IMMANENZA
. Termine filosofico, entrato nell'uso principalmente per il senso che la Scolastica diede all'attributo di immanens, designando con esso ogni realtà che comunque permanesse nel dominio di un'altra. Il più generale significato della parola si trovava invero già espresso nel termine greco di ἐνντάρχειν, con cui Aristotele aveva specialmente indicato l'inerenza essenziale degli attributi al concetto di cui essi fossero costitutivi. Ma il pensiero medievale adoperò quella determinazione non tanto nel campo logico quanto in quello metafisico, e contrappose l'acto e la causa immanens, permanente nel soggetto agente o nell'oggetto realizzato, all'actio o alla causa transiens, che nell'agire del soggetto rappresentava una modificazione contingente o comunque transitoria, e nell'effetto si risolveva morendo come causa. Così per Spinoza, che riprendeva tale distinzione medievale, Dio era causa immanens di tutte le cose di tutti gli eventi, di cui pure sussistevano, volta per volta, le singolari causae transeuntes.
Ma la maggior fortuna venne al termine d'"immanenza" dalla sua contrapposizione a quello di "trascendenza", e dal significato che tale contrapposizione assunse nel campo della gnoseologia e della metafisica idealistica. Secondo quella, generale antitesi, "immanente" era ogni realtà che non "trascendesse" la sfera di un'altra realtà, e cioè che non esistesse separata e indipendente da quella, ma fosse con essa in rapporto di coessenzialità reciproca. Così poteva dirsi, per es., che la divinità del panteismo fosse immanente al mondo rispetto alla trascendenza di quella del monoteismo, o che la forma aristotelica fosse immanente alla materia, a paragone della trascendenza dell'idea platonica. Ma la stessa possibilità di tale più vasto uso storico del termine provenne dall'importanza che al concetto dell'immanenza diede la gnoseologia kantiana, con la sua dimostrazione della "trascendentalità", ossia della non trascendenza ma anzi universale e necessaria immanenza al pensiero delle forme a priori del conoscere, e col suo richiamo a un uso "immanente" e non "trascendente" della ragione, e cioè ristretto nel limite della conoscenza possibile. Risolta poi sempre più, nello sviluppo postkantiano dell'idealismo, la realtà nell'esperienza consapevole, l'immanenza del reale al pensiero, che per Kant vigeva solo quanto alle forme in cui lo sistemava l'esperienza, si estese alla totalità di quello: donde il fondamentale carattere "immanentistico" rimasto, fin dall'età del Fichte, essenziale all'idealismo, nella sua antitesi a ogni forma di realismo, dualismo, teologismo e via dicendo, che all'esperienza spirituale opponga e sovrapponga, comunque, realtà o valori esistenti in sé. E tanto essenziale all'idealismo è apparsa, in tal senso, l'immanenza, che qualche filosofia idealistica ha preso addirittura il nome specifico di "filosofia dell'immanenza", come per es. quella dello Schuppe.