Il Comprehensive Peace Agreement (Cpa) firmato il 9 gennaio 2005 tra governo sudanese e il Sudan People’s Liberation Movement (Splm) ha posto fine al conflitto che da decenni lacerava il paese. La nuova Costituzione transitoria istituisce il Government of National Unity (Gnu) e un semiautonomo Government of Southern Sudan (Goss), prevedendo elezioni a tutti i livelli e un referendum sulla possibile secessione del Sud Sudan alla fine del periodo transitorio di sei anni. Nonostante una parte della dirigenza del Splm rivendicasse la secessione, ufficialmente la posizione del Splm durante le trattative fu in favore di un solo Sudan, federale e democratico.
Sulla base del Cpa il Sud Sudan può imporre tasse, è responsabile per i fondi di sviluppo e riceve il 50% della rendita petrolifera. Ogni provincia del Sud gode di autonomia legislativa ed esecutiva. Il Cpa prevede inoltre un meccanismo automatico per il quale un presidente del Nord alla guida del Gnu deve necessariamente essere affiancato da un vice presidente del Sud, il cui parere è vincolante per l’approvazione di provvedimenti legislativi nei settori più importanti. Con ‘Omar al-Bashir alla presidenza del Gnu, il leader del Splm John Garang ottenne la vice presidenza; a seguito della sua morte in un incidente aereo nel 2005, il suo vice Salva Kir assunse la carica di vice presidente del Gnu. Dopo la firma del Cpa, i maggiori partiti del Sud che sostenevano la causa del Nord, come il South Sudan Defence Force (Ssdf), si sono uniti al Splm.
Le prime elezioni competitive e multipartitiche in Sudan dal 1986 si sono tenute nell’aprile 2010 con evidenti irregolarità e dopo essere state rinviate nel 2009. I risultati hanno confermato lo status quo di un National Congress Party (Ncp) che controlla il Nord e un Splm che monopolizza il Sud. Il referendum del gennaio 2011 ha sancito la preferenza per la secessione del Sud Sudan, aprendo un periodo di sei mesi nei quali dovranno essere compiuti tutti i passi politici e tecnici per la nascita del nuovo stato. Secondo i dati della commissione elettorale nazionale, almeno il 75,8% degli aventi diritto al voto (il 71% degli aventi diritto nel Nord e il 98% nel Sud) si è registrato, percentuale molto vicina all’obiettivo prefissato dell’80%.
Nel 2010 è andata crescendo nel Sud la tensione tra i diversi partiti o fazioni a base etnica che contendono la scena al Splm, con un bilancio di almeno 2500 morti. La sfida per la leadership del costituendo stato del Sud Sudan sarà quella di riformare in senso democratico e multipartitico un sistema politico dominato dal Splm, evitando così un’involuzione autoritaria che rischierebbe di mettere a repentaglio il risultato storico dell’indipendenza.
Alla ricomposizione del conflitto tra Nord e Sud Sudan ha fatto da contraltare nel 2003 il progressivo deterioramento della situazione nelle province occidentali del Darfur, dove il Sudan Liberation Movement (Slm), di stampo laico, e il Justice and Equality Movement (Jem), legato all’islamismo radicale di Turabi, hanno rivendicato un maggior grado di autonomia e una diversa allocazione delle risorse, sul modello di quanto stavano ottenendo le province meridionali. Per contrasto, il governo sudanese ha appoggiato le milizie conosciute come Janjaweed, che attaccarono interi villaggi, uccidendo, mutilando e violentando la popolazione civile. L’accesso alla terra, che la desertificazione sta rendendo una risorsa sempre più scarsa, ha innescato una contesa tra i gruppi di agricoltori non arabi e quelli di pastori arabizzati che attualizza una contrapposizione storica.