Il sistema nazionale di certificazione delle competenze
Il contributo analizza il d.lgs. 16.1.2013, n. 13 sul sistema nazionale di certificazione delle competenze, mettendone in evidenza gli aspetti più significativi. Il decreto costituisce l’attuazione dell’art. 4, co. 58 e 68, della l. 28.6.2012, n. 92. Il legislatore definisce le norme generali e stabilisce i livelli essenziali delle prestazioni per l’individuazione e la validazione degli apprendimenti non formali e informali nonché degli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione.
La strategia Europa 2020 pone lo sviluppo di conoscenze, capacità e competenze quale premessa per la crescita economica e dell'occupazione attraverso percorsi di apprendimento più flessibili, in quanto si ritiene che questi possano: migliorare l'ingresso e la progressione nel mercato del lavoro; facilitare le transizioni tra le fasi lavorative e di apprendimento; promuovere la convalida dell'apprendimento non formale e informale. In tale prospettiva nasce l’esigenza di costruire un sistema di riconoscimento, validazione e certificazione delle competenze che permetta all’individuo di poter valorizzare e spendere le proprie competenze acquisite in un determinato contesto geografico nel mercato europeo del lavoro e nei sistemi di istruzione e formazione.
Nell’affrontare il tema della certificazione delle competenze, è necessario premettere alcune definizioni. L’“apprendimento permanente” è definito dalla l. n. 92/2012, in linea con le indicazioni dell’Unione europea, come «qualsiasi attività intrapresa dalle persone in modo formale, non formale e informale, nelle varie fasi della vita, al fine di migliorare le conoscenze, le capacità e le competenze, in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale». L’art. 1 del d.lgs. n. 13/2013 afferma che la «Repubblica … promuove, l’apprendimento permanente, quale diritto della persona e assicura a tutti pari opportunità di riconoscimento e valorizzazione delle competenze comunque acquisite in accordo con le attitudini e le scelte individuali e in una prospettiva personale, civica, sociale e occupazionale».
La formazione professionale lungo il corso della vita attiva è stata fino ad oggi affrontata dal legislatore dal punto di vista dei processi formativi. È rimasto, invece, in secondo piano il profilo dell’apprendimento, così come è stata trascurata l’acquisizione di competenze al di fuori di percorsi formativi strutturati ed intenzionali.
Il legislatore passa da una visione incentrata sulla formazione-processo (nell’ipotesi della formazione continua), ad una incentrata sull’apprendimento-risultato5, in una prospettiva di tutela e promozione del patrimonio professionale e culturale dell’individuo lavoratore.
La nozione di apprendimento permanente, si distingue in:
a) «apprendimento formale» che si attua nel sistema di istruzione e formazione e nelle università e istituzioni di alta formazione artistica, musicale e coreutica, e che si conclude con il conseguimento di un titolo di studio o di una qualifica o diploma professionale, anche in apprendistato, o di una certificazione riconosciuta, nel rispetto della legislazione vigente in materia di ordinamenti scolastici e universitari6;
b) «apprendimento non formale» caratterizzato da una scelta intenzionale della persona, che si realizza al di fuori dei sistemi indicati alla lett. a), in ogni organismo che persegua scopi educativi e formativi, anche del volontariato, del servizio civile nazionale e del privato sociale e nelle imprese;
c) «apprendimento informale»: che si realizza, anche a prescindere da una scelta intenzionale, nello svolgimento, da parte di ogni persona, di attività in situazioni di vita quotidiana e nelle interazioni che in essa hanno luogo, nell'ambito del contesto di lavoro, familiare e del tempo libero.
2.1 Il sistema nazionale di certificazione delle competenze
L’art. 2, co. 1, lett. n), d.lgs. n. 13/2013 definisce il sistema nazionale di certificazione delle competenze come «l'insieme dei servizi di individuazione e validazione e certificazione delle competenze erogati nel rispetto delle norme generali, dei livelli essenziali delle prestazioni e degli standard minimi» del decreto.
L’oggetto di individuazione e validazione e certificazione sono le competenze acquisite dalla persona in contesti formali, non formali o informali, il cui possesso risulti comprovabile attraverso riscontri e prove definiti nel rispetto delle linee guide elaborate dal comitato tecnico nazionale.
Il legislatore nazionale ha previsto un sistema con il quale riserva a sé la definizione dei livelli essenziali del processo e rinvia agli enti titolati, accreditati e autorizzati dall’ente pubblico titolare, l’attuazione. L'ente titolato può individuare e validare, ovvero, certificare competenze riferite alle qualificazioni ricomprese in repertori codificati a livello nazionale o regionale secondo i criteri di referenziazione al Quadro europeo delle qualificazioni (EQF), o a parti di qualificazioni fino al numero totale di competenze costituenti l'intera qualificazione. Tra gli enti pubblici titolari sono comprese anche le regioni che possono regolamentare, nel rispetto dei livelli essenziali previsti dal legislatore nazionale, l’individuazione, la validazione e la certificazione di competenze riferite a qualificazioni rilasciate nell’ambito delle rispettive competenze (art. 2, co. 1, lett. f).
L’esclusiva titolarità della funzione di certificazione in capo agli enti pubblici è comprensibile se si ha riguardo alla natura di servizio pubblico della certificazione, mentre non si comprende la ratio dell’esclusione di quei soggetti privati, fondi interprofessionali e organismi di rappresentanza dei datori di lavoro e di lavoratori, ai quali si poteva affidare la funzione di identificazione e valutazione delle competenze dei lavoratori, considerato il ruolo di questi soggetti nell’ambito dell’apprendimento permanente7.
Oggetto di certificazione sono unicamente le competenze riferite a qualificazioni di repertori ricompresi nel repertorio nazionale.
Il decreto stabilisce, inoltre, i principi del sistema nazionale di certificazione delle competenze.
In particolare è interessante rilevare la volontarietà del processo e la garanzia dei principi di semplicità, accessibilità, trasparenza, oggettività, tracciabilità, riservatezza del servizio, correttezza metodologica, completezza, equità e non discriminazione.
Alla verifica del rispetto dei livelli di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, nel rispetto dei principi di terzietà e indipendenza, provvede un comitato tecnico nazionale che ha, tra gli altri, anche il compito di proporre l'adozione di apposite linee guida per l'interoperatività degli enti pubblici titolari e delle relative funzioni.
Gli art. 4-7, d.lgs. n. 13/2013 definiscono gli standard minimi di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze con riferimento alle tappe che portano alla certificazione finale e cioè: processo, attestazione e sistema. Gli enti pubblici titolari nell’esercizio delle rispettive competenze legislative, regolamentari e nella organizzazione dei relativi servizi, devono garantire i livelli essenziali delle prestazioni e gli standard minimi.
In riferimento alla certificazione dell’apprendimento formale, il d.lgs. n. 13/2013 istituisce il repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali, di cui all'art. 4, co. 67, l. n. 92/2012, che costituisce il quadro di riferimento unitario per la certificazione delle competenze, attraverso la progressiva standardizzazione degli elementi essenziali, anche descrittivi, dei titoli di istruzione e formazione, ivi compresi quelli di istruzione e formazione professionale, e delle qualificazioni professionali attraverso la loro correlabilità anche tramite un sistema condiviso di riconoscimento di crediti formativi in chiave europea.
Il repertorio nazionale è composto da tutti i repertori dei titoli di istruzione e formazione, ivi compresi quelli di istruzione e formazione professionale, e delle qualificazioni professionali tra cui anche quelle del repertorio di cui all'art. 6, co. 3, d.lgs. 14.9.2011, n. 167, codificati a livello nazionale, regionale o di provincia autonoma, pubblicamente riconosciuti e rispondenti determinati standard minimi.
La validazione e certificazione delle competenze acquisite nei percorsi di istruzione e formazione e Iefp (Istruzione e formazione professionale) è relativamente semplice in quanto legata al riconoscimento formale degli esiti, mentre le difficoltà maggiori, ed è questa la vera sfida, sono sul versante dell’apprendimento non formale e informale.
Il d.lgs. n. 13/2013 è il risultato di anni di dibattito sul sistema di certificazione delle competenze. Lo sforzo compiuto dal Governo è sicuramente lodevole, e tuttavia, le disposizioni esaminate presentano delle criticità sul versante dei mezzi per l’attuazione del sistema.
È stato in particolare rilevato, da alcuni osservatori, un eccesso di “burocratizzazione” dei meccanismi di verifica dei requisiti, che potrebbero rendere l’impianto farraginoso nell’attuazione prospettata8.
Molte sono state le critiche anche sulla riappropriazione statale di competenze in materia formativa di spettanza regionale9. Si osservi che prima dell’emanazione del d.lgs. n. 13/2013 alcune regioni10 avevano già una disciplina di certificazione delle competenze e un proprio repertorio, ma la loro spendibilità era pressoché nulla fuori dal territorio regionale in cui veniva rilasciata la certificazione, con conseguenti effetti negativi sulla mobilità del lavoratore in ambito nazionale ed europeo.
Il rapporto tra il repertorio nazionale, in corso di formazione, e i repertori regionali esistenti presenta forti criticità.
Il decreto prevede che ci sia la correlabilità dei due livelli, nazionale e regionale, relativamente agli ambiti di apprendimento formali, non formali e informali, ma non stabilisce il ruolo dei repertori regionali una volta costituito il repertorio nazionale. Pertanto, stando all’interpretazione letterale della norma, ogni regione mantiene la potestà di individuare e definire le nuove qualificazioni professionali e le relative competenze non presenti nel repertorio nazionale. Tuttavia, le competenze di tali qualificazioni professionali potrebbero non ricevere riconoscimento da parte di altre regioni.
Il sistema previsto dal d.lgs. n. 13/2013 costituisce sicuramente un passo in avanti, in quanto impone un sistema pubblico di validazione e certificazione delle competenze uniforme a livello nazionale, al quale tutti i cittadini devono poter accedere in condizioni di parità.
D’altro canto, detto sistema non garantisce l’aderenza dei profili professionali contenuti nel repertorio nazionale alla realtà del mercato del lavoro in continua evoluzione. Tale aspetto poteva essere parzialmente superato attraverso la previsione di “correlabilità” tra le professionalità incluse nel repertorio nazionale e quelle previste dai contratti collettivi, considerato che neppure le declaratorie contrattuali brillano per dinamismo. In questo contesto anche l’esclusione delle parti sociali quali attori della costruzione del sistema di certificazione potrebbe compromettere la reale diffusione del sistema stesso. Il rischio è di una proliferazione di declaratorie professionali, definite dall’attore pubblico che, oltre ad essere lontane dalla realtà, diventano presto obsolete. Pertanto, si ritiene opportuno ricondurre le qualificazioni e le competenze certificabili alle esigenze del mondo reale e quindi ai sistemi di classificazione e inquadramento del personale prevista dalla contrattazione collettiva.
Inoltre, non è chiaro il rapporto tra il repertorio delle qualificazioni professionali ed il repertorio delle professioni previsto dall’art. 6, co.3, d.lgs. 14.9.2011, n. 16711, con conseguente incertezza sul legame tra la certificazione delle competenze in apprendistato prevista dallo stesso art. 6 ed il sistema pubblico nazionale di certificazione delle competenze12.
Viceversa, si ravvisano maggiori certezze per il repertorio dei titoli di istruzione e formazione che è stato istituito attraverso l’accordo in Conferenza permanente del 27.7.2011.
Infine, l’assenza di risorse per l’attuazione del sistema potrebbe costituire un freno per il “decollo” dell’istituto, stante la mancanza di figure professionali altamente specializzate nelle fasi di individuazione e validazione, nonché in quelle della certificazione delle competenze, poiché la formazione e il reperimento di tali “specialisti” non deve comportare oneri finanziari per lo Stato. Per fronteggiare eventuali oneri il legislatore prevede una clausola di salvaguardia che riconosce la facoltà degli enti pubblici titolari di stabilire costi standard a carico dei beneficiari dei servizi di individuazione e validazione e certificazione delle competenze, scaricando di fatto il costo del servizio direttamente sul soggetto istante13 (art. 11, co. 3, d.lgs. n. 13/2013).
Il testo del decreto, frutto di un compromesso che ha coinvolto quattro Ministeri, si inserisce nel complicato rapporto tra lo Stato e le regioni e ciò può aver influenzato la rigidità dell’impianto normativo. Inoltre, il ritardo nella definizione di una cornice di un sistema nazionale sulla certificazione e il complesso riparto di competenze su istruzione, Lep, e formazione può aver contribuito alla farraginosità dell’istituto. Il decreto è espressione di uno sforzo apprezzabile volto alla definizione di un sistema di certificazione che valorizzi le competenze del cittadino nell’ottica di “moneta di scambio” nel mercato del lavoro; ma l’impianto giuridico sinora costruito costituisce solo una parte di un disegno più organico che è ancora da realizzare e che si dovrà misurare con i reali bisogni del mercato del lavoro nazionale e europeo (e le rispettive rigidità).
1 Il termine ha fatto la sua prima comparsa nell’art. 2, l. 28.3.2003 n. 53; in dottrina v. Ciucciovino, S., Apprendimento permanente, in Libro dell’anno del diritto 2013, Roma, 2013, 400.
2 Raccomandazione del Consiglio europeo 20.12.2012 sulla convalida dell’apprendimento non formale e informale.
3 Mazzarella, R., Il sistema delle competenze nei processi di innovazione delle politiche attive del lavoro: una ipotesi di lavoro per la ricomposizione del conflitto tra garanzie occupazioni ed esigenze di flessibilità, in XII Rapporto Isfol sulla formazione continua, 2010-2011, 26 ss.
4 Cfr. Giubboni, S.-Orlandini G., La libera circolazione dei lavoratori nell’Unione europea, Bologna, 2007.
5 Ciucciovino, S., Apprendimento permanente, cit., 400.
6 Non si comprendono le ragioni dell’esclusione dell’apprendistato professionalizzante come espressione dell’apprendimento formale.
7 L’art. 2, co. 1, lett. g) d.lgs. n. 13/2013, in contrasto con l’art. 4, co. 58, lett. d) l. n. 92/2012, non include le imprese tra gli enti titolati alla individuazione e validazione delle competenze.
8 Alessandrini, G., Prime riflessioni in margine al decreto legislativo sulla validazione degli apprendimenti formali e non formali nel quadro della ratio del modello delle competenze in ottica europea, in Certificazione delle competenze – prime riflessioni sul decreto legislativo 16 gennaio 2013, n. 13, Buratti, U.-Casano, L.-Petruzzo, L., a cura di, Modena, 2013, 6, spec. 17.
9 Bertagna, C.-Casano, L.-Tiraboschi, M., Apprendimento permanente e certificazione delle competenze, in Magnani, M.-Tiraboschi, M., La nuova riforma del lavoro, Milano, 2012, 324; contra Ciucciovino, S., Apprendimento e tutela del lavoro, cit., 52.
10 V. la regolamentazione di: Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Toscana, Umbria, Valle d’Aosta, Veneto.
11 Cfr. i contributi sub art. 6 d.lgs. 167/2011, pubblicati in Tiraboschi, M., Il testo Unico dell’apprendistato e le nuove regole sui tirocini, Milano, 2011. Per un approfondimento sull’apprendistato v. Carinci, F., E tu lavorerai come apprendista (L’apprendistato da contratto “speciale” a contratto “quasi-unico”), in Quaderni Argomenti dir. lav., 2012.
12 L’art. 8, co. 3, del d.lgs. n. 13/2013 attuativo dell’art. 4, co. 58 e 68, l. n. 92/2012 prevede solo la confluenza del repertorio delle professioni di cui all’art. 6, co. 3, d.lgs. n. 167/2011, nel repertorio nazionale.
13 Di Paola, L., L’apprendimento permanente e la certificazione delle competenze, in La riforma del lavoro: primi orientamenti giurisprudenziali dopo la Legge Fornero, Di Paola, L., a cura di, Milano, 2013, 681.