ALIBRANDI, Ilario
Giurista, professore, nato a Roma l'8 febbr. 1823. Compì i suoi studi in Roma, ove nel 1842 conseguì il titolo di dottore in filosofia, il 23 giugno 1842 il baccalaureato in legge e il 12 ag. 1845 la laurea ad honorem in diritto. Dal 1849 fu dapprima coadiutore di G. Villani, poi professore ordinario di Pan-dette nell'Ateneo romano, e più tardi preside della facoltà di giurisprudenza per decreto luogotenenziale del 30 nov. 1870. Dal 1863 fu avvocato nelle cause di beatificazione e canonizzazione. Nel 1871 si dimise da professore in seguito a una visita da lui fatta, nella sua qualità di preside, a Vittorio Emanuele II in Quirinale. Divenne allora professore dell'Accademia pontificia di conferenze storico-giuridiche. Nel 1883 fu nominato avvocato concistoriale e nel 1888 minutante della Segreteria di stato in Vaticano. Socio onorario dell'Istituto di diritto romano nel luglio del 1888, fece anche parte della Pontificia accademia romana di archeologia sin dal 1857 e ne fu tesoriere per più di 20 anni, sino alla morte, avvenuta in Roma il 26 genn. 1894.
Va annoverato fra i maggiori innovatori della scienza romanistica, soprattutto per il metodo seguito nella ricerca e per l'esatta comprensione dei problemi storici. Fu, infatti, uno dei primi in Italia a intraprendere la ricostruzione del diritto romano classico, studiando con spirito critico le fonti e distinguendo in esse apporti giustinianei. Dotato di profonda cultura storica e filologica, non limitava le sue ricerche ai soli testi del Corpus iuris, secondo la tradizione allora vigente in Italia fra i professori di diritto, ma spesso la estendeva a fonti epigrafiche e letterarie ed alte fonti bizantine. Indipendentemente dal movimento scientifico che s'iniziava in Germania, egli iniziò con successo, e nello stesso tempo con scienza e misurato metodo, lo studio delle interpolazioni giustinianee nei testi giuridici classici. I corsi da lui tenuti nell'università di Roma ebbero un'impronta di profonda originalità; in essi esponeva spesso nuove idee e teorie (come, ad esempio, quella dello ius iurandum) che, data la ritrosia dell'A. a pubblicare, non figurano fra le poche opere stampate.
Già nel 1854, col suo scritto De cognitoribus penes Romanos veteres, e nel 1860, col discorso Dell'uso dei monumenti epigrafici per l'interpretazione delle leggi romane, affermava l'originalità e il valore del suo metodo. Altri scritti, De bonorum possessionibus, commentarius (1869), Del concorso delle azioni (1870), Teoria del possesso secondo il diritto romano (1871), affrontano argomenti nuovi, o propongono nuove soluzioni a problemi dibattutissimi. La dissertazione Dell'utilità che arrecano alla storia ed alle antichità del diritto romano gli scritti de' greci interpreti e degli scoliasti de' Basilici (1865) e altri studi, tra i quali Osservazioni sopra alcune parole delle tavole eugubine (1881), Dichiarazione di uno specchio etrusco del museo Kirkeriano (1885) e Osservazioni giuridiche sopra un ricorso de' monaci di Grottaferrata al Pontefice Innocenzo II (1887), attestano la finezza della sua cultura storica e filologica. Lo scritto Ad legem unicam Cod. de sol. et lib. XI, 39 è una dottissima dissertazione latina inoccasione della nomina dell'A. ad avvocato concistoriale.
Ventidue scritti dell'A. (di cui parecchi già citati) sono raccolti nel XII vol. della Biblioteca dell'Accademia storico-giuridica sotto il titolo Opere giuridiche e storiche del Prof I. A.,Roma 1896, vol. I (il solo pubblicato).
Bibl.: V. Scialoja, I. A., in Bullett. dell'istit. di dir. romano, VIII (1894), pp. 120-128; Id., Prefazione a Opere giuridiche e storiche del Prof. I. A., I, Roma 1896, pp. III-VIlI; V. Arangio-Ruiz, in Encicl. Ital., sub voce;F.G. Gabrieli, in Nuovo Dig. Ital., sub voce.