ILLUMINATO da Chieti
Nacque a Chieti nella prima metà del XIII secolo. Nulla si sa delle sue origini familiari, né della data del suo ingresso nell'Ordine francescano.
I., che fu vescovo di Assisi, non dev'essere confuso - come pure è stato fatto - con i personaggi omonimi che compaiono nelle biografie francescane. Bonaventura riferisce che il compagno di Francesco che prese parte al viaggio di quest'ultimo in Egitto nel 1219-20 si chiamava Illuminato (Legenda maior, IX, 8, in Fontes Franciscani, p. 860). Lo stesso frate avrebbe consigliato a Francesco di partecipare ai fratelli le sue eccezionali esperienze spirituali (ibid., XIII, 4, p. 893). Di questo Illuminato si conservano anche alcuni ricordi della vita di Francesco (Verba fratris Illuminati socii b. Francisci ad partes Orientis et in conspectu Soldani Aegypti, in G. Golubovich, Biblioteca bio-bibliografica della Terra Santa, I, Quaracchi 1906, pp. 36 s.).
Nella cosiddetta lettera di Greccio (Fontes Franciscani, p. 1374) si fa menzione, tra i compagni di Francesco, di un Illuminato dell'Arce. Proprio tale specificazione della provenienza (l'Arce è una zona di Assisi) fa escludere che il frate in questione - verosimilmente lo stesso che andò in Terrasanta - sia identificabile con I., il quale, nei documenti papali che lo riguardano, è detto di Chieti. Si potrebbe ipotizzare che la Cancelleria pontificia si riferisse all'ultimo convento di appartenenza di I., ma la sua biografia non suffraga in alcun modo tale supposizione. Infine, l'Illuminato compagno di Francesco doveva essere all'incirca un suo coetaneo. Se pure fosse nato intorno all'anno 1200, resterebbe difficilmente spiegabile l'elezione a vescovo di Assisi, nel 1274, di un frate più che settantenne.
Quasi impossibile anche identificare I. con l'omonimo aristocratico che, nato cieco, secondo Tommaso da Celano, acquistò la vista per i meriti di Francesco e poi entrò nell'Ordine (Tractatus de miraculis, 123, ibid., p. 722). Infatti la stessa fonte (risalente al 1250-54) parla di questo Illuminato come di persona già morta. La pericope è ripresa quasi alla lettera da Bonaventura (Legenda maior, Miracula, VII, 6, ibid., p. 945).
I. ebbe un'ottima formazione letteraria, in virtù della quale - secondo Salimbene (Ognibene) de Adam - nel 1238 si trovava nel convento di Assisi, dove componeva e stendeva in forma solenne per conto di frate Elia, ministro generale dei minori, i documenti ufficiali dell'Ordine, trascrivendo in un registro le lettere inviate allo stesso generale dai più importanti sovrani del tempo.
Nonostante la presenza di alcune inquietanti coincidenze con quanto riferito da Salimbene, non pare identificabile con I. nemmeno il frate Alluminato, al secolo Accarino della Rocca, che il 15 ott. 1238 ricevette da frate Elia la facoltà di disporre liberamente della Rocca che portava il suo nome e che era appartenuta a suo figlio Enrico. Al di là del già evocato problema della provenienza chietina di I., riesce difficile pensare che un frate che durante lo stato laicale aveva avuto un figlio potesse essere elevato alla cattedra episcopale; risulta poi quasi impossibile che il frate Alluminato, il cui figlio era almeno maggiorenne già nel 1238, potesse vivere fino al 1282.
Forse in seguito all'allontanamento da Assisi di Elia, I. si trasferì nel convento di Siena, ove conobbe Salimbene de Adam (1241-43). Eletto ministro della provincia di S. Francesco, il 19 maggio 1267 concesse al Comune di Assisi, nella persona del sindaco Ubertino di Nepolione, il permesso di costruire un ospedale fuori la porta S. Francesco, nonostante che il Sacro Convento godesse del privilegio di impedire ogni nuova costruzione all'interno di una zona di rispetto assai ampia. Nella stessa veste il 6 dic. 1268 ricevette da Andrea di Tommaso, custode e rettore della chiesa di S. Angelo di Bevagna, previa autorizzazione del ministro generale Bonaventura, che era presente, la chiesa di S. Giovanni di Bevagna e una piccola estensione di terreno da destinare alla locale comunità dei frati minori.
Intanto, nell'estate del 1273, venuto a morte il vescovo di Assisi, il frate minore Niccolò da Calvi, i membri del capitolo della cattedrale, ricorrendo alla procedura per viam compromissi, che delegava l'elezione a quattro canonici (Francesco, il maestro Guido, l'arcipresbitero Giovanni di Corciano e Guido di Giovanni di Bernardo), scelsero I. e presentarono al papa Gregorio X il decreto di elezione per la conferma. Il pontefice, lontano da Assisi, incaricò Giovanni, cardinale diacono di S. Nicolò in Carcere Tulliano, di esaminare la regolarità della procedura seguita e, verificata l'idoneità dell'eletto, di riceverne il giuramento in sua vece (4 sett. 1273). Mentre l'indagine si protraeva al di là del previsto, dato che il cardinale Giovanni aveva riscontrato un vizio di forma nella stesura del decreto di elezione (Guido di Giovanni di Bernardo, pur avendo elencato gli altri elettori, aveva usato il singolare nella formula consegnata al verbale), I. con una lettera molto solenne comunicava la notizia della morte di Bonaventura da Bagnoregio a frate Angelo da Perugia, che nel frattempo gli era succeduto come ministro della provincia di S. Francesco. La lettera risulta scritta "de curia Romana", ma, considerando che Bonaventura morì il 15 luglio 1274 a Lione, non pare improbabile che I. lo avesse seguito nella città transalpina (dove appunto la Curia papale si trovava) forse per sveltire la pratica della sua elezione o, più probabilmente, per mettere al servizio del cardinale le sue doti di retore esperto in occasione del concilio che proprio allora si stava celebrando. Questa seconda ipotesi sembra suffragata dalla circostanza che, solo pochi giorni dopo la morte di Bonaventura, I. ricevette da Gregorio X l'agognata conferma della sua elezione episcopale (23 luglio 1274) e, divenuta ormai inutile la sua presenza a Lione, poté riprendere la via dell'Italia. Contestualmente il pontefice affidò a un altro frate minore, l'assisiate Marco, vescovo di Cassano (in Calabria), il compito di ricevere il giuramento dall'eletto e di consacrarlo.
Preso possesso della diocesi di Assisi, I. coltivò anche nella sua nuova veste i buoni rapporti con le locali istituzioni comunali. Nel 1275 autorizzò i rappresentanti del Comune a ottenere dalle cave di proprietà dell'episcopato i materiali da costruzione per erigere la torre campanaria del Comune stesso. Il 19 sett. 1278, di concerto con le autorità dell'Ordine dei frati minori, sollecitò l'approvazione da parte del Consiglio generale di Assisi della proposta di recepire con una normativa apposita quanto stabilito dal papa Clemente IV circa il divieto di costruire edifici religiosi entro il limite delle 300 canne dalle chiese di S. Francesco e di S. Chiara. Lo stesso giorno I., in qualità di garante dell'esecuzione della lettera papale, comminava la scomunica a tutti gli eventuali contravventori.
I. il 20 giugno 1280 costituì procuratori e nunzi speciali del convento di S. Francesco in Assisi Bernardo di Someo, Tommaso di Pietro, Giovagnolo di Munaldo e Picardo (nipote di Francesco). Non si deve in questo intervento leggere un segno della particolare intensità dei legami, pur forti, che I. intratteneva con il Sacro Convento, poiché egli stesso dichiarava di agire in forza della facoltà che gli era stata conferita in quanto vescovo (e non in quanto vescovo-frate) da una lettera di Matteo, cardinale diacono di S. Maria in Portico e protettore dei frati minori.
L'unico terminus ante quem per la data di morte di I. è quello dell'insediamento del suo successore, il frate minore Simone, la cui nomina episcopale da parte di Martino IV è del 23 marzo 1282.
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