IMILCONE
. Navigatore ed esploratore cartaginese contemporaneo di Annone il Navigatore (v. III, p. 406, n. 4): mentre questi compiva il suo viaggio di circumnavigazione africana "Carthaginis potentia florente" - secondo quanto afferma Plinio (Nat. Hist., II, 67,169) - fu inviato "ad extera Europae noscenda" cioè lungo le coste occidentali d'Europa. La spedizione d'I. fu d'iniziativa statale e ad essa risalgono, con tutta probabilità, numerosi stanziamenti coloniali, se colgono nel segno le ipotesi che da essa derivino, almeno in parte, i molti emporî cartaginesi delle coste europee occidentali, e le osservazioni (v. oltre) sulla durata della spedizione stessa. Come Annone, anche I. redasse una descrizione del suo viaggio, e i due "peripli" dovettero avere fortuna analoga, perché tradotti in greco furono poi variamente usati da scrittori ellenici e latini. Ma mentre dell'opera di Annone si è salvato un estratto greco, per quella di I. non abbiamo che i dati forniti da un poemetto incompleto, l'Ora Mantima di Rufo Festo Avieno (v. V, pp. 640-641).
Nella parte pervenutaci dell'Ora Maritima, che descrive le coste europee dalla Britannia a Marsiglia, I. è citato tre volte. Al v. 117 è nominato perché affermava che il suo viaggio dalle Colonne d'Ercole alle Estrimnidi (Bretagna?) era durato quattro mesi (periodo eccessivo per un viaggio senza tappe, come si vede anche dai vv. 162-164 e 171-173, ma spiegabile, ad es., con le tappe necessarie per gl'impianti d'emporî coloniali e commerciali), e che in quei mari, poco profondi e pieni di mostri, la navigazione era ritardata dalla vegetazione di fuci (che non sarà da intendere come prova di una diversione verso ovest, verso cioè il "mare dei Sargassi", ma, al più, come riprova di antica esistenza di sargassi presso le coste europee). Al v. 382 è citato per l'immensità dell'Oceano in direzione d'ovest, per le sue lunghe "calme", e per la nebulosità; e al v. 412 sempre per i fuci e i mostri marini. Da quest'ultima citazione risulta che Avieno ha conosciuto una redazione greca del periplo d'I. Resta da sapere cosa fosse questa redazione, e quanto Avieno se ne sia giovato, oltre ai ricordi personali (vv. 273-274) tratti dai suoi viaggi in Spagna, forse ai tempi del suo proconsolato d'Africa. Un tempo si propendeva a credere che le citazioni di Avieno fossero di terza o quarta mano. Ora si propende a pensare che l'opera d'I., tradotta in greco, servisse come fonte principale per l'Europa atlantica a un periplo, che, più o meno rimaneggiato nei secoli successivi, fu messo in versi da Avieno. Forse, se si nota il distacco di tono fra le descrizioni di Avieno delle terre a ovest e a est delle colonne d'Ercole, e il contrasto fra l'assenza del nome d'I. tra le fonti elencate ai versi 42-50, e la triplice citazione soprariferita, non parrà improbabile l'ipotesi che in Avieno siano giustapposti due peripli, uno più breve sulle terre meno note, atlantiche (una versione greca d'I.), e uno più lungo sui paesi mediterranei.
Se così fosse non gioverebbe, per fissare la cronologia della prima versione greca del periplo d'I., la fissazione di quella dell'altro periplo, che, dalle osservazioni di G. De Sanctis (Riv. di fil., n. s., I (1923), p. 129 segg.) pare certamente del principio del sec. IV a. C. Se invece realmente una sola fu la fonte di Avieno, ne deriverebbe come terminus ante quem che la versione greca d'I. fu anteriore al 400 a. C. Inconcludenti sono i supposti riscontri con Erodoto (III, 115) per il fiume settentrionale sulle cui rive si trova l'ambra. Resta però da fissare l'età dell'opera originale d'I. Recentemente A. Schulten notò che le condizioni rispecchiate in Avieno sono anteriori a quelle fissate dal primo trattato fra Roma e Cartagine datato da Polibio al 509, e alla fondazione di Emporia circa il 500: ma può ribattersi col De Sanctis (l. c.) che il trattato in questione va, con ogni probabilità, abbassato al 348, e che le prime prove sicure della grecità di Emporia sono date dalle monete del 400 circa, ma più ancora che tutto ciò riguarda solo la Spagna orientale, non descritta da I. La frase di Plinio "Carthaginis potentia florente" non consente di risalire avanti il 479: essa permette però di spaziare per due secoli e mezzo. Più ci dicono: il silenzio di Avieno sui Celti in Spagna, la contemporaneità d' I. con Annone, la cui opera pare databile circa il 450, e la possibile esistenza della versione greca d'I. già avanti l'anonimo autore del periplo usato da Avieno, del 400 circa.
Concludendo, I. può bene aver scritto intorno al 450; e col suo emulo navigatore Annone può essere uno dei figli omonimi di Amilcare, il generale cartaginese caduto a Imera, nel 479.
Bibl.: A. Blásquez y Delgado-Aguilera, El periplo de Himilco, ecc., Madrid 1909; W. v. Christ, in abh. Münch. ak. der Wiss., I (1868), p. 113, e in Fleckeisens. Jahrb., 1871, p. 710; St. Gsell, Hist. anc. de l'Afrique du Nord, I, Parigi 1913, p. 468 segg.; A. v. Gustchmid, Kleine Schr., IV, Lipsia 1893, p. 127; C. Jullian, Histoire de la Gaule, I, Parigi 1909, p. 383 segg.; G. Kirner, Intorno all'"Ora mar." di Avieno e alle sue fonti, in Studi storici, II (1893), pp. 358 segg., 465 segg.; Mair, Der Karthagische Admiral Himilko, Pola 1899; O. Meltzer, Gesch. d. Karthager, I, Berlino 1879, pp. 229 segg., 507; K. Müllenhoff, Deutsche Altert., I, 2ª ed., Berlino 1890, pp. 73 segg., 93 segg.; A. Schulten, Fontes Hispaniae Antiquae, I: Avieni ora maritima, Barcellona 1922.