il ('l; lo; l'; la; le; li, gli; i; e)
1. Le attestazioni dell'articolo determinativo nelle opere di D. (eccetto il Fiore e il Detto) sono circa 15400, pari a circa il 7,5% del totale delle attestazioni delle voci dantesche. Questo computo, in cui sono comprese le attestazioni dell'articolo determinativo maschile e femminile, singolare plurale preceduto o no da preposizione purché non amalgamato con questa (non si considerano qui, pertanto, le forme al, ai, del, nel, ecc.), permette di stabilire che circa una parola ogni 15 è preceduta, nelle opere di D., da articolo determinativo, con un andamento statistico, come vedremo, relativamente costante in alcune di queste; in tale computo va però tenuto costantemente presente che, in mancanza di testi autografi o comunque, per la massima parte delle opere dantesche, sufficientemente vicini agli abiti linguistici del poeta, ogni valutazione statistica può solo effettuarsi sulle edizioni critiche attualmente disponibili, o sull'ambito di varianti fornito dai codici poziori.
Tale percentuale, anche con le restrizioni apportate, può fornire dati indiziari sulla frequenza delle varie funzioni della sintassi nominale, sulla percentuale di preferenza dell'espressione attualizzata - con articolo determinativo, cioè - in confronto con quelle rispettivamente caratterizzate sia da un minimo di attualizzazione (con articolo indeterminativo o senza articolo) che da un massimo di definitorietà (con pronome dimostrativo), e sugli ambiti lessicali che D. presenta in una forma così concretizzata e individualizzata. È opportuno distinguere anche le caratteristiche dell'uso della prosa da quelle della poesia, in relazione sia alla scelta delle forme dell'articolo e alla loro posizione contestuale, sia alla loro frequenza. Ad es., le forme dell'articolo singolare maschile e femminile sono, nel Convivio, più frequenti che altrove (il maschile singolare vi appare 1876 volte, pari al 2,47%, quello femminile singolare 3068, pari al 4,29%) e in tutte le opere, tranne nelle Rime, l'uso dell'articolo singolare femminile prevale su quello maschile corrispondente. Ecco i dati:
Vita Nuova: m.s. 338 = 1,78%; f.s. 732 = 3,89%
Commedia: m.s. 2217 = 2,21%; f.s. 2824 = 2,82%
Rime: m.s. 363 = 2,37%; f.s. 339 = 2,21%.
Nel totale, la media percentuale dell'uso dell'articolo maschile singolare è del 2,25%, mentre quella del femminile singolare è del 3,38%.
Gli alti indici di frequenza dell'articolo femminile singolare nel Convivio (uno ogni 23 parole circa) è da mettersi in relazione con l'uso di sostantivi astratti, particolarmente frequenti in questa opera; ad es., nel secondo capitolo del primo trattato, su 26 attestazioni dell'articolo femminile singolare ben 16 precedono un sostantivo astratto (la malizia e la bontade, la propria loda, la propria caritate, la quantità, la sua sentenza, la via de la debita correzione, la via del debito onorare, la perpetuale infamia, la sua vita, la prima sua macula, la infamia, la quale infamia, la movente cagione, la vera sentenza) e nel nono capitolo del quarto trattato 40 attestazioni di la su 48 (la mente, 2 volte; la volontade, 7 volte; la vertù, 2 volte; la imperiale autoritade, la maiestade imperiale, la natura, 6 volte; la fisica, la giurisdizione, la prima bontade, la infinita capacitade, la ragione, 6 volte; la quale equitade, la subiezione, la sua governazione, la cagione, la impulsione, la naturale disposizione, la venagione, la medicina, la sentenza imperiale, la naturale vita). Anche considerando a parte i casi in cui l'articolo forma sintagma determinativo con il relativo ‛ quale ', resta altissima la percentuale dei casi in cui la determina un sostantivo astratto, presentandolo in una complessità assoluta di valori, tanto generalizzante quanto inequivocabilmente definita.
Nella Vita Nuova l'uso dell'articolo femminile singolare è più che doppio di quello maschile corrispondente, con 732 attestazioni contro 338, in immediata relazione con la frequenza di alcuni elementi lessicali (e tematici) costanti, quali la donna, la beatitudine, la vista, la visione, la memoria, la mente, la salute e gli elenchi delle parti in cui sono divise le singole poesie nelle ragioni.
Nel plurale, la differenza tra il totale delle attestazioni dell'articolo maschile (1902 = 0,92%) e di quello femminile (1896) è irrilevante. Invece, sono sensibili le differenze tra le attestazioni nelle singole opere, che oppongono, nella Vita Nuova, 172 casi di maschile a 133 di femminile, e nelle Rime 102 maschili contro 56 femminili (ancora con una scelta lessicale e tematica relativamente costante, che annovera 9 volte complessivamente parole, parolette, voci, rime e sentenzie, e 4 volte donne), mentre l'inverso avviene nel Convivio, con 754 casi di articolo maschile contro 779 di femminile, per la frequenza ovviamente ridotta dell'uso di sostantivi femminili astratti nel plurale, e nella Commedia, con 876 maschili contro 939 femminili.
2. Se la presenza quantitativa dell'articolo è filologicamente indubitabile, almeno nell'altissima maggioranza dei casi sopra enumerati, quella qualitativa è di più ardua determinazione per le varianti tra le tradizioni manoscritte e tra le edizioni. Di difficile individuazione è specialmente l', che vale come articolo singolare e plurale, maschile e femminile, e fondati sospetti gravano su gli, prodottosi per palatalizzazione di li di fronte a parola iniziante con vocale, compresi i casi di protesi vocalica di fronte al gruppo formato da s con una o due consonanti. È assai dubbio, infatti, il grado di accettabilità letteraria, almeno nell'ambito di determinate parti dell'opera di D., di questa forma che non si può tuttavia escludere dall'inventario dei tipi di articolo plurale maschile (lo stesso dicasi per gli con funzione di pronome) del fiorentino del '300.
Nei limiti in cui si possono individuare e ricostruire, le forme dell'articolo comprendono i seguenti tipi: maschile singolare lo, l', il, 'l (sembra che si possa escludere dalla ricostruzione dei testi la forma el, pur non assente nelle tradizioni manoscritte, e che è conservata soltanto in Cv IV Voi che 'ntendendo 4: in particolare, almeno per la Commedia, questa forma è presente con maggiore frequenza in codici di origine non fiorentina o non toscana, come il Laurenziano 40 22, dove la provenienza da Sassoferrato ne rende normale la frequenza, o come il 10186 della Bibl. Nazionale di Madrid, di origine sicuramente ligure, se non proprio genovese [cfr. per questi codici Petrocchi, Introduzione]; quanto alla grafia 'l, essa rispecchia i casi in cui il si amalgamava nella grafia - e quindi, probabilmente anche nella lettura - con monosillabi, soprattutto tonici, terminanti in -a, -i, ed -e, producendo forme parzialmente coincidenti con al, il, del, nel); femminile singolare la, l'; maschile plurale li, i, gli (escluso dall'edizione Petrocchi della Commedia), l' (e un caso di e, Rime LXXV 2); femminile plurale le, l' (per lo più, come vedremo, estratto dalla grafia laltre).
La tabella delle attestazioni specifica le caratteristiche delle singole opere (si indicano in colonne separate quelle delle Rime e delle Rime dubbie):
Se si precisa che, delle 10 attestazioni di il nella Vita Nuova, 9 sono in poesia e una sola in prosa (XXIII 13 secondo il mio parere, per cui cfr. Rime XLIX 10 secondo il mio parvente), e che, delle 29 attestazioni di il nel Convivio, 8 sono in poesia (si escludono sempre le citazioni interne) e che tutte le 23 attestazioni di 'l nella Vita Nuova sono in poesia (per lo più, come nelle altre opere, dopo che ed e), ne deriva che la forma usata quasi esclusivamente nella prosa è lo, perché le attestazioni di il nelle opere in prosa sono appena una ventina. Poiché lo è forma che si addice meno di il alla fluidità del discorso, lo, così frequente nella prosa specialmente del Convivio, è contraddistinto da una più intensa e solenne patina letteraria: ivi, infatti, le attestazioni di lo e l' sono più di 10 volte quelle di il, 'l (1642 contro 152); 'l, almeno nelle edizioni, vi appare costantemente dopo che, e, se, né, tra, ma, ha, chi, nelle parti in prosa e in contesti più vari in quelle in poesia; dopo come, l'uso ne è documentato sia in poesia (Rime XC 2 come 'l sol lo splendore) che in prosa (Cv I VII 12, XIII 4, II XIII 26), forse indipendentemente dall'etimo di ‛ come ', da quomodo + et.
L'uso di lo è costante di fronte a sostantivi inizianti con s seguita da una o due consonanti, o con sibilante palatale (If X 85 Lo strazio e 'l grande scempio; Pd XVII 60 lo scendere e 'l salir per l'altrui scale). Gli editori preferiscono lo a l' nella posizione di fronte a sostantivi inizianti con i seguita da consonante nasale e altra consonante (Rime LXXXIII 4 lo 'ntelletto, e 29 lo 'nganno, LXXVII 10 lo 'mbolare); non mancano ricostruzioni di passi in cui lo veniva usato di fronte a sostantivi inizianti con i- seguito da consonante e da altra vocale (Rime XC 33 lo imaginar). Di fronte a sostantivi inizianti con z, l'unico esempio è in Pg IV 64 tu vedresti il Zodïaco rubecchio.
2.1. In poesia l'uso di lo è collegato con particolari condizioni contestuali che vigono in tutte le opere di Dante.
In inizio di verso il è generalmente evitato, mentre vi è preferito lo; in inizio di composizione si ricordi Rime XLIX 1 Lo meo servente core; LXVIII 1 Lo doloroso amor; Rime dubbie XVII 1 Lo sottil ladro che ne gli occhi porti; e inoltre XXVII 6 lo dì ch'i' ebbi quel colpo mortale; Pg VIII 3 lo dì c'han detto ai dolci amici addio; If II 1 Lo giorno se n'andava.
Complessivamente lo, a inizio di verso, ritorna 15 volte su 71 nelle Rime e 5 su 19 nelle Rime dubbie; tuttavia in Rime LXVII 67 lo spirito maggior tremò si forte, Rime dubbie XI 13 lo spirito vezzoso de la vita, e XIV 4 lo spirito gentil, l'articolo maschile singolare è seguito da sostantivo iniziante con s implicato. Inversamente, il si trova a inizio di verso soltanto in Rime CI 10 il dolce tempo che riscalda i colli, CIV 22 il nudo braccio, di dolor colonna, e in Rime dubbie IV 13 il sudore e l'angoscia già ti scheggia, e VI 3 il qual ti fa portare il cappucciuzzo.
Per quanto riguarda, nella Commedia, l'alternanza lo / el, il, fornitaci in uno stesso passo dai diversi codici, bisogna notare che, in un certo numero di casi, i testimoni non toscani (e non fiorentini) sembrano preferire la forma forte; talora però questa è presente anche in codici fiorentini, in particolare nel gruppo dei Cento (cfr. Petrocchi, Introduzione).
Nell'Inferno, su 198 attestazioni di lo, 73 ricorrono in inizio di verso, e 49 di queste non presentano varianti nelle tradizioni manoscritte; nel Purgatorio 56 su 170, di cui 50 senza varianti; nel Paradiso 47 su 173, di cui 35 senza varianti. In inizio di verso il è soltanto in If XXVIII 21 il modo de la nona bolgia sozzo (ma con variante al modo) e 11 volte nel Paradiso (XII 140, XIII 39 il cui palato a tutto 'l mondo costa, con variante lo cui; XVI 98 il conte Guido e qualunque del nome, con variante el chonte nella tradizione del codice Poggiali; XXII 147, XXIII 88 Il nome del bel fior ch'io sempre invoco, con varianti Lo nome ed El nome, e 92 il quale e il quanto de la viva stella, con varianti lo quale ed el quale; XXVI 36 il vero in che si fonda questa prova, con varianti lo vero e al vero; XXVII 23 il luogo mio, / il luogo mio, il luogo mio che vaca, 78 adima / il viso e guarda come tu se' volto, con variante col viso, e 107; XXX 120 il quanto e 'l quale di quella allegrezza, secondo il Casella e 'l quanto e 'l quale, con polisindeto come, ad es., in If II 18 e 'l chi e 'l quale). Inversamente, in If II 22 numerosi codici, invece di la quale e 'l quale, a voler dir lo vero, recano lo quale, oltre ad altre varianti.
2.2. Sulla cinquantina di attestazioni restanti di lo in interno di verso nelle Rime, 24 presentano lo preceduto da parola terminante con -r, sia di infinito apocopato (XLII 9 Poi piacevi saver lo meo coraggio; L 18 per soccorrer lo servo quando 'l chiama; CIII 77 per vendicar lo fuggir che mi face; CXI 12, CXVI 81) o di forma verbale come par (LXVIII 28 a che niente par lo paradiso) sia di preposizione (dopo per in LI 12 son li miei spirti per lo lor fallire, LXIII 12, LXVII 78 per lo mirare intento ch'ella fece, LXXVII 13, LXXXIII 16, LXXXIV 1 Parole mie che per lo mondo siete, XC 10, C 5 e 8, CII 5 e 9 che per lo tempo caldo e per lo freddo, CIII 82, CVI 36; dopo ver, " verso ", in L 5 ver lo dolce paese c'ho lasciato) o di avverbi (CII 53 sì che per te se n'esca fuor lo freddo).
Analoga tendenza all'uso di lo sembra osservabile dopo -n finale di parola (XLVII 6 con lo piacer di lor vincono amore) e dopo parola ossitona (L 58 ch'Amor lanciò lo giorno ch'i' fui preso) o monosillabica (XC 3 ché là s'apprende più lo suo valore e 52 ché lo tuo ardor per la costei bieltate; CVI 53 Ma perché lo meo dir util vi sia).
Analogo è l'uso di lo nella Commedia. Nell'Inferno, dei 125 casi di lo in corpo di verso, 68 compaiono dopo -r, ed esattamente: 42 dopo per, 20 dopo infinito apocopato, 4 dopo ver e inver, " verso ", 1 dopo pur e ancor. Hanno caratteristiche particolari di assonanza VII 73 Colui lo cui saver tutto trascende, e VI 32 quelle facce lorde / de lo demonio Cerbero, che 'ntrona / l'anime; alla posizione inconsueta di lo in XXIX 97 Allor si ruppe lo comun rincalzo, fanno riscontro le varianti ruppesi allora e il comune; attribuibile, forse, al tono didascalico l'uso di lo in XI 99 come natura lo suo corso prende. Tracce dell'uso di lo dopo parola ossitona sono avvertibili in alcune varianti (IV 14 cominciò lo poeta tutto smorto, in luogo di il poeta; XXXIV 96 e già lo sole a mezza terza riede, in luogo di il sole; III 60 che fece per viltà lo gran rifiuto, in luogo di che fece per viltade il gran rifiuto), e nella difficile soluzione di IX 95 a cui non puote il fin mai esser mozzo. Concordanza tra i codici si osserva, ad es., in If XI 49 e però lo minor giron suggella, e XXVIII 142 Così s'osserva in me lo contrapasso. I casi di lo di fronte a s implicato sono 36; 9, di fronte a nasale implicata. Ritorna 7 volte il sintagma lo buon maestro, 14 quello lo duca (mio), 3 lo mio maestro.
Nel Purgatorio, dei 114 casi restanti di lo, 63 si trovano dopo -r, 4 dopo -n e 9 dopo parola monosillabica od ossitona. Sono difficili a spiegarsi, anche per la tradizione poco chiara, XV 91 Ecco, dolenti, lo tuo padre e io, e XXVII 133 Vedi lo sol che 'n fronte ti riluce. Di fronte a s implicato i casi sono 23, di fronte a n implicato sono 19. Il sintagma lo duca (mio) ritorna 5 volte, 3 lo mio maestro.
Nel Paradiso, 65 dei 126 casi restanti di lo ricorrono dopo -r (di infinito non ossitono in VIII 1 creder lo mondo; XIII 137 correr lo mar; XIV 51 crescer lo raggio; di III plurale di passato remoto, in VI 108 trasser lo vello, e XXVII 45 sparser lo sangue: tutti questi adonii, tranne il primo, sono in inizio di verso). Per un caso dopo -l finale di parola, cfr. X 29 che del valor del ciel lo mondo imprenta. Di difficile spiegazione e di tradizione poco certa è XX 80 li quasi vetro a lo color ch'el veste. Di fronte a s implicato i casi sono 32 e 5 di fronte a nasale implicata. Nel Paradiso è l'unica attestazione di un articolo in rima: XI 13 Poi che ciascuno fu tornato ne lo punto del cerchio in che avanti s'era, / fermossi, come a candellier candelo: alla variante nello corrisponde, in una tradizione manoscritta, la rima candello, secondo una caratteristica grafica non infrequente in testi italiani antichi, e attestata appunto in candellier.
2.3. Soltanto in una delle Rime dubbie (XVI 4, forse di Cino) appare il tra aggettivo e possessivo: t'amo seguire / in ciascun tempo, dolce il mio signore.
3. Del plurale maschile lo schema delle attestazioni è il seguente:
Nella Vita Nuova le attestazioni di gli sono tutte di fronte a vocale, e due in poesia (gli occhi, XX 5 10, XXXII 5 5; gli effetti, XXXIV 4; gli altri, XXXIV 6). Tra quelle nelle Rime, 14 su 19 si trovano nel sintagma gli occhi; i casi restanti vedono 3 volte gli atti e una volta ciascuno gli amorosi pensamenti (LXI 7) e gli spiriti (XC 65). Nel Convivio, delle due attestazioni una è di fronte a vocale (gli altri, II XIV 3) e una di fronte a s implicato (III XIV 15 gli Stoici). Nella Commedia tutte le attestazioni di gli sono state normalizzate in li nell'edizione Petrocchi; in altre edizioni le attestazioni di gli sono una quarantina.
L'unica attestazione di i nella Vita Nuova è in poesia: XXXIII 7 17 tutti i miei disiri (per una rima simile, cfr. Pg XXXI 22 Per entro i mie' disiri, e per sintagmi simili in rima, cfr. Rime LVI 14 i miei sospire, If V 116 Francesca, i tuoi martìri). In un solo passo delle opere di D., Rime CIV 79, i è in inizio di verso: i bianchi fiori in persi; altrove i favorisce l'elisione (If X 9 tutt'i coperchi, XXI 71 tutt'i runcigli, XXXIII 35, XXV 13, Pg III 22, Pd XXVI 121, XXXI 86, XXXIII 46), mentre è preferibile espungere i, secondo il Petrocchi, in If I 57 tutti suoi pensier (ove alcuni codici ed edizioni hanno tutti i suoi e tutt'i suoi), X 14, Pg XI 68.
Le attestazioni di l' si limitano a un passo di una rima accolta nel Convivio (IV Le dolci rime 140 Vedete omai quanti son l'ingannati), e a tre luoghi della Commedia: If XIX 113 l'idolatre, XXIII 92 l'ipocriti, Pg XXXII 41 l'Indi (in Pd IX 2 il Petrocchi preferisce leggere li 'nganni; per analogia cadrebbe, quindi, l'unica attestazione di l' maschile plurale nel Convivio).
3.1. Del plurale femminile lo schema delle attestazioni è:
Nella Vita Nuova, 9 attestazioni su 11 di l' precedono altre, sia aggettivo che pronome; ma VII 7 l'estreme, XX 1 l'udite parole. Nelle Rime, 4 attestazioni su 8 precedono altre; ma CIV 61 l'armi, CVI 113 l'ale, e 134 l'amorose fronde, CXVI 61 Palpi. Nel Convivio, 62 attestazioni su 86 precedono ancora altre, mentre negli altri casi l' è articolo di opere (I II 11, II V 12, IV XIX 7, XXII 11), anime (II XIII 5, XV 8), acque (III III 4, XV 16, due volte), erbe (IV II 7, IX 13, due volte), erbate (IV XXII 5), etadi (IV XXIV 7 e 9), umane operazioni (IV V 1),ultime sue parole (II X 3). Nella Commedia, 42 casi di l' precedono altre; i restanti 145 recano l' di fronte a un limitato numero di parole, tra le quali si segnalano per frequenza ali, ale (26 volte), anime (19 volte), ombre (11 volte), opere (7 volte), unghie (6 volte).
4. Anche nel Fiore si presenta l'uso di lo in inizio di verso (I 3 un fior... / lo quale avea piantato Cortesia; II 4 lo Dio d'amor sì venne a me presente; XIII 9 Lo Dio d'amor ti manda che ti piaccia; cfr. Detto 111 Lo dio dov'hai credenza, e 273 lo Dio d'amor mi mente) e dopo -r (XIII 13 per lo giardino e nol mettere in caccia), sebbene non manchino attestazioni di il in inizio di verso (LXXXVII 11 il luogo dove tu fai residenza; LXXXVIII 9 Il fatto a' secolari è troppo aperto; XCVI 4 il giorno ch'elle fur martoriate).
L'uso di 'l prevale dopo che (IV 7, VII 6), ed è particolarmente frequente nel Detto, ove si addice all'equivoca brevità del verso (cfr. v. 344 ben credo a mente sà 'l mo', in rima con il salmo), sebbene anche lo partecipi alle rime giocose dei vv. 23-24 Amor non vuol logaggio, / ma e' vuol ben lo gaggio, con una pur rarissima attestazione di lo dopo -n finale di parola. Nel plurale, sembra si possa accettare gl' (CLXV 7 Che, per gl'incantamenti che sapea); i sembra limitato a una ventina di passi, e a meno di una decina di casi gli, che non compare costantemente di fronte a occhi (I 9 per li occhi il core / mi passò; ma XXVI 9 gli occhi torna), mentre è attestato in CCXXI 3 per tutti gli dei. L'uso di l' al femminile non è limitato alla posizione di fronte ad altre: cfr. XCVI 1 L'undici milia vergini beate.