MONTESI, Ilario
MONTESI, Ilario. –Nacque ad Ancona il 27 giugno 1882, da Telmo, ferroviere, e da Angela Pieroni.
Studiò a Torino, diplomandosi in chimica industriale presso il Regio Museo industriale nel 1905, ed entrò subito come tecnico chimico nel comparto saccarifero. Nel 1907, dopo alcune esperienze a Massalombarda e Castellamare Adriatico, lavorò allo zuccherificio di Cavanella Po (Rovigo); nel 1908 assunse la direzione della Società distilleria di Cavarzere (Venezia) e promosse la Banca cooperativa del sindacato agricolo, poi Banca agricola popolare di Cavarzere. Dotato di spiccate attitudini tecniche e professionali, intrecciò fruttuosamente conoscenze scientifiche, cultura industriale e intraprendenza finanziaria. Prova ne fu l’opera di risanamento della neocostituita ma già dissestata distilleria, della quale acquistò azioni e i cui prodotti cominciarono a essere esportati verso la Germania.
L’attenzione ai mercati finanziari centro- europei (soprattutto tedesco e belga) fu una costante della sua attività di imprenditore. Consolidata nel primo dopoguerra la sua posizione negli alcoli, rilevando la Distilleria di Petriccione di Barra (Napoli) e fondando nel 1918 la SAIDA (Società agricola industriale degli alcoli), Montesi si impegnò nel settore saccarifero. Operò prima sui mercati tedeschi sconvolti dall’inflazione del periodo weimariano con l’acquisto – anche con prestiti statunitensi – della maggioranza azionaria degli zuccherifici Fraustadt e Froebehn e della raffineria di Glogau; poi creò in Italia la Società veneta per l’industria degli zuccheri (1923) da cui sarebbe nato il nuovo zuccherificio di Este (Padova). Nel 1927, assunse il controllo azionario dell’impianto di Pontelongo (Padova) – stabilimento sorto nel 1908 per opera della società belga Sucrérie et raffinerie de Pontelongo, che controllava l’83% del capitale di 10 milioni di lire –, inserendosi in un settore che già negli anni a cavallo del secolo aveva consolidato gli assetti produttivi e proprietari, come anche le strategie politico-imprenditoriali. Il nuovo polo proprietario di Montesi rappresentò la novità di questi anni con gli stabilimenti di Cavarzere (dal 1923 impegnato nella distillazione e nella produzione dello zucchero) e di Pontelongo e la Società veneta per l’industria degli zuccheri, costituite nel 1929 in holding di gestione con la Società finanziaria industriale veneta. Dal 1931 Montesi consolidò la sua ascesa diventando amministratore delegato, oltre che della Sucrérie de Pontelongo, delle società collegate: la Société générale de sucréries et raffineries en Roumanie e la Société sucrérie et raffinerie de Roustchouk. Entro i confini nazionali il bacino produttivo del gruppo Montesi – il Gruppo Saccarifero Padovano – si radicò nell’area veneta, fra le province di Padova, Rovigo e Venezia, fra il Po e il Sile, coniugando approvvigionamento di materia prima, impianti di lavorazione e rete di distribuzione. Il suo ingresso nell’industria saccarifera avvenne dunque nella fase di progressivo rafforzamento della linea ruralista e protezionista del regime, con il quale Montesi ebbe rapporti grazie agli stretti contatti con Giuseppe Volpi e Vittorio Cini (sedeva anche nei consigli di amministrazione delle Assicurazioni Generali di Venezia e della Società porto industriale di Trieste).
Dopo la grande crisi la linea protezionista si rafforzò fino all’apice del 1935, quando il dazio fu raddoppiato rispetto al livello dei primi del secolo e riaffermato il pesante carico fiscale: nel 1939 il gettito totale dell’accisa sullo zucchero rappresentava la seconda voce attiva – dopo l’imposta di ricchezza mobile – del bilancio statale. Dopo la guerra d’Etiopia, con le sanzioni e la politica autarchica, la produzione saccarifera acquistò ulteriore rilievo strategico, ricevendo direttamente investimenti di risorse statali. In particolare, fu allora studiata la possibilità di utilizzo del melasso, sottoprodotto della lavorazione, in trasformazioni chimiche (carburanti, esplosivi, gomma). In questa linea già nel 1936 il gruppo Ilario Montesi fondava la Società carburanti Cartura, per impiegare come fonte energetica l’alcol estratto dalla barbabietola.
Gli anni Trenta furono per Montesi una fase di diversificazione delle strategie imprenditoriali. Dopo il 1933 disinvestì dal mercato tedesco, divenuto insidioso con l’ascesa del nazismo, e si impegnò in nuove imprese in Italia, inserendosi nella ricerca di materie prime promossa dalla politica economica autarchica: nel 1936 fondò lo stabilimento di Faé (Belluno) per la produzione di pannelli in fibre di legno; nel 1939 rilevò la Società Arenella di Palermo per la produzione di acido citrico e altri prodotti chimici e nel 1940 la Italiana Magnesio di Bolzano; nel frattempo fondava, a Cavarzere, uno stabilimento per la produzione di glicerina dal melasso. Gli investimenti esteri si diressero in Albania, dove nel 1939 concorse alla costruzione di un grande impianto saccarifero.
Coerentemente con la sua formazione di tecnico- imprenditore, Montesi associò la diversificazione produttiva all’impegno nella ricerca: nel 1932 aveva finanziato una Sezione sperimentale zuccheri nell’Istituto di chimica industriale dell’Università di Padova e nel 1936 fondato il Centro per la selezione del seme bieticolo nazionale a Bottrighe (Padova).
Nel complesso, la crescita generale del settore saccarifero italiano durante gli anni Trenta comportò un ulteriore rafforzamento delle principali holding esistenti. Le vicende del gruppo Montesi furono da questo punto profondamente intrecciate con le tendenze generali dell’industria saccarifera italiana. Nel 1937 tre gruppi controllavano ormai il 90% della produzione nazionale: due società genovesi – Eridania Zuccherifici nazionali per il 60% dello zucchero e il 50% dell’alcol nazionali, con un capitale sociale di 258 milioni, e Società italiana per l’industria degli zuccheri di Rocco Piaggio, con il 20% dello zucchero e l’11% dell’alcol nazionali – e la Società finanziaria industriale veneta di Montesi, con un capitale sociale di oltre 160 milioni, e la produzione del 10% dello zucchero e il 20 % dell’alcol nazionali.
Durante la guerra e soprattutto dopo l’8 settembre 1943, l’industria saccarifera fu sconvolta dalla militarizzazione della produzione, dalla devastazione dei terreni di bieticoltura, dal blocco delle comunicazioni, dai bombardamenti degli impianti. In questo quadro, Montesi allentò progressivamente il legame col regime fascista che aveva caratterizzato la sua precedente condotta politica, per avvicinarsi al governo Badoglio (alcuni dirigenti delle sue società fecero parte dei locali CLN). Inviata a Venezia la moglie Nelda Blasi (sposata nel 1907, ad Ancona), si trasferì nel convento di Praglia. Scelse quindi di adottare una linea attendista, rinviando l’inizio della stagione saccarifera e occultando le scorte, rischiando così l’accusa di ostruzionismo e subendo requisizioni.
La produzione saccarifera nazionale tornò ai livelli prebellici nel 1948, dopo i duri anni della ricostruzione, quando anche lo stabilimento di Pontelongo conobbe la crisi e il licenziamento di 150 lavoratori. Nonostante l’indirizzo liberista impresso da Luigi Einaudi, fu ripristinato il dazio protettivo sullo zucchero (motivato dalla forte discesa dei prezzi sui mercati esteri) al quale Montesi si dichiarò favorevole. Le tre holding, assicuratosi il mercato nazionale, operarono un rilevante rifinanziamento: la Società veneta di Montesi nel 1949 portò il capitale sociale da 80 a 200 milioni (l’Eridania passò da 240 milioni a 3,3 miliardi, il gruppo Piaggio da 750 milioni a 2,7 miliardi). Il gruppo Montesi inoltre fino al 1954 controllò insieme alla Fiat, la società Aquila, proprietaria di una raffineria di petrolio triestina e di un’autonoma società di distribuzione.
Dopo i disinvestimenti in Romania dovuti alle nazionalizzazioni, Montesi utilizzò i fondi di risarcimento per aprire nuovi stabilimenti in Italia (nel 1953 a Casei Gerola, Pavia, nel 1960 a Fano, nel 1962 a Foggia) e continuò a diversificare le imprese, inaugurando un impianto per la produzione del glutammato di sodio a Bottrighe e uno per la lavorazione della carruba a Napoli.
Nel 1952 il sistema proprietario del settore fu completamente riorganizzato: il cartello si scisse in due tronconi, il Consorzio saccarifero italiano, con l’Eridania, e l’Unione zuccheri con i gruppi Piaggio e Montesi, rispettivamente con il 47% e il 39% degli zuccheri nazionali. Alla scissione corrispose anche una diversa strategia economica: mentre l’Eridania rimase su posizioni protezioniste, l’Unione zuccheri si orientò verso la diminuzione dei prezzi e la promozione dei consumi. In particolare, il gruppo padovano puntò ad elevare la produzione di zucchero grazie all’impiego della tecnica di baritazione del melasso, un procedimento che realizzava in esclusiva. Nel 1956 il governo decise la diminuzione della tassa di fabbricazione dello zucchero per stimolare la domanda, ma contemporaneamente penalizzò, con un’imposta ad hoc, il procedimento di baritazione, suscitando le proteste del gruppo Montesi e di quanti – e segnatamente di Ernesto Rossi autore di un’inchiesta polemica – videro in ciò un ostacolo all’applicazione di miglioramenti tecnologici.
Fu la firma del trattato di Roma, nel 1957, per l’istituzione del Mercato comune europeo a mutare radicalmente la politica protezionista. Fino ad allora la concentrazione proprietaria, produttiva e finanziaria del settore si era costantemente rafforzata: nel 1957 Eridania, per il 55% dello zucchero nazionale, aveva un capitale di sociale di 24 miliardi, il gruppo Piaggio di 7,2 miliardi e il gruppo Montesi di 6 miliardi. Ma dopo la firma del trattato i governi italiani sottoposero il settore a provvedimenti di programmazione della produzione di barbabietola, a riduzioni del dazio di importazione e dell’imposta di fabbricazione, per far scendere i prezzi e favorire i consumi. La fase di preparazione all’ingresso dell’industria saccarifera nel MEC durò un decennio (1958-1967); gli industriali risposero prima con una contrazione degli investimenti, poi avviando ammodernamenti tecnologici per elevare produttività e redditività.
Il 1967 coincise dunque con la conclusione di un intero ciclo storico nello sviluppo del settore.
Dal suo ingresso fra i grandi dell’industria saccarifera italiana, alla fine degli anni Venti, Montesi aderì appieno agli indirizzi del regime fascista: nel 1928 partecipò alla prima adunata romana della Confindustria, per esprimere riconoscenza e sostegno al regime; nel 1931 sottoscrisse Buoni del tesoro novennali per l’importo di quattro milioni di lire; nel 1932 fu membro del Consiglio direttivo, e poi della Giunta esecutiva, della Federazione nazionale fascista dell’industria dello zucchero; nel 1933 partecipò ad una sfilata romana dell’industria italiana alla guida di una colonna di oltre 1000 dipendenti di stabilimenti saccariferi; nel 1934 il figlio Leonardo organizzò a Padova la prima Mostra corporativa delle bietole e dello zucchero e nel 1935 l’Esposizione del corporativismo fascista a Bruxelles coordinata da Giuseppe Volpi. Nel 1935 Ilario fu nominato cavaliere del lavoro.
La politica imprenditoriale di Montesi, capace di unire adesione al regime e tradizione paternalista secondo il modello veneto, si contraddistinse anche per l’impegno in campo assistenziale nell’area di maggiore radicamento produttivo. Oltre a fornire provvidenze aziendali ai lavoratori dei suoi stabilimenti, come l’istituzione di servizi di mensa, la promozione di attività dopolavoristiche, le colonie marine, le attività sportive, Montesi erogò fondi agli enti locali e agli organi parrocchiali. Nel 1938 finanziò la costruzione della Casa del Fascio di Pontelongo, poi restaurata. Gli interventi assistenziali non cessarono con il cambio di regime: nel 1946 finanziò la costruzione di case operaie a Este (Padova) e Cavarzere (Venezia); nel 1951 fornì, con grande disponibilità, mezzi per il soccorso degli alluvionati della piena del Po.
Morì nella villa di viale Cavallotti a Padova, il 25 gennaio 1967.
Fonti e Bibl.: G. Toffanin, Ricordo di Ilario Montesi, in Padova e il suo territorio, 37, 1967; I cavalieri del lavoro 1901-2001. Storia dell’Ordine e della Federazione, Roma 2001, ad ind.; M.E. Tonizzi, L’industria dello zucchero. La produzione saccarifera in Italia e in Europa 1800-2000, Milano 2001, ad ind.; E. Pichelan, I. M., il padrone discreto, in Pontelongo, un luogo buono per vivere. Storia per parole e immagini di un paese sul Bacchiglione (1876-1976), Pontelongo (Padova) 2004, pp. 145-155.