ILLUSTRAZIONE
− Le più antiche testimonianze archeologiche di libri illustrati provengono dalla civiltà egizia; nel mondo ellenistico l'i. ebbe origine, sembra, ad Alessandria, ciò che rende l'ipotesi di influssi egiziani molto probabile. Fu sopratttutto nei primissimi secoli dell'èra volgare che l'i. acquistò quel prestigio e quella diffusione che ne avrebbero fatta una delle arti principali e più colte del Medio Evo.
1. Egitto. − Non si sa quando in Egitto si fosse incominciato a produrre papiri illustrati. Il primo esempio noto risale già alla fine del Medio Regno o alla XIII dinastia. E il cosiddetto papiro Ramesseum, con la storia dell'incoronazione di Sesostris I illustrata da vignette disposte sul margine inferiore del rotulo. Ma gli inizi dell'i. possono anche risalire più addietro, così le iscrizioni, accompagnate da raffigurazioni, all'interno dei sarcofagi del Primo Periodo Intermediario e del Medio Regno, possono riflettere, secondo un'ipotesi di H. J. Kantor, la distribuzione del testo e delle relative illustrazioni nei papiri contemporanei. In contrasto con la distribuzione irregolare dei segni nelle iscrizioni geroglifiche più antiche, nell'Antico Regno, nel periodo tra la I e la III dinastia, il testo comincia ad essere organizzato in colonna secondo il metodo che sarà corrente nei papiri, e già sin dalla III dinastia un'iscrizione di Saqqārah − un elenco di offerte in cui ogni gruppo di colonne di scritto in cui è ricordato un olio è sormontata dalla figura del tipo di recipiente in cui il dato olio era solitamente contenuto − associa a questa disposizione del testo un'idea rudimentale di illustrazione. Questo rapporto tra testo e i. corrisponde infatti perfettamente a quelli che saranno gli intenti fondamentali dell'i. vera e propria, cioè il "chiarimento" dei vari aspetti di un testo attraverso le immagini ed è, sembra, un contributo particolare egizio. Diversamente da quanto avviene nell'ambito di questa civiltà, infatti, nelle raffigurazioni che accompagnano le iscrizioni nei monumenti della civiltà assira e babilonese, il rapporto tra testo e immagini è del tutto allusivo e quasi mai risponde in un senso preciso al tema scritto (A. Perkins, H. G. Güterbock).
Un'altra influenza della pittura monumentale che si riscontra alle origini dell'i. è evidente nel trapianto nei testi funerari delle scene raffigurate nelle strisce dipinte sulle pareti delle tombe. Nel Primo Periodo Intermediario e nel Medio Regno, i testi scritti all'interno dei sarcofagi, con fregi di raffigurazioni di oggetti disposti orizzontalmente al di sopra delle colonne verticali dello scritto, o, addirittura, con l'inserzione di figure di barche e di santuari tra le parole del testo, possono riflettere la distribuzione di testo e i. nei papiri contemporanei.
Appunto circa la XX dinastia, secondo le osservazioni del Weitzmann, s'incomincia, con l'introduzione degli scritti ieratici, a sostituire al fregio continuo l'inserzione di "vignette" intercalate nella colonna del testo.
Assai scarsa è la documentazione di papiri non funerari del Nuovo Regno. Tra questi sono particolarmente interessanti due frammenti, a Torino e a Londra. Essi ci introducono in un'atmosfera del tutto diversa, con gustose raffigurazioni, disposte su un fregio, di animali intenti in varie occupazioni umane, secondo lo schema favolistico dell'inversione dei ruoli. La chiarezza delle situazioni raffigurate è tale da non richiedere alcuna didascalia esplicativa, e in parte su questi frammenti si basò infatti l'ipotesi dell'esistenza di rotuli illustrati senza interruzione tra una scena e l'altra e privi di testo, o, al più, corredati soltanto da poche didascalie essenziali (Birt). Ma un esame più attento ha portato (Weitzmann) al riconoscimento, anche in questi frammenti, dell'esistenza di un testo e quindi all'identificazione del tipo, già notato, di i. disposta a fregio al di sopra delle colonne verticali dello scritto. Malgrado queste precisazioni, l'esistenza di vere e ptoprie storie illustrate di animali in Egitto rimane una ipotesi: nei monumenti che riprendono gli stessi temi animalistici, infatti, le singole scenette sono tra di loro indipendenti, ognuna significativa di per sé, e quindi non permettono di supporre una coordinata sequenza narrativa. È però dimostrata la persistenza di motivi derivati da tale repertorio almeno sin nella XXV dinastia.
2. Civiltà classica ed ellenistica. − La prima esigenza illustrativa nel mondo classico deve essere stata quella di chiarire con l'esemplificazione visiva il senso di un discorso scientifico, e il semplice diagramma deve essere stato la prima ed immediata espressione di tale esigenza. Sin dal V sec. a. C. sono ricordati i diagrammi che illustravano un trattato di matematica di Ippolito di Chio.
Il più antico papiro greco illustrato pervenutoci è difatti un testo scientifico. Il papiro è conservato nella Nationalbibliothek di Vienna e consta di un frammento lungo circa due metri e mezzo, con le istruzioni di un certo Eudoxos, vissuto nel IV sec. a. C., sulle sfere celesti; si data al I sec. a. C. Già in questo primo esempio l'i. va al di là delle pure esigenze scientifiche: ad esempio nel dischetto che rappresenta simbolicamente la costellazione di Orione è inserita una piccola figura di Osiride; al centro di un diagramma elementare che indica lo zodiaco è posto lo Scarabeo, come simbolo solare. Gli elementi che arricchiscono la rappresentazione schematica, animandola e avviandola verso uno svolgimento artistico, sono dunque di origine egiziana, e si ha perciò già nel primo monumento dell'i. classica una prova chiara di influenza egiziana.
Al di là dell'i. di argomento dotto, questi rapporti sono rintracciabili in testimonianze di un genere diverso. Una coppa ellenistica di terracotta, con figure in rilievo, rinvenuta ad Alessandria (ora nel museo di Berlino), ha una curiosa rappresentazione di animali in atteggiamenti umani che per il confronto con il citato papiro del British Museum, dove ricorrono situazioni assai simili e almeno una figura del tutto identica, ha fatto supporre che la decorazione della coppa derivi da una traduzione illustrata del racconto egiziano (Weitzmann). Si tratterebbe dunque di un caso di trasmissione del repertorio dell'i. a un tipo d'arte diverso. Mentre il Medioevo ci ha lasciato esempi imponenti di tale influenza (mosaici del nartece di S. Marco a Venezia derivati da un'i. simile alla Genesi di Cotton), è stato discusso se in età ellenistica e romana tale scambio fosse possibile o se piuttosto non fosse l'i. debitrice delle altre arti (Bianchi Bandinelli). Almeno in alcuni casi però il Weitzmann, dopo il Robert, ha raccolto indicazioni che permettono, attraverso lo studio di materiale diverso − vasi megaresi (v.), vasi d'argento della Battriana (probabile derivazione da un prototipo comune a quelli), terre sigillate, tavole "iliache", sarcofagi romani, mosaici pavimentali e parietali, stoffe − di rintracciare riscontri abbastanza precisi con illustrazioni di libri.
Altra constatazione frequente nella storia dell'i. è il passaggio di motivi da un testo a un altro, con una relativa autonomia dell'i. rispetto al testo cui si accompagna.
Mentre infatti nella tradizione del testo la migliore edizione è quella che più si avvicina all'originale, nella tradizione dell'i. non soltanto si tende a correggere gli errori via via manifestatisi risalendo ai modelli più antichi, ma spesso si cerca di "migliorare" una data tradizione illustrativa introducendo elementi nuovi, o, più spesso, desumendoli da altre fonti. Quest'ultimo criterio, più libresco, è tipico delle grandi biblioteche, in cui v'era disponibilità di varî testi illustrati da confrontare e da contaminare. Ad esso dobbiamo, alla fine dell'antichità, con l'attenuarsi del concreto interesse scientifico, la graduale trasformazione del corpus dell'i. dei libri scientifici, in cui penetrano raffigurazioni di origine épica, favolistica, mitologica.
Così, ad esempio, nel trattato di Nicandro sui medicamenti contro i morsi dei serpenti (v. codice) un breve riferimento ai serpenti nati dal sangue dei Titani è l'occasione per l'inserimento di una grande Genesi dei Giganti, derivata da un'illustrazione di Apollodoro o forse dallo stesso Esiodo; nello stesso libro un altro passo è illustrato con la insolita storia di Kanopos (v.), ripresa molto probabilmente dal trattato mitologico di Conone, oggi scomparso, di cui abbiamo così una rara testimonianza.
Anche quando l'i. è concepita espressamente per il testo cui è unita, sono rari i casi in cui si possa affermare la contemporaneità di testo e illustrazione. Mentre per alcuni autori antichi è logico escluderla, negli altri casi occorre ammettere che generalmente, se le illustrazioni non sono esplicitamente richieste dal testo, è assai improbabile che la prima "edizione" di un libro sia apparsa illustrata.
A differenza della miniatura medioevale, l'i. antica raggiunge solo raramente una qualità particolarmente alta, almeno negli esempî conservati; ciononostante l'i. occupa nel panorama artistico del mondo antico una posizione del tutto sua e introduce valori che richiedono un apprezzamento estetico particolare. Dalla stessa estrema semplificazione dell'i. emerge una concentrazione nuova nel racconto, che si fa più incalzante e immediato; così come nell'abolizione o nella riduzione di tutti gli elementi che introdurrebbero un effetto di profondità spaziale, è facile riconoscere la preoccupazione di non creare un dissidio tra il piano dello scritto e quello dell'i. (soltanto la miniatura a piena pagina, elaborata dal codice [v.], consentirà l'isolamento della vignetta inquadrata da una cornice che la distacca dal piano dello scritto). Insistendo sul movimento rapido ed evidente delle figure, quasi sempre mosse nel senso della scrittura; collocandole in stretta relazione fisica con il testo, distribuendole con larghezza in corrispondenza precisa con il passo da illustrare (l'eccezionale densità delle illustrazioni è tipica delle edizioni antiche: v. bibbia), l'i. aderiva perfettamente ai caratteri della letteratura ellenistica, soprattutto quando era rivolta a testi epici o favolistici. Rispetto alle altre arti, essa offriva un'inedita possibilità di rappresentazione visiva di fatti che si svolgono nel tempo e nello spazio, realizzando la scomposizione di un episodio in una successione praticamente illimitata di azioni. Da ciò le derivava anche un particolare prestigio, in quanto insostituibile raccolta di vasti repertori iconografici. Se si pensa infatti che dalle testimonianze offerte dalle coppe megaresi è possibile calcolare una media di circa 30 illustrazioni per ogni libro dell'Odissea, si raggiunge un numero talmente impressionante di scene ispirate a questo poema, che non è immaginabile in nessun'altra specie di monumenti. Donde uno dei probabili motivi del ricorso all'i. dei libri come fonte di ispirazione per composizioni figurate.
Oltre alla produzione generale, di qualità, come si è detto, non paragonabile all'eccellenza degli altri monumenti antichi, ci sono pervenuti alcuni esempi di rotuli di papiro illustrati di particolare finezza (esempî: frammento con Amore e Psyche nel Museo Arch. di Firenze; frammento con figure di aurighi nella Collezione Johnson di Oxford, ecc.). Tale diversità di livello, accanto alla notevole diffusione di temi derivati con ogni probabilità dall'i. e in contrasto con il silenzio di fonti dotte e autorevoli (Seneca), fa intravvedere nell'i. non scientifica non una predilezione degli ambienti più colti e raffinati, bensì una tendenza narrativa diffusa. Invece un tipo di i. di cui gli spiriti più elevati si compiacquero (Plin., Nat. hist., xxxv, 11, a proposito delle imagines di Varrone, comprendenti ben settecento ritratti; Seneca, De tranq. animi, 9, a proposito delle pretenziose biblioteche dei collezionisti; Martial., xiv, clxxxvi, a proposito di una interessante edizione "tascabile" di Virgilio) fu il "ritratto dell'autore", in cui si rifletteva il particolare interesse per la biografia e l'iconografia dei sapienti.
L'i. dei rotuli sin qui considerata (su di essa v. altri particolari s. v. rotulo) consisteva in singole scene intercalate lungo le colonne dello scritto in concomitanza con il passo cui si riferivano. Si tratta in effetti dell'unico tipo di i. documentato prima dell'adozione del codice (il celebre Rotulo di Giosuè, della Biblioteca Vaticana, risulta sicuramente, dopo le indagini del Weitzmann e dello Schapiro, un caso eccezionale di rielaborazione di illustrazioni singole riprese da un codice), ma si è a lungo discusso sull'esistenza di una i. a fregio, che dall'accostamento immediato di due o più momenti di uno stesso episodio − secondo lo schema della "rappresentazione continua" (v. continua, rappresentazione) − ottenesse l'effetto di una estrema contrazione dei teinpi nel passaggio da una fase all'altra (su ciò v. rotulo).
3. Decorazione. − Dall'i. del libro si distingue la sua decorazione, a differenza della prima slegata da un intimo rapporto con il testo. Sin dalle prime manifestazioni la decorazione del libro prende in prestito dall'architettura il suo repertorio astratto, da cui le deriva un rapporto con il testo assimilabile a quello che passa tra questo e la forma dello scritto. Il primo esempio noto è un testo scolastico del III sec. a. C. (Il Cairo, pap. n. 65.445), in cui colonnine, basi e architravi inquadrano cataloghi e nomenclature, vale a dire testi concepiti come tabelle. Nel II sec., il bicchiere argenteo con l'itinerario da Vicarello a Cadice (Museo Naz. Romano) è un altro esempio di questo tipo di decorazione affine all'epigrafia. Il suo monumento maggiore è il Calendario di Filocalus (v.), il grande calligrafo del sec. IV, per il quale scrittura e decorazione, entrambe intese come architettonica regolarità e distribuzione degli spazî, raggiungono il grado più alto.
Un tipo di decorazione sorto all'incirca nello stesso tempo e che ebbe grande fortuna lungo tutto il Medioevo sono le cosiddette "tavole canoniche", tavole di concordanza tra i Vangeli ideate da Eusebio di Cesarea probabilmente prima del 331 d. C. Secondo la ricostruzione del Nordenfalk, un Evangeliario eseguito a Cesarea in base alle prescrizioni di Eusebio sarebbe passato in Armenia, dove sarebbe servito per la traduzione e la nuova edizione del Vangelo. Di conseguenza l'Evangeliario di Ečmiadsin (anno 989, conservato oggi nella Biblioteca di Erevan, Armenia sovietica) rifletterebbe meglio il prototipo eusebiano: ogni pagina contiene due o tre archi (con una colonna centrale in comune), sotto ciascuno dei quali è una tabella divisa in quattro file verticali; le pagine, succedendosi, compongono una serie di archi simile a un portico. Gli esempî greci anteriori al X sec. sono solamente due: Vienna, Nationalbibliothek 847 e Londra, British Museum, Add. 5111. Verso il VI sec. deve essere stato introdotto il sistema di racchiudere gli archi minori sotto un grande arco che abbraccia tutta la pagina, cui viene data in tal modo nuova unità. Si tratta infatti di un motivo architettonico che ha riscontro appunto nell'architettura giustinianea.
Le tavole della Vulgata di S. Girolamo (383-84) presentano alcune correzioni a quelle di Eusebio e dal punto di vista formale (da esse derivano le tavole canoniche dell'Evangeliario carolingio di Aquisgrana) sono una notevole testimonianza del gusto romano (contrapposto a quello costantinopolitano) per un nuovo senso plastico delle membrature architettoniche, con la sostituzione di architravi e di timpani triangolari agli archi. È significativo che le tavole della versione siriaca di Rabula di Edessa (411-435), siano invece un impoverimento del modello greco, reso schematico e scheletrico nei suoi aspetti architettonici, ma arricchito, negli esemplari di lusso, da piccole raffigurazioni marginali di soggetto cristologico.
4. Scriptoria. − Benché in seguito (M. De Vieillard) il raggruppamento proposto dal Nordenfalk sia stato parzialmente discusso (e altre revisioni potranno venire dal completamento degli studî, portati innanzi dal Köhler, sugli scriptoria carolingi), tuttavia le tavole canoniche sono ancora uno dei rarissimi casi in cui sia possibile tentare la localizzazione di illustrazioni antiche, nella scarsezza di altre indicazioni.
Il libro è sempre stato un oggetto mobilissimo, ciò che rende estremamente difficile localizzarne l'i. quando manchino indicazioni esplicite o quando non sia possibile ricostruire caratteristiche sicure di scuola (studio che richiede un'indagine limitata non all'aspetto formale soltanto, ma capace di considerare il libro manoscritto nei suoi aspetti molteplici).
Ancora nel VI sec. un codice di Orosio nella Biblioteca Naz. di Firenze ha la dicitura: confectus codex in statione Viliaric antiquarii, personaggio identificato nel Viliarith Bokareis che ci è noto da un documento ravennate del 551. Oltre ai libri messi sul mercato da privati, altri libri venivano prodotti dagli scriptoria annessi alle grandi biblioteche. Il primo sicuro esèmpio di tale iniziativa è la prima grande biblioteca di Costantinopoli fondata da Costanzo circa il 356 d. C., annessa all'ateneo. In essa si può forse ravvisare l'influenza di esempî ecclesiastici: gia nel 331 la chiesa di Cesarea disponeva infatti di uno scriptorium talmente attrezzato da poter soddisfare la commissione di ben cinquanta costose copie della Scrittura da parte di Costantino, e lo stesso Costanzo faceva simili commissioni a S. Anastasio ad Alessandria.
A poco a poco però la produzione dei libri doveva passare quasi interamente nelle mani dei monasteri. Grande esempio per l'Occidente di questa nuova organizzazione è, nel VI sec., il monastero di Vivarium stabilito in Calabria da Cassiodoro. In codici assai più tardi sono state identificate tracce della tradizione stabilita in questo centro.
5. Testi. − Per gli autori trattati dall'i. antica, si veda s. v. codice.
Illustrazioni di altri testi o tipi di letteratura sono state identificate con criterio comparativo in base a diverse testimonianze (K. Weitzmann, Ancient Book Illumination).
Testi scientifici e didattici. − M a t e m a t i c a : Ippocrate di Chio (V sec. a. C.) e altri. A s t r o n o m i a: Eudoxos, Il sec. a. C. A g r i m e n s u r a, M e c c a c a n i c a e I n g e g n e r i a: Erone di Alessandria, III sec. a. C. (versioni arabe). Poliorcetica (raccolta bizantina di antichi testi di tattica militare). Pneumatica e Automatopoieutica (trattati sugli automi). Botanica (v. dioscuride). Theriakà e Alexiphàrmaka di Nicandro di Colofone (v.). Z o o lo g i a : Alessandro di Myndos, I sec. d. C. (da un suo libro deriverebbero le figure di animali del II libro di Dioscuride). Physiologus (v.). "Marvels of the East" (trattato di teratologia, così denominato dal suo editore M. R. James, Oxford 1929, probabilmente derivato da Solino, III sec. d. C.); pseudo-Callistene (v. avanti. È probabilmente tra le fonti del precedente). M e d i c i n a: Sorano di Efeso, II sec. d. C.; Mustione, VI sec. d. C. (traduzione del precedente); Apollonio di Cizio (v. codice). Poemi didascalici: Esiodo (è ipotetica la derivazione da una sua i. più antica di una miniatura in un codice bizantino del XIV sec.); Aratea (con illustrazioni derivate in parte da Eudoxos e dai Katasterismoi di Eratostene di Cirene); pseudo-Oppiano, II-III sec. d. C. (nelle sue Cynegetica, Ixeutica, Halieutica confluiscono miniature originali e altre derivate da altri testi); Eliano, II-III d. C. (De Natura Animalium); Virgilio (Georgicon, Bucolicon); Teocrito (due miniature del sec. XIV); testi imprecisati di arte culinaria; infine tra i testi scientifici vanno annoverati i trattati di geografia.
Poesia epica. − Iliade (v. s. v. achille); Odissea; Cypria; Aethiopis; Piccola Iliade; Ilioupèrsis; Nòstoi (il solo poema del ciclo epico di cui non sia stata provata l'i. rimane la Telegonia); Heraclea; forse una ignota "Achilleide" greca; Eneide.
Poesia drammatica. − Euripide: l'i. è essenzialmente ricostruita attraverso monumenti del tipo delle coppe megaresi: Ifigenia in Aulide; Bacchai; Ion; Heracles mainomenos; Peliades; forse Ippolito incoronato; sarcofagi romani con scene dell'Aethiopis, di Ifigenia in Tauride, ecc.; mosaico di Antiochia con scena dell'Ippolito; mosaico di Pecorareccio con scene dell'Alcesti; miniature della Medea nella Cynegetica dello pseudo-Oppiano. Eschilo (coppe megaresi con scene delle Phorcides, Eumenidi, Coefore). Sofocle (frammento con i. di Athamas). "Commedia nuova" (frammento di papiro a Firenze con testo sconosciuto illustrato; mosaico di Ulpia Oescus, in Bulgaria, con iscrizione [Μ]ΕΝΑΝΔΡΟΥ ΑΚΑΙΟΙ). Terenzio (codice carolingio della Biblioteca Vaticana); illustrazioni di mimi, su coppe megaresi, ecc.
Egloghe. − Virgilio: codici della Biblioteca Vaticana e avorio carolingio − manico di flabello − al Bargello, Firenze; frammento illustrato di testo greco ignoto nel Museo Arch. di Firenze.
Testi letterarî in prosa. − Apollodoro (illustrazioni sue in codici di pseudo-Nonnos, di pseudo-Oppiano, di Nicandro); pseudo-Callistene (v. s. v. alessandro: aggiungi frammento di Tabula Iliaca nei Musei Capitolini); varî mosaici di Antiochia, un fregio nella Casa della Farnesina a Roma ecc. derivano da illustrazioni di romanzi; un romanzo sconosciuto è il testo di Parigi gr. 1294 (v. Tav. a colori). Vi sono numerosi indizî dell'i. di Esopo, specialmente attraverso le traduzioni di Romulus (codice di Limoges dell'XI sec., ora a Leida) e di Aviano (codice carolingio nella Bibliothèque Nationale di Parigi).
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Sull'i. in generale e su quella ellenistica e della tarda antichità in particolare (v. s. v. codice; rotulo): R. Garrucci, I. di un frammento di cronaca greca e di un bassorilievo rappresentante un'avventura di Bucefala, in Mem. della R. Accad. Ercolanense di Archeologia, IV, i, 1852, p. 309 ss.; O. Jahn, Griechische Bilderchroniken, Bonn 1873; Th. Zahn, Gesch. d. neutest. Kanons, I, Berlino 1888, p. 60 ss.; C. Robert, Homerische Becher, in 50. Berliner Winckelmannsprogr., Berlino 1890; id., Die antiken Sarkopagh-Reliefs, voll. II e III, 1-3, Berlino 1890-1919; S. Berger, Histoire de la Vulgate pendant les premiers siècles du Moyen Age, Parigi 1893; A. Brüning, Ueber die bildlichen Vorlagen der Ilischen Tafeln, in Jahrbuch, IX, 1894, p. 160 ss.; H. Schöne, Apollonius von Kitium, Lipsia 1896; G. Thiele, De antiquorum libris pictis capita quattuor, Marburg 1897; J. Strzygowski, Der Bilderkreis des griechischen Physiologus, Lipsia 1899; G. 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