ILLUSTRATORE
Miniatore bolognese attivo nella prima metà del 14° secolo. Fu Longhi (1973) a coniare questo nome convenzionale per il grande inventore e decoratore di pagine miniate, altrimenti noto come pseudo-Niccolò.Si deve a Ciaccio (1907) l'impostazione del problema critico di distinguere dal troppo nutrito corpus di Niccolò di Giacomo un nucleo omogeneo di manoscritti da assegnarsi a un maestro più anziano, battezzato dalla studiosa pseudo-Niccolò. La proposta, del tutto convincente, venne avvalorata successivamente da Fürstenau (1911), che pose soprattutto l'accento sull'innovativa fantasia del maestro nel saper distribuire cornici e scene sapientemente articolate e largamente impaginate nei libri di giurisprudenza, prodotti in connessione con lo Studio di Bologna.Il tentativo di identificare l'anonimo miniatore con quel Tommaso di Galvano documentato nel 1349 a Padova, suggerito da Chiti (1965-1966), ha trovato una parte della critica concorde (Conti, 1978a; Volpe, 1980). Si tratterebbe del figlio di quel Galvano - forse Galvano di Rinaldo da Vigo scriptor (Gibbs, 1993-1994) - che firma una copia della Divina Commedia di Dante Alighieri divisa tra Firenze (Bibl. Riccardiana, 1005) e Milano (Bibl. Naz. Braidense, AG.XII.2). Tommaso di Galvano avrebbe però miniato solo la parte fiorentina - con icastiche rappresentazioni del testo dantesco racchiuse entro minuscole capitali -, mentre quella milanese spetterebbe a un suo collaboratore. Il nome Andrea da Bologna suggerito invece da Cassee (1980) per l'anonimo I. si basa sulla lettura di una presunta firma "[An]drea" nel Decretum Gratiani (Roma, BAV, Urb. lat. 161, c. 107r) - opera che Conti (1981a) assegna al Maestro del 1346 e collaboratori - individuata nella cornice del trono della Disputa dei dottori. Da qui il collegamento con la firma "Andreas me pinsit" riscontrata da Schmidt (1973) nel bas-de-page a c. 11r dell'Uffiziolo di Kremsmünster (Stiftsbibl., 4), sottoscritto dal copista Bartolommeo, fratello di Andrea de' Bartoli, nel 1349, opera indiscussa di Niccolò di Giacomo. La partecipazione di Andrea venne tuttavia circoscritta dallo studioso alla sola esecuzione dei fregi marginali alle cc. 10v e 11r, anche se risulta altrettanto plausibile ritenere che la firma si riferisca non tanto al miniatore, quanto allo stazionario (Volpe, 1979; Conti, 1981b).Non è certo se l'I. si sia formato presso l'officina libraria del Maestro del 1328 (de Winter, 1983), rigorosamente osservante del dettato giottesco, ma sicuramente intercorse un rapporto stretto di collaborazione fra i due, come attesta il Decretum Gratiani (Roma, BAV, Vat. lat. 1366), ove la mano dell'I. è riconoscibile ovunque, mentre il Maestro si riserva la decorazione del frontespizio. La sequenza temporale delle opere assegnate all'I. è incerta, anche se rimangono due termini importanti: il 1342, anno di morte del vescovo Alberto di Passavia, il committente del Liber sextus decretalium dell'abbazia di St. Florian (Stiftsbibl., III. 7. 2), e il 1343, data in cui vengono sottoscritte le Constitutiones Clementis Papae V di Padova (Bibl. Capitolare, A 25) con le Storie di s. Caterina.È probabile che le prime prove offerte dal maestro siano da individuarsi nei corali per la chiesa di S. Pietro (Bologna, Bibl. arcivescovile). La data sembra prossima, per analogie di stesura, al 1328, anno delle Matricole dell'Arte dei Merciai (Bologna, Mus. Civ. Medievale, 633). Intorno al 1330, immediatamente prossimo al citato manoscritto fiorentino della Divina Commedia (Firenze, Bibl. Riccardiana, 1005), si colloca il codice delle Pandectae con glossa di Accursio (Londra, BL, Add. Ms 12023), caratterizzato dalle medesime tipologie nei volti dalle espressioni pungenti, talora caricaturali, con una forte sottolineatura della spessa linea di contorno nera. A questi si lega stilisticamente l'Infortiatum di Cesena (Bibl. Com. Malatestiana, S.IV.2), ove alla semplicità della raffigurazione che illustra il contenuto del testo giuridico, concentrata nella cartella che occupa lo spazio delle due colonne centrali della pagina, fanno riscontro la vivacità e la varietà di pose e atteggiamenti delle figure e la forte caratterizzazione dei volti. Il racconto si articola con un serrato levarsi di gesti che legano i personaggi fra loro (Flores d'Arcais, 1977-1978). Accostabili all'Infortiatum, intorno alla metà degli anni trenta, sono gli scritti di Aristotele (Roma, BAV, Urb. lat. 216) e un gruppo di testi giuridici la cui decorazione è divisa tra vari aiuti (Decretum Gratiani, Monaco, Bayer. Staatsbibl., Clm 23552; Codex, Roma, BAV, Vat. lat. 1430; Decretum Gratiani, Roma, BAV, Vat. lat. 1366). Posteriori al Liber sextus decretalium di St. Florian, le Decretali vaticane (Roma, BAV, Vat. lat. 1389; Roma, BAV, Pal. lat. 636), la glossa di Accursio alle Constitutiones feudorum (Roma, BAV, Vat. lat. 1436), le Decretali di Padova (Bibl. Capitolare, A 24) e il Digestum (Roma, BAV, Vat. lat. 1409) in collaborazione con il Maestro del Decretum Gratiani di Parigi (BN, nouv.acq.lat. 2508).All'I. si riconosce la capacità di creare nuovi modi di impaginare e di selezionare i colori, scegliendo accostamenti costanti - che facilmente consentono di individuare gli attori delle varie scene -, giocati su tonalità brillanti, rosso, rosa, verde, azzurro, in contrasto con le strutture dei piani di posa e dei fondi (Flores d'Arcais, 1979). L'I. rivestì sicuramente un ruolo di protagonista nel panorama artistico trecentesco, imponendo agli inizi del quarto decennio, assieme agli altri comprimari della scena gotica padana - il Maestro del 1333 e il giovane Vitale -, un linguaggio pittorico nuovo, riassumibile nei termini essenziali di forza narrativa e tensione febbrile nelle figure.Da respingere, perché più schematico nell'esecuzione e con figurazioni più rigidamente impostate, è il Messale commissionato dal cardinale Bertrand de Deux (Roma, Arch. del Capitolo di S. Pietro, B.63), che è stato assegnato al Maestro del 1346 (Conti, 1981a), un seguace o forse un collaboratore dell'I. nella sua bottega, che costituisce il punto di passaggio verso la prorompente vitalità narrativo-esecutiva di Niccolò di Giacomo.
Bibl.:
Fonti. - F. Filippini, G. Zucchini, Miniatori e pittori a Bologna, I, Documenti dei secoli XIII e XIV, Firenze 1947.
Letteratura critica. - F. Malaguzzi Valeri, I codici miniati da Niccoló di Giacomo da Bologna e dalla sua scuola in Bologna, Atti Memorie Romagna, s. III, 11, 1893, pp. 120-158; L. Ciaccio, Appunti intorno alla miniatura bolognese del secolo XIV. Pseudo Niccolò e Niccolò di Giacomo, L'Arte 10, 1907, pp. 105-115; A. Erbach von Fürstenau, La miniatura bolognese del Trecento (studi su Niccolò di Giacomo), ivi, 14, 1911, pp. 1-12, 107-117; M. Salmi, La miniatura, in Emilia e Romagna, a cura di D. Fava (Tesori delle biblioteche d'Italia, 1), Milano 1932, pp. 267-374; R. Longhi, La mostra del Trecento bolognese, Paragone 1, 1950, 5, pp. 5-44; Toesca, Trecento, 1951, p. 838, nn. 45-46; G. Chiti, L'attività dell'Illustratore nella miniatura bolognese del Trecento (tesi), Firenze 1965-1966; C. Gnudi, La Bibbia di Demeter Nekcsei-Lipócz, il ''Leggendario'' angioino, e i rapporti con la miniatura bolognese e l'arte d'Oriente, in Evolution générale et développements régionaux en histoire de l'art, "Actes du XXIIe Congrès international d'histoire de l'art, Budapest 1969", Budapest 1972, I, pp. 569-581; III, pp. 161-172, figg. 1-50; R. Longhi, La pittura del Trecento nell'Italia settentrionale (1934-1935), in id., Opere complete, VI, Lavori in Valpadana, Firenze 1973, pp. 3-90: 24-26; G. Schmidt, 'Andreas me pinxit'. Frühe Miniaturen von Nicolò di Giacomo und Andrea de' Bartoli in dem Bologneser Offiziolo der Stiftsbibliothek Kremsmünster, WienJKg 26, 1973, pp. 57-73; F. Flores d'Arcais, L'Illustratore tra Bologna e Padova, Arte veneta 31, 1977-1978, pp. 27-41; A. Conti, L'Illustratore, in Pittura bolognese del '300. Scritti di Francesco Arcangeli, Bologna 1978a, pp. 86-91; id., Maestro degli statuti dei Drappieri, ivi, 1978b, pp. 92-94; F. Flores d'Arcais, Le miniature del Riccardiano 1005 e del Braidense AG.XII.2: due attribuzioni e alcuni problemi, StArte, 1978, 33, pp. 105-126; E. Cassee, Illustratori bolognesi del Trecento, in La miniatura italiana in età romanica e gotica, "Atti del I Congresso di storia della miniatura italiana, Cortona 1978", Firenze 1979, pp. 283-318; F. Flores d'Arcais, L'organizzazione del lavoro negli scriptoria del primo Trecento a Bologna, ivi, pp. 357-369; A. Conti, Problemi di miniatura bolognese, BArte, s. VI, 64, 1979, 2, pp. 1-28; C. Volpe, Per il problema di Andrea de' Bartoli, pittore dell'Albornoz, in El cardenal Albornoz y el Colegio de España, a cura di E. Verdera y Tuelles (Studia Albornotiana 36), V, Bologna 1979, pp. 43-54; E. Cassee, The Missal of Cardinal Bertrand de Deux. A Study in 14th Century Bolognese Miniature Painting, Firenze 1980; C. Volpe, La pittura italiana del '300, in Tomaso da Modena e il suo tempo, "Atti del Convegno internazionale di studi, Treviso 1979", Treviso 1980, pp. 237-248; A. Conti, rec. a E. Cassee, 1980, Prospettiva 1981a, 24, pp. 72-82; id., La miniatura bolognese. Scuole e botteghe 1270-1340, Bologna 1981b; P.M. de Winter, Bolognese Miniatures at the Cleveland Museum, Bulletin of the Cleveland Museum of Art 70, 1983, pp. 314-351; R. Gibbs, Recent Developments in the Study of Bolognese and Trecento Illustration, BurlM 126, 1984, pp. 638-641; F. Flores d'Arcais, Un'aggiunta al catalogo dell'Illustratore, Miniatura 1, 1988, pp. 65-73; R. Gibbs, Tomaso da Modena. Painting in Emilia and the March of Treviso, 1340-1380, Cambridge 1989, pp. 75-76; s.v. Illustratore, in Dizionario della pittura e dei pittori, II, Torino 1990, p. 851; R. Gibbs, Towards a History of Earlier 14th-Century Bolognese Illumination. Little Known Manuscripts by Nerio Bolognese and the Hungarian Master, WienJKg 46-47, 1993-1994, pp. 211-221.L. Morozzi