Vedi IMERA dell'anno: 1961 - 1973 - 1995
IMERA (v. vol. IV, p. 119 e s 1970, p. 372)
La città occupò sia una vasta area nella pianura di Buonfornello, nei pressi della foce del fiume (città bassa), sia la collina prospiciente, il Piano di I. e le sue pendici (città alta). Le ricerche sono state concentrate principalmente sul Piano di I. e sulle pendici orientali.
Fin dal primo momento della sua costituzione, durante l'ultimo quarto del VII sec. a.C., l'abitato arcaico si estese sull'intero pianoro della città alta nella pianura in basso, in un'area abbastanza ampia, ancora da delimitare. Ciò dimostra che la città fu organica fin dal suo nascere e pianificata all'interno di un'area prestabilita che fu completamente urbanizzata. Le strutture arcaiche rinvenute sulla collina, sebbene non rigorosamente allineate, ripetono un orientamento in direzione NO-SE e NE-SO, che è il medesimo degli assi degli edifici sacri, per cui non è da escludere che l'abitato arcaico e i primi tre templi dell'area sacra (A, B, D) fossero coordinati tra loro da un témenos. Il carattere principale del piano regolatore arcaico era lo sfruttamento non intensivo del suolo e un'occupazione rada, con ampi spazi lasciati a verde. Tra i resti delle abitazioni vi è qualche indizio di suddivisione in due vani o meglio di ambienti adiacenti allineati che probabilmente si aprivano su aree libere, fungendo da zone di lavoro e di servizio.
Con il nuovo progetto urbanistico, attuato tra la fine del VI e gli inizî del V sec. a.C., il Piano di I. fu suddiviso in 16 isolati, larghi 32 m (100 piedi dorici), orientati E-O e delimitati da strade parallele, larghe in media 5,60-5,80 m, che si attestavano ai due lati di un asse viario che attraversava in senso N-S l'intero pianoro. Tale asse terminava a Ν in una vasta area libera, compresa tra il limite O del santuario e l'abitato, la cui funzione poteva essere quella di agorà cittadina. L'indagine archeologica ha dimostrato che l'impianto urbanistico fu realizzato sulla base di un progetto unitario che ignorò l'orientamento della pianta arcaica e disegnò i nuovi isolati e le strade parallelamente alla linea di costa, in senso E-O, sfruttando appieno tutta la larghezza del pianoro e anche i pendii collinari edificabili.
Questo programma urbanistico-architettonico ben preciso, e delimitato nel tempo e nello spazio, non prevedeva soltanto le aree da occupare per gli isolati e le strade, ma imponeva anche uno schema-tipo di ripartizione interna in blocchi modulari, mediante un reticolato di ambitus (larghi m 0,80), la cui principale funzione era lo smaltimento delle acque, ma anche quella di raccordo con la viabilità principale. L'ambitus mediano E-O divideva l'isolato in due fasce nel senso della lunghezza; una serie di ambitus ortogonali lo ripartivano in aree quadrate di m 16 di lato (50 piedi), ognuna delle quali destinata a un lotto edificabilc. Nell'Isolato II sul Piano di I. e nel Quartiere E, sulle pendici NE della città alta, sono stati individuati due piccoli santuari destinati a culti di quartiere connessi con divinità femminili: Demetra e Kore, e anche Atena Ergàne.
Ingente è il numero dei reperti dell'abitato: ceramiche arcaiche d'importazione e attiche a figure nere e a figure rosse (un grande cratere è dell'officina del Pittore dei Niobidi) insieme a ceramiche figurate siceliote, tra cui i vasi del Pittore di I.; ceramica a vernice nera di forme e dimensioni diverse; ceramiche acrome locali e altre con bella decorazione a larghe fasce brune, rosse o violacee. Numerose sono le terrecotte figurate, provenienti soprattutto dai due santuari urbani, ioniche e rodie, della seconda metà del VI sec. a.C., cui si affiancano i tipi dell'Atena Lindìa e dei busti fittili di produzione agrigentina; in seguito, nel V sec., si afferma largamente lo stile attico e, insieme a esso, sono presenti alcune testimonianze della coroplastica della Magna Grecia.
Il panorama dei reperti imeresi si arricchisce con le amie fittili a rilievo, alcune di notevole valore documentario, come quelle con Scilla e con la rappresentazione di Dedalo e Icaro sulla groppa di un toro; con i loutèria di terracotta o in marmo; con gli elementi di decorazione acroteriale. Rilevante è il numero delle monete, per gran parte emesse dalle zecche di I., Siracusa e Agrigento. Sulle pendici occidentali del Piano di I., c.a 500 m a SO del Tempio della Vittoria, recenti scavi hanno messo in luce un lembo di abitato disposto su terrazze artificiali, lungo un pendio che si attenua gradualmente da S a N. A differenza della città alta, disposta in senso E-O, la maglia urbana in pianura sembra orientata NO-SE e disegnata in relazione alla linea di costa, come nella maggior parte delle colonie greche.
Fortificazioni. - Un muro di cinta, del tipo c.d. ad aggere, difendeva la città alta ed è stato rintracciato e scavato per un tratto, lungo c.a 100 m, sul lato meridionale del Piano di Imera. Questo sistema difensivo doveva scendere gradatamente verso il fiume, lungo il pendio orientale della collina, ed è probabile che si collegasse a valle, in prossimità del porto-canale con il resto della fortificazione che certamente doveva difendere a Ν e a O la città bassa in pianura.
Témenos. - Situato all'angolo NE del Piano di I., ha forma trapezoidale e comprende quattro edifici di culto (templi A, B, C, D) e un altare, oltre ai servizî del santuario dislocati sui lati Ν, O e S, all'interno di tre lunghe fasce di ambienti, larghe c.a 8 m, il cui completamento va posto nell'ultimo venticinquennio del V sec. a.C. Il témenos è limitato a S dalla strada 1 dell'abitato di V sec. a.C. e confina a O - dove è stato individuato un ingresso arcaico, cui si sovrappose un'imponente stoà - con un grande spazio rettangolare, probabilmente di carattere pubblico (agorà).
Il tempio D, l'ultimo scoperto, mostra un impianto rettangolare di m 13,75 x 6,55; è del tipo a òikos, senza partizioni interne, e vi si accede da E per mezzo di una pedana a bassissima rampa. L'edificio presenta un orientamento diverso dagli altri templi dell'area sacra e si impone per il suo aspetto assai regolare e abbastanza curato. Tra i reperti più significativi segnaliamo numerosi frammenti di antefisse a palmetta pendula, pertinenti alla copertura, una terracottina di Atena Pròmachos e un'iscrizione metrica, della seconda metà del VI sec. a.C., graffita sul piede di una coppa: Ζενός έριγδουττοιο κόρει γλαυκοττι Άθένει Θρίττυλος εύξάμενοςτένδ' άνέθεκε θεαΐ. Questa dedica e una seconda iscrizione, frammentaria, sull'ansa di un kàntharos, ci consentono di attribuire il tempio D, se non proprio il santuario, al culto di Atena. Le fasi principali del santuario vanno dalla seconda metà del VII fino alla fine del V sec. a.C.
Tempio della Vittoria. - I saggi di scavo eseguiti sulla fronte O del tempio, lungo il krepìdoma, hanno rivelato consistenti livelli di occupazione dei primi decenni del VI sec. a.C. Si tratta di un'area artigianale assai sviluppata, se si guarda alle ceramiche d'importazione, con botteghe che operavano in prossimità del fiume.
Necropoli. - Tre sono le necropoli di I.: la necropoli occidentale, sulle pendici O del Piano del Tamburino, in parte esplorata da L. Mauceri nel 1877; la necropoli meridionale, che si estende a nuclei sparsi a S del Piano di I. e intorno al Cozzo Scacciapidocchi, di cui venne scavato nel 1963 un gruppo di 15 tombe; quella orientale che si trova a E del fiume Imera, a 1 km c.a dal centro antico, nella pianura costiera in contrada Pestavecchia e sulle pendici Ν di Rocca d'Antoni.
Le prime indagini risalgono agli anni 1926-27, quando in proprietà Cammarata, a Ν della Strada Statale 113, vennero scavate da E. Gabriel 118 tombe, databili al VI sec. a.C. Un altro settore della stessa necropoli, sito 250-300 m a S del precedente, venne esplorato nel 1971 nella sede del tracciato dell'autostrada Palermo-Messina, allora in costruzione; furono individuate 22 tombe databili nel V, una, la n. 5, nel terzo venticinquennio del VI sec. a.C. Tra le tombe del V sec., generalmente disposte a gruppi e orientate E-O, ricorreva con uguale frequenza l'inumazione e l'incinerazione. La tipologia era varia: alla cappuccina per inumati e per cremati; in sarcofagi di terracotta o di calcare per inumati adulti. I corredi funebri, piuttosto modesti, denotano l'appartenenza al ceto medio degli individui sepolti. La tomba arcaica n. 5, attribuibile a un membro dell'aristocrazia imerese, era del tipo a fossa con copertura a tegole, e aveva un segnacolo costruito con blocchi di tufo. L'eccezionale statura fisica del soggetto, il corredo molto ricco e la presenza di due dischi, uno di ferro l'altro di piombo, fanno pensare alla tomba di un discobolo.
Territorio. - Le numerose indagini dedicate allo studio dell'occupazione dei siti e della loro trasformazione, confermano una persistente continuità demografica e chiariscono la logica interna al rapporto tra scelta topografica generale (città, chòra, territorio) e crescita architettonico-urbanistica del centro urbano. Un'officina di vasaio fu rinvenuta durante i lavori eseguiti in contrada Pestavecchia, nell'ambito della necropoli orientale, 700 m a E dalla foce dell'I.; nella stessa contrada fu individuata una fattoria del IV-III sec. a.C., impiantata in quel luogo una volta che s'era perduto il ricordo di quel lembo di cimitero di età arcaica e classica. Parte di un piccolo complesso ellenistico-romano è stato isolato sulla destra della foce del fiume Torto, in contrada Canne Masche, a 2,5 km c.a a NO della collina di I.; esso era sorto in prossimità della costa forse per scopi industriali.
Dal 1981 al 1985, le indagini sul territorio hanno coperto sistematicamente una superficie di 16-18 km2. Si tratta di una complessa unità geografica e morfologica prospiciente la fascia costiera, limitata a E e a O dai fondovalle alluvionali dei fiumi Imera e Torto, e chiusa a S da una linea netta di rilievi che separa il territorio agricolo direttamente gravitante sulla città dall'entroterra. Sono stati individuati 57 nuovi siti archeologici e aree ricche di frammenti fittili, che permettono di ricostruire la storia del popolamento del territorio imerese dal Bronzo Iniziale fino all'età medievale e moderna.
Antiquarium. - Aperto nell'ottobre 1984, l'Istituto di Archeologia dell'Università di Palermo ne ha curato l'allestimento scientifico e ha redatto una guida che illustra le collezioni e la zona archeologica. L'esposizione attuale comprende: una sala didattica; due grandi settori dedicati alle ricerche sistematiche, iniziate nel 1963, nell'area sacra sul Piano di I., nell'abitato e nelle necropoli imeresi. L'ultimo settore dell’Antiquarium è una mostra permanente degli scavi condotti dall'Istituto di Archeologia e dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici di Palermo, nel santuario di Contrada Cuti, a Terravecchia di Cuti, nella necropoli di S. Venere, a Monte Riparato (Caltavuturo) e nella necropoli ellenistico-romana di Cefalù. Inoltre vengono presentati gli scavi della Missione Francese a Brucato-Castellaccio.
Bibl.: AA.VV., Himera, I. Campagne di scavo 1963-65, Roma 1970; AA.VV., Quaderno Imerese, Roma 1972; AA.VV., Himera, II. Campagne di scavo 1966-73, Roma 1976; O. Belvedere, Nuovi aspetti del problema di Himera arcaica, in Insediamenti coloniali greci in Sicilia nell'VIII e VII sec. a.C. (CronAStorArt, XVII), Catania 1980, p. 77 ss.; N. Bonacasa, Dei e culti di Himera, in Φίλιας χάριν. Miscellanea di studi classici in onore di E. Manni, Roma 1980, p. 259 ss.; id., Il problema archeologico di Himera, in ASAtene, XLIII, 1981, p. 319 ss.; N. Bonacasa (ed.), Secondo Quaderno Imerese, Roma 1982; N. Bonacasa, Ipotesi sulle sculture del tempio della Vittoria a Himera, in Απαρχαι. Nuove ricerche e studi sulla Magna Grecia e la Sicilia antica in onore di P. E. Arias, Pisa 1982, p. 291 ss.; id., Il tempio D di Himera, in II tempio greco in Sicilia (CronAStorArt, XVI), Catania 1985, p. 125 ss.; AA.VV., Himera. Zona Archeologica e Antiquarium, Palermo 1986; AA.VV., Himera, III, 1. Prospezione archeologica nel territorio, Roma 1988; N. Allegro, Himera 1984-1988, in Kokalos, XXXIV-XXXV, 1988-1989, pp. 637-658; Ν. Bonacasa, Da Agrigento a Himera, la proiezione culturale, in L. Braccesi, E. De Miro (ed.), Agrigento e la Sicilia greca, Agrigento 1988, Roma 1992, p. 133 ss.
)