ilomorfismo
Dal gr. ὕλη «materia» e μορφή «forma». Dottrina scolastica secondo la quale negli esseri contingenti vi è una composizione ontologica di materia e forma. Tale dottrina si precisa conseguentemente all’introduzione della versione latina del testo di Avicebron (Ibn Gĕbīrāl), Fons vitae, tradotto dall’arabo nel sec. 12°. Maestri francescani di ispirazione agostiniana quali Bonaventura da Bagnoregio, Alessandro di Hales, Matteo d’Acquasparta, Pietro di Giovanni Olivi o Giovanni Peckham sostengono tutti che anche le sostanze spirituali separate (quali gli angeli o le intelligenze motrici) siano composte di materia e forma, seppure si tratti di una materia ‘spirituale’ o ‘sottile’ (tema che viene sviluppato anche in relazione alla «metafisica della luce»). Nell’i. si vede un modo sicuro per differenziare le sostanze spirituali separate dalla perfezione di Dio, inteso esso solo come semplicità scevra da ogni composizione e materia. Per Tommaso d’Aquino o per gli averroisti – che svolgono l’insegnamento aristotelico – la composizione ilomorfica, invece, è propria solo degli esseri materiali, essendo le sostanze separate e gli angeli privi di materia (e per questo ciascuno è unico nella specie, mancando del principio di individuazione materiale). Nella filosofia araba, i. universale indica la dottrina e la conseguente corrente di pensiero secondo la quale il mondo creaturale è sempre composto di un principio materiale e uno formale. Viene fatta risalire al Fons vitae di Ibn Gĕbīrāl, il quale delinea un concetto di materia assimilabile a quello di possibilità. Tale dottrina ebbe fortuna nel Medioevo latino soprattutto in ambito francescano.