La transizione al regime dell’apartheid è stata accompagnata dalla transizione verso lo status di potenza nucleare. Inizialmente un fornitore segreto di uranio agli Usa e al Regno Unito, negli anni Sessanta il Sudafrica consolidò il suo programma di ricerca nucleare, arrivando negli anni Ottanta a produrre energia nucleare per usi civili - il regime dell’apartheid si era molto impegnato sul fronte della autosufficienza energetica - e sei bombe nucleari all’interno di un programma militare segreto. L’esperimento che avrebbe dovuto sancire l’accesso al club nucleare fu bloccato da un intervento politico di Usa e Urss, sia pure in forme diverse. Mentre il programma nucleare militare è stato subito smantellato dopo la fine del regime dell’apartheid (la rinuncia alla bomba e l’abolizione della pena di morte furono i primi due atti simbolici della presidenza Mandela), il nucleare civile continua a produrre energia.
Oggi i due reattori presso la centrale di Koeberg, situata a 30 chilometri da Città del Capo, producono il 5% del fabbisogno energetico del Sudafrica. In risposta ai crescenti bisogni energetici del paese, il governo è impegnato in un piano di espansione della capacità produttiva nucleare, che dovrebbe raggiungere il 25% del fabbisogno energetico entro il 2050.