Il Sacro Romano Impero
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Nel Medioevo centrale l’impero germanico è il più prestigioso dei regni. Con Gregorio VII ed Enrico IV scoppia la lotta per le investiture, che si conclude con un compromesso. Alla dinastia sassone, dopo un periodo di lotte, succedono gli Hohenstaufen, che cercano di contrastare le tendenze centrifughe dei ducati tedeschi e delle città lombarde. Ma il vero successo che consegue Federico Barbarossa è il matrimonio del figlio Enrico VI con l’erede normanna del Regno di Sicilia, Costanza d’Altavilla.
Il termine di impero è applicato a partire dal 962 alle terre governate dal re di Germania. Nel corso dei secoli del Medioevo, il Sacro Romano Impero Germanico è il più prestigioso dei regni ed è il più vasto territorio nell’Europa occidentale sottoposto ad un’unica autorità. L’imperatore è tenuto nel massimo rispetto da tutti gli altri sovrani. L’Europa non può fare a meno dell’idea di un impero che vanta radici romane e l’Impero germanico si considera l’erede dell’impero romano.
L’Impero degli Ottoni, tuttavia, è molto più ridotto rispetto a quello di Carlo Magno: comprende la Germania, la Borgogna e l’Italia settentrionale. È costituito da un insieme di regni uniti da patti con un “re dei re” che si chiama imperatore. Il titolo non è ereditario: è lo stesso imperatore che riunisce un’assemblea di grandi feudatari perché eleggano il figlio o altro parente o un altro successore. Perché gli sia effettivamente conferito il potere, occorre, inoltre, che il papa dia la sua approvazione e lo consacri ungendolo col crisma. La regalità imperiale, dunque, non è un titolo che si eredita, ma viene, teoricamente, affidata a chi ne sembra il più degno. Proprio mentre tra XI e XII secolo in numerosi regni dell’Europa si va affermando l’eredità dinastica dei troni, nell’impero si rafforza il principio dell’elettività. Ma il processo che caratterizza maggiormente l’impero nei secoli del tardo Medioevo è la sua progressiva germanizzazione e la trasformazione in una debole confederazione di stati.
L’impero ottoniano si considera romano e sacro, cioè ritiene di essere l’erede e il continuatore dell’antico impero romano e che la sua funzione principale sia la difesa della Chiesa. Quasi alle soglie dell’anno Mille, con Ottone III e papa Silvestro II sembra avverarsi il sogno della piena fusione tra papato e impero, perché svolgano la missione universalistica di cui si sentono entrambi investiti. Ma tale sogno ha una durata brevissima, interrotto dalla morte dei due protagonisti.
Il successore di Ottone III, Enrico II, ultimo della dinastia dei Sassoni, deve affrontare tutti i problemi che diventeranno usuali per gli imperatori: guerre civili in Germania, guerre di frontiera contro gli Slavi, spedizioni in Italia, conflitti sporadici con la Francia.
Nella seconda metà dell’XI secolo la politica degli imperatori è assorbita dalle lotte per le investiture. Quando nel 1075 Gregorio VII emana le sentenze del Dictatus Papae, è inevitabile il conflitto con l’imperatore Enrico IV. La lotta per le investiture è un conflitto politico, i cui protagonisti vogliono far valere ciascuno la propria autorità universale. La lotta, tuttavia, ha come effetto di indebolire proprio l’idea dell’universalismo di entrambe le istituzioni. Per la Germania, inoltre, sono inevitabili le ripercussioni interne. La scomunica all’imperatore scioglie i suoi sudditi dal voto di ubbidienza, con la conseguenza che i signori germanici si ribellano, eleggendo imperatore Rodolfo di Svevia. Per questo motivo Enrico IV ha bisogno del perdono papale e va a Canossa in penitenza. Ma subito dopo la revoca della scomunica, l’imperatore riprende a investire vescovi, riaccendendo la lotta.
I successori di entrambi i protagonisti della lotta per le investiture, Enrico V e Callisto II, formulano nel 1122 il Concordato di Worms, che sancisce una tregua fra i due avversari. Sia il papa che l’imperatore accettano un compromesso con una separazione dei compiti e dei diritti. L’imperatore perde i diritti di scelta dei vescovi in Borgogna e in Italia, ma in Germania l’elezione di un vescovo avviene alla sua presenza e può far pesare il suo volere. Di fatto il concordato mette in atto una differenziazione tra la zona tedesco-borgognona e quella italiana, dove il potere imperiale inizia a essere emarginato a partire dalle questioni ecclesiastiche.
Enrico V muore senza eredi. Regge il regno la famiglia sveva degli Hohenstaufen, i cui sostenitori sono detti ghibellini. Per più di un secolo tre generazioni di Hohenstaufen consumano le loro energie nella lotta contro il papato, nel contrastare le tendenze centrifughe dei ducati della Sassonia e la tendenza all’indipendenza delle città lombarde, nonché combattendo a causa delle rivalità dinastiche interne alla Germania. La strada per il conseguimento del potere imperiale si fa difficile: gli imperatori devono prima conquistare il sostegno dei nobili e dei vescovi tedeschi e, quindi, vincere l’elezione a re di Germania. Solo dopo si può procedere alla mossa finale di tentare di farsi incoronare imperatore dal papa. Gli Svevi salgono al trono con Corrado III nel 1138, dopo scontri coi duchi di Baviera sostenuti dal partito guelfo e dal papa. Federico I, detto poi in Italia il Barbarossa, è imparentato con entrambe le famiglie. È, infatti, figlio del duca di Svevia e di una principessa guelfa della Baviera. Può contare su un vasto potere grazie al quale viene scelto come re di Germania nel 1152. Il suo progetto politico è quello di risollevare l’impero dalla crisi in cui è caduto, anche a causa dell’assenza di controllo delle elezioni di vescovi e abati e dell’enorme potere acquisito dai principi nel corso delle guerre civili. Le posizioni di Federico hanno un teorico: Ottone di Frisinga, monaco cistercense e zio dello stesso Federico, il quale sostiene che l’impero è un potere universale superiore agli altri, perché erede di quello romano. Le sue posizioni ricevono l’appoggio dai giuristi dell’università di Bologna. Il rafforzamento del papato dopo la lotta delle investiture, sollecita, infatti, i difensori dell’impero a sviluppare le dottrine imperiali facendo riferimento all’antichità romana.
La preoccupazione del Barbarossa è di consolidare il suo potere, pacificando la Germania dopo anni di contrasti. Per questo motivo ha bisogno di un rafforzamento del suo prestigio e ritiene che l’Italia sia il posto ideale dove conseguire un successo personale. I re di Germania sono infatti, automaticamente, re d’Italia ed essere re d’Italia significa essere imperatori. Attraversa quindi le Alpi per la prima volta nel 1154, per ottenere l’incoronazione da Adriano IV nel 1154. Aiuta il papa a liberarsi dal regime comunale romano, ma ben presto i rapporti col potere pontificio si raffreddano. Il papa vuole, infatti, rafforzare il suo potere sui vescovi tedeschi. Alla dieta di Besançon del 1157, il legato pontificio afferma che la corona imperiale è un beneficio ecclesiastico, riaccendendo le lotte per le investiture. Contemporaneamente i Comuni italiani appaiono con chiarezza essere il punto debole dell’affermazione dell’autorità imperiale. Nel 1158 Federico compie il secondo viaggio in Italia e alla dieta di Roncaglia, sulla scorta delle conclusioni dottrinali dei giuristi di Bologna, chiede la restaurazione di tutte le regalie imperiali. L’Italia deve fornire le risorse economiche per realizzare il dominio imperiale.
Il progetto di Federico, contrariamente a quanto ha sostenuto la storiografia nazionalista italiana, non mira all’eliminazione del Comune, ma al suo inquadramento all’interno della cornice imperiale. Papa Alessandro III, eletto nel 1159, si oppone al disegno dell’imperatore. Si forma un esteso movimento antiimperiale, con la formazioni delle leghe: la Lega Veronese e la Lega Lombarda. Dopo la battaglia di Legnano del 1176, si arriva alla pace di Costanza del 1183. Federico rinuncia alla nomina degli ufficiali delle città per la riscossione delle imposte regie. Si chiude, quindi, una lotta che ha evidenziato la frizione tra Comuni e Chiesa, divenuta monarchia, contro un declinante impero. Dopo il Barbarossa tramonta l’idea di un potere superiore al papa e ai re e che ci possa essere un’autorità sopranazionale unificatrice. Il fallimento della politica italiana riapre, peraltro, le questioni interne in Germania, dove l’imperatore si fa più debole e i poteri locali più forti.
Il vero successo colto dal Barbarossa è il matrimonio del figlio Enrico VI con l’erede normanna del Regno di Sicilia, Costanza d’Altavilla. Enrico VI ha il progetto di unire la Sicilia all’impero, ma muore nel 1197, troppo presto perché l’unione possa tradursi in un progetto universale.
Il potere dell’imperatore ormai deve fare i conti con il potere della Chiesa, con la vitalità delle monarchie, con la forza dei Comuni. La battaglia di Bouvines del 1214 segna la fine dell’egemonia dell’impero e l’ascesa delle singole monarchie.