiesa. Al popolo concede la carta di libertà, senza distinzioni tra Normanni e Anglosassoni. Nel 1106 pone fine alla divisione tra Normandia e Inghilterra voluta dal Conquistatore. L’anno seguente si riappacifica con l’arcivescovo di Canterbury Anselmo d’Aosta, discepolo di Lanfranco, il famoso teorico della prova ontologica a priori (nel Proslogion) per dimostrare l’esistenza di Dio, e santo. Sempre nel 1107 si svolge a Londra il concilio, che si conclude con un compromesso. Enrico I, contro gli abusi di Guglielmo II, che ha incrementato le sue entrate con la concessione venale di dignità episcopali a uomini indegni, rinuncia alla provvista delle sedi vescovili, al diritto di regalia e di spoglio per le sedi vacanti ma vuole che l’elezione canonica sia fatta alla sua presenza.
Nel 1130 Enrico I concede una carta di privilegi di carattere autonomistico alla città di Londra: i suoi abitanti eleggono i magistrati, prendono in affitto le rendite della contea e commerciano liberamente, perché le loro merci sono esenti dai dazi. Nel 1135 i londinesi costituiscono la communio di Londra con carattere politico. Molti baroni legati al sovrano vogliono diventare sherifs per amministrare i castelli, da cui è possibile ricavare un cospicuo lucro e diventare signori territoriali. All’interno della curia del re si definiscono le funzioni amministrative. A capo dell’amministrazione finanziaria è posto l’echiquier, lo scacchiere, a cui gli sceriffi versano due volte l’anno, a Pasqua e il giorno di san Michele, le imposte su di un tappeto a scacchi.
Enrico I designa come erede la figlia Matilde, vedova dell’imperatore Enrico V e moglie del conte Goffredo d’Angiò. Ma alla sua morte scoppia la guerra civile tra i seguaci di Matilde e di suo cugino Stefano di Blois, figlio di Stefano II, conte di Blois, e di Adelaide, a sua volta figlia di Guglielmo il Conquistatore. Durante la guerra cresce il numero dei subfeudatari, creati su tenute ricavate da altre dai contendenti in lotta. Molti signori rinunciano a occuparsi delle terre e le affittano dietro versamento di un canone in natura o in denaro. Matilde, appoggiata dal re di Scozia Davide I, deve cedere il trono a Stefano di Blois, quando questi sconfigge a Coton-Moor il suo alleato. Stefano conferma le libertà concesse da Enrico I e da Edoardo: l’anno seguente promulga una nuova carta di libertà senza distinzione tra Normanni e Anglosassoni.
Morto nel 1153 Eustachio, figlio di Stefano, a questi succede il cugino Enrico II, duca di Normandia, figlio di Matilde e di Goffredo Plantageneto, conte d’Angiò, che dà inizio alla dinastia dei Plantageneti.
Enrico II Plantageneto, che dispone della Normandia e della Bretagna da parte della madre, dell’Angiò, del Maine e della Turenna da parte del padre, aggiunge ai possessi feudali in Francia l’Aquitania, grazie alle nozze con Eleonora d’Aquitania, ventinovenne, di dieci anni più vecchia di lui, sposata due mesi dopo lo scioglimento del precedente matrimonio con Luigi VII, re di Francia (1137).
Enrico II deve innanzitutto ristabilire l’ordine e la pace in Inghilterra. S’impegna a limitare i poteri acquisiti dalla grande nobiltà durante l’interregno. Durante l’anarchia i baroni hanno consolidato il potere, costruendo castelli e dotandosi di forze armate reclutate sia tra gli Inglesi che tra gli stranieri. Enrico II fa smantellare molti castelli, altri li trasforma in presidi militari, prende molti mercenari al suo servizio, altri li licenza: controlla i feudatari ed è accettato dai Francesi e dagli Inglesi. Sostituisce il servizio militare con un’imposta (scutage), col risultato di disarmare molti baroni e di disporre di entrate per il reclutamento di un proprio esercito mercenario. Riorganizza l’amministrazione e rafforza il suo potere riformando la giustizia, apre i tribunali locali, le antiche centene (hundreds), e quello regio ai baroni. Il tribunale regio giudica i delitti di lesa maestà, quelli contro la persona, come l’omicidio, e le controversie di natura feudale. Il diritto feudale è amministrato da giudici regi appartenenti al ceto dei cavalieri di lingua francese, che spesso posseggono feudi in Normandia e in Inghilterra. Il diritto anglo-normanno si trasforma in diritto inglese e successivamente in common law, quando la Normandia è conquistata dalla monarchia francese: pertanto è il diritto francese, ispirato a quello romano, a favorire l’evoluzione di quello anglo-normanno. Introduce sia nel Regno di Inghilterra che nel suo ducato di Normandia (dal 1149) il sistema dei writs, che amplia la casistica delle questioni dibattute, e le giurie, che rappresentano il normale metodo di prova in luogo delle ordalie e del duello giudiziario, che sono aboliti.
Si avvale nella sua azione di rafforzamento del potere monarchico del cancelliere Thomas Becket, dal 1162 arcivescovo di Canterbury. Becket è attorniato da una dotta élite ecclesiastica, da lui formata alla dottrina teologica e alla pratica delle arti liberali. Segretario di Becket è Giovanni di Salisbury, chierico di raffinata cultura umanistica e scientifica formatosi a Parigi alle lezioni di Pietro Abelardo e alla innovativa Scuola di Chartres. Secondo Giovanni, autore del Policraticus (1159-1161), la società dipende alla maniera ciceroniana da una concordia ordinum, ovvero dall’ accordo di tutti i suoi membri sul valore della legge e del diritto, ma anche, secondo la concezione teocratica biblica, dal principe inteso come “ministro” dei sacerdoti, ad essi “minore” e sottoposto alla loro autorità. Tuttavia sfuma il concetto della subordinazione del potere politico a quello sacerdotale, insistendo sulla comune subordinazione dei due poteri a una comune legge che li renda legittimi e che ha la sua origine in Dio. Chi infrange il limite costituito dalla legge divina è un tiranno e “contro colui che disarma le leggi è giusto che si armi il diritto”. Sulla base dei testi di Cicerone, di Seneca, dei Padri della Chiesa, dei giuristi romani esalta il principio di un diritto naturale sacro e inviolabile, al quale ciascuno, ecclesiastico o laico, deve sottomettersi. Il principe, “ministro dei corpi”, deve essere sottomesso al “ministro delle anime”, tuttavia ha diritto di ribellarsi se costui diventa “tiranno della Chiesa”. La supremazia dell’ordine ecclesiastico è temperata dall’ordine divino.
Perciò quando Enrico II tenta di sottomettere il clero alla giustizia regia, ledendo il privilegio dell’immunità, trova l’opposizione di Becket, che pure lo ha sostenuto nel suo progetto di rafforzamento della monarchia. In difesa delle libertà ecclesiastiche minacciate dall’assolutismo regio, Becket rifiuta il 30 gennaio 1164 di sanzionare le Costituzioni o assise di Clarendon, che aboliscono i privilegi ecclesiastici e tassano il clero. Becket va in esilio in Francia. Nel 1166 sono approvate le “assise di Clarendon” che regolano i rapporti tra sovrano e clero, e stabiliscono ampiamente la potestà giurisdizionale del re. Nel 1170 è promossa l’inchiesta contro gli sceriffi. Thomas Becket ritorna dall’esilio francese, ma paga con la vita l’opposizione al suo re (1170). La gravità dell’atto, per la reazione che suscita, costringe il re a inchinarsi sulla tomba del suo ex cancelliere. Enrico II si associa al trono il figlio Enrico il Giovane, che lo coadiuverà dal 1170 al 1183, allorché morirà dopo aver preso le armi contro il padre e il fratello Riccardo.
Nel 1171 Enrico II conquista l’Irlanda. Nel 1176 completa le riforme con le Assise di Northampton, che ribadiscono l’autorità regia e il primato dei propri tribunali e impegnano tutti i sudditi, vassalli e subvassalli a un nuovo giuramento, come al tempo del Conquistatore. Consolida il suo prestigio con i matrimoni delle figlie, Eleonora (1162-1214), che va in sposa ad Alfonso VIII re di Castiglia, e Giovanna (1165-1199) a Guglielmo II il Buono, re di Sicilia.
Nel 1187, mentre Enrico II è in guerra con Filippo II Augusto, re di Francia, per la difesa di diritti territoriali, il Saladino, conquistati l’Egitto e la Siria musulmana, invade il Regno di Gerusalemme e sconfigge a Hettin il re Guido di Lusingano, che fa prigioniero. Sottomette Gerusalemme, San Giovanni d’Acri, Giaffa e Beirut. Il nuovo pontefice Gregorio VIII bandisce nello stesso anno una nuova crociata, la terza. Enrico II giunge alla pace dopo aver affrontato l’ultima lotta contro il figlio ribelle Riccardo Cuor di Leone, alleato del re di Francia, cui deve prestare questa volta l’omaggio. Enrico II, ammalato e deluso, dopo aver saputo che alla guida dei baroni ribelli angioini vi era l’altro figlio Giovanni, muore il 6 luglio 1189 a Chinon, a 56 anni. Il 20 luglio il secondogenito Riccardo, conte di Poitou, è cinto a Rouen dall’arcivescovo della spada ducale e del vexillum di Normandia. È il primo passo per l’incoronazione in Inghilterra. Incontra il re di Francia, ma non più da alleato, e promette 4000 marchi per mantenere il Vexin, per la cui difesa il padre ha combattuto. In Inghilterra la regina Eleonora e gli oppositori politici di Enrico sono liberati.
Riccardo I Cuor di Leone è incoronato il 13 ottobre nell’abbazia di Westminster dall’arcivescovo Baldovino di Canterbury con una fastosa cerimonia. Ai festeggiamenti non sono ammessi ebrei e donne. Il tentativo di qualche ebreo di entrare nella sala per presentare doni al re scatena una durissima repressione, che si estende a tutta l’Inghilterra, contro l’atteggiamento di accoglienza del defunto Enrico II. Durante il soggiorno in Inghilterra, il re concede la libera elezione dei balivi a Colchester. Per la crociata, di cui accetta di provvedere per più di due terzi alle spese, dispone della decima saladina, circa 60 mila lire, fornita dal popolo e dal clero, anche se con malcontento, che però si rivela insufficiente in quanto una parte è stata spesa per la guerra contro la Francia. Riccardo ricorre alla vendita di “regalie” – uffici, contee, castelli, signorie, terre – e a prestiti dalle chiese. L’11 dicembre 1189 lascia l’Inghilterra, dopo aver nominato reggente la madre Eleonora, coadiuvata dal cancelliere Guglielmo Longchamp, vescovo di Ely. I signori inglesi e francesi dei suoi domini continentali (Normandia, Angiò, Maine e Aquitania) si accollano le spese per i “pellegrini”. Riccardo s’impegna a organizzare i domini, a stabilire accordi con il re di Francia Filippo Augusto, con cui deve intraprendere la crociata, a rinviare ancora il matrimonio con Alice, sorella del re francese, a iniziare serie trattative matrimoniali con Berengaria di Navarra (1165 ca. -1230). Nel luglio del 1190 i due eserciti si mettono in viaggio separatamente per incontrarsi in Sicilia, dove Riccardo deve risolvere le questioni dotali di sua sorella Giovanna, rimasta vedova di Guglielmo il Buono senza figli. In settembre i due sovrani sono a Messina, dove sverneranno con i loro eserciti. Alla fine di marzo del 1191 Filippo Augusto parte per Acri, dopo aver sciolto Riccardo dall’impegno nei confronti di Alice. Potrà sposare Berengaria di Navarra, che lo raggiunge in Sicilia con la regina Eleonora. Riccardo lascia la Sicilia il 10 aprile. Domenica 12 maggio 1191 è celebrato a Limassol il matrimonio tra Riccardo e Berengaria, che è incoronata regina d’Inghilterra. Tra la fine di maggio e il primo giugno, Riccardo conquista l’isola di Cipro, che sarà venduta ai Templari e nel 1192 a Guido di Lusignano, che ha partecipato alla conquista. In Siria incontra il duca Federico VI, figlio del defunto imperatore Federico Barbarossa, morto annegato guadando il fiume Salef, e Filippo II Augusto. Riccardo combatte vittoriosamente ad Ascalona e occupa varie città della Palestina ma, vista l’impossibilità di conquistare la Terrasanta, conclude una tregua di tre anni con Saladino. Nel 1193 Riccardo Cuor di Leone deve accettare il vincolo vassallatico impostogli da Enrico VI di Germania. Nello stesso anno i londinesi giurano fedeltà al re (giuramento della Communa).
Combatte contro la Francia e riporta un’ importante vittoria a Vendôme. Nel 1199 conclude una tregua di cinque anni con il re di Francia. Nell’assedio del castello di Limoges, durante la perlustrazione delle mura, è ferito a un braccio da un balestriere e muore in seguito alla ferita. Gli succede il fratello Giovanni Senzaterra.