Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel basso Medioevo, l’Impero germanico è il più prestigioso dei regni. Con Gregorio VII ed Enrico IV scoppia la lotta per le investiture, che si conclude con un compromesso. Alla dinastia sassone, dopo un periodo di lotte, succedono gli Hohenstaufen, che cercano di contrastare le tendenze centrifughe dei ducati tedeschi e delle città lombarde. Ma il vero successo che consegue Federico Barbarossa è il matrimonio del figlio Enrico VI con l’erede normanna del Regno di Sicilia, Costanza d’Altavilla.
Federico II (1194-1250) è l’ultimo interprete dell’impero universale. Eredita il Regno di Sicilia ed è eletto imperatore nel 1215, per essere incoronato nel 1220. Si dedica con grandi energie al Regno di Sicilia, tanto da venire accusato di trascurare tutto il resto. Ha il progetto di un impero universale assoluto, romano, ma è un progetto politico debole per la profonda diversità dei suoi domini: la Germania ha una sua organizzazione politica e amministrativa feudale vassallatica, la Sicilia è una monarchia più centralizzata e l’Italia centro-settentrionale ha i Comuni ormai autonomi.
Alla morte di Innocenzo III, Federico II rompe la promessa di mantenere separata la Sicilia dall’impero. Al momento dell’incoronazione, ha in suo possesso un ampio dominio, interrotto solo dallo Stato della Chiesa.
Una volta riorganizzato il Regno di Sicilia, vuole, quindi, l’affermazione della piena autorità imperiale nel Regno d’Italia e il controllo dei territori della Chiesa necessari a dare continuità territoriale ai suoi domini. Per l’Italia settentrionale vuole un regno diviso in vicariati, ciascuno presieduto da personaggi di sua fiducia. Nel 1226 alla dieta di Cremona chiede ai Comuni perentoriamente di sottomettersi ai vicari.
Si ricostituisce, quindi, la Lega Lombarda. Nel 1227 è eletto papa Gregorio IX, che lo scomunica per non aver adempiuto alla crociata. Federico allora parte per la Terrasanta, ma invece di combattere, stabilisce, nel 1229, col sultano d’Egitto un patto diplomatico, che, però, offre un nuovo pretesto per la propaganda antimperiale. Nel Nord Italia intanto dilaga la guerra tra città guelfe e città ghibelline. Federico sconfigge le prime a Cortenuova nel 1237 e nel 1239 subisce una nuova scomunica dal papa, che ufficialmente lo condanna come eretico. Al concilio di Lione nel 1245 viene deposto dalla carica di imperatore. In Germania viene eletto un nuovo re, ma Federico muore nel 1250.
Il progetto italiano di Federico II ha conseguenze gravi per l’assetto del potere imperiale in Germania. Già Federico ottiene la carica di imperatore solo alla fine di una guerra ventennale contro i baroni della Germania, che oppone Filippo di Svevia a Ottone di Brunswick figlio di Enrico il Leone. Alla morte di Filippo, quando Ottone rivendica anche i domini italiani, il papa gli preferisce Federico. Ottone viene, quindi, sconfitto a Bouvines dai Francesi nel 1214 e deposto, aprendo la strada a Federico per la corona di Germania.
Le discordie di Federico con le città dell’Italia e col pontefice sono poi del tutto indifferenti alla Germania e l’imperatore è costretto a fare numerose concessioni e governare alla giornata. Per mantenere l’appoggio dei grandi ecclesiastici, offre alla Chiesa tedesca garanzie con la concessione di una Carta delle libertà (1220). Nel 1222 rinuncia a numerosi diritti finanziari e fiscali. Riesce, quindi, a far eleggere il figlio Enrico re dei Romani, ma durante la minore età dell’eletto, i regni di Germania e di Borgogna sono affidati a reggenti: all’arcivescovo di Colonia prima, e successivamente a Luigi di Baviera. Quando scoppia il conflitto in Italia, Gregorio IX suscita numerosi nemici tra i Tedeschi. Per mantenere il consenso, Federico ordina a Enrico di promulgare nella dieta di Worms del 1231 lo Statutum in favorem principum, per il quale ai principi vengono estesi i privilegi dei vescovi. Viene limitato, inoltre, il diritto regio di battere monete e costruire fortezze e si dà ai signori la facoltà di controllare il traffico, mentre sono vietate le leghe tra le città. A Oriente concede amplissime libertà, in particolare al suo compagno di crociata Hermann von Salza, primo Gran Maestro dei Cavalieri teutonici, che in cambio cerca di fare da mediatore tra Roma e Federico. Federico II opta quindi per la Germania dei principi e non per quella delle città, preso dal timore che le autonomie cittadine diano gli stessi problemi italiani. Nel 1235 mette al bando il figlio Enrico a favore del più giovane Corrado. Alla morte di Federico, nel 1250, gli succede appunto il figlio Corrado IV che deve i fare i conti con l’anti-re Guglielmo d’Olanda, sostenuto dal papa e da alcune città. A seguito della morte quasi contemporanea di Corrado, Guglielmo e Innocenzo IV, inizia un lungo periodo di interregno (1254-1273), caratterizzato da anarchia causata da un’accesa lotta per il trono. L’ultimo esponente degli Hohenstaufen è il giovane Corradino, che muore a Napoli nel 1268, dopo un inutile tentativo di recupero del Regno di Sicilia.
Dopo Federico II, le prospettive di affermare un effettivo potere imperiale si vanno affievolendo. Il distacco della Sicilia con Manfredi (1231-1266) e a seguito delle battaglie di Benevento e Tagliacozzo, restringe l’attività politica tedesca esclusivamente sul suolo nazionale e fa coincidere regno e impero, nazionalizzando l’impero stesso. Uno dei pochi effetti positivi di questo processo è la maggiore resistenza alle intrusioni e alle candidature esterne alla Germania. Filippo il Bello, agli inizi del Trecento, per due volte pone una candidatura francese all’impero, ma viene respinto.
L’interregno si conclude con la salita al trono, nel 1273, di Rodolfo d’Asburgo, che cerca di ristabilire l’autorità imperiale e di pacificare la Germania.
Rodolfo, tuttavia, è un modesto signore feudale, preoccupato soprattutto di utilizzare il poco che resta del potere imperiale per rafforzare la sua casata, investendo suo figlio Alberto del ducato d’Austria.
All’inizio del Trecento è in forse non solo l’esistenza dell’impero, ma l’esistenza stessa di un Regno di Germania. Da Rodolfo d’Asburgo a Sigismondo di Lussemburgo si succedono nove imperatori di cui solo tre ottengono la dignità imperiale in piena regola. Due di essi, Adolfo di Nassau nel 1298 e Venceslao di Lussemburgo nel 1400, vengono deposti. Ai vertici della politica dell’impero ci sono quattro famiglie: i Wittelsbachcon il possesso della Baviera; i Lussemburgo, che dal 1310 governarono il Lussemburgo, il Brabante e la Boemia, dal 1333 la Slesia e dal 1415 la Lusazia e il Brandeburgo; i Wettingin Sassonia; gli Asburgoin Austria con possedimenti sparsi nel meridione. La successione al trono va nelle mani di principi desiderosi di affermare la loro casata, più che rafforzare la monarchia. Enrico VII, della casata dei Lussemburgo, viene eletto proprio perché rappresentante di una casata dal modesto dominio territoriale. Sentendosi minacciato dalla politica del re di Francia Filippo il Bello, riprende la politica italiana per rafforzarsi, ma il suo tentativo evidenzia ancor di più la debolezza della sua posizione.
Nel 1310 scende in Italia e si fa incoronare re a Milano, e nel 1312 imperatore a Roma. Il suo viaggio è fallimentare, interrotto, peraltro, dall’improvvisa morte nel 1313. Il successore Ludovico il Bavaro porta a compimento il distacco della corona imperiale dal riconoscimento papale, tanto che si fa incoronare non dal papa, ma da un esponente della famiglia dei Colonna. Nel 1338 raggiunge un accordo coi principi tedeschi, col quale si stabilisce definitivamente che l’elezione dell’imperatore non necessita dell’incoronazione del pontefice. Il suo scontro col papa provoca l’elezione di un anti-re, Carlo IV di Lussemburgo il quale, alla morte di Ludovico, viene eletto imperatore. Anche Carlo usa l’impero soprattutto per rafforzare il suo potere in Boemia. Nel 1356 emana la Bolla d’oro, che stabilisce definitivamente i meccanismi dell’elezione: l’imperatore viene eletto a Francoforte sul Meno da un collegio composto da sette elettori, cioè dagli arcivescovi di Magonza, Treviri e Colonia e dai principi laici del Palatinato, della Sassonia e del Brandeburgo e dal re di Boemia. Carlo IV, promulgando la Bolla d’oro, si è piegato alla realtà.
Gli elettori sono, infatti, coloro che già da tempo, per potenza e per prestigio, designano l’imperatore. L’impero è ora definitivamente un regno tedesco, formato da una federazione di principati, senza più alcuna pretesa di universalismo. La bolla sancisce di fatto che l’imperatore è senza potere, anche se controlla la cancelleria e il tesoro del regno.