Il riordino delle tipologie contrattuali. Tirocini
Nati per favorire un migliore raccordo tra il mondo dell’istruzione e quello del lavoro, i tirocini formativi e di orientamento hanno nei fatti progressivamente assunto anche una funzione di primo canale di ingresso nel mercato del lavoro pur non costituendo formalmente rapporti di lavoro. Per arginare l’uso spesso distorto o fraudolento dell’istituto, la l. 28.06.2012, n. 92 prevede la revisione della sua disciplina da attuare entro 6 mesi mediante un accordo in sede di Conferenza Stato-regioni. Il contributo descrive i criteri a cui dovrà ispirarsi tale accordo anche alla luce dell’esperienza applicativa della disciplina dei tirocini, finora oscillante tra le norme statali del 1997/1998 e quelle regionali emanate dopo il d.lgs. 10.9.2003, n. 276.
L’art. 1, co. 34-36, l. 28.6.2012, n. 92 preconizza una revisione della disciplina dei tirocini formativi e di orientamento da attuare mediante le linee-guida definite, sulla scorta di una serie di criteri, in un accordo concluso in sede di Conferenza Stato-regioni entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della stessa legge.
1.1 La disciplina finora vigente
La disciplina finora vigente dei tirocini – risalente all’art. 18 l. 24.6.1997, n. 196 ed al suo regolamento attuativo (d.m. 25.3.1998, n. 142)1 – li configura come esperienze formative e/o di orientamento di durata massima predeterminata, attivate mediante una convenzione tra un soggetto promotore ed un datore di lavoro ospitante, destinate a vari soggetti (studenti, disoccupati e inoccupati ecc.) ed incentrate sulla presenza del tirocinante in un luogo di lavoro nel quale effettua un percorso formativo “in situazione”, acquisendo una concreta conoscenza del mondo del lavoro. I tirocini non costituiscono rapporti di lavoro, pur potendo essere qualificati giudizialmente come tali ove, in violazione della loro disciplina, siano indebitamente utilizzati. Anche quando si prestano a scopi specifici (agevolazione dell’inserimento o del reinserimento lavorativo), i tirocini non possono perdere la finalità formativa e/o orientativa.
In virtù della loro competenza esclusiva in materia di formazione professionale (art. 117 Cost.)2, alcune regioni hanno introdotto norme legislative sui tirocini anche distaccandosi dalla disciplina statale del 1997/1998. Tale competenza non può tuttavia escludere le prerogative della legge statale in relazione alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni civili e sociali connesse alla tutela dei tirocinanti. Ciò ha indotto di recente il legislatore statale ad evocare criteri più rigorosi per la capacità promozionale dei tirocini ed a stabilire limiti temporali più stringenti per i tirocini “non curriculari” (non inseriti nei piani di studio scolastici ed universitari)3.
1.2. Genesi delle nuove regole
L’art. 1, co. 34, l. n. 92/2012 trae spunto dall’intesa del 27.10.2010 per il rilancio dell’apprendistato, con cui il Governo si impegnava anche ad avviare un tavolo con regioni e parti sociali per definire un quadro più razionale ed efficiente dei tirocini, valorizzandone le potenzialità in termini di occupabilità e prevenendo gli abusi e l’utilizzo distorto degli stessi in concorrenza con l’apprendistato. Diversamente dalla prima versione del disegno di legge, che attribuiva una delega legislativa al Governo da attuare d’intesa con la Conferenza Stato-regioni, il legislatore ha optato per una soluzione regolativa più attenta alle competenze regionali, la quale, tuttavia, non smentisce le competenze statali in materia. Infatti, mediante gli accordi ex art. 4 d.lgs. 28.8.1997, n. 281, Governo e regioni coordinano l’esercizio delle rispettive competenze e lo svolgimento di attività di interesse comune in attuazione del principio di leale collaborazione.
L’accordo definirà le linee-guida sulla base di quattro criteri:
a) revisione della disciplina dei tirocini, anche in relazione alla valorizzazione di altre forme contrattuali a contenuto formativo (apprendistato);
b) previsione di azioni e interventi volti a prevenire e contrastare un uso distorto dei tirocini, anche mediante la puntuale individuazione delle modalità con cui il tirocinante presta la propria attività;
c) individuazione degli elementi qualificanti del tirocinio e degli effetti conseguenti alla loro assenza;
d) riconoscimento di una congrua indennità, anche in forma forfetaria, in relazione alla prestazione svolta, fermo restando che la mancata corresponsione di tale indennità è punita con una sanzione amministrativa proporzionata alla gravità dell’illecito commesso, in misura variabile tra 1.000 e 6.000 euro, conformemente alla l. 24.11.1981, n. 6894.
La norma pare preludere ad una generale rivisitazione della disciplina dell’istituto – da rendere operante, peraltro, con successivi atti normativi – che, da un lato, ne evidenzi più chiaramente l’autonomia rispetto ad altri strumenti formativi e, dall’altro, ne preservi le peculiari finalità arginando più efficacemente gli abusi. In tal senso i primi tre criteri appaiono funzionalmente connessi tra loro. Alla luce dell’esperienza, le linee-guida dovrebbero quindi occuparsi della rivisitazione di vari aspetti della disciplina, provvedendo tra l’altro a: chiarire nozioni, tipologie e finalità dei tirocini; definire nitidamente i requisiti per la capacità promozionale; confermare e valorizzare la convenzione, il progetto formativo e di orientamento e l’attività di tutorato; declinare chiaramente i diritti ed i doveri di tutte le parti (promotori, ospitanti e tirocinanti), anche con particolare riferimento alla salute e sicurezza di questi ultimi; individuare i requisiti soggettivi dei tirocinanti; fissare i limiti quantitativi e qualitativi per l’ospitalità dei tirocini; definire i limiti all’applicazione produttiva; individuare ed articolare i limiti temporali delle esperienze; consentire un riscontro previdenziale dei tirocini; rendere effettiva la valutazione delle esperienze (comprese quelle all’estero); porre le basi per sanzionare adeguatamente le varie violazioni.
Al di là del fatto che la conclusione dell’accordo richiederà il consenso unanime di tutti i componenti la Conferenza Stato-regioni e che le norme statali e regionali finora vigenti dovrebbero perdere efficacia solo una volta sostituite da atti normativi emanati sulla scorta delle linee-guida, non è chiaro se, definite queste ultime, ne conseguiranno solo norme regionali o vi sarà spazio (come pare che debba essere) anche per una disciplina statale sui livelli essenziali di tutela dei tirocinanti, la quale potrebbe altresì sopperire ove alcune regioni, pur condividendo le linee-guida in sede di accordo, non adottassero poi nuove norme con esse coerenti.
Seri dubbi desta l’obbligatoria corresponsione dell’indennità, che rischia di limitare la disponibilità delle aziende ad ospitare tirocini e di costituire un alibi per ridurre la loro portata formativa, potendo essere indebitamente interpretata come indiretto riconoscimento di una loro finalità produttiva, come pare purtroppo emergere dall’allusione alla «prestazione svolta».
1 Su cui v. Pascucci, P., Stage e lavoro. La disciplina dei tirocini formativi e di orientamento, Torino, 2008.
2 Ribadita da C. cost., 28.01.2005, n. 50 dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 60 d.lgs. 10.9.2003, n. 276 sui “tirocini estivi di orientamento”.
3 Art. 11 d.l. 13.8.2011, n. 138, conv. in l. 16.9.2011, n. 148, su cui v. Pascucci, P., La disciplina dei tirocini formativi e di orientamento: ieri, oggi e... domani (ovvero prima e dopo l’art. 11 del d.l. n. 138/2011), in Dir. rel. ind., 2011, 971 ss.
4 Il successivo co. 36 prevede che dall’applicazione dei co. 34 e 35 non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.