Il vigile
(Italia 1960, bianco e nero, 109m); regia: Luigi Zampa; produzione: Guido Giambartolomei per Royal; soggetto: Rodolfo Sonego; sceneggiatura: Rodolfo Sonego, Luigi Zampa, Ugo Guerra; fotografia: Leonida Barboni; montaggio: Otello Colangeli; scenografia: Flavio Mogherini; costumi: Vera Marzot; musica: Piero Umiliani.
Otello Celletti è un reduce di guerra che non è riuscito a trovare una nuova collocazione sociale: mantenuto dal cognato, vivacchia come disoccupato scansafatiche con la moglie, il figlio Remo e il padre, eroe della Grande Guerra, a carico. Grazie al temerario gesto di Remo, che salva il figlio di un assessore, Otello riesce a coronare il proprio sogno di diventare vigile urbano motociclista. La divisa per lui è una rivincita, tanto che al bar si pavoneggia davanti agli amici che prima lo accoglievano con sonore pernacchie. La sua destrezza di tutore dell'ordine non è però delle migliori, visto che incappa in una serie nutrita di guai. In particolare, condona una multa alla celebre attrice Sylva Koscina e subi-sce per questo un deciso richiamo del sindaco. Per evitare altre reprimende, Otello decide di diventare inflessibile, a tal punto da multare per eccesso di velocità lo stesso sindaco, nella convinzione che questi voglia metterlo alla prova. Inseguendolo, scopre che il primo cittadino ha in realtà un'amante alla quale ha intestato appartamenti e terreni lottizzati. Rimosso dall'incarico e trasferito al canile municipale, Otello si ribella e si butta in politica, candidandosi nelle fila del partito monarchico, al quale ha promesso di fornire prove della corruzione della giunta comunale. Ma i potenti 'amici' del primo cittadino scavano nel suo passato e scoprono che la sorella di Otello è una prostituta, che il cognato esercita abusivamente il mestiere di macellaio, che il padre non è mai stato decorato e che lui stesso è pubblico concubino, poiché la moglie ha già un marito. Per evitare lo scandalo, durante il processo Otello è costretto ad ammettere di aver sbagliato e a scusarsi pubblicamente. Riavuto il posto, continuerà a essere severissimo con tutti tranne che con il sindaco, che sfrecciando a tutta velocità finirà in una scarpata, con buona pace di Otello.
Il vigile arriva nel pieno della commedia all'italiana, quando cioè il filone mette a frutto alcune intuizioni (peraltro non riconosciute a sufficienza) su un cinema in grado di scandagliare vari fenomeni emergenti dalla società. È anche il film che risolleva Luigi Zampa dalle incerte prove della seconda metà degli anni Cinquanta. Come molti dei risultati migliori del regista romano, Il vigile è frutto del lavoro con Alberto Sordi, in una delle sue caratterizzazioni più celebri anche sotto il profilo iconografico. Lo spunto per il soggetto giunse da un fatto di cronaca spicciola concernente un vigile punito perché aveva multato un questore. Zampa, lo sceneggiatore Rodolfo Sonego e Sordi vi costruiscono intorno un 'eroe' dai marcati tratti del pusillanime petulante: un uomo che non è mai riuscito a reintegrarsi nella società dopo essere stato ufficiale in guerra, e vive nel mito del padre apparentemente decorato dal re in persona. Per non sobbarcarsi lavori faticosi che non ritiene alla propria altezza, Otello ripiega sulla divisa e sulla motocicletta: in questo modo può distinguersi nella massa e non farsi più motteggiare. La massa è un concetto che fa capolino attraverso l'ormai sempre più invadente televisione, ed è con la speranza di essere salutato davanti alle telecamere del Musichiere di Mario Riva e acquisire i suoi cinque minuti di popolarità che Otello condona la multa all'avvenente Sylva Koscina.
Il ritratto dell'Italia del benessere che il film fornisce è di desolante qualunquismo: il sindaco è un ex gerarca del ventennio, un fedifrago intrallazzatore che favorisce in maniera illecita la giovane amante, mentre gli assessori sono coinvolti a vario titolo in vicende di tangenti e bustarelle per favorire i potenti costruttori di nuovi edifici. Tutti si preoccupano di perpetuare il proprio sistema di potere, più che di garantire una corretta amministrazione della cosa pubblica. Fanno sorridere, in questo quadro, i piccoli peccati che costano a Otello una ingloriosa ritrattazione. Anche lui non è che il prodotto di una società ove il furto è quasi un corollario delle responsabilità di chi governa la collettività, e ossequi e raccomandazioni si impongono come le merci di scambio per fare carriera.
Riaffiorano nel Vigile, pur tra le semplificazioni, tanti dei temi già trattati da Zampa nelle opere realizzate con Vitaliano Brancati (Anni difficili, 1948, Anni facili, 1953, L'arte di arrangiarsi, 1954). Il malcostume dilagante, la superficialità e il conformismo, il perdurare delle strutture di potere del ventennio fascista anche in epoca democratica, l'incapacità del singolo di sfuggire alle logiche dominanti sono osservati da Zampa con l'abituale equidistanza dalle parti politiche. Il ritratto della società che ne esce parve all'epoca forzato e caricaturale: visto col senno di poi, sembra persino indulgente. Oltre che sulla recitazione di Sordi, l'impianto poggia le sue fondamenta sull'abile incastro di brillanti comprimari, a cominciare da Vittorio De Sica.
Interpreti e personaggi: Alberto Sordi (Otello Celletti), Vittorio De Sica (sindaco), Marisa Merlini (Amalia Celletti), Mara Berni (Luisa), Nando Bruno (Nando), Riccardo Garrone (tenente dei vigili), Lia Zoppelli (moglie del sindaco), Mario Riva (se stesso), Sylva Koscina (se stessa), Franco Di Trocchio (Remo Celletti), Carlo Pisacane (padre di Otello), Mario Scaccia (avvocato della difesa), Nerio Bernardi (monsignor Olivieri), Vincenzo Talarico (oratore monarchico), Piera Arico (Assunta), Mario Passante, Fanfulla, Rossana Canghiari, Gianni Solaro, Giulio Calì.
C.G. Fava, Il vigile, in "Corriere mercantile", 12 novembre 1960.
M. Morandini, Il vigile, in "La notte", 23 dicembre 1960.
A. Albertazzi, Il vigile, in "Intermezzo", n. 22-24, dicembre 1960.
G. Cattivelli, Il vigile, in "Cinema nuovo", n. 149, gennaio-febbraio 1961.
Il cinema secondo Sonego, a cura di T. Sanguineti, Ancona 2000.