IMETTO (‛Υμηττός, ionico ‛Υμησσός, Hymettus; popolarmente Trellós, traduzione dalla deformazione veneziana "Il Matto")
Catena di montagne che nella sua cima più alta sorpassa di poco i mille metri, la terza dell'Attica per importanza dopo il Parnete e il Pentelico, stesa sotto a quest'ultimo quasi da nord a sud, dividendo la Mesogea dalla pianura di Atene. Il nome è di origine preellenica. La sua cresta scende con un declivio piuttosto lento e solcato di crepacci sul lato occidentale verso Atene e la pianura dell'Ilisso, e con un declivio ripido e corto (di circa 2 km.) verso est; il colore caratteristico delle sue rocce, che assume delle tonalità scarlatte e viola verso il tramonto, ha ispirato varî poeti.
Coperto anticamente e fino al sec. V di fitte boscaglie, disboscato dal tempo di Platone, il monte nutriva, e produce ancora in parte, timo, menta e altre erbe aromatiche, che resero ricercato il suo miele; ricco di ruscelli montani, sembra aver alimentato il più antico acquedotto di Atene costruito da Pisistrato. Fino dall'antichità furono sfruttati i cospicui giacimenti di marmo dell'Imetto, del bianco statuario, presto soppiantato dal marmo bianco del Pentelico, e specialmente dal famoso marmo azzurro. I culti principali sul monte erano quelli di Apollo e di Zeus; sul Piccolo Imetto (cioè la parte meridionale del monte a sud del passo di Pirnaré), e precisamente sulle pendici sud-occidentali, nella regione dell'odierna Bárē, si trovava anche una celebre grotta sacra, dedicata alle ninfe, con lavori rupestri eseguiti da Archedamo di Tera; un altro rinomato santuario era quello di Kaisarianē, la cui fonte Callia (nome conservato nell'odierno "Kallopoũlla") era considerata anticamente, come oggi ancora dal popolino, quale miracolosa per le donne sterili.
Bibl.: W. Kolbe, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., IX, col. 135 segg. Sulla grotta di Bárē cfr. anche D. Comparetti, in Annuario Sc. di Atene, IV-V, p. 152 segg. Su Kaisarianē, v. J. Gennadios, ‛Η Καισαριανή, Atene 1930.