ILARIO vescovo di Poitiers, santo, dottore della Chiesa
Nacque a Poitiers da una famiglia pagana, al principio del sec. IV. I motivi che l'avrebbero indotto a convertirsi sono esposti nell'introduzione al De Trinitate (I,1-14). Coniugato (la circostanza è solo probabile), circa il 350 fu eletto vescovo di Poitiers. Appartengono al primo periodo dell'episcopato i Commentaria in evangelium Matthaei nei quali I., nel campo delle idee trinitarie, si mostra fedele alla tradizione di Tertulliano e di Novaziano. Con la venuta di Costanzo in Occidente l'episcopato delle Gallie, che ignorava del tutto le polemiche orientali sulla Trinità (v. arianesimo), e quello dell'Italia, sempre restio a immischiarsi nelle cose degli Orientali, furono posti di colpo di fronte alla realtà del pericolo ariano. La condanna di Atanasio, imposta al sinodo di Arles (353) e al concilio di Milano (355), l'invio in esilio dei vescovi che si erano rifiutati di sottoscrivere, l'ambiguo atteggiamento di Saturnino di Arles, trovarono I. prontissimo alla reazione e pernio dell'opposizione in seno all'episcopato delle Gallie. Citato al sinodo di Béziers (356), I. non volle mutare atteggiamento e fu esiliato in Frigia. Il soggiorno in Oriente fu decisivo per I.: apprese la lingua greca (o quanto meno ne perfezionò la conoscenza) e venuto in contatto diretto con le maggiori espressioni della teologia trinitaria e cristologica orientale, ne diede, primo fra gli scrittori dell'Occidente, un'esposizione nei 12 libri (composti, almeno in gran parte, in esilio) del De Trinitate che, anche in linea assoluta, è una delle più notevoli e organiche opere teologiche di quel periodo.
I punti più discussi della teologia di I. riguardano la sua posizione di fronte all'unità di sostanza fra Padre e Figlio - che I. decisamente afferma, ma rivelando qua e là alcune affinità con le idee di Basilio di Ancira - e la negazione da parte di I. del dolor passionis (o sensus doloris) in Cristo. Da questa si è voluto dedurre argomento per qualificare come docetica la cristologia di I. senza tener conto che ciò sembra escluso dal realismo cui è informata la sua soteriologia.
Anche in Oriente I. si mantenne in contatto con la sua chiesa e con l'episcopato delle Gallie, e, nel gioco delle varie fazioni teologiche in seno all'episcopato orientale, si schierò a fianco di Basilio di Ancira. Convocato il doppio concilio di Rimini (episcopato occidentale) e di Seleucia (episcopato orientale), partecipò (settembre 359) al secondo facendo causa comune con la maggioranza semiariana, per quanto personalmente favorevole alla formula di Nicea. Invano quindi, recatosi a Costantinopoli, cercò d'illuminare gli Occidentali, ai quali frattanto era stato estorta l'approvazione alla formula ariana di Nike; invano si rivolse a Costanzo stesso per poter esporre al concilio di Costantinopoli la sua fede: non fu esaudito e la formula di Nike fu resa definitiva. Poco dopo (aprile? 360) I. tornò in Gallia (non si sa bene se perché dimesso dall'esilio o perché fuggito) e fiancheggiato da Eusebio di Vercelli proseguì, nonostante i contrasti con la radicale intransigenza dei luciferiani (v. lucifero di cagliari), la sua azione antiariana: il concilio di Parigi (361 o 362) liberò la Gallia dai vescovi ariani. I. si rivolse allora a Milano dove pontificava l'ariano Aussenzio, ma non fu fortunato, ché Aussenzio, spalleggiato da Valentiniano, ebbe la meglio. Da allora I. si dedicò quasi esclusivamente al ministero pastorale: durante il suo episcopato e col suo personale favore, Martino di Tours (v.) inaugurò in Gallia la vita monastica; e in Gallia I. introdusse, per la prima volta in occidente, il canto sacro. Morì il 1° novembre (secondo altri il 13 gennaio) del 367. Fu proclamato dottore nel 1851.
Oltre gli scritti ricordati, si citano di I. alcuni scritti esegetici (trattati in Iob, super Psalmos e Mysteriorum) nei quali rivela la sua dipendenza dall'esegesi allegoristica origeniana; un Contra Auxentium; tre inni autentici e gli scritti (fonte preziosa per la storia della controversia ariana) De Synodis, composti dopo il 358 soprattutto per informare gli Occidentali delle lotte trinitarie orientali, e i frammenti noti col nome di Collectanea antiariana parisina o con l'altro di Fragmenta ex opere historico. Questi due scritti rivelano più chiaramente di ogni altro uno dei lati peculiari della personalità di I.: il desiderio cioè di convalidare le sue posizioni teologiche con una compiuta documentazione storica degli avvenimenti. Circa la provenienza dei Fragmenta citati, l'ipotesi più accreditata (L. Feder) considera i frammenti come estratti di un'opera storica smarrita che andrebbe identificata con il Liber adversus Valentem et Ursacium ricordato da S. Girolamo: di esso doveva far parte anche il cosiddetto Liber I ad Constantium, mentre il Liber II sarebbe stato scritto indipendentemente, e, quasi di certo, dopo la morte di Costanzo.
Ediz.: Oltre al Migne, Patrol. Lat., IX, coll. 231-1078, v.: Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum (Vienna 1891, con l'ed., a cura di A. Zingerle, del Tractatus super Psalmos) e LXV (Vienna 1916, con l'ed., a cura di A. Feder, di Tractatus Mysteriorum; Collectanea antiariana parisina; i 2 libri Ad Constantium, inni, frammenti e scritti spurî).
Bibl.: Oltre a quella citata da X. Le Bachelet, in Dictionnaire de Théologie catholique, VI, Parigi 1924, coll. 2388-2462, e le introduzioni alle edizioni del Corpus di Vienna, v.: H. Jeannotte, Le Psautier de saint H. de P., Parigi 1917; A. Engelbrecht, Zur Sprache des H. P. und seiner Zeitgenossen, in Wiener Studien, 1917, pp. 135-161; A. Feder, Epilegomena zu Hilarius Pictaviensis, in Wiener Studien, XLI (1920), pp. 51-60; 167-181; L. Coulange (J. Turmel)], Métamorphose du consubstantiel, Athanase et Hilaire, in Revue d'hist. et de littér. religieuses, 1922, pp. 168-214; M. Niccoli, Docetismo e soteriologia nel De Trinitate di I., in Ricerche Religiose, I (1925), pp. 262-274; C. Weymann, Beiträge zur Geschichte der christl. latein. Poesie, Monaco 1926, pp. 29-32 (sugl'inni).