IMMORALITÀ COSTITUZIONALE
. È un'anomalia affettiva costituzionale e per lo più congenita, che consiste nella deficienza di sentimenti morali in individui d'intelligenza valida e completa. Non sono dunque da assegnare a questa anomalia i fatti d'obnubilamento transitorio della coscienza morale che s'osservano in molte psicopatie guaribili, né la decadenza etica che s'associa a ogni forma di demenza, né il mancato sviluppo d'una moralità sicura e consappvole, che s'osserva nei deficienti dalla nascita.
Sul principio dello scorso secolo, si discusse a lungo se era possibile un difetto etico senza disordine o deficienza dell'intelletto. Ma sotto i titoli di folie raisonnante, manie sans délire, folie morale, Ph. Pinel, J. E. D. Esquirol, L. Marcel, J. Falret unirono assieme casi disparati di psicopatie diverse. Con Ch. Prichard s'afferma nettamente una moral insanity di natura costituzionale ed ereditaria; e questo concetto fu validamente sostenuto anche da B.A. Morel e da H. Maudsley. A queste dottrine si ricollegano anche le vedute di C. Lombroso nella loro forma iniziale, dal 1872 al 1885: il delinquente nato, nuova incarnazione della pazzia morale, rappresentava una reversione atavica e portava scritto questo regresso nei suoi connotati somatici e psichici; soltanto più tardi Lombroso delineò la figura del delinquente nato piuttosto in un senso patologico, considerando la delinquenza congenita come una varietà d'epilessia. A questo modo il criminale nato si riaccostava ai cerebropatici dall'infanzia; e in questo senso si spinsero maggiormente gli alienisti tedeschi, i quali considerarono i pazzi morali come veri Schwach sinnige, tanto che R. Krafft-Ebing finì col mettere una moralische Idiotie a fianco dell'idiozia e del cretinismo. Questo indirizzo va abbandonato.
Bisogna conservare il nome meno equivoco e più significativo di "immoralità costituzionale" ai soli casi in cui non solo non c'è epilessia, né alcun'altra psicopatia definibile con una diagnosi propria, ma neppure c'è difetto d'intelligenza al disotto d'un minimo normale, e la criminalità s'annunzia come manifestazione d'un carattere piuttosto anomalo che schiettamente psicopatico. Il criterio diagnostico non può consistere che nelle pure manifestazioni immorali, criminali, di questo carattere aberrante, anche se si pensa che questo carattere è l'espressione psicologica della costituzione organica a sua volta aberrante per delicate anomalie anatomiche e funzionali che con molta verosimiglianza influiscono sulla composizione umorale, sull'equilibrio ormonico, sull'eccitabilità del sistema nervoso e in particolare del sistema nervoso vegetativo, che ha tanta parte nel meccanismo fisiologico dell'affettività. Si deve tuttavia riconoscere la possibilità, apparsa evidente nella recente epidemia di encefalite, di un'origine infantile, ma acquisita, in casi di questa malattia, con lesioni dei ganglî sottocorticali, regolatori della vita vegetativa e perciò dell'affettività, mentre la corteccia cerebrale, sede dell'intelligenza, rimane integra.
Gl'immorali di nascita non sono tutti d'un tipo uniforme; anche prescindendo dalle altre anomalie a cui l'immoralità può associarsi, essi possono orientarsi verso due tipi fondamentali: immorali per impulsività, ossia per eccesso di bisogni egoistici, d'impulsi istintivi, d'aggressività, d'irrequietezza; immorali per deficienza di simpatia verso gli altri uomini e quindi anche d'altruismo, di ritegni sentimentali, di solidarietà, di compassione, di sensibilità alla stima pubblica. Spesso i due tipi si fondono, con diverse proporzioni; d'altra parte ciascuna delle due forme tende a duplicarsi con l'altra a misura che il criminale progredisce nella sua carriera, perché gl'impulsivi diventano sempre più insensibili e gl'insensibili sempre più impulsivi e gli uni e gli altri s'adattano alle conseguenze del proprio temperamento morale.
Gli antropologi criminalisti hanno combattuto l'applicazione agl'immorali di razza delle pene comuni, insistendo sulla natura congenita o organica dell'immoralità costituzionale. Ora da questa non consegue per nulla che tali delinquenti per-essere incorreggibili debbano anche considerarsi come insensibili ai freni. Se la repressione non trattiene dalla recidiva i criminali più impulsivi o quelli che hanno acquistato l'abitudine professionale al delitto, nessuno può contestare l'utilità del codice penale sugl'individui di moralità mediocre o scarsa e sugl'immorali insensibili, ma prudenti. Vi sono immorali per costituzione che schivano abilmente le sanzioni del codice, altri che sbarcano incensurati un lungo corso di vita e si determinano a imprese delittuose o sotto la seduzione di particolari circostanze che promettevano l'impunità o magari sotto l'influenza della vecchiaia, che non accresce la sensibilità morale, ma scema la riflessione. Pure possedendo un criterio sicuro per valutare il grado delle disposizioni organiche al delitto e delle anomalie morali, sarebbe inumano e praticamente impossibile, applicare la segregazione preventiva a deficienti morali, che forse possono mettersi in grado di trovare motivi egoistici a una condotta corretta e di regolarsi con un minimo tollerabile d'onestà sotto la minaccia delle sanzioni penali.
Bibl.: Ch. Prichard, Treatise on insanity, Londra 1835; B. A. Morel, Traité des dégénérescences, Parigi 1857; E. Tanzi, Pazzi morali e delinquenti nati, Torino 1884; C. Lombroso, L'uomo delinquente, Torino 1885; E. Tanzi, Trattato delle malattie mentali, Milano 1904; id., Psichiatria forense, Milano 1912.