Il rito immediato custodiale
Con il «pacchetto sicurezza» del 2008 è stata introdotta una nuova figura di giudizio immediato che ha come presupposto lo stato custodiale dell’indagato. Lo scopo perseguito dal legislatore è di evitare che i tempi di celebrazione dell’udienza preliminare determinino la liberazione degli imputati per decorrenza del termine di fase stabilito dall’art. 303 c.p.p. La scelta del legislatore è stata criticata perché, assumendo come requisito del nuovo rito speciale l’esistenza di un’ordinanza custodiale, espone il procedimento di cognizione all’indebito condizionamento derivante da valutazioni e giudizi ad esso estranei e tipici esclusivamente della fase cautelare. La novella ha inoltre sollevato dubbi interpretativi: per un verso, se la nuova fattispecie abbia carattere autonomo rispetto all’immediato tradizionale; per altro verso, se le soluzioni suggerite per l’immediato tradizionale siano da ritenersi estensibili alla nuova figura.
Con il «pacchetto sicurezza» adottato con d.l. 23.5.2008, n. 92, convertito con modifiche nella l. 24.7.2008 n. 125, il giudizio immediato è stato sottoposto ad una significativa revisione: come è noto, il legislatore da un lato ha aggiunto a quella originaria una nuova modalità di instaurazione del rito speciale e, dall’altro, ha reso obbligatorio l’accesso al giudizio immediato. Il legislatore, infatti, ha inserito nell’art. 453 c.p.p. i commi 1 bis e 1 ter, che delineano la struttura del nuovo immediato cd. custodiale: il pubblico ministero chiede il giudizio immediato entro centottanta giorni dall’esecuzione della misura per il reato in relazione al quale l’imputato si trovi in stato di custodia cautelare; la richiesta è formulata dopo la definizione del procedimento di cui all’art. 309 c.p.p., ovvero dopo decorso il termine per la proposizione della richiesta di riesame, ma il giudice deve rigettare l’istanza di giudizio immediato qualora la misura sia stata revocata o annullata (art. 455, co. 1 bis c.p.p.). Inoltre è stato modificato l’art. 453, co. 1, c.p.p., sostituendo con il presente indicativo «chiede» l’originaria formula «può chiedere» con cui in passato si consentiva al pubblico ministero di promuovere il giudizio speciale; in tal modo anche il giudizio immediato ordinario è oggi diventato tendenzialmente obbligatorio. La novella ha dunque reso obbligatorio l’esercizio dell’azione penale (art. 405, co. 1, c.p.p.), benché la doverosità dell’introduzione del rito speciale sia temperata dalla previsione della facoltà per il pubblico ministero di procedere nelle forme ordinarie quando l’accesso al rito possa «pregiudicare gravemente le indagini », evenienza valutata discrezionalmente dalla pubblica accusa la cui scelta non è sottoposta ad alcun controllo giurisdizionale. Lo scopo perseguito dal legislatore con la nuova figura di giudizio immediato è di prevenire la rimessione in libertà dell’imputato sottoposto ad una misura custodiale – custodia in carcere o arresti domiciliari – per scadenza del termine di fase. Nel giudizio ordinario, infatti, quando si procede per reati per i quali è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare, la richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero non determina la decorrenza di un nuovo termine di fase della misura applicata durante le indagini preliminari; tale effetto si determina soltanto con l’emissione del provvedimento che dispone il giudizio, che deve intervenire entro i termini stabiliti dall’art. 303, co. 1, lett. a) c.p.p.1 Il decreto di giudizio immediato – insieme con il decreto che dispone il giudizio e con il decreto di citazione diretta a giudizio – è provvedimento idoneo a determinare la decorrenza del nuovo termine di fase. Si espande la possibilità per il pubblico ministero di promuovere il giudizio immediato, rito che colloca la pubblica accusa in una posizione di vantaggio nei confronti della controparte privata: oltre a prevenire il pericolo di revoca della misura cautelare per scadenza del termine di fase, l’immediato custodiale, al pari della omologa fattispecie preesistente, evita la celebrazione dell’udienza preliminare e solleva l’organo inquirente dal dovere di notificare l’avviso di conclusione delle indagini di cui all’art. 415 bis c.p.p. L’instaurazione del rito speciale comporta un apprezzabile sacrificio delle garanzie difensive dell’imputato, il quale non può avvalersi delle facoltà e dei diritti previsti a suo favore dalle disposizioni del rito ordinario. Nondimeno, come contrappeso è prevista la necessità di attendere il consolidamento delle valutazioni espresse nell’ordinanza cautelare: l’art. 453, co. 1 ter, c.p.p. stabilisce infatti che la richiesta del pubblico ministero deve essere formulata dopo la definizione del procedimento di cui all’art. 309 c.p.p., ovvero dopo il decorso dei termini per la proposizione della richiesta di riesame. Inoltre, la disciplina è completata dalla previsione che vieta al giudice l’adozione del decreto di giudizio immediato qualora l’ordinanza custodiale sia stata revocata o annullata per sopravvenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 455, co. 1 bis, c.p.p.). Ulteriore tratto che caratterizza il nuovo rito è che esso, a differenza dell’immediato ordinario, non imprime affatto un’accelerazione alla fase investigativa. Ciò deriva dalla scelta del momento dal quale inizia a decorrere il termine per la richiesta del rito speciale: centottanta giorni dall’esecuzione della misura cautelare invece dei novanta giorni dall’iscrizione della notizia di reato nell’ipotesi dell’art. 453, co. 1, c.p.p. Mentre nell’immediato tradizionale la fase investigativa subisce una significativa contrazione, nell’immediato custodiale il termine – già di per sé molto ampio – per la presentazione della richiesta di decreto di giudizio immediato prende avvio con l’esecuzione della misura cautelare. È evidente allora che l’introduzione del rito speciale custodiale può essere preceduta da un’attività di indagine anche molto lunga ed articolata, contrassegnata da una o più richieste di proroga delle stesse. Tale assetto del nuovo rito risulta in sintonia con lo scopo perseguito dal legislatore, che non era quello di incidere sulla durata del processo accorciando i tempi delle indagini preliminari ma, come si è visto, quello di prevenire il pericolo di scarcerazioni derivanti dalla scadenza del termine di fase della misura cautelare. La contrazione dei tempi processuali si realizza solo dopo la formale chiusura delle indagini preliminari attraverso l’emissione del decreto di giudizio immediato, che fa approdare il processo direttamente al dibattimento o all’eventuale rito alternativo chiesto dall’imputato.
Molteplici sono le questioni interpretative aperte dalla nuova disciplina che, secondo una parte della dottrina, pone l’imputato in una posizione deteriore, in contrasto con i principi di uguaglianza e di difesa degli artt. 3 e 24 Cost. Giudizi negativi sono stati espressi anche sul piano dell’opportunità della nuova disciplina dell’immediato cautelare2.
2.1 I rapporti tra la fase cautelare e il procedimento principale
Con riguardo a tale aspetto, conviene osservare che il nuovo giudizio immediato poggia le proprie basi su una peculiare commistione tra il procedimento cautelare e il giudizio di cognizione. Benché in passato situazioni analoghe siano state «bocciate» dalla Corte costituzionale3, nel caso di specie gli effetti del provvedimento cautelare non si estendono fino ad influire sulla decisione di merito resa nel giudizio di cognizione, ma rimangono confinati sul piano processuale, condizionando solo la scelta del rito. Entro tali limiti non risulta violato il quadro dei rapporti tra il procedimento de libertate e il giudizio principale come delineato dalla giurisprudenza della Corte costituzionale. È pur vero tuttavia che la scelta del legislatore, per quanto animata dall’intento di tracciare una via preferenziale per i processi con imputati sottoposti a misura custodiale, si dimostra poco opportuna4 in quanto foriera, sul versante operativo, di situazioni disomogenee difficilmente giustificabili. Una delle principali differenze tra le diverse modalità di instaurazione del rito speciale previste nell’art. 453 c.p.p. risiede nel fatto che l’accesso all’immediato custodiale dipende non solo dall’esistenza di un quadro probatorio di rilevante gravità, ma altresì dalla concreta sussistenza di esigenze cautelari, cui è subordinata l’emissione dell’ordinanza cautelare, nonché dall’applicazione dei principi di adeguatezza e di proporzionalità contenuti nell’art. 275 c.p.p. La presenza di tali requisiti obbliga il giudice a valutare profili propri esclusivamente della cautela, ma che evidentemente finiscono per incidere sulla possibilità di instaurare il rito speciale. Sicché mentre nell’immediato ordinario è soltanto sulla qualità degli elementi d’accusa che si fonda l’accesso diretto alla fase dibattimentale, nell’immediato custodiale il rito speciale potrà essere promosso soltanto se l’indagato è soggetto processualmente pericoloso, avendo costui attitudine a porre in essere una delle condotte descritte nell’art. 274 c.p.p., e sempre che il giudice ritenga la misura del carcere o degli arresti domiciliari rispondente ai criteri di adeguatezza e di proporzionalità. Ma la sovrapposizione degli schemi decisionali tipici della fase cautelare con le modalità e i tempi di accesso del nuovo giudizio immediato comporta ulteriori forme di condizionamento, soprattutto con riferimento al termine entro il quale il pubblico ministero deve chiedere il giudizio immediato. Invero è indubbio che esso si contrae in modo considerevole quando l’unica esigenza cautelare posta a fondamento della misura custodiale è costituita dal pericolo per l’assunzione della prova. In siffatta ipotesi, invero, la misura perde automaticamente efficacia alla scadenza del termine indicato dal giudice nell’ordinanza. Di regola si tratta di un segmento temporale piuttosto breve, posto che il giudice può fissare, per il compimento delle indagini, un termine non superiore a trenta giorni, prorogabile – nei limiti stabiliti dall’art. 301, co. 2 ter c.p.p. – fino a un massimo di novanta giorni. In questo caso lo spazio concesso al pubblico ministero per promuovere il rito speciale si riduce in modo apprezzabile. Una situazione simile si presenta anche quando si procede per un delitto per il quale la legge prevede la pena della reclusione non superiore nel massimo a sei anni, posto che in tal caso la durata del termine di fase del provvedimento cautelare è di tre mesi, decorrente dall’esecuzione della misura. Anche in questa ipotesi l’accesso al rito speciale è condizionato al rispetto di un termine ben inferiore a quello stabilito dall’art. 453, co. 1 bis, c.p.p.
2.2 L’immediato custodiale come fattispecie autonoma
La dottrina e la giurisprudenza si sono interrogate sui rapporti intercorrenti tra le due diverse forme di giudizio immediato: in particolare ci si è chiesti se l’art. 453 comma 1 bis c.p.p. sia un’ipotesi autonoma rispetto a quella ordinaria disciplinata dal comma 1 o se ne costituisca invece una sottofattispecie, nel qual caso il giudice sarebbe tenuto a verificare anche la sussistenza dei relativi presupposti, tra i quali l’evidenza della prova e l’avvenuto interrogatorio dell’imputato. Ora, se con riguardo a tale ultima condizione essa risulta comunque soddisfatta dall’esperimento dell’interrogatorio di garanzia ai sensi dell’art. 294 c.p.p. o da quello condotto nell’udienza di convalida, tanto che il quesito prospettato si rivela privo di concreta rilevanza, diversamente avviene rispetto all’evidenza della prova. Con specifico riferimento a tale questione, in giurisprudenza, si registrano allo stato pochi interventi: alcune sentenze hanno riconosciuto all’immediato custodiale dignità di fattispecie autonoma, escludendo che il giudice, investito della richiesta ai sensi dell’art. 453, co. 1 bis, c.p.p., debba compiere un accertamento avente ad oggetto anche l’evidenza della prova5. Da segnalare tuttavia una decisione in senso contrario che, sia pure incidentalmente, grava il giudice di tale incombente6. Anche in dottrina le soluzioni suggerite sono tutt’altro che univoche e il dibattito, incentrato sull’indagine semantica delle nozioni di evidenza della prova e di gravità indiziaria, ha portato a conclusioni tutt’altro che omogenee. Taluno ha ritenuto superfluo un autonomo vaglio sulla consistenza del quadro probatorio da parte del giudice investito della richiesta del giudizio immediato cautelare7, essendosi esplicitamente sostenuto che il requisito dei gravi indizi assorbe quello dell’evidenza della prova8. Per contro, secondo una diversa opinione, le due nozioni avrebbero un contenuto distinto9 e il giudice sarebbe chiamato ad accertare la sussistenza dell’evidenza probatoria anche nel giudizio immediato custodiale10. Tenuto conto della finalità della riforma, non sembra potersi dubitare che l’intenzione del legislatore fosse di riconoscere carattere autonomo alla nuova figura di giudizio immediato, fondata sul solo presupposto dello stato di privazione della libertà personale cui è sottoposto l’indagato e sulla necessità di prevenire il rischio di scarcerazioni intempestive a causa della lunghezza degli ordinari tempi del processo. In tale prospettiva, l’accesso al rito immediato trova adeguata giustificazione nella equiparazione legale del requisito di cui all’art. 273 c.p.p. a quello dell’evidenza probatoria, senza necessità di un autonomo vaglio della evidenza della prova, che diverrebbe un’inutile duplicazione dell’accertamento già compiuto in sede cautelare. L’indirizzo giurisprudenziale poc’anzi citato11 ha del resto affermato l’erroneità dell’affermazione secondo la quale l’evidenza della prova rappresenta un grado di probabilità di condanna superiore a quello insito nel giudizio di gravità indiziaria. Al contrario, nel ribadire l’autonomia della fattispecie dell’art. 453, co. 1 bis, c.p.p., la Corte di cassazione ha evidenziato come, per effetto dei recenti interventi sia del giudice di legittimità sia della Consulta, le tradizionali differenze tra giudizio cautelare e giudizio di merito siano andate via via sfumando, tanto che si oggi si registra «… una chiara spinta all’omologazione dei parametri di valutazione e di utilizzabilità del materiale conoscitivo oggetto delle decisioni del giudice della cautela e di quello del merito»12. Inoltre la citata pronuncia della Suprema Corte del 2010 ha sottolineato come, pur in presenza delle menzionate pronunce con le quali la Consulta ha sanzionato impropri rapporti di interdipendenza tra procedimento cautelare e processo di cognizione, sia «…razionale che il legislatore disponga, al contrario, che la valutazione del giudice de libertate sia sufficiente per l’instaurazione del giudizio immediato».
Analogamente a quanto si sostiene con riguardo alla tradizionale figura di giudizio immediato13, generalmente si ritiene che la richiesta volta all’instaurazione dell’immediato custodiale non debba essere preceduta dall’avviso di conclusione delle indagini14, ancorché non si possa negare che, rispetto alla nuova figura di rito speciale, le esigenze di speditezza non sembrano essere così stringenti come nel procedimento disciplinato dall’art. 453, co. 1, c.p.p., pacificamente esentato dalla giurisprudenza dal previo avviso di cui all’art. 415 bis c.p.p. Ed infatti, nel suggerire l’opposta soluzione, non si è mancato di rilevare che l’ampio lasso di tempo a disposizione del pubblico ministero per la presentazione della richiesta di giudizio immediato custodiale è compatibile con l’adozione dell’avviso di conclusione delle indagini15. In questo modo si consentirebbe all’indagato di venire a conoscenza del materiale investigativo raccolto dal pubblico ministero e di fornire un contributo difensivo adeguato al progredire delle indagini. Secondo il Supremo Collegio il termine di centottanta giorni per la presentazione della richiesta di giudizio immediato non ha carattere perentorio16, ma ordinatorio, in armonia del resto con l’identica tesi sostenuta con riferimento all’immediato tradizionale17. Mentre una parte della dottrina condivide tale opinione18, la tesi contraria19 è argomentata con la natura di presupposto di instaurazione del rito del termine di centottanta giorni che l’art. 453, co. 1 bis, c.p.p. assegna a tale arco temporale. L’affermazione troverebbe sostegno nel fatto che l’art. 453 c.p.p. è rubricato «casi e modi di giudizio immediato», mentre il diverso termine stabilito per l’immediato ordinario è disciplinato dall’art. 454 c.p.p., che regola «le modalità» di presentazione della richiesta del pubblico ministero. Inoltre si osserva che il termine per l’introduzione dell’immediato custodiale è già straordinariamente lungo se comparato con le finalità acceleratorie del rito stesso; non sarebbe allora opportuno aggravare la posizione dell’indagato, prolungando ulteriormente il termine per la presentazione della richiesta e confiscando l’esercizio del suo diritto di accesso agli atti processuali per un apprezzabile arco di tempo. Si discute inoltre se l’art. 453, co. 1 ter, c.p.p., laddove prevede che la richiesta di giudizio immediato sia formulata soltanto dopo la definizione del procedimento dell’art. 309 c.p.p., debba essere interpretato nel senso che è necessario attendere la conclusione dell’eventuale giudizio di cassazione, ovvero se è sufficiente la celebrazione della fase di merito davanti al tribunale del riesame. L’assenza di ogni richiamo all’art. 311 c.p.p., l’autonomia concettuale del procedimento di riesame propriamente detto disciplinato dall’art. 309 c.p.p. rispetto al giudizio di cassazione regolato dall’art. 311 c.p.p., nonché la necessità di evitare che l’imponderabile durata del procedimento davanti a quest’ultimo giudice impedisca di fatto l’accesso al giudizio immediato, ha suggerito l’accoglimento della tesi meno rigorosa20. La soluzione è tuttavia avversata da chi sostiene che l’instaurazione del rito speciale è condizionata alla definitività dell’ordinanza cautelare, di talché la pendenza del ricorso per cassazione costituisce un ostacolo insormontabile al promovimento dell’immediato custodiale. Il procedimento di riesame può dirsi «definito» soltanto nel momento in cui l’ordinanza applicativa della misura, superato il vaglio di merito e di legittimità, contiene valutazioni non più suscettibili di essere modificate allo stato degli atti. In favore di tale asserzione militano ragioni di tutela dell’indagato, che può essere privato delle garanzie connesse al rito ordinario soltanto se la misura cautelare sia stata confermata non solo in sede di merito, ma anche di legittimità, poiché solo tale vaglio approfondito può riequilibrare l’assenza del controllo giurisdizionale sulla correttezza dell’esercizio dell’azione penale compiuto dal g.u.p. in udienza preliminare21.
1 L’art. 303, co. 1, lett. a), c.p.p. prevede che nuovi termini di fase decorrano dalla pronuncia della sentenza di applicazione della pena o dalla ordinanza che dispone il giudizio abbreviato.
2 Cfr. R. Orlandi, Il giudizio immediato cosiddetto custodiale, in AA.VV., Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, a cura di G. Amato e C. Santoriello, Torino, 2009, 85 ss.; Bene, Giudizio immediato, in Trattato di procedura penale, IV, t. I, Torino, 2008, 428; Lorusso, Il giudizio immediato (apparentemente) obbligatorio e la nuova ipotesi riservata all’imputato in vinculis, in AA.VV., Le nuove norme sulla sicurezza pubblica, a cura di Lorusso, Padova, 2008, 148 ss.
3 Ci si riferisce in particolare a C. cost., 24.4.2009, n. 121, in Cass. pen., 2009, 3291, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 405, co. 1bis, c.p.p., che imponeva al pubblico ministero di chiedere l’archiviazione del procedimento qualora la Corte di cassazione, all’esito del procedimento cautelare, si fosse pronunciata per l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e non fossero successivamente stati acquisiti nuovi elementi a carico dell’indagato, nonché a C. cost., 15.3.1996, n. 71, in Cass. pen., 1996, 2090 che ha censurato quell’interpretazione degli artt. 309 e 310 c.p.p., secondo la quale il giudice del procedimento cautelare era esonerato dal dovere di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza quando nel procedimento di merito fosse stato emesso il decreto che dispone il giudizio.
4 In questo senso v. Orlandi, Il giudizio immediato cosiddetto custodiale, cit., 87.
5 Cass. pen., sez. VI, 20.1.2011, Guarcello, CED Cass. 249476; Cass. pen., sez. II, 1.7.2009, Moramarco, in Dir. pen. e processo, 2010, 557, con nota adesiva di Maffeo, Giudizio immediato custodiale ed evidenza della prova: la posizione della Corte di cassazione, nonché in Cass. pen., 2010, 1345, con nota di Spagnolo, 1350.
6 Cass. pen., sez. VI, 20 ottobre 2009, Amato, in Cass. pen., 2010, 1349.
7 Per l’autonomia dell’immediato custodiale si esprime Reynaud, Le modifiche al codice di procedura penale, in AA.VV., Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, cit., 55; nel medesimo senso sembra anche Bene, Giudizio immediato, cit., 429.
8 Barazzetta-Corbetta, Il giudizio immediato, in AA.VV., «Decreto sicurezza»: tutte le novità, Milano, 2008, 123.
9 Spagnolo, nota a Cass. pen., sez. II, 1.7.2009, cit., 1353; Valentini, La poliedrica identità del nuovo giudizio immediato, in AA.VV., Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica, a cura di Mazza-Viganò, Torino, 2008, 290.
10 Spagnolo, nota a Cass. pen., sez. II, 1.7.2009, cit., 1353.
11 Cass. pen., sez. II, 1.7.2009, Moramarco, cit., 558.
12 Così Cass. pen., S.U., 30.5.2006, Spennato, in Dir. pen. e processo, 2007, 875. 13 Sul punto v. C. cost., 16.5.2002, n. 203, cit., secondo la quale l’avviso di conclusione delle indagini preliminari mal si concilia con le esigenze di speditezza del rito immediato.
14 Anche se non sempre si condivide tale soluzione: sul punto v. Spangher, I procedimenti speciali, in AA.VV., Procedura penale, Torino, 2010, 522; Lorusso, Il giudizio immediato, cit., 151.
15 Barazzetta-Corbetta, Il giudizio immediato, cit., 126.
16 Cass. pen., sez. VI, 12.12.2009, Morello, CED Cass. 245490; Cass. pen., sez. I, 9.12.2009, Stilo, CED Cass. 246036; Cass. pen., sez. VI, 20.10.2009, Amato, cit., 1349.
17 Cass. pen., sez. I, 26.10.2010, Arangio Mazza, CED Cass. 249006; Cass. pen., sez. III, 4.10.2007, Cerami, CED Cass. 237954; Cass. pen., sez. II, 9.5.2006, Morello, CED Cass. 234965; Cass. pen., sez. I, 27.5.2004, Dentici, CED Cass. 228130; Cass. pen., sez. I, 4.7.2003, Ferrua, CED Cass. 226179.
18 Bricchetti-Pistorelli, Giudizio immediato per chi è già in carcere, in Guida dir., 2008, n. 23, 82.
19 Reynaud, Le modifiche al codice di procedura penale, cit., 65; nel medesimo senso v. Bene, Giudizio immediato, cit., 428.
20 Cass. pen., sez. I, 11.11.2010, Alikic, CED Cass. 249023; in dottrina Rivello, Giudizio immediato, in Enc. dir., Aggiornamento III, Milano, 2010, 469; Reynaud, Le modifiche al codice di procedura penale, cit., 57; Bene, Giudizio immediato, cit., 429.
21 Cass. pen., sez. III, 15.4.2010, G., in Dir. pen.e processo, 2011, 63; Bricchetti-Pistorelli, Giudizio immediato, cit., 81; Varraso, Il «doppio binario» del giudizio immediato richiesto dal pubblico ministero, in AA.VV., Il decreto sicurezza, a cura di Scalfati, Torino, 2008, 183; Insom, Presupposti per l’accesso al giudizio immediato custodiale, in Dir. pen. e processo, 2011, 66.