ILARIO da Viterbo, detto Prete Ilario
Non si hanno molte notizie su questo pittore nato a Viterbo, la cui attività è documentata tra il 1375 e il 1393.
Il tentativo di considerarlo un esponente del casato Zacchi (Signorelli, 1934) non trova riscontri probanti nelle fonti. Dal 1399 al 1418 è ricordato in molti documenti (Viterbo, Bibl. Comunale degli Ardenti, pergamene 673, 702, 2427, 2440, 2442, 2443, 2445, 2446; Arch. di Stato di Viterbo, Archivio notarile distrettuale, vol. 1052, "Fajani Tuccio 1398-1418", cc. 131v, 144v, 181v) un tale Ilario priore di S. Angelo de Spatha in Viterbo: la critica, a partire da Giuseppe Signorelli in poi, ha identificato questo personaggio con l'artista. Se tale identificazione fosse valida, allora egli apparterrebbe alla famiglia Cecchi o di Cecco. Tuttavia, e nonostante I. si firmi nell'unica opera rimasta "presbyter", non esistono dati sufficienti che permettano di collegare senza dubbi la figura del priore di S. Angelo all'artista.
Pure da smentire è la tradizione secondo la quale l'artista Ugolino di Prete Ilario sarebbe figlio di quest'ultimo. Nonostante il patronimico e il rapporto di Ugolino con Viterbo, le date non permettono di affermare infatti la diretta parentela: l'ultimo pagamento a Ugolino è registrato nell'aprile del 1364.
Le prime opere documentate, ricordate dalle testimonianze viterbesi, sono andate perdute.
Nella città natale egli dipinse, nell'anno 1375, un Angelo in casa di una tale Giovanna (Signorelli, 1934, p. 8) e nel 1384 un Cristo (ibid.). Quattro anni più tardi, fu incaricato di rappresentare S. Michele sul nuovo stendardo per la canonica di S. Angelo (ibid., p. 6), in sostituzione di quello lacerato l'anno precedente nella rissa fra gli uomini armati dei prefetti di Vico e i popolani di Viterbo.
L'unica opera superstite, datata e firmata, è la grande pala della Porziuncola in S. Maria degli Angeli ad Assisi, commissionatagli da frate Francesco di Sangemini ed eseguita in pochi mesi nell'anno 1393, come recita l'iscrizione al centro sotto la scena dell'Annunciazione: "istam tabulam fecit fieri frater Franciscus de S(an)c(t)o Gemino de helemosinis procuratis a. D(omi)ni MCCCLXXXXIII incepta de mense augusti completa de mense novembris in istis partibus durante guerra et caristia presbyter ylarius de viterbio pi(n)x(it)". L'enorme ancona, costituita da due sezioni a incastro, rappresenta in alto la Visione di s. Francesco, in basso, al centro, l'Annunciazione tra quattro episodi della storia del santo, nella predella sei miracoli post mortem e nel sottarco della cornice figure di santi e teste di serafini. La fonte d'ispirazione è stata individuata nel Tractatus de indulgentia S. Mariae de Portiuncola composto quasi completamente nel 1334 dal teologo Francesco (Bartholi) d'Assisi e nei racconti orali e popolari "di grazie" (Mazzara, p. 194). Per primo Van Marle sottolineò la libera derivazione della scena centrale dalla celebre Annunciazione di Simone Martini e Lippo Memmi eseguita nel 1333 per la cappella di S. Ansano nel duomo di Siena (ora Firenze, Uffizi), mettendo così ben in evidenza la cultura senese dell'artista. A essa si uniscono caratteri umbri, in particolar modo orvietani.
Altre opere viterbesi sono state inserite e poi correttamente espunte, in via definitiva o meno, dal catalogo del pittore: la tavola rappresentante la Madonna col Bambino di Vitale da Bologna, proveniente dalla chiesa di S. Maria della Pace (ora Viterbo, Museo civico); gli affreschi del secondo altare a sinistra in S. Maria Nuova con la Madonna in trono col Bambino, S. Giovanni Battistae unadevota, e il Cristo eucaristico, attribuiti (da Faldi in poi) a Francesco d'Antonio detto il Balletta; la Madonna lactans in trono sulla parete destra del braccio sinistro della crociera di S. Maria della Verità; infine il dipinto, recentemente scoperto, sulla parete di fondo della ex chiesa di S. Antonio in Valle con la Madre di Dio fradue santi, l'Agnello in alto a destra e altro non recuperato.
Di I. non si conoscono il luogo e la data di morte.
Fonti e Bibl.: Viterbo, Archivio comunale, G. Signorelli, Le chiese di Viterbo, c. 10; B.M. Mazzara, Il dipinto di Prete Ilario nella Sacra Porziuncola, in L'Oriente serafico, XXVII-XXVIII (1916-17), pp. 189-197, 199, 201, 203-205, 207 s.; U. Gnoli, Pittori e miniatori nell'Umbria, Spoleto 1923, pp. 178 s.; R. Van Marle, The development of the Italian schools of painting, V, The Hague 1925, p. 356; G. Signorelli, I più antichi pittori viterbesi, in Boll. municipale (Viterbo), VII (1934), pp. 5 s., 8; Catalogo delle cose d'arte e di antichità d'Italia.Assisi, a cura di E. Zocca, Roma 1936, p. 339; P. Toesca, Storia dell'arte italiana, II, Torino 1951, p. 680; La pittura viterbese dal XIV al XVI secolo (catal.), a cura di I. Faldi - L. Mortari, Viterbo 1954, pp. 48 s.; M. Signorelli, Storia breve di Viterbo, Viterbo 1964, pp. 202 s.; E. Carli, Il duomo di Orvieto, Roma 1965, pp. 86, 96; I. Faldi, I pittori viterbesi di cinque secoli, Roma 1970, pp. 12, 14 s., 25, 48, 118-121; F. Todini, Pittura del Duecento e del Trecento in Umbria e il cantiere di Assisi, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, II, Milano 1986, p. 411; M.G. Bonelli, Viterbo. Pittura, in Enc. dell'arte medievale, XI, Roma 2000, p. 723; M. Galeotti, L'illustrissima città di Viterbo, Viterbo 2002, ad indicem (s.v. Zacchi, Ilario); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XVIII, p. 566.